2.6. L’attività della Conferenza. Alcune possibili classificazioni
2.6.3. Sulla Conferenza come soggetto partecipante al processo di integrazione europea
2.6.3.2. I poteri della Conferenza nella fase discendente; la cooperazione come strumento di garanzia per l’esercizio del
potere sostitutivo statale.
La fase discendente331 è quella che tradizionalmente ha maggiormente interessato la Conferenza Stato-regioni, considerato che già con i primi interventi legislativi (legge n. 400/1998, legge n. 86 del 1989 e d.lgs. n. 281 del 1997)332 si era prevista la partecipazione dell’organismo per assicurare un coinvolgimento delle regioni alla ricentralizzata funzione di esecuzione del diritto comunitario.
331 Sulla fase discendente, prima della riforma del Titolo V, vedi R.BIN, Stato e Regioni nell’attuazione
delle direttive Cee ( e qualche altra nota sul disegno di legge “La Pergola”), in Foro it., IV, 1988, p. 502
e ss; sul quadro post-riforma, per tutti, P.BILANCIA, Regione ed attuazione del diritto comunitario, in Le
istituzioni del federalismo, n. 1, 2002, p. 49 e ss..
332 Infatti, la legge n. 400 del 1988 prevedeva che la Conferenza rendesse un parere “sugli indirizzi generali relativi alla elaborazione ed attuazione degli atti comunitari che riguardano le competenza regionali”; la successiva legge n. 86/1989, invece, oltre a introdurre le sessioni comunitarie, affiancava al citato parere anche quello sui “criteri e sulle modalità per conformare l’esercizio delle funzioni regionali all’osservanza e all’adempimento degli obblighi” comunitari; tenore diverso assume invece il d.lgs. n. 281 del 1997 che prevedeva il coinvolgimento della Conferenza al fine di “raccordare le linee della politica nazionale relativa all'elaborazione degli atti comunitari con le esigenze rappresentate dalle regioni”, e inoltre un parere obbligatorio sulla legge comunitaria ed uno facoltativo “sugli schemi di atti amministrativi dello Stato che, nelle materie di competenza delle regioni o delle province autonome di Trento e di Bolzano, danno attuazione alle direttive comunitarie ed alle sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee”.
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Attualmente il nuovo Titolo V ha invece legittimato il potere delle regioni di curare l’attuazione o l’esecuzione dei provvedimenti comunitari333 e, per evitare ripercussioni sullo Stato dell’eventuale inerzia regionale, ha anche provveduto a costituzionalizzare l’esercizio del potere sostituivo.
Nonostante la previsione di funzioni di carattere diretto ed immediato per le regioni, anche a seguito dell’introduzione del nuovo articolo 117, comma V, della Costituzione, la normativa di attuazione contenuta, prima nella legge n. 11 del 2005, e poi nella seguente legge n. 234 del 2012, comunque prevede ancora numerose attribuzioni a favore della Conferenza, per assicurare una condivisione di Stato e regioni su decisioni dall’alto tasso di politicità.
In particolare, l’articolo 22, c. I, della legge n. 234 del 2012 preliminarmente determina l’obbligatorietà della convocazione della Conferenza in apposite “sessioni comunitarie” almeno ogni quattro mesi (e non più ogni sei mesi come prevedeva la legge n. 11 del 2005) e ribadisce come la finalità della sessione sia quella di assicurare un coinvolgimento delle regioni sugli “aspetti delle politiche dell’Unione europea di interesse regionale e provinciale” e di “raccordare le linee della politica nazionale ( …) con le esigenze rappresentate dalle regioni”, rimarcando, quindi, nuovamente il rilievo politico dell’attività di concertazione.
La legge poi ribadisce – riprendendo alla lettera le attribuzioni già introdotte con le leggi n. 400 del 1988 e n. 86/1989, e poi inserite anche nell’abrogata legge n. 11 del 2005 – la necessità della consultazione della Conferenza “sugli indirizzi generali relativi all’elaborazione e all’attuazione degli atti dell’Unione europea che riguardano le competenze regionali”, nonché “sui criteri e le modalità per conformare l’esercizio delle funzioni regionali all’osservanza e all’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea, e infine sulla schema del disegno della “legge comunitaria”, come peraltro già prevedeva l’articolo 5, c. I., lett. b), del d.lgs. n. 281 del 1997.
In relazione alla “legge comunitaria”, l’art. 29, c. 6, della legge n. 234 del 2012 (che va a modificare proprio il disposto di cui all’articolo 5, c. I., lett. b, del d.lgs. n. 281 del 1997) stabilisce che lo schema di disegno di legge da sottoporre al parere della Conferenza, si divida ora in due differenti disegni di legge334, che
333 A.D’ATENA, Diritto regionale, cit., p. 358, evidenzia come si debba distinguere tra attuazione, che consiste in un’attività di tipo normativo, esercitabile a fronte di direttive e di regolamenti non auto applicativi, ed esecuzione, che si sostanzia invece in quell’attività di tipo amministrativo, avente ad oggetto i regolamenti e le direttive dettagliate.
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In particolare, si prevede che la “legge di delegazione europea”, recante delega al Governo al fine di attuare i provvedimenti europei indicati nell’art. 30, c. II, della legge n. 234 del 2012, sia presentata, previo parere della Conferenza, dal Presidente del Consiglio dei Ministri alle Camere “entro il 28 febbraio di ogni anno” (art. 29, c. IV; legge n. 234/2012), corredata da una “relazione illustrativa, aggiornata al 31 dicembre dell’anno precedente” contenente, tra l’altro, una valutazione sullo stato di conformità del
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acquistano la denominazione di “legge europea” e di “legge di delegazione europea”, e che la Conferenza Stato-regioni sia chiamata ad esprimere il parere su questi provvedimenti entro il termine di venti giorni, decorso il quale “i disegni di legge sono presentati al Parlamento anche in mancanza di tale parere”. La sessione comunitaria della Conferenza si segnala anche per una sostanziale differenza dalla valenza squisitamente politica; infatti, per garantire un continuo flusso informativo che coinvolga anche le assemblee legislative, l’art. 22 della legge n. 234 del 2012, ribadisce quanto già prevedeva l’articolo 17 della legge n. 11 del 2005, imponendo al Governo di informare “tempestivamente le Camere sui risultati emersi da tale sessione”.
Questa previsione assicura che il Parlamento sia posto a conoscenza della posizione espressa da parte delle regioni in Conferenza, talché il compatto punto di vista regionale acquista la possibilità di influire sul seguito parlamentare dei provvedimenti predisposti dal Governo.
Il circuito informativo335 tra Governo, Conferenza e Parlamento è peraltro assicurato anche dall’art. 13 della legge n. 234 del 2012 (che ricalca le previsioni inserite nell’art. 15 della legge n. 11 del 2005, come modificato dall’art. 8 della legge n. 96 del 2010) nel momento in cui stabilisce che entrambe le relazioni annuali che il Governo è tenuto a presentare alle Camere siano comunicate anche alla Conferenza delle regioni e delle province autonome, alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, alla Conferenza dei presidenti delle assemblee legislative delle regioni e delle province autonome e alla Conferenza Stato-città ed autonomie locali.
Inoltre, sempre la medesima disposizione stabilisce che nella seconda relazione annuale che il Governo è tenuto a presentare alle Camere (ora entro il termine del 28 febbraio), sia necessario indicare non solo i pareri, le osservazioni e gli atti di indirizzo delle Camere, della Conferenza delle regioni, della Conferenza Stato-regioni e della Conferenza dei presidenti delle assemblee
diritto interno al diritto dell’Unione europea”, nonché “sullo stato delle eventuali procedure di infrazione” (art. 29, c. VII, legge n. 234/2012). Nel caso di ulteriori esigenze di adempimento degli obblighi europei, la legge prevede la possibilità per il Governo di presentare al Parlamento, un ulteriore schema di disegno di “legge di delegazione europea”, entro il 31 luglio di ogni anno, senza la necessità di ripresentare la citata relazione illustrativa. Lo schema del disegno di “legge europea”, per la quale non si specifica la data di presentazione al Parlamento, sarà invece finalizzata ad assicurare esecuzione a provvedimenti differenti, indicati dall’art. 30, c. II, della legge n. 234 del 2012, che non necessitano di una delega al Governo.
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Da tale punto di vista, altra novità è contenuta nell’art. 16 della legge n. 234 del 2012 che impone al Governo di presentare “ogni tre mesi alle Camere, alle regioni e alle province autonome, per il tramite della Conferenza delle regioni e delle province autonome e della Conferenza dei presidenti delle assemblee legislative delle regioni e delle province autonome, una relazione sull’andamento dei flussi finanziari tra l’Italia e l’Unione europea”.
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legislative delle regioni e delle province autonome, ma anche il seguito dato e le iniziative assunte dal Governo su questi provvedimenti.
Altre funzioni della Conferenza Stato-regioni nella fase discendente, riguardano il procedimento per l’esercizio del potere sostitutivo336, ovvero quella particolare attribuzione che consente allo Stato di sopperire, in via preventiva o successiva, all’eventuale inerzia delle regioni e degli enti locali nell’attuazione di provvedimenti europei in materie di competenza regionale.
Il potere sostitutivo statale, che era già stata introdotto in via legislativa nell’esperienza del primo regionalismo337, trova ora diretta copertura costituzionale in concomitanza del processo di costituzionalizzazione della “regionalizzazione” della funzione di attuazione e di esecuzione del diritto comunitario.
In particolare, il legislatore costituzionale dedica due diverse disposizioni all’esercizio del potere sostitutivo; l’una, contenuta nell’articolo 117, comma V, della Costituzione, riguarda più propriamente la sostituzione legislativa in materia internazionale ed europea e l’altra, contenuta nell’articolo 120, comma II, Cost., è inerente alle fattispecie a carattere generale, tra cui anche la materia comunitaria, nelle quali è ammesso l’intervento sostituivo del “Governo”.
Il rapporto tra le due disposizioni è particolarmente controverso in dottrina sotto diversi profili338; in particolare, ai fini che più propriamente riguardano
336 Sul potere sostitutivo in materia europea, anteriormente alla riforma del Titolo V,G.SIRIANNI, Ineriza
amministrativa e poteri sostitutivi, Milano, 1991; P.CARETTI, Potere sostitutivo dello Stato e competenze
regionali in attuazione di obblighi comunitari, in Giur. cost., 1976; P.COSTANZO, Poteri sostitutivi statali
e Corte costituzionale nell’attuazione dell’ordinamento regionale, in Quad. reg., 1990. Sul medesimo
potere a seguito della riforma del Titolo V, C. MAINARDIS, Poteri sostitutivi statali e autonomia
amministrativa regionale, Milano, 2007; ID., I poteri sostitutivi statali: una riforma costituzionale con
(poche) luci e (molte) ombre, in Le Regioni, 2001; E. GIANFRANCESCO, Il potere sostitutivo, in La
repubblica delle autonomie. Regioni ed enti locali nel nuovo titolo V, a cura di T. Groppi, M. Olivetti, II
ed., Torino, 2003; G.U.RESCIGNO, Attuazione regionale delle direttive comunitarie e potere sostitutivo
dello Stato, in Le Regioni, 2002. 337
Si è già visto come con vari decreti, tra cui il d.p.r. n. 616/1977, si sia attribuita la funzione di esecuzione del diritto europeo alle regioni, al contempo prevedendo un possibile intervento sostitutivo per lo Stato. Tuttavia, a differenza delle disposizioni costituzionali attuali, in origine il potere sostituivo disciplinato nel d.p.r. non prevedeva alcun meccanismo di compensazione per le regioni, attuativo del principio di leale collaborazione, ma sembrava impostato secondo una logica di separazione delle funzioni. Sul punto, B.CARAVITA, I “poteri sostitutivi” dopo le sentenze della Corte Costituzionale,
Politica del Diritto, n. 2, 1987, p. 323 e ss.; S.BARTOLE, La primarietà di valori costituzionali, cit., p.
1310 e ss.. 338
La tesi più accreditata ritiene che le due disposizioni non abbiano un identico ambito applicativo, sia da un punto di vista soggettivo, che oggettivo, considerato che la procedura di cui all’art. 117 Cost. si applica solo nei rapporti tra Stato e regioni in ambito internazionale ed europeo, mentre quella di cui all’art. 120, c. II, Cost., è applicabile anche verso gli enti locali ed abbraccia altre ipotesi (oltre all’ambito europeo, anche la sicurezza, l’incolumità pubblica, e la tutela dell’unità giuridica ed economica). Inoltre, si è giustamente notato come l’art. 120, c. II, Cost., riferendosi esclusivamente al “Governo”, implicitamente escluda l’esercizio del relativo potere mediante atti legislativi; al contrario, l’art. 117, c. V, Cost., che nulla prevede al riguardo, nonostante trovi collocazione sistematica nell’ambito delle competenze legislative, può aprirsi all’esercizio dell’attività sostituiva mediante regolamenti del Governo, considerato che la norma fa riferimento anche alla “esecuzione” degli atti europei e, quindi, ad un’attività
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questa analisi, mentre l’art. 120, comma II, Cost., annovera tra i presupposti di esercizio dell’avocazione il rispetto dei principi di sussidiarietà e leale collaborazione, identica disciplina non è riprodotta nel disposto dell’articolo117, comma V, della Costituzione.
Tuttavia, anche in mancanza di un espressa menzione, non vi sono ragioni per negare la sottoposizione, anche del provvedimento sostitutivo emanato ai sensi dell’articolo 117, comma V, Cost. al rispetto del principio cooperativo339.
Infatti, entrambe le fattispecie sono accomunate da una chiara identità di
ratio, considerato che anche la ricentralizzazione della funzione di esecuzione o
di attuazione del diritto europeo è giustificata da un fine di carattere unitario; inoltre, in tal senso si è da sempre orientata la giurisprudenza della Corte costituzionale340 che in diverse pronunce ha riscontrato nell’esercizio del potere sostitutivo un’ulteriore fattispecie interessata dall’applicazione del canone cooperativo.
In conclusione, è possibile ritenere che la legge sostitutiva statale debba tenere in considerazione il punto di vista delle regioni, benché ciò non sia esplicitamente sancito dall’articolo 117, comma V, della Costituzione.
Fatta questa doverosa precisazione, e riaffermata la rilevanza della cooperazione nelle fattispecie sostitutive in ambito europeo, è possibile passare all’esame delle normative attuative, tanto dell’articolo 120, comma II, della Costituzione, quanto dell’articolo 117, comma V, della Costituzione, contenute nella legge n. 11 del 2005, come sostituita dalla legge n. 224 del 2012, e nella legge n. 131 del 2003.
In particolare, l’art. 8 della legge n. 131/2003, che rimane in vigore anche a seguito dell’avvento della legge n. 234 del 2012341, distingue l’esercizio del potere sostitutivo di tipo successivo, da quello di tipo preventivo342; nel primo
sostanzialmente amministrativa. Quest’ultima annotazione non interferisce comunque con la materia “europea”, in cui il potere sostitutivo trova legittimazione in entrambe le disposizioni. Cfr. E. GIANFRANCESCO, Il potere sostitutivo, cit., passim.
339 Cfr., C.MAINARDIS, Poteri sostitutivi statali e autonomia amministrativa regionale, cit., passim. 340 La necessità di rispettare il canone cooperativo nelle fattispecie di sostituzione statale si riscontra già in Corte costituzionale, sent. n. 177 del 1988, in Giur. cost., 1988, p. 608 (con nota di C.MEZZANOTTE,
Interesse nazionale e scrutinio stretto, ivi, p. 631 e ss.), nella quale i Giudici affermano come l’esercizio
dell’avocazione debba avvenire “secondo modalità procedurali che rispettino il principio di leale collaborazione nelle relazioni tra Stato-regioni”; questa interpretazione è poi costantemente riaffermata in diverse successive decisioni (tra cui, Corte costituzionale, sent. n. 126 del 1996) nelle quali la Corte, giudicando sulla legittimità di interventi preventivi, sembra affermare che la collaborazione in questi casi debba avvenire preventivamente a livello di Conferenza Stato-Regioni.
341 La legge n. 234 del 2012, infatti, non solo non abroga espressamente le previsioni della legge n. 131 del 2003 (a differenza della legge n. 11 del 2005 esplicitamente abrogata integralmente dall’art. 61 della legge n. 234 del 2012), ma stabilisce che lo Stato eserciti “i poteri sostitutivi necessari, secondo i principi e le procedure stabiliti dall’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, e dall’articolo 41 della presente legge”.
342
La Corte costituzionale, sent. n. 425 del 1999, già prima dell’entrata in vigore del nuovo Titolo V, aveva peraltro ritenuto legittimo il potere di sostituzione preventivo.
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caso il legislatore non inserisce nessuna procedura di raccordo con il sistema delle Conferenze ma, imponendo la Costituzione il rispetto del principio di leale collaborazione (art. 120, comma II, Cost.), si prevede il coinvolgimento della singola regione interessata343.
In caso di esercizio del potere sostitutivo preventivo, invece, che abilita nei casi di “assoluta urgenza” il Governo ad emettere in via anticipata un provvedimento, legislativo o amministrativo, che avrà efficacia provvisoria e cedevole, si ritiene sufficiente il coinvolgimento della Conferenza Stato-regioni al fine di adeguare la procedura al rispetto del canone cooperativo; in particolare, la legge prevede che la Conferenza, informata dal Governo sull’esercizio preventivo del potere, acquisti la facoltà di richiedere il riesame del provvedimento emanato344.
Il coinvolgimento della Conferenza nel procedimento di esercizio del potere sostitutivo statale è poi stato poi rafforzato dalla legge n. 11 del 2005, che peraltro è stata recentemente abrogata e sostituita dalla legge n. 234 del 2012.
In particolare, la legge del 2005 prevedeva che, in caso di insorgenza di obblighi di adeguamento, anche urgenti, ai vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario “in materie di competenza legislativa o amministrativa delle regioni e delle province autonome”, il Presidente del Consiglio (o il Ministro per le politiche comunitarie) fosse preliminarmente tenuto ad informare “gli enti interessati assegnando un termine per provvedere”, potendo in questa fase già valutare se sottoporre direttamente la questione all’esame dalla Conferenza Stato-regioni (art. 10, c. III, legge 11/2005).
In caso di mancato adeguamento agli oneri imposti, la legge attribuiva poi al Presidente del Consiglio (o in sua vece al Ministro per le politiche comunitarie) la facoltà di proporre “al Consiglio dei Ministri le opportune iniziative ai fini dell’esercizio dei poteri sostitutivi”, da esercitarsi in forma regolamentare (art. 11, c. VIII), legislativa (art. 16, c. III) e, infine, in caso si tratti di meri “adeguamenti tecnici”, con l’adozione di decreti ministeriali (art. 13, c. II).
In particolare, l’articolo 11, c. VIII della legge, specificava la possibilità di superare l’inerzia regionale mediante l’adozione di atti di natura amministrativa a carattere cedevole – in quanto perdono efficacia alla “data di entrata in vigore della normativa di attuazione di ciascuna regione” – “sottoposti al preventivo
343 L’art. 8, c. II della legge n. 131 del 2003, infatti prevede che il Presidente del Consiglio dei ministri debba prima assegnare “all’ente interessato un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti” e poi, decorso inutilmente tale termine, possa adottare “i provvedimenti necessari, anche normativi”, ovvero possa nominare “un apposito commissario”, ma solo dopo aver “sentito l’organismo interessato”. 344 L’art. 8, c. IV, della legge n. 131/2003, stabilisce che i provvedimenti “sono immediatamente comunicati alla Conferenza Stato-Regioni o alla Conferenza Stato-Città e autonomie locali, allargata ai rappresentanti delle Comunità montane, che possono chiederne il riesame”.
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esame da parte della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Provincie autonome di Trento e Bolzano”.
La medesima procedura, che rafforza il coinvolgimento della Conferenza nella fase antecedente l’adozione del provvedimento sostitutivo, era poi anche richiamata dall’art. 16, c. III, legge n. 11/2005 che sanciva la possibilità di esercitare il potere sostitutivo cedevole anche per mezzo di interventi di natura legislativa345, mentre nessun onere di partecipazione della Conferenza la legge determinava in caso di avocazione mediante decreti ministeriali (art. 13, c. II).
L’art. 41 della legge n. 234 del 2012, ora riordina l’esercizio del potere sostitutivo statale in materia europea senza peraltro introdurre novità di rilievo rispetto alla procedura descritta dalla legge n. 11 del 2005346.
Infatti, il legislatore del 2012 ribadisce la possibilità per il Governo, nel caso sia necessaria l’adozione dei provvedimenti, anche urgenti, diversi dalla legge di delegazione europea e dalla legge europea, riguardanti “materie di competenza legislativa o amministrativa delle regioni e delle provincie autonome” di assegnare agli enti interessati un termine per provvedere e, ove necessario, di richiedere che la questione sia sottoposta al preventivo esame della Conferenza Stato-regioni (art. 41, c. II).
In caso di mancato tempestivo adeguamento da parte delle regioni, la legge n. 234 del 2012 riafferma la possibilità per lo Stato di rimediare all’inerzia regionale, mediante l’emanazione di provvedimenti sostitutivi (che si applicano per le regioni “nelle quali non sia ancora i vigore la relativa normativa di attuazione”, a decorrere dalla scadenza del termine stabilita dall’Unione europea) a carattere cedevole (in quanto perdono efficacia dalla data di entrata in vigore dei provvedimento di attuazione di ciascuna regione) e che devono essere sottoposti sempre al preventivo esame della Conferenza (art. 41, c. I).
L’unica novità di rilievo nella procedura di esercizio del potere sostitutivo descritta dalla legge n. 234 del 2012, rispetto alla precedente legge n. 11 del 2005, consiste, quindi, nella mancata riproduzione delle diverse modalità di esercizio dell’avocazione, anche se non sembra contestabile la possibilità per il
345 Questa norma infatti stabilisce che “le disposizioni legislative adottate dallo Stato per l’adempimento degli obblighi comunitari, nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome, si applicano, per le regioni e le province autonome, alle condizioni e secondo la procedura di cui all’articolo 11, c. 8, secondo periodo”.
346 Una novità di rilievo è introdotta dalla legge n. 234 del 2012 in relazione all’esercizio del diritto di rivalsa che lo Stato può esercitare verso gli enti territoriali nel caso in cui le violazioni realizzate da questi soggetti abbiano comportato la condanna dello Stato al pagamento di una somma di denaro, in linea con le previsioni del Trattato di Lisbona; in queste ipotesi, sancisce l’art. 43, c. VI e VII, della legge n. 234 del 2012, che l’importo dovuto allo Stato a titolo di rivalsa, nonché le modalità e dei termini di pagamento siano stabiliti con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, previa intesa “sulle modalità di recupero con gli enti obbligati”. Il principio di leale collaborazione che permea lo spirito della riforma necessita dunque dell’attivazione di strumenti consensuali con il singolo ente interessato, senza che sia in questo caso necessario attivare i meccanismi decisionali tipizzati nel sistema delle Conferenze.
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Presidente del Consiglio dei Ministri, nel valutare “le opportune iniziative ai fini dell’esercizio dei poteri sostitutivi” (art. 41, c. II, legge n. 234 del 2012), di scegliere se esercitare l’avocazione mediante atti legislativi ovvero anche mediante atti di natura regolamentare347.
Il legislatore si accontenta dunque dell’esame dalla Conferenza