4.3. Il principio cooperativo nel riparto costituzionale delle competenze
4.3.1. In particolare, la giurisprudenza della Corte sugli “ambiti normativi compenetrati”
Gli ambiti normativi “interferenti” costituiscono il terreno elettivo della cooperazione, considerato che nel primo regionalismo in queste fattispecie la Corte ha iniziato a maturare l’idea di un possibile esercizio congiunto delle funzioni, talché la riproposizione di questo schema di giudizio a seguito del Titolo V riformato denota una chiara linea di continuità nella giurisprudenza costituzionale.
Nonostante la stabilità del filone interpretativo che lega la cooperazione alle interferenze di funzioni, non può ritenersi affatto scontata la riproposizione di questo schema logico nel nuovo sistema di riparto delle competenze.
Infatti, la funzione compensativa della cooperazione negli ambiti compenetrati ben si adattava al precedente sistema di riparto in cui le enumerate e tassative attribuzioni regionali, dovendo rispettare il limite dell’interesse nazionale, erano strettamente dipendenti dalla legislazione statale, ma ora non sembra invece adeguata alle novità introdotte dal nuovo Titolo V della Costituzione.
Il legislatore della riforma, per mezzo dell’utilizzo della tecnica enumerativa delle competenze statali e della scomparsa del limite dell’interesse nazionale, ha chiaramente posto la legge regionale al centro del sistema di riparto delle attribuzioni.
472 Ex multis, Corte costituzionale, sent. n. 242 e sent. n. 285 del 2005, nonché Corte costituzionale, sent. nn. 165, 201 e 339 del 2007.
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Per queste ragioni, il nuovo complessivo assetto costituzionale di riparto delle competenze avrebbe necessitato di un diverso approccio interpretativo, scevro dalle logiche precedenti; in particolare, nell’esercizio delle competenze legislative statali e regionali, le eventuali interferenze materiali avrebbero dovuto essere risolte secondo il criterio della “prevalenza o del punto di vista”474, e non attraverso quel tradizionale schema di giudizio che vuole assicurare una continua ricentralizzazione delle funzioni sulla base della supremazia statale, compensando le regioni attraverso il richiamo alla cooperazione.
In realtà anche la Corte costituzionale, subito dopo l’entrata in vigore del nuovo Titolo V sembrava aver compreso il peso della novità, nel momento in cui stabiliva che “la risposta al quesito, se la legge impugnata rispetti i limiti della competenza regionale, ovvero ecceda dai medesimi, deve oggi muovere – nel quadro del nuovo sistema di riparto della potestà legislativa risultante dalla riforma del Titolo V, parte II della Costituzione realizzata con la legge costituzionale n. 3 del 2001 – non tanto dalla ricerca di uno specifico titolo costituzionale di legittimazione dell’intervento regionale, quanto, al contrario, dall’indagine sull’esistenza di riserve, esclusive o parziali, di competenza statale”475.
Questa prospettiva è stata tuttavia disattesa sin dalle decisioni immediatamente seguenti nelle quali la Corte, in presenza di settori di interferenza, non ha cercato di delimitare i diversi ambiti di competenza, ma ha preferito spesso in modo apodittico affermare l’impossibilità di ravvisare la sicura prevalenza della materia di uno dei due soggetti, contestualmente il più delle volte attribuendo la funzione legislativa allo Stato, subordinando però il suo esercizio all’attivazione di modelli cooperativi476.
Anche la giurisprudenza costituzionale più recente si segnala per una sistematica applicazione del principio di leale collaborazione nella maggior parte delle ipotesi di sovrapposizione di più ambiti competenziali in una stessa disciplina normativa. Infatti, sono numerose le decisioni nelle quali la Corte ha affermato che, in presenza di una sovrapposizione di materie e nell’impossibilità di individuarne una prevalente, il legislatore statale deve agire in ossequio al principio di leale collaborazione che impone alla legge statale di “predisporre adeguati strumenti di coinvolgimento delle Regioni, a salvaguardia delle loro competenze”477.
Ad esempio, in riferimento all’articolata disciplina normativa in tema di politiche sociali destinate a persone in situazioni di bisogno, in specie in riferimento all’istituzione di un Osservatorio nazionale sulla famiglia di cui alla
474 Così, S.MANGIAMELI, Letture sul regionalismo italiano, cit., p. 56 e ss.. 475 Corte costituzionale, sent. n. 282 del 2002, p. 3 del Considerato in diritto. 476
Tra le tante, vedi Corte costituzionale, sent. n. 308 del 2003 e sent. nn. 50 e 231 del 2005. 477 Corte costituzionale, sent. n. 278 del 2010 e sent. n. 52 del 2010, sent. nn. 33 e 310 del 2011.
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legge 27 dicembre 2006, n. 296, la Corte ha ritenuto che nella stessa fossero compresenti titoli di potestà regionale, relativi all’asserita materia dei servizi
sociali (art. 117, c. IV, Cost.), sia anche titoli riferiti ad ambiti competenziali di
potestà esclusiva statale, in specie relativi all’ordinamento civile (art. 117, c. II, lett. l, Cost.)478.
Un altro caso di concorrenza di competenze479, che necessita l’attivazione di procedure concordate, è rinvenibile per la Corte anche nella disciplina in tema di diritti aeroportuali introdotta dal d.l. 30 settembre 2005, n. 203, poi convertito con modificazioni dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248; questa fattispecie, a detta della Corte, non può essere risolta con il criterio della prevalenza in quanto incide su competenze legislative non separabili, sia esclusive dello Stato (relative ancora al settore dell’ordinamento civile di cui all’art. 117, c. II, lett. l, Cost.), sia su ambiti di competenza concorrente, in specie in materia di porti e aeroporti
civili, ex art. 117, c. III, Cost.480.
Un analogo caso in cui la Corte ha fatto uso della cooperazione nei settori compenetrati è relativo poi alle disposizioni della legge finanziaria 2008 sull’Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia a danno dei minori; a detta della Corte, questa normativa, oltre a finalità di politica sociale riconducibili all’ambito materiale di spettanza regionale dei “servizi sociali” (art. 117, c. IV. Cost.), lambisce infatti anche la potestà legislativa esclusiva dello Stato, sia nella materia dell’ordine pubblico e sicurezza, sia in quella dell’ordinamento penale (rispettivamente previste dall’art. 117, c. II, lett. h, e lett.
l, della Costituzione). Per queste ragioni i Giudici costituzionali ritengono
necessaria l’applicazione del principio di leale collaborazione, concretizzato nella previsione statale dell’intesa con la Conferenza unificata481.
Infine, la Corte ha di recente ravvisato una interferenza di materie in riferimento alla complessa disciplina delle procedure di evidenza pubblica per le concessioni degli impianti per la produzione di energia idroelettrica di cui al d.lgs. n. 79/2009, in cui la materia della “produzione, trasporto e distribuzione dell’energia” (art. 117, c. III, Cost.) è compenetrata con diversi profili di rilievo in tema di “tutela della concorrenza” (art. 117, c. II, lett. e, Cost.).
La Corte ha infatti precisato che, sebbene l’intera disciplina delle procedure di evidenza pubblica relative alla produzione di energia idroelettrica sia riconducibile alla potestà esclusiva dello Stato in materia di tutela della
concorrenza, tuttavia questa normativa concorre con aspetti rilevanti della
materia di competenza concorrente relativa alla produzione, trasporto e
478
Corte costituzionale, sent. n. 50 del 2008.
479 Questa dicitura a spiegazione dell’interferenza di ambiti materiali di diversa potestà compare in Corte costituzionale, sent. n. 50 del 2005.
480
Corte costituzionale, sent. n. 51 del 2008. 481 Corte costituzionale, sent. n. 168 del 2009.
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distribuzione nazionale dell’energia, nonché coinvolge anche ulteriori profili,
sempre di competenza ripartita, connessi alla “gestione del territorio”482; secondo la Corte va quindi riconosciuto “un potere specifico agli organi dello Stato” per assicurare la tutela del principio concorrenziale nel settore economico di riferimento ma, al contempo, va garantita anche la necessità di un coinvolgimento sul piano amministrativo delle regioni. Successivamente la Corte483 ha anche precisato come al riguardo sia sufficiente la previsione dell’intesa in Conferenza Unificata per garantire il coinvolgimento delle regioni e degli enti locali, ammettendo nuovamente come le regioni non possano, in assenza dell’intesa, stessa intervenire nel settore, così postulando una piena integrabilità del parametro costituzionale da parte degli strumenti negoziati ove previsti dalla disciplina nazionale.
Se in queste decisioni la Corte sembra aver imposto la cooperazione per lo più in modo apodittico, estrapolando comunque titoli competenziali evidentemente spettanti ad entrambi i soggetti, non mancano pronunce in cui la Corte ha invocato il principio cooperativo per favorire la funzione legislativa statale in presenza di una materia di chiara competenza esclusiva regionale.
Ad esempio, secondo la Corte, la competenza regionale in materia di “turismo”, relativa alla disciplina delle autorizzazioni portuali sui beni del demanio marittimo, non esclude che lo Stato possa procedere, con la necessaria partecipazione delle Regioni interessate, in ossequio al principio di leale collaborazione, a riconoscere a taluni porti, per dimensione ed importanza, quel carattere di rilevanza economica internazionale, o di preminente interesse nazionale, che sia idoneo a giustificare la competenza legislativa ed amministrativa dello Stato sul porto stesso e sulle connesse aree portuali484.
Anche in tema di “linee guida” per la definizione delle gare d’appalto per la concessione del servizio di gestione integrata dei rifiuti (ex art. 195, lett. n, Codice dell’ambiente), nonostante la chiara competenza regionale residuale, ex art. 117, c. IV, Cost., in materia di “servizi pubblici locali”, la Corte ha ravvisato un intreccio di titoli competenziali non risolvibili mediante il criterio della
482
Cfr., Corte costituzionale, sent. n. 1 del 2008, che ha ritenuto illegittima la disposizione di cui all’art. 12, c. 2, del d.lgs. 79/1999, nel momento in cui non assicurava adeguate forme di coinvolgimento regionale prevedendo, al contrario, un unilaterale potere governativo (in particolare del Ministero dello sviluppo economico) al fine di determinare i “requisiti organizzativi e finanziari minimi e i parametri di aumento dell’energia prodotta e della potenza installata” concernenti le procedure di gara e finalizzati all’ottenimento delle concessioni in materia di energia idroelettrica. Sulla base di questa pronuncia la citata disciplina è stata modificata con il d.l. n. 78/2010 convertito dalla legge n. 122 del 2010, che ora prevede che questa funzione sia esercitata dallo stesso ministero, ma “previa intesa con la Conferenza Unificata”.
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Corte costituzionale, sent. n. 339 del 2011, con la quale la Corte ha dichiarato l’illegittimità della legge della Regione Lombardia n. 19 del 2010 che aveva tentato, in assenza del previo raggiungimento dell’intesa in Conferenza, di derogare alla normativa statale in materia di determinazione dei requisiti per accedere alla gara.
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prevalenza; per la Corte è infatti ravvisabile un titolo di intervento statale in materia di “tutela della concorrenza” (art. 117, c. II, lett. s, Cost.), principalmente nella parte in cui le linee guida attuative individuano i “requisiti di ammissione delle imprese e dei relativi capitolati alle gare”. Per questa ragione l’interferenza della competenza statale con la competenza regionale in materia di “servizi pubblici locali”, in armonia con il principio cooperativo, rende compatibile con la Costituzione la normativa statale nel momento in cui stabilisce che la determinazione delle predette linee guida debba avvenire d’intesa con la Conferenza Stato-regioni485.
La prospettiva da cui muove la Corte impone che il canone cooperativo debba essere rispettato anche quando sia il legislatore regionale ad adottare normative di sua potestà che invadono titoli competenziali statali.
Può citarsi in riguardo quanto accaduto con due diverse leggi regionali486 in tema di aspetti formativi dell’apprendistato, fattispecie che a detta della Corte lambisce diversi ambiti materiali di carattere esclusivamente statale (ordinamento civile), concorrente (la tutela e sicurezza del lavoro) nonché, infine, materie, quali la formazione professionale extra- aziendale, rimesse alla potestà regionale residuale ex art. 117, c. IV, Cost.; in questi casi, sancisce la Corte, è costituzionalmente illegittima quella legge che dispone che la Regione possa provvedere unilateralmente a regolare la materia anziché coinvolgere il Governo per mezzo dello strumento dell’intesa nella decisione dei profili formativi dell’apprendistato487
.
Tuttavia, a detta della Corte, in conformità al principio di leale collaborazione, come le Regioni non possono nell’esercizio delle proprie competenze svuotare di contenuto la competenza statale, anche quest’ultima deve tener conto delle interferenze di funzioni, non potendo estromettere del tutto le regioni stesse dalla disciplina della materia488. Pertanto, come le regioni non possono legiferare unilateralmente sui profili formativi dell’apprendistato, anche lo Stato non possiede la facoltà esclusiva di identificare il discrimine tra la disciplina della formazione aziendale, di sua competenza, e la citata formazione professionale extra aziendale, di cognizione delle Regioni.
In riguardo, invece, alle modalità di traduzione del principio cooperativo in specifici modelli decisionali, seguendo un’impostazione già ampiamente consolidata489, la Corte ha di regola richiesto la stipulazione dell’intesa o l’espressione del parere in Conferenza Stato-regioni, a seconda che l’interferenza
485 Corte costituzionale, sent. n. 249 del 2009. 486
Vedi la legge regionale della Regione Toscana n. 32 del 2002 e legge regionale Abruzzo n. 30 del 2009.
487 Corte costituzionale, sent. n. 309 del 2010 e sent. n. 334 del 2010. 488
Corte costituzionale, sent. n. 176 del 2010 e sent. n. 134 del 2010.
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lambisca ambiti materiali rimessi rispettivamente alla competenza residuale delle regioni o si tratti di materie di potestà concorrente.
Come esempio della prima fattispecie può citarsi una decisione avente ad oggetto l’impugnativa dell’art. 76, c. 6- bis, del d.l. n. 112/2008 che individua i criteri di riduzione del finanziamento delle comunità montane, in cui la Corte ha ravvisato una compenetrazione di ambiti materiali che ingloba anche la riconosciuta potestà residuale regionale in tema di disciplina delle comunità montane stesse490; la citata disposizione è stata, dunque, dichiarata illegittima in quanto si rende “necessario il pieno coinvolgimento delle Regioni nelle forme dell’intesa” in luogo del parere, al fine di individuare i criteri da adottare per la realizzazione della riduzione del fondo da destinare alle comunità montane, esistendo “una connessione indissolubile tra i problemi del finanziamento e i problemi della stessa esistenza ed articolazione delle comunità montane”491
. Al contrario, ove l’interferenza delle materie riguardi, oltreché l’interesse statale, anche ambiti rimessi alla competenza concorrente, la Corte si è spesso accontentata del parere in luogo dell’intesa; al riguardo, nella sentenza n. 15 del 2010, sull’impugnativa dell’art. 38 dello stesso d.l. n. 112/2008 che, in materia di infrastrutture, individua le condizioni per la concessione di agevolazioni per gli investimenti aventi lo scopo di rafforzare la struttura produttiva italiana, la Corte non ha ravvisato alcuna violazione del principio di leale collaborazione avendo il governo acquisito il previo parere degli enti interessati.
Pertanto, in relazione ai modelli decisionali, la Corte sembra affermare una variabilità degli strumenti negoziati a seconda del grado e della forza di penetrazione della disciplina statale nei campi riservati alle regioni492; il livello della collaborazione, dunque, risulta crescente al crescere dell’invasione che gli interessi regionali subiscono ad opera della normativa nazionale.
Dalle citate pronunce si evince sia la frequenza sistematica nell’utilizzo di questo schema di giudizio, prevalentemente a giustificazione di un rafforzamento delle competenze statali, sia anche la varietà degli ambiti materiali interessati da questa giurisprudenza493.
Inoltre, le recenti decisioni analizzate dimostrano come negli ambiti materiali interferenti la Corte non sia stata mossa dall’intento di ricercare un titolo di legittimazione per la normativa statale, come aveva fatto presagire la
490
In relazione a questo profilo, vedi Corte costituzionale, sent. n. 229 del 2001, sent. n. 237 del 2009 e di recente anche sent. nn. 27 e 326 del 2010.
491 Corte costituzionale, sent. n. 27 del 2010.
492 Cfr., S.AGOSTA, La leale collaborazione tra Stato e Regioni, cit., p. 234 e ss..
493 S.MANGIAMELI, Riflessioni sul principio cooperativo prima della riforma delle Conferenze, cit., p. 115 e ss., evidenzia come la Corte abbia ingiustificatamente allargato le maglie dell’istituto, anche per materie connesse “ad una sorta di zona grigia, dove le attribuzioni dei due enti sarebbero di difficile distinzione”. In tali casi la Corte “invece di adoperare il criterio della prevalenza, ha finito col dare la competenza allo Stato e col compensare le Regioni attraverso una partecipazione alle funzioni amministrative in sede di Conferenza”.
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citata decisione n. 282 del 2002, quanto abbia teso a verificare tout- court la predisposizione da parte dello Stato di adeguati meccanismi cooperativi a garanzia delle regioni.
In definitiva, la Corte sembra aver rinunciato a quell’approccio ermeneutico volto a delimitare i differenti ambiti materiali di Stato e regioni, onde separare compiutamente le due sfere attribuzioni, imponendo in linea di continuità con il passato di risolvere questi conflitti mediante la previsione di meccanismi negoziati anche in fattispecie nelle quali l’efficacia e l’efficienza nelle azioni dei soggetti pubblici avrebbe necessitato una più sicura delimitazione dell’ambito delle rispettive competenze494.
Il proliferare di questo schema di giudizio, in parte attribuibile ai difetti delle formulazioni linguistiche adoperate per alcune materie catalogate in Costituzione, ha moltiplicato i passaggi concertativi, aumentando l’incertezza dei legislatori statali e regionali e, di conseguenza, anche il contenzioso costituzionale tra Stato e regioni; sarebbe invece auspicabile inaugurare una diversa linea interpretativa in forza della quale attribuire ad ogni livello di governo precisi poteri in ambiti materiali puntualmente definiti495, limitando l’attivazione delle fattispecie cooperative a quei settori nevralgici, come “l’energia” o la “tutela della salute” in cui l’intreccio degli interessi dei due soggetti non sembra sempre risolvibile mediante il criterio della prevalenza.