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ACQUACOLTURA, PISCICOLTURA, ITTIOLOGIA?

Nel documento Cronache Economiche. N.002, Anno 1981 (pagine 101-105)

Elena Garibaldi

Qualche mese fa una organizzazione internazionale, nel preparare una mis-sione di studiosi da inviare in Giorda-nia per cercare di risolvere alcuni pro-blemi inerenti l'agricoltura e la pesca di quel paese, ha avuto seri problemi per reperire un acquicoltore. Di che la-voro si tratta? È uno studioso di alle-vamento di organismi acquatici: che non sono soltanto i pesci ma anche i vermi da pesca, mitili, crostacei, asci-die, trote, anfibi, rettili, anellidi, mam-miferi (castorino), anatre, ostriche, al-ghe, ecc. ossia un esperto di acquacol-tura. Mi rivolgo al prof. Ghittino co-nosciuto a livello internazionale per le ricerche sui pesci per avere alcune in-formazioni su un campo immenso in rapida evoluzione di cui si sa ben po-co. Mi accoglie in camice bianco nel suo studio presso il Laboratorio zoo-profilattico sperimentale per Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta e mi sommerge di dati, di notizie con un entusiasmo raro in un ricercatore, prospettandomi un mondo affascinante.

Innanzitutto desidera fare una precisa-zione circa la terminologia: si deve par-lare di acquacoltura non di piscicoltura perché i pesci costituiscono solo un set-tore di tale disciplina, e neppure di it-tiologia che è un sinonimo di piscicol-tura. «L'acquacoltura — afferma Ghittino — è un'attività produttiva che va considerata come la futura risposta ai fabbisogni alimentari delle popola-zioni mondiali in aumento. Attualmen-te 3-4 milioni di ettari nel mondo sono già occupati dall'acquacoltura, tali aree sono in continuo aumento; parallela-mente anche le produzioni si stanno accrescendo grazie ai metodi intensivi adottati: infatti si è passati da poche centinaia di kg/ha a più di 20 t/ha/anno». Egli è ottimista perché pensa che se le infrastrutture, le cono-scenze tecniche, gli investimenti, la le-gislazione e la manodopera in questo campo riceveranno la priorità che me-ritano entro pochi anni le produzioni dell'acquacoltura saranno raddoppiate. La « rivoluzione azzurra » (per contrap-porla alla rivoluzione verde) ci fa pre-vedere che 30 milioni di ettari saranno occupati verso il 2000 con una produ-zione dell'ordine di 50 milioni di t. Sarà facile raggiungere questi valori?

Occorrono tecnici in grado di assistere le nuove imprese mentre non ci sono ancora corsi universitari sull'argomen-to, ci sono specialisti improvvisati, mentre quelli dotati di apposito curri-culum sono assai rari nel nostro paese. Che studi occorre fare? Di solito si de-dicano a questa disciplina persone che hanno una laurea in veterinaria, in bio-logia o in scienze naturali.

Da parte delle Regioni ovunque in Ita-lia c'è una richiesta molto viva di corsi di specializzazione. Il prof. Ghittino afferma di essere egli stesso un autodi-datta: infatti dopo essersi laureato in veterinaria ha iniziato la carriera come patologo cioè si è occupato dapprima delle malattie dei pesci e dal 1956 ha capito che occorreva interessarsi anche dell'allevamento perché i problemi da affrontare erano e sono molti, ed ha ottenuto la libera docenza in ittiopato-logia, ispezione ed approvvigionamento dei prodotti ittici.

I pesci, come è noto si dividono in pe-sci d'acqua fredda e d'acqua calda. I primi (es. trota, salmoni) possono vive-re e cvive-rescevive-re in acqua con temperatura non superiore a 16-18 °C, i secondi (es. la carpa, il pesce gatto) vivono e crescono soltanto in acque aventi tem-perature superiori a 20 °C. Per i pesci d'acqua fredda un fattore limite per l'impianto è appunto l'esistenza di ac-qua dolce o marina che in estate non superi la temperatura indicata, altri-menti essi non possono soppravvivere. Per le trote in particolare occorre di-sporre di acqua sorgiva abbondante (diverse migliaia di litri/secondo), per l'allevamento dei salmoni occorrono baie protette dalle mareggiate o facil-mente sbarrate, dove allevare i pesci in ambienti confinati o in gabbie di rete di nylon galleggianti. È difficile alleva-re trote? Dice il prof. Ghittino: «La ri-produzione artificiale è agevole. Si pos-sono applicare metodi di incubazione in massa delle uova, le possibilità ali-mentari sono multiformi, mediante die-te fresche, misdie-te o secche. Il maggior rischio è rappresentato dalla setticemia emorragica virale, malattia che è incu-rabile. Un metodo di lotta che funzio-na bene ma che raramente si può ap-plicare è una specie di «stamping out» con prosciugamento e disinfezione con

calce di tutte le aree destinate alla tro-ticoltura, ripresa della produzione da uova embrionate poiché la malattia non è trasmissibile da genitori a figli». I pesci d'acqua calda si allevano negli stagni (la più nota è la carpa) richiedo-no poca acqua che però deve raggiun-gere almeno i 20 °C, per cui se si ope-ra al Nord si devono impostare le aziende sulla produzione estiva, con in-terruzione durante l'inverno. Oltre che negli stagni pesci di acqua calda si alle-vano in acqua salmastra come nel caso dei cefali, dell'orata, del branzino e dell'anguilla. La riproduzione artificia-le dei pesci d'acqua calda non presenta problemi nel caso della carpa; è di re-cente introduzione per il pesce gatto ed è ancora oggetto di studio per l'an-guilla.

Come si prospetta la domanda per il futuro? E in consistente aumento a causa del crescente ammanco del pe-scato dovuto all'iperpesca effettuata in passato e agli inquinamenti dei mari. I dati forniti dal direttore dell'API (Associazione Piscicoltori Italiani), Dott. Sacchiero, sono assai interessan-ti: l'Italia è il paese leader della produ-zione della trota che ha toccato la cifra record nel 1979 di 200 mila q di cui 38 mila esportati verso i Paesi della CEE. A questo si devono aggiungere 15 mi-la q di anguille e 12 mimi-la q di pesce gatto. Tuttavia importiamo le carpe dall'Est Europa (soprattutto Jugosla-via, Ungheria, Cecoslovacchia) perché in quei paesi si riesce a produrle a prezzi più convenienti. Quali sono i maggiori problemi dell'acquacoltura secondo il Presidente dell'API? In pri-mo luogo lo scarso interessamento pre-stato dal legislatore ai problemi del set-tore che sono di due ordini: problemi di commercializzazione del prodotto e problemi legati alla mancata precisa-zione di uno stato giuridico per il pisci-coltore.

Chi volesse iniziare l'acquacoltura sen-za avere un supporto di conoscenze sufficienti troverebbe a chi rivolgersi? Gli esperti affermano che il Know How esiste, è sufficiente, perché la ca-tena dei nove Istituti zooprofilattici esi-stenti in Italia è in grado di offrire l'assistenza tecnica nel settore delle ma-lattie, le ditte mangimistiche

fornisco-1. Embrionatura della trota (Foto Ghittino). 2. Sistema di allevamento delle trote a Casso/novo (Foto Ghittino).

3. Fecondazione artificiale - Spremitura della femmina, per l'ottenimento di uova (Foto Ghittino).

4. Poljana (Jugoslavia) - Coltura di carpe (Foto Ghittino).

5. Coltura di carpa colorata (chiamata Ilo Goy) in Giappone (Foto Ghittino).

6. Gabbie galleggianti sulla baia dell'Oceano in Giappone. Sistema copiato da tutti gli altri Paesi del mondo, compresa l'Italia (Foto Ghittino).

7. Coltura e cernita del pesce gatto in Italia (Foto Ghittino).

8. Yellow tail Icoda gialla) H cui nome latino è Seriola 11 quinqueradiata di cui in Giappone si produce

un milione di quintali (Foto Ghittino).

9. Campo di acquacoltura sperimentale in Giappone (Foto Ghittino).

10. Allevamento di pesci rossi.

11. Allevamento di anguille (Foto Ghittino).

no una buona assistenza tecnica per i problemi di allevamento, inoltre esiste una rivista italiana di piscicoltura e it-tiopatologia ormai al suo 13° anno di pubblicazione che assicura un conti-nuo, valido aggiornamento. Nel settore della sperimentazione non si deve di-menticare l'impianto sperimentale di Lesina (presso Foggia) che conduce ri-cerche sull'allevamento dei crostacei. Esistono inoltre molti centri per la pro-duzione e ripropro-duzione tra cui la Si-li AP presso Venezia, altri a Orbetello e Cesenatico e la Solpal a Comacchio che si occupa anche di effettuare studi per i pesci da laguna. Produciamo ostriche a Taranto, stiamo iniziando la coltura della Mazzoncolla (un gambe-rone chiamato miniaragosta), produ-ciamo i mitili (muscoli) nel mare. Non ci dedichiamo alle alghe perché non c'è richiesta a differenza di quanto avviene in Giappone dove tali vegetali sono prodotti in quantità di 1 milione di t all'anno in quanto sono consumate al posto degli spinaci oppure in sostitu-zione del cavolo per avvolgere le palli-ne di riso e fanno parte integrante dell'alimentazione del popolo Giappo-nese. Dice Ghittino: «il Giappone è la patria dell'acquacoltura; è un paese guida». Non c'è da stupirsi di questo se si considera che il 60% dell'alimen-tazione si basa su una gamma assai svariata di prodotti naturali e coltivati che derivano dal mare: il pesce è sem-pre sem-presente su ogni mensa, molto spesso è consumato crudo, deposto semplicemente su palline di riso bolli-to. Naturalmente anche in questo set-tore i giapponesi hanno fatto progressi notevoli mettendo a punto tecniche particolari con lo scopo di avere «più pesce in minor tempo». Ad esempio, per anticipare il periodo di deposizione delle uova utilizzando il controllo del fotoperiodo cioè della lunghezza del giorno rispetto alla notte. Nel caso del-le trote queste sono tenute in capanno-ni con copertura metallica che scorre su rotaie in cui è possibile praticare una illuminazione diurna o artificiale o mantenerli al buio a piacimento. Il fo-toperiodo adottato di norma in Giap-pone consiste in 16 ore di luce al gior-no da settembre a gior-novembre; 8 ore di luce al giorno da dicembre a maggio

quindi in giugno avviene la spremitura delle trote. Il prof. Ghittino, a propo-sito del Giappone, ricorda che molto interessante è la composizione dei man-gimi per i pesci impiegati: infatti essi fanno largo uso di white fisch meal (farina di pesce bianco) e l'olio di pe-sce viene aggiunto immediatamente pri-ma della somministrazione del pri- mangi-me per evitare la comparsa di sapori e odori rancidi. Il mercato del pesce di Tokyo offre al visitatore uno spettaco-lo eccezionale, — si tratta di una città dentro la città — illustrando l'impor-tanza del settore meglio di qualsiasi al-tra documentazione o cifra; Istituti giapponesi in cui si compiono ricerche con grandi campi sperimentali dedicati alla coltivazione delle alghe marine e molluschi sospesi (specie simili alle no-stre cappe sante, pecten), il fatto che in ogni angolo di acqua costiera o di lago in Giappone si pratichi qualche forma di acquacoltura fa chiaramente capire che non sarà certo possibile superare i Giapponesi e neppure eguagliarli come già accade in altri campi.

E negli USA a che punto sono? Il prof. Ghittino — che ha accompagnato recentemente un gruppo di operatori italiani in visita in quel paese afferma — «che si tratta di una acquacoltura vivace». A parte certe prestigiose col-ture di trote con impianti di lavorazio-ne molto ben organizzati sono i labora-tori di ricerca che hanno molto interes-sato gli italiani.

Ad esempio l'Università di Auburn nello stato dell'Alabama possiede dal

1933 una divisione pesca nel cui seno nel 1970 è sorto il Centro Internaziona-le di Acquacoltura in cui lavorano 40 persone tra professori ed assistenti; qui sono state fatte le più significative esperienze e scoperte sul pesce gatto. Arriverà l'Italia un giorno ad avere qualche cosa di simile? Un interessante aspetto che è stato messo a punto negli USA è l'allevamento dei pesci esca, os-sia pesci di mare o d'acqua dolce che possono servire alcuni da esche vive per la pesca del tonno, altre per la pe-sca professionale o sportiva. Questi ul-timi danno vita ad un'industria non certo trascurabile che può inserirsi nei settori dell'istruzione biologica, educa-zione per la natura, tempo libero e

an-che come impresa zootecnica vera e propria.

E i pesci rossi che tutti almeno una volta nella vita abbiamo avuto in casa? «Essi — dice il prof. Ghittino — fan-no parte dell'acquacoltura ornamenta-le, disciplina specialistica che è appan-naggio di ditte commerciali private. Per impiantare un allevamento di pesci rossi occorre un'area modesta oppure semplici cortili o acquari. Quali specie allevare? Il più richiesto è il Carassius

auratus e le sue molteplici varietà di

colore, di conformazione del corpo (Wakin; watonai; Kinranski, Cometa, London shubunkin, Orifiamma, Pesce ovo o trombetta, Ninfa, con occhi tele-scopici o di drago, testa di Leone, ecc.). Sono varietà o mutazioni fissate geneticamente.

Dal punto di vista finanziario imposta-re un allevamento ad esempio di trote quale impegno economico comporta? Occorrono mezzi notevoli; per fare 1000 q di trote con acqua sorgiva non inquinata e avente portata di 1000 1/sec bisogna prevedere una spesa d'impianto di 300-400 milioni di Lire. Il prezzo delle trote si aggira sulle 2000 Lire /kg.

Vorrei accennare ancora ad un aspetto che mi pare interessante come sbocco di lavoro che si offre al veterinario: in-fatti il laureato in questo settore potrà essere sempre più occupato a svolgere opera di vigilanza e di controllo sugli impianti di lavorazione dei pesci di al-levamento poiché si richiedono condi-zioni igieniche ben precise, dovrà bada-re ad effettuabada-re eventuali prove della cottura, inviare campioni ai laboratori di sorveglianza per accertare l'assenza di residui medicinali nei pesci.

In conclusione l'allevamento degli or-ganismi acquatici significa più protei-ne, il che equivale a meno fariprotei-ne, costi-tuisce un settore di studio che può assi-curare uno sbocco di lavoro per i gio-vani e favorisce prodotti pregiati da esportare.

IL PARCO FLUVIALE

Nel documento Cronache Economiche. N.002, Anno 1981 (pagine 101-105)