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Esistono in due varietà:

 Adipociti bianchi o monovacuolati  Adipociti bruni o plurivacuolati.

Sono cellule con funzione di deposito dei grassi che si ritrovano all’interno del citoplasma accolti in un solo grande vacuolo nell’adipocita bianco, o in più vacuoli nell’adipocita bruno detto anche plurivacuolato.

Gli adipociti bianchi, che ritroviamo nel cosiddetto tessuto adiposo bianco, è una cellula gigante con un calibro rilevante: 100-150 m. La gran parte del suo volume è occupata da un vacuolo lipidico che schiaccia alla periferia il citoplasma con il nucleo: si dice quindi che l’aspetto di un adipocita bianco ricorda quello di un anello con castone.

Di norma, nei preparati ottenuti con metodi di routine che prevedono l’utilizzo di alcoli per disidratare il tessuto ed includerlo nella paraffina (il mezzo di inclusione più comune), il soggiorno delle cellule adipose nei vari bagni che servono alla disidratazione rimuove totalmente il vacuolo lipidico. Per studiare il contenuto lipidico all’interno di una cellula adiposa bisogna impiegare dei metodi istologici particolari: non si devono, evidentemente, utilizzare dei liposolventi e quindi non si può utilizzare l’inclusione in paraffina. Bisogna necessariamente eseguire una fissazione con fissativi acquosi (una soluzione di aldeidi) e congelare il tessuto. In questo modo si preserva il contenuto lipidico ed è possibile studiarlo con

Sezione di istologia – 18. Il tessuto connettivo 141 metodi istochimici specifici: uno dei più usati è quello che impiega i coloranti dei grassi chiamati

lisocromi: essi sono costituiti da molecole che hanno una solubilità preferenziale per i lipidi e li colorano.

Un altro metodo di studio che dà molte informazioni sull’adipocita si avvale del microscopio elettronico; i fissativi utilizzati per il microscopio elettronico, in genere, preservano il contenuto lipidico del campione. Al microscopio elettronico osserviamo nell’adipocita bianco un sottile alone citoplasmatico con mitocondri e tubuli di reticolo endoplasmatico liscio, che sono due organuli notoriamente coinvolti nei processi di sintesi lipidica. Il citoplasma dell’adipocita bianco e la sua membrana mostrano numerose vescicole di pinocitosi che si ritiene siano coinvolte nel processo di assunzione del materiale lipidico. Curiosamente per una cellula autoctona del tessuto connettivo, l’adipocita ha un rivestimento di membrana basale che l’avvolge completamente e che ha la funzione di offrire un supporto alla cellula che è fragile a causa dello scarso citoplasma. Nella parte centrale vediamo il grosso vacuolo lipidico che non è delimitato da membrana in quanto i lipidi, in ambiente acquoso, tendono spontaneamente a separarsi in una fase distinta.

Il processo di assorbimento dei lipidi è complesso. A livello della superficie del lume intestinale ci sono degli enzimi specifici, delle lipasi, che scindono i trigliceridi in glicerolo ed acidi grassi. Questi vengono assunti dalle cellule dell’intestino dove, a livello del reticolo endoplasmatico liscio, vengono ricomposti a formare nuovamente trigliceridi. Le cellule intestinali, tuttavia, non hanno funzione di deposito, quindi devono ridistribuire questi lipidi all’organismo. Se venissero rilasciati nel sangue così come sono, però, i lipidi formerebbero delle grosse gocce che andrebbero a formare degli emboli che potrebbero interferire con i processi circolatori; quindi, all’interno della cellula intestinale, le gocce di lipidi che via via si formano vengono combinate a delle apoproteine che hanno una struttura particolare: hanno una faccia convessa idrofila ed una faccia concava con aminoacidi idrofobi. Le apoproteine vengono montate a formare una sorta di guscio sulle gocce di trigliceridi; nell’insieme queste particelle, proteiche esternamente e composte da grasso internamente, vengono dette chilomicroni. Sotto questa forma i trigliceridi possono viaggiare nei fluidi biologici. Oltre ai chilomicroni nel sangue si aggiunge una seconda quota di trigliceridi provenienti dal fegato. Il fegato opera una sintesi endogena dei trigliceridi e li esporta sottoforma di una particella, simile al chilomicrone ma più piccola, formata da un nucleo di trigliceridi avvolti da un manto di apoproteine; questa componente epatica di trigliceridi di sintesi endogena è indicata con la sigla VLDL (Very Low Dense Lipoprotein). I chilomicroni e le VLDL fanno parte della famiglia delle lipoproteine.

Entrambe queste forme di trasporto dei trigliceridi raggiungono tramite il torrente circolatorio i tessuto connettivo dove si concentrano le cellule adipose. L’endotelio dei distretti adiacenti a queste cellule è particolare in quanto possiede enzimi capaci di scindere i complessi lipoproteici presenti nel sangue e che quindi si chiamano lipoproteinlipasi. Queste disgregano i chilomicroni ed i VLDL e scindono i trigliceridi in glicerolo ed acidi grassi. L’adipocita, tramite i processi di endocitosi, capta questi elementi e li risintetizza nuovamente a trigliceridi che si accumulano nel vacuolo centrale della cellula. Nel momento in cui l’organismo ha bisogno di energia l’adipocita bianco compie il processo opposto: prende trigliceridi dal vacuolo fagico e, tramite delle lipasi adipocitarie, li scinde a glicerolo ed acidi grassi. questi vengono poi immessi in due diverse vie metaboliche per produrre energia.

142 Sezione di istologia – 18. Il tessuto connettivo Il processo di deposizione o di utilizzazione dei trigliceridi da parte degli adipociti è un processo regolato in maniera molti fine da meccanismi nervosi e da meccanismi endocrini: per esempio, la deposizione di grasso a livello degli adipociti è comandata dall’insulina. Risultano invece lipolitici altri ormoni come il glucagone e l’adrenalina, l’ormone della risposta rapida allo stress. Un altro ormone lipolitico è rappresentato dagli ormoni tiroidei T3 e T4 che aumentano il metabolismo cellulare.

In determinati momenti dello sviluppo la deposizione dei lipidi negli adipociti può essere comandata anche dagli ormoni sessuali: al momento della pubertà gli estrogeni, gli ormoni che comandano lo sviluppo dei caratteri sessuali femminili, hanno una potente azione promuovente la deposizione dei lipidi. È una delle ragioni per cui si modellano alcuni caratteri sessuali della donna come le mammelle ed i fianchi.

L’adipogenesi è un processo che avviene per tappe e che si può vedere molto bene proprio negli individui di sesso femminile al momento della pubertà. La cellula mesenchimale inizia a differenziarsi dotandosi degli organuli per la lipogenesi, cioè il reticolo endoplasmatico liscio ed i mitocondri. Compaiono le vescicole di pinocitosi e compaiono iniziali accumuli di trigliceridi sottoforma di piccoli vacuoli indipendenti che tendono a confluire l’uno verso l’altro per formare l’unico vacuolo caratteristico dell’adipocita maturo.

Gli adipociti bruni o plurivacuolati sono molto più rari degli adipociti bianchi monovacuolati. Si differenziano secondo la stessa linea degli adipociti bianchi ma non avviene il processo di fusione dei vacuoli che rimangono distinti anche nella cellula che ha raggiunto il pieno grado di sviluppo. A differenza degli adipociti bianchi, il nucleo è localizzato in posizione centrale o lievemente eccentrica. Gli adipociti bruni si ritrovano aggregati insieme a formare una particolare varietà di tessuto che si chiama

tessuto adiposo bruno: nell’individuo adulto rimane solo in certe sedi anatomiche come la sede

interscapolare o la sede mediastinica.

L’adipocita bruno è dotato di una particolare molecola proteica detta termogenina, localizzata a livello dei mitocondri che genera la dissociazione tra i fenomeni ossidativi che avvengono a livello della catena dei citocromi ed i processi fosforilativi che avvengono a livello delle particelle F1: la conseguenza di questa dissociazione è che l’energia dei protoni che rientrano, anziché servire per la genesi di ATP a partire da ADP e fosfato, viene dissipata in calore che si ritiene serva a mantenere l’omeostasi termica dell’organismo. Non solo: si è visto che gli adipociti bruni bruciano gran parte del surplus lipidico assunto con gli alimenti tanto che certe forme di obesità sono riconducibile ad un’involuzione completa del tessuto adiposo bruno.

Gli adipociti bruni sono abbondanti nel feto subito prima della nascita e si ritiene che svolgano una funzione importante al momento del parto quando il neonato passa dai circa 38°C dell’utero materno ai circa 25°C dell’ambiente esterno. Per contrastare questa improvvisa variazione della temperatura il neonato attiva tutti gli adipociti bruni che con la loro termogenesi lo aiutano ad affrontare lo shock termico. Nel corso di questo fenomeno gran parte del tessuto adiposo bruno si esaurisce e gli adipociti involvono per rimanere solo nelle sedi mediastinica ed interscapolare dove mantengono un ruolo nonostante la loro esiguità numerica.

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