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Epitelio pavimentoso composto corneificato

La variante corneificata dell’epitelio pavimentoso composto la troviamo a rivestire la superficie esterna del nostro corpo nonché la cavità orale dove rappresenta la mucosa masticatoria (gengive e papille interdentali, mucosa della lingua, mucosa del palato duro). L’epitelio pavimentoso composto corneificato ha due prerogative: la prima è quella di conferire alla lamina epiteliale di rivestimento una notevole resistenza meccanica agli insulti che possono provenire dall’ambiente esterno o interno; l’altra è quella di impermeabilizzare, come epidermide, la superficie esterna del nostro organismo per impedire il passaggio indiscriminato di sostanze dall’esterno verso l’interno e viceversa. Per far questo esso si dota, attraverso un processo detto citomorfosi cornea, di strutture facilmente identificabili la più evidente delle quali è uno strato, detto strato corneo, che ha una tessitura particolare ed una distinta colorabilità. Lo spessore dello strato corneo può variare grandemente a seconda del distretto anatomico: è più sottile57 a livello della cute che riveste le palpebre o la porzione anteriore degli avambracci mentre ha uno spessore considerevole a livello della palma delle mani e della pianta dei piedi.

Proprio dove lo strato corneo è particolarmente spesso si possono distinguere i diversi strati di cui è composto l’epitelio e seguire le fasi della citomorfosi cornea. Lo strato più profondo, quello che appoggia sullo strato connettivo sottostante, è detto strato basale o germinativo. Una cellula situata a livello dello strato basale è relativamente poco differenziata: ha una forma grossomodo cubica, un nucleo tondo e la cromatina appare finemente dispersa tanto che è distintamente visibile il nucleolo; questo appare di dimensioni notevoli perché deve ancora provvedere alla produzione di un numero rilevante di ribosomi, responsabili della basofilia dello strato basale. Si tratta, per lo più, di ribosomi liberi impiegati nella sintesi di molecole proteiche che rimarranno a livello dello ialoplasma, prime fra tutte le precheratine che, aggregandosi a livello citoplasmatico, concorreranno alla produzione dei filamenti intermedi di 55 Lo stesso tipo di epitelio riveste l’esofago e l’interno della parete della vagina superfici anch’esse umettate da un velo di liquido.

56 La flora endogena è una popolazione batterica eterogenea che a partire dal momento del parto, colonizza le superfici esterne ed interne del nostro organismo stabilendo con esso un a rapporto di simbiosi. Alcuni batteri presenti a livello intestinale, ad esempio, producono la vitamina K che l’uomo non è in grado di sintetizzare.

57 In linea di massima da uno strato corneo sottile corrisponde anche un minor numero di strati delle cellule dell’epitelio.

104 Sezione di istologia – 17. Il tessuto epiteliale cheratina. Le precheratine sono già visibili nella cellula dello strato basale perché tendono a riunirsi in strutture più spesse soprattutto nella porzione più periferica della cellula dove questa forma desmosomi (già abbondanti a questo livello) con le cellule circostanti e emidesmosomi con la membrana basale, la struttura di ancoraggio al connettivo.

Allestendo un preparato in microscopia ottica si può ottenere una modifica artefattuale dell’aspetto dei filamenti di precheratina all’interno delle cellule dovuta al fatto che questi vengono conglutinati insieme ad opera delle molecole del fissativo. Questa conglutinazione, assente in natura, fa sì che gli aggregati di filamenti divengano visibili all’interno del citoplasma come tonofibrille, così definite per affinità con il termine generico con cui vengono indicati i filamenti intermedi di precheratina che vengono chiamati anche tonofilamenti.

Al di sopra dello strato basale c’e un certo numero di strati, variabile a seconda dello spessore della lamina epiteliale, di cellule poliedriche che si fanno sempre più appiattite via via che ci si avvicina alla superficie e che nel loro insieme costituiscono lo strato spinoso: anche in questo caso il nome deriva dalle presenza di estroflessioni della membrana plasmatica che si connettono con quelle delle cellule vicine e all’apice delle quali troviamo un desmosoma. In queste cellule il volume tende ad aumentare e la basofilia a diminuire via via che progredisce la sintesi delle proteine specifiche del cheratinocita. Aumenta invece l’acidofilia del citoplasma dovuta all’accumulo dei tonofilamenti che costituiscono, all’interno del citoplasma, un feltro tridimensionale disposto ad occupare gran parte dello spazio disponibile. Nelle cellule degli strati più alti dello strato spinoso aumenta il peso molecolare delle precheratine sintetizzate che nello strato basale e nei primi strati dello strato spinoso sono a basso peso molecolare (precheratina 5, precheratina 14). Aumenta di conseguenza la resistenza meccanica dei tonofilamenti all’interno del citoplasma.

Nello strato spinoso inizia la sintesi di un’altra proteina, l’involucrina, che ha affinità per il versante citoplasmatico del plasmalemma dove forma una sorta di incrostazione che rende la membrana plasmatica sempre più rigida e quindi impermeabile. In questo modo, infatti, viene ostacolato il movimento e quindi l’aggregazione di quelle proteine intrinseche che, unendosi, formano pori e trasportatori.

Inoltre compaiono dei particolari organuli a genesi dall’apparato di Golgi: i granuli lamellati o granuli

di Odland. I granuli di Odland sono rivestiti da membrana e contengono grandi quantità di fosfolipidi e

lipoproteine, una certa quantità di colesterolo e acidi grassi ed alcuni enzimi a funzione proteolitica. L’aspetto lamellare lo si deve alla concomitante presenza di lipidi anfipatici e lipoproteine. Il destino dei granuli lamellati è quello di essere esocitati nel labirinto intercellulare e impermeabilizzare gli strati più alti dello strato spinoso. Anche nel caso del epitelio pavimentoso composto corneificato, infatti, il tramite per i nutrienti e per i gas respiratori per raggiungere gli strati più distanti dal tessuto connettivo è rappresentato dal labirinto intercellulare. Esso rappresenta però una potenziale porta per sostanze che vogliano attraversare la lamina epiteliale nei due sensi. Il contenuto dei granuli lamellati, quindi, si stratifica al di sopra delle cellulari obliterando progressivamente il labirinto intercellulare e sostituendo l’acqua e le sostanze idrofile in essa disciolte con materiale lipidico impermeabile all’acqua. A ciò si aggiunge, come abbiamo visto, l’opera d’impermeabilizzazione dell’involucrina.

Sezione di istologia – 17. Il tessuto epiteliale 105 Al di sopra dello strato spinoso le cellule si fanno appiattite ed assumono caratteristiche citoplasmatiche

peculiari perché compaiono delle granulazioni basofile definite, con un termine più descrittivo che chimico, granuli di cheratoialina58. In virtù della presenza dei granuli questo strato è definito strato

granuloso. Da un punto di vista biochimico i granuli di cheratoialina sono composti per la maggior parte

da una proteina ricca di zolfo che si chiama filaggrina. Come dice il nome essa ha la funzione di aggregare tra sé, tramite legami covalenti a ponte di zolfo, i filamenti intermedi: questi diventano indissolubili59 e formano una struttura molto rigida e molto resistente alle sollecitazioni meccaniche che è, appunto, la cheratina. Nella formazione della cheratina interviene anche un’altra proteina, la loricina, la cui sintesi inizia proprio a livello dello strato granuloso. Essa inoltre, come l’involucrina, irrigidisce le membrane plasmatiche

In modo piuttosto improvviso dalla strato granuloso si passa allo strato corneo. Dove questo è più spesso si può vedere, con colorazioni opportune, nel punto di transizione tra strato granuloso e corneo un ulteriore strato che, quando è visibile (non lo è sempre; si ritiene che possa essere un artefatto dovuto alle colorazioni impiegate), appare come una porzione molto compatta e molto ben colorabile che prende il nome di strato lucido. Il passaggio di una cellula dal granuloso al corneo è segnato, tuttavia, da eventi critici tra i quali la scomparsa della membrana del nucleo che va incontro ad apoptosi. Nel frattempo vengono meno progressivamente anche tutti gli altri organuli fatta eccezione per i tonofilamenti. Di fatto, quando il processo di citomorfosi cornea si conclude, del cheratinocita originario rimane soltanto una

squama cornea ossia una vestigia di cellula non più dotata di organuli, priva di attività metabolica e

inerte, un sacchetto di filamenti intermedi conglutinati tra sé. La squama cornea, tuttavia, sviluppa al massimo grado le qualità di impermeabilità e resistenza meccanica che sono proprie dell’epitelio nel suo insieme.

Nella porzione dello strato corneo definita strato corneo compatto si mantengono ancora, seppure ampiamente modificati da un punto di vista strutturale, i desmosomi che uniscono ogni squama a quelle vicine. Via via che si sale gli enzimi contenuti nei granuli di Odland provvedono alla progressiva demolizione delle desmogleine, quelle proteine di ancoraggio che tengono unite le membrane plasmatiche delle cellule a livello del desmosoma. Con la progressiva degradazione delle desmogleine si ha la perdita di adesione tra le squame cornee che, nel cosiddetto strato corneo disgiunto si individualizzano definitivamente.

Il processo di citomorfosi cornea richiede circa quindici giorni per compiersi nella sua interezza.

In certi casi, quando il processo è alterato, si può avere la disgiunzione non di singole squame ma di lembi di corneo disgiunto che danno origine a quell’inestetismo conosciuto come forfora.

58 Il termine deriva dal fatto che se si esamina forte ingrandimento una di queste cellule i grano basofili appaiono di tessitura uniforme come il termine ialina lascia intendere.

59 Nelle altre cellule l’impalcatura di filamenti intermedi, per quanto meno facilmente dissolvibile dell’impalcatura citoscheletrica microtubulare, può, in condizioni opportune e in dipendenza dalla concentrazione di calcio, andare incontro a dissoluzione.

106 Sezione di istologia – 17. Il tessuto epiteliale Nell’epitelio pavimentoso composto corneificato la presenza di precheratine è superiore a quella di qualsiasi altro epitelio tanto che per identificare le cellule epiteliali proprie dell’epitelio si usa anche il termine di cheratinociti.