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DELLOSSOOSSO

Svariati fattori, prevalentemente di natura endocrina e metabolica, sono in grado di influenzare la formazione dell’osso.

Il paratormone (PTH), prodotto dalle ghiandole paratiroidi, agisce sugli osteoblasti stimolandone la proliferazione e promuovendone la differenziazione e le sintesi macromolecolari. Per il tramite degli

Sezione di istologia – 20. Il tessuto osseo 175 e quindi il riassorbimento della matrice ossea e l’innalzamento della calcemia. Inoltre, il paratormone

promuove il riassorbimento di ione calcio a livello renale, il che contribuisce all’effetto ipercalcemizzante dell’ormone.

La calcitonina, prodotta dalle cellule C, o parafollicolari, della tiroide, agisce sugli osteoclasti inibendone la funzione; ha azione ipocalcemizzante.

L’ormone della crescita (growth hormon, o GH), prodotto dalla ghiandola ipofisi, agisce sul fegato inducendovi la produzione di fattori di crescita detti somatomedine, i quali stimolano la crescita ed il metabolismo dei condrociti della cartilagine proliferante, promuovendo così l’accrescimento dimensionale delle ossa. Difetti congeniti di produzione di ormone della crescita provocano il cosiddetto

nanismo ipofisario, mentre l’eccesso di produzione di questo ormone durante lo sviluppo porta alla

condizione opposta, nota come gigantismo acromegalico. L’ormone della crescita agisce anche promuovendo il riassorbimento di calcio a livello renale, contribuendo pertanto all’omeostasi plasmatica di questo ione.

Gli ormoni tiroidei (triiodotironina e tetraiodiotironina, T3 e T4), prodotti dalle cellule follicolari della tiroide, sono capaci di promuovere il metabolismo cellulare e pertanto giocano un ruolo importante per stimolare la deposizione e la maturazione dell’osso. Anomalie di produzione di ormoni tiroidei durante lo sviluppo portano a malformazioni ossee di vario grado, fino al cosiddetto nanismo tiroideo.

Gli ormoni sessuali (estrogeni, testosterone), che iniziano a prodursi dalle gonadi al momento della pubertà, hanno un azione positiva sulla differenziazione e sulla attività funzionale degli osteoblasti, promuovendo il turn-over dell’osso. Al termine dell’accrescimento, essi esercitano altresì una azione inibitoria sulla crescita dei condrociti della cartilagine proliferante, promuovendo la chiusura delle epifisi e l’arresto dell’accrescimento osseo. È peraltro noto che tra i fattori che condizionano la statura di un individuo vi è anche il momento di avvio dello sviluppo puberale. Gli estrogeni in particolare sembrano essere coinvolti nei processi di deposizione ossea: recenti ricerche su cellule ossee in coltura in vitro indicano che essi sarebbero in grado di stimolare la proliferazione degli osteoblasti e di promuovere la morte cellulare programmata degli osteoclasti. Questi reperti potrebbero contribuire a spiegare la ragione per cui dopo la menopausa, venendo meno l’azione di stimolo sugli osteoblasti e di freno sugli osteoclasti esercitata dagli estrogeni, si ha una progressiva riduzione della massa ossea con l’eventuale affermazione di un quadro clinico di osteoporosi.

La vitamina D è una vitamina liposolubile che viene in parte assunta con la dieta (vitamina D2, o

ergocalciferolo) ed in parte sintetizzata endogenamente a partire da un precursore steroideo, il 7-deidrocolesterolo, che viene convertito a vitamina D3 (o colecalciferolo) ad opera dell’azione

fotochimica delle radiazioni UVB che impattano sulla cute. Entrambe le isoforme subiscono modifiche chimiche, che constano nell’aggiunta di un primo ossidrile a livello epatico, e di un secondo ossidrile a livello renale. Il metabolita che così viene a formarsi, detto 1,25-diidrossicalciferolo, è quello principalmente responsabile dell’attività biologica della vitamina D. Le azioni della vitamina D si esplicano a vari livelli: sull’osso, essa promuove la differenziazione degli osteoblasti, che possiedono specifici recettori, stimolando la produzione di matrice ossea e la deposizione di calcio nelle ossa; a livello intestinale, essa promuove l’assorbimento di calcio, mentre a livello renale inibisce l’escrezione di

176 Sezione di istologia – 20. Il tessuto osseo questo ione. Una carenza di vitamina D porta a una difettosa mineralizzazione delle ossa che tendono a deformarsi sotto il carico meccanico: questa condizione clinica è nota come rachitismo quando insorge durante l’accrescimento e come osteomalacia quando insorge durante la vita adulta.

La vitamina C è una vitamina idrosolubile che agisce come importante coenzima per la sintesi del collagene. Essa è un cofattore per gli osteoblasti impegnati nella biosintesi del collagene della matrice ossea. Deficit gravi di vitamina C, come avviene nello scorbuto, portano a produzione insufficiente di collagene con conseguente ritardo nella crescita e difficoltà nella riparazione delle fratture.

La vitamina A è una vitamina liposolubile capace di agire sugli osteoblasti riducendone la proliferazione ed incrementando l’espressione dei recettori per la vitamina D. Essa agisce pertanto come fattore differenziante per gli osteoblasti. La carenza di questa vitamina provoca ritardo nella crescita delle ossa. Per contro, un suo eccesso causa la precoce chiusura delle epifisi con arresto prematuro della crescita. L’ossigeno molecolare sembra giocare un ruolo importante per la formazione dell’osso non solo in quanto indispensabile per la fosforilazione ossidativa, ma anche come fattore di stimolo sulle cellule ossee. È degno di nota che, in ogni tipo di ossificazione, la differenziazione delle cellule mesenchimali in cellule osteoprogenitrici e poi in osteoblasti avviene in stretta concomitanza con la genesi di nuovi vasi sanguigni, che possono assicurare una elevata pressione parziale di ossigeno nelle sedi dove avviene formazione di osso. Questo può spiegare l’effetto benefico sull’osteogenesi prodotto dalla ossigenoterapia iperbarica, che vede tra le sue indicazioni d’uso i ritardi di consolidamento delle fratture e l’osteoporosi. L’ossido nitrico (NO) è un radicale gassoso prodotto da molte cellule, incluse le cellule endoteliali. Recentemente, è stato dimostrato che esso è capace di indurre la differenziazione degli osteoblasti. È pertanto verosimile che il ruolo dell’endotelio vasale nei processi di osteogenesi possa essere almeno in parte mediato tramite la liberazione di ossido nitrico.

Sezione di istologia – 21. Il sangue 177

21.

21. IL SANGUEIL SANGUE

Il sangue viene incluso fra i tessuti connettivi non tanto per le sue caratteristiche morfologiche, che sono del tutto peculiari e diverse da quelle degli altri connettivi, bensì per via dell’origine comune dal mesenchima.

Il sangue è un tessuto particolare perché è fluido: le cellule sono sospese in una soluzione acquosa, definita plasma, che ha una composizione ben precisa, controllata e regolata da numerosi fattori.

È importante conoscere quale è la proporzione precisa fra cellule del sangue e plasma, cosa che si può fare in modo molto semplice ponendo una certa quantità di sangue in una provetta e centrifugandola: tutte le componenti corpuscolari sedimentano, mentre il plasma va a costituire il sopranatante. In un campione normale il 45% del volume sanguigno è occupato dalla componente corpuscolare, il rimante 55% è invece di pertinenza del plasma. Questo è il cosiddetto rapporto ematocrito ed è un test clinico dei più semplici. Tale rapporto può alterarsi, per esempio, a causa di un’emorragia: in seguito ad una notevole perdita di sangue, infatti, l’organismo tenta di colmarne la mancanza producendone di nuovo ma, essendo esso costituito prevalentemente da acqua e sostanze disciolte, sarà proprio il plasma la prima parte ad essere ricostituita, mentre per rimpiazzare la perdita di cellule ci vorrà il tempo necessario affinché gli organi ematopoietici lavorino e colmino le perdite. Di conseguenza osserveremo uno sbilanciamento del rapporto ematocrito a sfavore della componente corpuscolata.

In ragione della sua natura liquida è chiaro che il sangue richiede degli accorgimenti particolari per lo studio morfologico che, tutto sommato, semplificano il lavoro dell’istologo: per allestire un preparato sufficientemente sottile basta prendere una goccia di sangue, porla su un vetrino e “strisciarla” delicatamente su di esso servendosi di un altro vetrino. In questo modo le cellule si stratificano in unico strato, vengono fissate passando velocemente il campione su una piccola fiamma, dopodiché possono essere transilluminate in quanto sufficientemente sottili. Questi si chiamano preparati per striscio. Per lo studio del sangue si impiegano anche dei coloranti particolari detti miscele panottiche: la più famosa e la più usata è la miscela del May-Grünwald-Giemsa che contiene in un’unica soluzione tutti i coloranti necessari ad evidenziare tutte le componenti del sangue: c’è un colorante basico, il blu di

metilene, che colora nuclei e granulazioni basofile e c’è un colorante acido, l’eosina, che colora le

strutture acidofile. Ci sono poi dei coloranti che si formano in seguito all’ossidazione del blu di metilene e che sono detti azzurri : essi colarono d’azzurro certe strutture, soprattutto granuli, che per la loro affinità con questi prodotti sono detti azzurrofili. L’azzurrofilia non ha valore istochimico ma, essendo un fenomeno costante e ripetibile, risulta utile per evidenziare le granulazioni delle cellule del sangue. Inoltre, essendo presenti sia un colorante acido (che dissocia come catione) che un colorante basico (che dissocia come anione), si formano dei prodotti di combinazione, i cosiddetti eosinati di metilene, che colorano di un grigio pallido determinate granulazioni identificandole in modo specifico.

178 Sezione di istologia – 21. Il sangue Gran parte del volume del plasma (circa il 99%) è rappresentato da acqua; il restante 1% è rappresentato da ioni81, oligoelementi (molto importante il ferro per la formazione dei gruppi EME dell’emoglobina), molecole precursori quali aminoacidi, nucleotidi, acidi grassi, glicerolo e tutto ciò che serve per la sintesi delle macromolecole biologiche. Nell’acqua, inoltre, sono disciolti i gas respiratori e buone quantità di proteine; a differenza degli ioni, le proteine non passano liberamente dal plasma al liquido tessutale e rimangono contenute all’interno dei vasi sanguigni conferendo una certa pressione osmotica al plasma atta ad impedire un eccessivo passaggio di acqua nei tessuti che porterebbe alla formazione di un edema: parliamo di pressione colloido-osmotica del sangue.

Per identificare le proteine del plasma si usano tecniche di elettroforesi che si basano sul fatto che, ad un determinato valore di pH, ogni proteina ha una certa carica elettrica netta dovuta alla quantità di aminoacidi acidi e basici di cui è costituita la sua struttura primaria. Sottoposta all’azione di un campo elettrico, quindi, la proteina migrerà in funzione della propria carica elettrica netta e delle sue dimensioni: le proteine più piccole correranno più veloci, quelli più grandi, correranno più lente. Grazie all’analisi elettroforetica delle proteine del sangue possiamo comporre quello che si chiama protidogramma, una sorta di grafico dove, in ascisse, possiamo mettere le dimensioni ed in ordinate, la quantità di proteine. Il primo picco che troviamo è quello relativo alle albumine, molecole proteiche prodotte dal fegato, piuttosto piccole, molto numerose e principali responsabili della pressione colloido-osmotica del plasma. Osserviamo poi tre ulteriori picchi (più bassi e, quindi, relativi a proteine presenti in quantità minori rispetto alle albumine) relativi a proteine più grandi che sono le , , e  globuline. L’analisi del picco delle  globuline, le molecole degli anticorpi, ci indica il patrimonio anticorpale di un individuo e si innalza in seguito ad un’infezione o a qualsiasi altro fenomeno che abbia innescato la produzione di specifici anticorpi. L’ultimo picco è relativo al fibrinogeno, una grossa proteina coinvolta nei processi di coagulazione del sangue. Se eliminiamo il fibrinogeno dal plasma (cosa che si può fare lasciandolo coagulare) si ottiene il siero, che è più fluido.

Da un punto di vista morfologico, tuttavia, il plasma ci dice ben poco, in quanto non ha caratteristiche strutturali degne di nota. Ben diverso il discorso per quanto riguarda gli elementi corpuscolati del sangue. Nel sangue ci sono vari tipi di cellule riconducibili a tre categorie:

 Globuli rossi, detti anche eritrociti o emazie.  Globuli bianchi o leucociti.

 Piastrine o trombociti. Non sono vere e proprie cellule ma frammenti cellulari.