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Sono le più diffuse: la proteina di cui sono costituite, il collagene, costituisce da sola circa 1/5 del peso totale dell’organismo.

Il collagene è una proteina filogeneticamente molto antica: la ritroviamo praticamente uguale a quella dell’uomo nei metazoi più primitivi come i celenterati e si ritiene che sia stato un progetto talmente valido da condizionare di fatto la possibilità di creare degli organismi pluricellulari.

Da un punto di vista istologico le fibre collagene appaiono come strutture allungate rettilinee o appena ondulate, acidofile in virtù della loro ricchezza in proteine, di aspetto e consistenza vari a seconda del tipo di tessuto connettivo che consideriamo: nei cosiddetti connettivi lassi le fibre collagene sono piuttosto piccole e le troviamo sotto forma di nastri acidofili disposti lungo le tre dimensioni con un calibro in genere non superiore ai 2-4 micron. Nei connettivi densi invece le fibre collagene rappresentano ponderalmente la componente più abbondante e possono arrivare ad un calibro di circa una dozzina di micron. In entrambi i casi le fibre collagene si colorano molto bene con coloranti acidi73.

Le fibre collagene possiedono una proprietà biofisica peculiare che indica la presenza di un ordine a livello delle molecole costitutive delle fibre stesse: esse, cioè, appaiono birifrangenti quando le si esamina al microscopio ottico a luce polarizzata. Un fascio di luce che emerge da una sorgente luminosa (come la lampada di un microscopio) è costituita da componenti luminose che vibrano su piani diversi; se si fa passare la luce attraverso un prisma polarizzatore da esso emerge soltanto un fascio di luce, quello che vibra parallelamente alle fibre del prisma stesso: il fascio di luce che emerge è un fascio di luce

polarizzata74. La luce polarizzata può essere utilizzata per transilluminare il campione in esame : se

questo non ha proprietà birifrangenti essa lo attraversa senza essere deviata. Al di sopra del fascio di luce 72 Il termine “anista” si riferisce a qualcosa che è privo di una propria struttura istologica.

73 Esiste anche un modo più specifico di colorare le fibre collagene con una reazione che ha valore istochimico e che si chiama Van Gieson: questa colorazione impiega un colorante, la fuxina acida, che in apposite condizioni di pH è selettivo per il collagene e lo colora in rosso.

74 L’occhio umano non percepisce differenze e valuta la luce polarizzata esattamente come il resto della luce.

Sezione di istologia – 18. Il tessuto connettivo 127 emergente dal preparato, e che concorre a formare l’immagine che l’occhio dell’osservatore percepirà, è

possibile disporre un secondo prisma polarizzatore detto analizzatore che viene disposto in modo che le sue “maglie” risultino perpendicolari a quelle del primo: quando il fascio di luce polarizzata che porta l’immagine impatta sul prisma analizzatore viene quindi completamente arrestata e all’oculare del microscopio si vede buio. Determinate strutture biologiche (tendenzialmente quelle che hanno una sequenza chimica ripetitiva ovvero un ordine paracristallino) sono in grado di deviare il fascio di luce polarizzata: queste strutture vengono definite birifrangenti perché il fascio di luce polarizzata viene scomposto in due fasci distinti: un fascio ordinario che grossomodo continua a vibrare lungo il piano della luce polarizzata ed un fascio straordinario ruotato di 90°. Quando un fascio di luce polarizzata attraversa un campione birifrangente una delle due risultanti, il fascio straordinario, riesce a valicare le maglie del filtro analizzatore (che è ruotato di 90° rispetto al piano della luce polarizzata) e in questo modo all’oculare è possibile vedere un immagine. Riassumendo, se illuminando un campione con un fascio di luce polarizzata si riesce a vedere un’immagine nonostante il filtro analizzatore, questo vuol dire che il campione presenta il fenomeno della birifrangenza; la birifrangenza indica la presenza nel campione di un ordine molecolare.

Ciascuna fibra collagene, è formata dall’aggregazione di strutture fibrillari con un calibro al limite del potere risolutivo della microscopia ottica (0,2 micron) definite fibrille: le singole fibrille tendono a decorrere unite le une alle altre con scarsa o nulla tendenza ad emettere collaterali che vanno a confondersi con le fibrille di altre fibre collagene vicine. A loro volta ciascuna fibrilla è formata dalla fascicolazione di strutture filamentose ancora più sottili (il calibro è compreso tra 60 e 100 nm: sono quindi visibili soltanto con l’impiego della microscopia elettronica) definite microfibrille. La microfibrilla collagene, esaminata in microscopia elettronica con varie tecniche75, rivela una peculiarità che la rende inconfondibile: una striatura trasversale costituita da dischi chiari e scuri che si alternano lungo tutta la microfibrilla. L’insieme di un disco chiaro e di un disco scuro è spesso 64 nm76: il cosiddetto periodo del collagene, intendendosi come periodo una struttura geometrica che si ripete. Ciascuna banda costituisce un emiperiodo ed ha uno spessore di 32 nm. Se si osserva a forte ingrandimento una microfibrilla notiamo che il fenomeno dell’encapsi prosegue attraverso la sua struttura: specialmente nelle bande scure, è evidente come a sua volta una microfibrilla collagene sia formata dall’aggregazione laterale di strutture filamentose ancora più sottili, con una calibro di 1,4 nm: le

protofibrille. Esse costituiscono la struttura elementare in cui le singole molecole costituenti del

collagene, le molecole di tropocollagene, si aggregano linearmente, cioè testa - coda.

Riassumendo: l’aggregazione lineare delle molecole di tropocollagene determina una protofibrilla, più protofibrille si aggregano lateralmente a formare la microfibrilla; più microfibrille fascicolano a formare la fibrilla e più fibrille a formare le fibre collagene. In alcune strutture anche le fibre collagene possono aggregarsi a formare i fasci di fibre collagene come avviene nel tendine.

75 Con il microscopio elettronico a scansione o trasmissione, dopo colorazione diretta o a contrasto negativo.

76 Un po’ di più se si osservano i preparati a fresco, non fissati. Nella fissazione del preparato si elimina quel po’ di acqua contenuta nel campione e si ha un piccolo accorciamento che porta questa porzione elementare da ca. 70nm a ca. 64 nm.

128 Sezione di istologia – 18. Il tessuto connettivo La molecola del tropocollagene è molto particolare: è formata da tre catene polipeptidiche chiamate

catene . Ciascuna catena α pesa circa 33mila Dalton ed formata da circa un migliaio di aminoacidi. Quello che è interessante è la struttura primaria della catena alfa.

Ogni catena  ha un estremità carbossiterminale ed un’estremità amminoterminale. La prima e l’ultima parte hanno una composizione amminoacidica piuttosto variabile dove sono presenti residui di lisina e derivati particolari di questa come la idrossilisina77: non è uno dei venti aminoacidi caratteristici, per la presenza di un ossidrile in più che viene aggiunto dall’apparato di Golgi dopo la traduzione della catena . La porzione centrale della molecola invece (che occupa i 2 / 3 della lunghezza di ciascuna catena ) è data dal monotono ripetersi di un tripeptide che costituisce una sorta di periodo interno alla molecola: questo polipeptide ha la composizione generica glicina - x - y dove x e y sono o la prolina o l’idrossiprolina78o, eventualmente, l’alanina.

La glicina è il più piccolo degli aminoacidi (il residuo è un idrogeno) ed è quindi molto flessibile sul carbonio centrale. La prolina e l’idrossiprolina, invece, poiché sono imminoacidi (ciclizzano sull’azoto del gruppo amminico), impongono alla catena polipeptidica un angolo forzato: in questo modo tutta la parte centrale della catena  si dispone ad elica levogira.

Tre catene , in virtù della disposizione ordinata del tripeptide della porzione centrale, si uniscono insieme formando un avvolgimento trino destrogiro: la molecola del tropocollagene. Il tripeptide glicina -prolina - idrossi-prolina o glicina - -prolina - alanina delle tre catene  è presente in rapporti spaziali molto precisi e costanti e la porzione centrale ha quindi una struttura molto ordinata di fatto responsabile delle caratteristiche di birifrangenza. Le porzioni terminali della molecola del tropocollagene costituiscono, invece, le porzioni random coil delle tre catene . Queste parti, più ricche di lisina ed idrossilisina rispetto alla parte centrale che ne è priva, sono definite telopeptidi. Poiché i due telopeptidi sono diversi la molecola ha una ben precisa polarità con una testa ed una coda. La protofibrilla si forma quando le singole molecole di tropocollagene si dispongono in fila con la testa di una molecola di tropocollagene che guarda la coda di quella successiva.

Ogni molecola di tropocollagene ha una lunghezza tipica di 280 nm.

Le modalità di aggregazione laterale delle singole protofibrille spiegano anche il fenomeno del periodo del collagene: se si esamina una protofibrilla si nota che in questa le molecole di tropocollagene sono sfalsate rispetto a quelle delle protofibrille contigue di un’emiperiodo: 32 nm. Inoltre tra la testa di una molecola di tropocollagene e la coda di quella successiva c’è un gap anch’esso di 32 nm. Data questa peculiare disposizione ne emerge che quando le molecole di tropocollagene delle varie protofibrille si aggregano la microfibrilla risultante viene ad avere un’alternanza di tratti più porosi (quelli dove c’è il gap di 32 nm tra testa di tropocollagene e coda di tropocollagene) e tratti compatti in cui le singole molecole di tropocollagene della varie protofibrille sono fittamente stipate: nei tratti porosi penetra il colorante di contrasto della microscopia elettronica ed otteniamo la banda scura del periodo; nei tratti 77 L’idrossilisina è uno degli aminoacidi peculiari del collagene anche se non è esclusivo di questa molecola.

Sezione di istologia – 18. Il tessuto connettivo 129 adiacenti, dove le molecole di tropocollagene sono attaccate le une alle altre per tutto lo spessore della

microfibrilla il colorante di contrasto penetra poco ed otteniamo la banda più chiara.

La struttura di fune a tre capi della molecola di tropocollagene è in grado di spiegare gran parte delle proprietà meccaniche del collagene perché è la più adatta a resistere alle forze di trazione: quando questo tipo di forze vengono applicate ai capi di una molecola di tropocollagene, infatti, si ha una microscopica torsione delle tre catene l’una rispetto all’altra che porta ad una scomposizione delle forze stesse in più componenti elicoidali che si annullano.

La struttura a tre capi della molecola di tropocollagene viene assunta spontaneamente, senza dispendio energetico, perché è la più favorevole dal un punto di vista termodinamico: è inoltre stabilizzata da un numero rilevante di interazioni labili intercatenarie tra i residui amminoacidici delle tre catene . Anche la formazione della protofibrilla a partire dalle singole molecole di tropocollagene viene assunta spontaneamente, senza dispendio energetico, quando queste molecole vengono a trovarsi in ambiente acquoso come di fatto avviene quando le cellule produttrici di tropocollagene liberano nell’ambiente extracellulare queste molecole.

Da un punto di vista biochimico la fune a tre capi costituisce la struttura terziaria del collagene mentre la microfibrilla rappresenta la struttura quaternaria di questa proteina.