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PIASTRINEIASTRINE OO TROMBOCITITROMBOCITI

Si parla di componente corpuscolata e non di cellula perché, in realtà, le piastrine non sono delle cellule ma dei frammenti cellulari che si trovano nel sangue periferico dove giungono quando si distaccano dalla cellula che li produce e che non abbandona mai il midollo osseo ematopoietico: questa cellula si chiama

megacariocita. Le piastrine in un mm3 di sangue sono in numero variabile da 200 a 400mila. Dal punto di vista morfologico appaiono come dei corpiccioli rotondeggianti il cui diametro può variare da un minimo di 2 m ad un massimo di 4 micron. La forma è quella di una lente biconvessa. La piastrina è dotata di un glicocalice particolarmente spesso che ha una notevole importanza nei processi di coagulazione perché contiene fattori glicoproteici della coagulazione vincolati alla membrana.

Negli strisci colorati con la miscela del May-Grünwald-Giemsa le piastrine presentano una porzione più interna maggiormente colorabile, detta cromomero, attorno alla quale c’è un sottile alone di protoplasma meno colorabile che è detto ialomero. Il cromomero non ha nulla a che vedere con il nucleo (le piastrine non hanno nucleo) ed in esso sono localizzati prevalentemente dei granuli basofili.

89 In altri casi gli anticorpi sono presenti già sulla membrana della cellula NK e vengono da questa utilizzati come recettori per antigeni non legati al proprio specifico anticorpo.

90 Questo può essere dovuto a tanti motivi: per esempio potrebbe trattarsi di una cellula not - self o di una cellula self trasformata in senso neoplastico.

91 Le cellule NK non necessitano di riconoscere un doppio segnale per entrare in azione come i linfociti T citotossici, è sufficiente che esse riconoscano la classe prima alterata.

92 Si è calcolato che, grosso modo, un individuo sviluppa almeno una decina di cellule tumorali al giorno potenzialmente in grado di originare un vero e proprio tumore. Ciò non succede per via del fatto che le cellule NK (in prima linea) e le cellule citotossiche (in seconda linea) lavorano incessantemente.

190 Sezione di istologia – 21. Il sangue L’aspetto e la struttura di una piastrina possono essere studiati più dettagliatamente grazie al microscopio elettronico il quale ci consente di distinguere la porzione centrale del cromomero in cui si affastellano numerosi granuli da quella dello ialomero che, invece, occupa la zona periferica della piastrina. Lo ialomero è occupato essenzialmente da un fascio di microtubuli che, nelle tre dimensioni, hanno un decorso circolare e formano un’impalcatura che mantiene la forma della piastrina.

Nel cromomero, come dicevamo, troviamo molte formazioni delimitate da membrana molte delle quali sono granuli. I granuli delle piastrine sono di due tipi: il primo tipo, che costituisce più dell’80% dei granuli piastrinici, è rappresentato dai cosiddetti granuli . Sono piuttosto grandi, hanno un contenuto mediamente elettrondenso e, da un punto di vista biochimico, contengono fibrinogeno e fattori della coagulazione.

L’altro tipo di granulo è più piccolo e meno abbondante dei granuli  e prende il nome di very dense

granule in quanto il suo contenuto è molto elettrondenso. Questi granuli contengono calcio, ADP, fattori

della coagulazione ed un’ammina biogena che è la serotonina o 5-idrossitriptamina, che da un punto di vista farmacologico, ha una spiccata funzione vasocostrittrice93.

Nella zona del cromomero ci sono anche altre strutture membranose fra cui il cosiddetto sistema

canalicolare aperto: si tratta di profonde introflessioni del plasmalemma piastrinico che si portano

all’interno del citoplasma. Si ritiene che il sistema canalicolare aperto mutui dal reticolo endoplasmatico liscio la funzione di deposito di ioni calcio. Non si a come mai, pur essendo state descritte delle comunicazioni tra il sistema canalicolare aperto e la superficie della piastrina, il calcio riesca a rimanere dentro la piastrina e a non sfuggire attraverso le aperture sul plasmalemma. C’è poi un altro sistema membranoso che può essere confuso a prima vista con elementi di reticolo endoplasmatico: si tratta del cosiddetto sistema tubulare denso che è fatto da tubuli di membrana in cui avviene la sintesi delle prostaglandine. Sono dei mediatori che si originano dagli acidi grassi della membrana e che hanno varie funzioni. Oltre alle piastrine anche altre cellule sono in grado di produrre prostaglandine tra cui le cellule dell’infiammazione (granulociti, macrofagi, mastociti).

La produzione di queste sostanze nelle piastrine è primariamente coinvolta nella funzione piastrinica che è quella di presiedere all’emostasi, cioè a quella complessa serie di fenomeni che si attivano quando si crea una soluzione di continuità nella parete di un vaso sanguigno e che sono mirati ad arrestare la fuoriuscita del sangue dal letto vascolare. Le piastrine sono quindi le principali responsabili del tamponamento fisiologico dell’emorragia.

La via metabolica che porta alla genesi delle prostaglandine parte da un enzima del sistema tubulare denso che si chiama fosfolipasi A2 e che stacca gli acidi grassi insaturi in posizione 2 dei fosfolipidi di membrana. Questi acidi grassi polinsaturi vengono successivamente ciclizzati in una forma particolare (tipo forcina da capelli) che prende il nome di acido arachidonico il quale a sua volta costituisce il substrato di un enzima piastrinico molto importante che si chiama ciclossigenasi; tale enzima opera la trasformazione dell’acido arachidonico nella prostaglandina “capostipite”, la prostaglandina G2, dalla quale derivano tutte le altre prostaglandine94.

Sezione di istologia – 21. Il sangue 191 In condizioni normali la piastrina fluisce nel torrente circolatorio passando in canali formati da cellule

endoteliali e liberando in continuazione prostaglandina G2; questa viene captata dall’endotelio e convertita, tramite un enzima endoteliale chiamato prostaciclinsintetasi, nella prostaglandina I2 detta anche prostaciclina che è un potentissimo fattore di inibizione delle piastrine. In condizioni patologiche si ha l’attivazione piastrinica: se si ha una lesione del vaso sanguigno, nella zona in cui l’endotelio è venuto a mancare, non si ha la conversione della prostaglandina G2 a prostaciclina. La prostaglandina G2 in eccesso viene captata dalla stessa piastrina che, per tappe successive, la trasforma in un metabolita che si chiama trombossano il quale, invece, è un potentissimo attivatore delle piastrine. A ciò si aggiunge un altro fattore scatenante l’attivazione piastrinica: se manca l’endotelio emerge il tessuto connettivo periendoteliale con le cui fibre collagene le piastrine sono in grado di interagire (tramite appositi recettori presenti sulla loro membrana) attivandosi.

All’attivazione piastrinica fa seguito l’adesione piastrinica: le piastrine, tramite trasformazioni della propria struttura citoscheletrica, si modificano ed assumono un aspetto estremamente irregolare che consente alle varie piastrine di incastrarsi reciprocamente nella zona disendotelizzata. Nel momento in cui le piastrine si contraggono per cambiare forma si ha anche l’esocitosi massiccia dei granuli piastrinici il cui contenuto viene quindi liberato all’esterno. Nei granuli piastrinici ci sono tutti i mediatori che concorrono a tutti i processi emostatici: nei granuli densi, per esempio, c’è il calcio (che si libera anche dal sistema canalicolare aperto) e ADP che sono potenti fattori di stimolo dell’attivazione delle piastrine. Negli stessi granuli c’è la 5 idrossitriptamina che determina vasocostrizione e che quindi diminuisce il flusso sanguigno proprio a livello del vaso in cui si ha un’emorragia. I granuli  liberano il fibrinogeno che si aggiunge a quello proveniente dal plasma; questa serie di eventi porta la fatto che sopra il primo strato di piastrine se ne forma un altro ed un altro ancora creando un primo tappo, detto trombo bianco o

trombo piastrinico, nel varco da cui fuoriusciva il sangue.

Di lì a poco, tuttavia, questo fenomeno di conglutinazione delle piastrine che via via passano in quel punto e che vengono reclutate dal trombo bianco, fenomeno detto della aggregazione piastrinica, porta all’innesco di una seconda fase dell’emostasi che è la coagulazione: la membrana della piastrina espone fattori della coagulazione che innescano l’avvio di una serie di reazioni determinate da proteina presenti nel plasma, dette fattori della coagulazione, che culminano nell’attivazione di un enzima plasmatico. Quando è inattivo questo enzima è detto protrombina, quando è attivo si chiama trombina. La trombina esplica azione proteolitica sul fibrinogeno trasformandolo in una proteina filamentosa insolubile che è la

fibrina la quale si deposita e si stratifica formando un fitto reticolato proteico al di sopra del trombo

piastrinico occludendo il varco nel vaso sanguigno. In questa precipitazione tumultuosa della fibrina tutto ciò che c’è dintorno rimane intrappolato in questa rete proteica, comprese alcune cellule del sangue come i globuli rossi: in questo modo si forma, al di sopra del trombo bianco, il cosiddetto trombo rosso o

coagulo che è molto più resistente del trombo piastrinico e che, quindi, rinforza il dispositivo di tenuta

della perdita.

94 La ciclossigenasi è il bersaglio dell’acido acetilsalicilico (aspirina) e di tutti i farmaci ad esso correlati. La funzione antinfiammatoria dell’aspirina si deve proprio al fatto che essa blocca la ciclossigenasi delle cellule dell’infiammazione. La funzione antiaggregante dell’aspirina (che, infatti, viene somministrata a coloro che hanno avuto infarti e, in genere, hanno problemi di trombosi) è dovuta al fatto che questo farmaco blocca la ciclossigenasi delle piastrine andando così ad ostacolare i processi emostatici.

192 Sezione di istologia – 21. Il sangue Tutto questo, se la lesione non è troppo grossa, avviene in pochi secondi. Con il tempo è necessario restituire l’integrità al vaso sanguigno lesionato e questo è possibile perché nelle zone circostanti il coagulo le cellule endoteliali proliferano, passano sopra il coagulo e rinsaldano la continuità della parete endoteliale. Successivamente, tramite la produzione di enzimi proteolitici da parte delle stesse cellule endoteliali ma anche di altre cellule, tutta la zona del tappo piastrinico e del coagulo viene digerita e viene nuovamente ricostituita la struttura fisiologica del vaso sanguigno.

Un’anomala attivazione delle piastrine al di fuori di questa necessita può portare a fenomeni di trombosi, cioè alla formazione di trombi e coaguli all’interno dei vasi sanguigni senza che ce ne sia la necessità; questa è una delle evenienze più comuni che portano all’insorgenza di patologie ischemiche cardiache e cerebrali.

La potenza della fibrina come meccanismo di tamponamento delle lesioni dei vasi sanguigni è stata utilizzata anche in chirurgia per le colle fibriniche: sono formate da fibrina sintetizzata in laboratorio o isolata dal plasma degli animali da macello e sono usate al posto dei punti chirurgici. I lembi che si possono fare a livello della mucosa gengivale per curare le malattie parodontali vengono spesso chiusi impiegando queste colle fibriniche.