ADOZIONE DI UNA LEGGE GENERALE IN MATERIA
4.2. L’affaire Cha’are Shalom Ve Tsedek: tra margine di apprezzamento e arbitrio.
Il caso Cha’are Shalom Ve Tsedek, deciso dalla Grande Camera della Corte di Strasburgo il 27 Giugno 2000, può essere ritenuto un esempio tipico della reale portata assunta, in materia di libertà religiosa e parità confessionale, dal c.d. Principio del Margine di Apprezzamento. L’argumentum disputandi riguarda la macellazione rituale ebraica e le regole che, nell’ordinamento francese, ne limitano la possibilità alle sole confessioni munite di una speciale approvazione rilasciata dal Ministero dell’Interno. La materia delle macellazioni rituali presenta interesse, per le autorità pubbliche, sotto un duplice profilo: quello strettamente igienico-sanitario, legato alla necessità di garantire che le operazioni di abbattimento, macellazione e stoccaggio avvengano senza compromettere la sicurezza degli alimenti, e quello connesso alla tutela del benessere del bestiame. Questo ultimo aspetto è oggetto del Regolamento UE n. 1099 del 2009, che prevede l’obbligo di stordimento degli animali con l’impiego di una delle metodologie indicate dallo stesso250. All’epoca dei fatti, invece, era vigente la
Direttiva CE n. 119 del 1993, di analogo contenuto251. Agli stati, vista
la necessità di garantire il diritto all’osservanza dei riti e delle pratiche religiose proprie di ciascun culto, era ed è consentito derogare a questa norma con riferimento alle macellazioni rituali effettuate in apposite strutture252. Le attività di abbattimento e sezionamento degli
250 Cfr. Regolamento UE n. 1099 del 2009, art. 4, par. 1; Cfr. Ibidem, Allegato I Elenco dei metodi di stordimento e relative caratteristiche, il quale indica i metodi di
stordimento consentiti, le modalità operative di ciascuno di essi e le caratteristiche degli strumenti da impiegare a tal fine.
251 Cfr. Direttiva CE n. 119 del 1993, art. 5, par. 1, lett. c); Cfr. Ibidem, Allegato C Stordimento e abbattimento degli animali diversi dagli animali da pelliccia.
252 Regolamento UE n. 1099 del 2009, art. 4, par. 4: «Le disposizioni di cui al paragrafo
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animali secondo le prescrizioni talmudiche, aventi lo scopo di rendere le carni kosher, quindi consumabili dagli appartenenti alla religione ebraica rappresentano, mutatis mutandis, il paradigma del ruolo che anche la Costituzione italiana riserva alle confessioni: per quanto attiene al sistema religioso ebraico, esse risultano insostituibili nel garantire la praticabilità di riti che presentano importanti ripercussioni sulla vita spirituale dei singoli adepti, cui gli ordinamenti democratici e pluralisti devono garantire la libera praticabilità dei riti tipici del proprio credo. Nel caso in esame, la disputa verteva sulla mancata concessione alla ricorrente, da parte delle autorità francesi, dell’autorizzazione a praticare la macellazione rituale da parte degli shochetim253 nominati dalla stessa. L’unica organizzazione autorizzata
al compimento di tali pratiche era, all’epoca dei fatti, l’Associazione Concistoriale Israelitica di Parigi, la quale deteneva il monopolio della fornitura di carne kosher in tutto il territorio nazionale254. L’ente
Cha’are Shalom Ve Tsedek, organizzazione professante un ebraismo di stampo ortodosso, riteneva che la carne macellata secondo il metodo praticato dall’Associazione Concistoriale Israelitica di Parigi non potesse essere considerata adeguata per i bisogni della propria comunità, a causa di significative divergenze nelle modalità di ispezione dei polmoni dell’animale abbattuto255. Il governo francese,
nelle proprie memorie, oltre ad asserire la natura non confessionale dell’ associazione istante, la quale non ha tra i propri scopi statutari la
prescritti da riti religiosi, a condizione che la macellazione abbia luogo in un macello.»; Direttiva CE n. 119 del 1993, art. 5, par. 2: «Per gli animali sottoposti a particolari metodi di macellazione richiesti da determinati riti religiosi non si applicano le condizioni di cui al paragrafo 1, lettera c).».
253 Con questo termine si definiscono i macellai qualificati al compimento della shechita, la macellazione rituale ebraica, in accordo alle prescrizione talmudiche. Cfr.
Adin Streinsaltz, The essential talmud, Basic Books, New York, 2006, pp. 224-25
254 Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, Cha’are Shalom, cit., par. 2. 255 Ivi, parr. 30 e 32.
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pratica del culto pubblico256, argomenta circa la fondatezza del proprio
diniego sostenendo che le normative comunitarie ed internazionali, attuate nell’ordinamento dello stato con atti derivati, prevedono una particolare tutela in favore degli animali che devono essere abbattuti, ai quali si cerca di risparmiare qualunque afflizione evitabile mediante l’ausilio di contenzioni e di specifiche tecniche di stordimento257. Le
varie forme di macellazione rituale, essendo dettagliatamente regolamentate dalle diverse tradizioni religiose, non consentono modifiche procedurali improntate a garantire un diverso trattamento degli animali da abbattere258. Il governo francese, nel riconoscere
l’autorizzazione alla sola Associazione Concistoriale Israelitica di Parigi, costituente un ramo del Concistoro Generale fondato per ordine di Napoleone Bonaparte agli inizi del secolo XIX e rappresentante la grande maggioranza delle denominazioni ebraiche francesi, non ritiene di aver violato il principio di libertà religiosa né tantomeno aver operato una discriminazione sanzionabile ex art. 14 della CEDU259.
Come emerge dagli atti processuali, infatti, i cittadini appartenenti all’associazione istante potevano conseguire il fine proprio della macellazione rituale, quale l’ottenimento di carne conforme alle
256 Ivi, par. 69, primo periodo: «[…] the Minister of the Interior had taken the view
that the applicant association's activity was essentially commercial, and only religious in an accessory way, since it mainly sought to supply meat from animals slaughtered by its ritual slaughterers which was certified “glatt”, and that it could therefore not be considered a “religious body” within the meaning of the 1980 decree.».
257 Cfr. Ivi, parr. 60, 66, 68.
258 Il commentario di Yosef Karo denominato Sulchan Aruch, pubblicato per la prima
volta a Venezia nel 1565 contiene l’interpretazione più ortodossa delle norme alimentari contenute principalmente nei libri di Levitico e Deuteronomio e fissa le regole di dettaglio del kashrut. Gli ebrei ultraortodossi appartenenti all’associazione istante seguono pedissequamente l’opera di Yosef Karo e perseguono l’esatta applicazione delle disposizioni in essa contenute; cfr. Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, Cha’are Shalom Ve Tsedek, cit., par. 31.
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prescrizioni della propria fede, anche mediante l’approvvigionamento da paesi terzi260. Inoltre, si precisa, non vi sono preclusioni giuridiche
alla possibilità, per l’istante, di concludere un accordo finanziario con l’associazione detentrice dell’autorizzazione al fine di poter inviare nei mattatoi i propri shochetim sotto l’egida dell’ente concessionario. Un simile tentativo era già stato esperito in passato ed è naufragato a causa dell’impossibilità di raggiungere un compromesso sul piano economico261. Il governo ritiene di aver operato nell’ambito delle
proprie prerogative in quanto il diniego opposto alla ricorrente, fondato sulla legge, costituiva una misura necessaria al mantenimento dell’ordine pubblico. Lo stato - si afferma - avrebbe il dovere di limitare quanto più possibile la pratica della macellazione rituale ad un numero contenuto di organizzazioni, garantendo così il rispetto delle normative nazionali, sovranazionali ed internazionali a tutela degli animali da macellazione262. Anche l’Associazione Concistoriale
Israelitica di Parigi, per altro, metteva in vendita carne definita come glatt, vale a dire rispondente agli specifici requisiti richiesti dal giudaismo ultraortodosso professato dagli adepti di Cha’are Shalom Ve Tsedek263. Sebbene quest’ultima abbia sempre contestato la
metodologia di macellazione propria dell’associazione maggioritaria264, il Governo si è altresì dichiarato incompetente a
conoscere tali dispute dottrinali in virtù della stretta applicazione del principio di laicità cui lo stesso è tenuto. Esso conferma, in un certo qual modo, la speciale posizione riconosciuta al Concistoro Generale affermando che l’associazione istante, nel definire inesatta la
260 Ivi, parr. 32 e 65. 261 Cfr. Ibidem, par. 65. 262 Ivi, parr. 68-69. 263 Ivi, parr. 65. 264 Ivi, par. 66.
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classificazione della carne macellata dall’Associazione Concistoriale Israelitica di Parigi, metterebbe in dubbio la credibilità delle autorità proprie dell’ebraismo francese. Il Concistoro Generale, raggruppando la quasi totalità delle denominazioni ebraiche esistenti nel paese ed esercitando il proprio ruolo di rappresentanza e coordinamento da oltre due secoli, è incontrovertibilmente idoneo a definire tutti gli aspetti della religione ebraica di fronte alle istituzioni265. La Corte, nel
decidere la controversia, confermò nella sostanza le osservazioni presentate dal governo: il discrimen veniva posto sul margine di apprezzamento e sul rispetto dei parametri di legalità e necessarietà di cui al secondo paragrafo dell’art. 9 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. Lo stato, nel negare alla ricorrente l’autorizzazione alla pratica della macellazione rituale, non avrebbe violato la libertà religiosa dei suoi adepti proprio in quanto risultava non contestato che gli stessi erano comunque in grado di fruire di carne glatt di provenienza straniera e che l’azione statale costituisce una misura necessaria, nel contesto di una società democratica, a garantire il mantenimento dell’ordine e della salute pubblici266. L’ordine pubblico
coinciderebbe, nel caso in esame, con la necessità di limitare quanto più possibile le deroghe alla regola generale, di derivazione comunitaria e internazionale, che prevede il divieto per le pratiche di abbattimento non rispettose dei “diritti” degli animali. La concessione dell’autorizzazione alla pratica delle macellazioni rituali, secondo la Corte, deve considerarsi come un’eccezione e come tale deve essere, per quanto possibile, limitata. Anche sotto il profilo della tutela della salute il governo francese aveva rilevato che l’aumentare delle denominazioni titolari di un’autorizzazione all’abbattimento avrebbe
265 Ibidem.
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contribuito ad incrementare il rischio di violazioni dei protocolli sanitari, con grave danno per la salute pubblica267. Per le ragioni
esposte la Corte ha rigettato la domanda dell’associazione Cha’are Shalom Ve Tsedek, sostenendo che la Francia avrebbe agito nel rispetto di quanto predisposto dal secondo paragrafo dell’art. 9 della Convenzione e, per questo, all’interno della discrezionalità riconosciuta agli stati in fase di attuazione delle disposizioni convenzionali nel proprio diritto interno268. A nostro avviso, le
argomentazioni sviluppate dalla Corte presentano alcuni profili di criticità, la cui evidenza è in grado di fornire adeguato conto del ruolo svolto dalla Corte nel bilanciamento tra i diritti di libertà religiosa, che la stessa è chiamata a tutelare, e la necessità di agire, seppur con gli strumenti propri della giurisprudenza, in un contesto politicamente connotato. Le motivazioni di ordine pubblico addotte dal Governo francese fanno riferimento alla necessità di limitare allo stretto indispensabile il numero di confessioni titolari dell’autorizzazione alla macellazione rituale, allo scopo di non comprimere eccessivamente l’ambito di efficacia delle norme poste alla tutela della dignità degli animali. La ratio che si pone alla base di tali norme è finalizzata a garantire la soppressione di forme di sofferenza non necessaria ed evitabile agli animali abbattuti per scopi alimentari, attribuendo rilevanza giuridica ad un principio morale che garantisce il rispetto della vita in ogni sua forma, risparmiando a tutte le creature viventi ogni forma di dolore non indispensabile269. La pratica della
267 Cfr. Ivi, parr. 68, 69 quarto periodo, 76, 77. 268 Ivi, par. 87.
269 Direttiva CE n. 119 del 1993, considerando n. 5: «considerando che durante la
macellazione o l'abbattimento agli animali deve essere evitato qualsiasi dolore o sofferenza evitabili»; Ivi, considerando n. 7: «considerando che le norme devono altresì garantire una protezione soddisfacente, al momento della macellazione o dell'abbattimento, degli animali non inclusi nella convenzione»; Trattato di Amsterdam che modifica il Trattato sull’Unione Europea, i Trattati che istituiscono le
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macellazione rituale, ritenuta in contrasto con questo principio270,
costringe la Corte ad operare un bilanciamento tra il principio giuridico sopra esposto e la necessità di garantire la tutela della libertà religiosa in ogni sua forma, ivi compresa l’osservanza delle pratiche connesse alla macellazione rituale. Essa, infatti, può a buon diritto ricadere nell’ambito di azione del primo paragrafo dell’art. 9 della Convenzione, ove si afferma che il diritto alla libertà di religione comprende l’osservanza delle pratiche e dei riti tipici della propria fede271. Il valore
spirituale delle pratiche di macellazione rituale all’interno del corpus teologico e giuridico ebraico, di derivazione talmudica, è efficacemente espresso dalla Corte mediante una serie di richiami ai testi sacri della tradizione ebraico-cristiana e allo sviluppo successivo della riflessione che, su queste tematiche, ha coinvolto le comunità israelitiche272. Ciò che emerge è il valore di precetto divino che, alle
Comunità Europee e alcuni atti connessi del 2 Ottobre 1997, Protocollo addizionale
sulla protezione ed il benessere degli animali: «Le Alte Parti Contraenti, desiderando
garantire maggiore protezione e rispetto del benessere degli animali, in quanto esseri senzienti, hanno convenuto la seguente disposizione, che è allegata al trattato che istituisce la Comunità europea: “Nella formulazione e nell'attuazione delle politiche comunitarie nei settori dell'agricoltura, dei trasporti, del mercato interno e della ricerca, la Comunità e gli Stati membri tengono pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali, rispettando nel contempo le disposizioni legislative o amministrative e le consuetudini degli Stati membri per quanto riguarda, in particolare, i riti religiosi, le tradizioni culturali e il patrimonio regionale.».
270 Cfr. Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, Cha’are Shalom Ve Tsedek, cit., par. 20. 271 Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, Cha’are Shalom Ve Tsedek, cit., par. 73-74:
«The Court reiterates that Article 9 lists a number of forms which manifestation of one's religion or belief may take, namely worship, teaching, practice and observance […]. It is not contested that ritual slaughter, as indeed its name indicates, constitutes a […]“rite” (the word in the French text of the Convention corresponding to “observance” in the English), whose purpose is to provide Jews with meat from animals slaughtered in accordance with religious prescriptions, which is an essential aspect of practice of the Jewish religion. […] it follows that […] ritual slaughter must be considered to be covered by a right guaranteed by the Convention, namely the right to manifest one's religion in observance, within the meaning of Article 9.».
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regole del c.d Kashrut, è attribuito unanimemente dalla dottrina giudaica. Contravvenire a tali precetti è, in un’ultima analisi, contravvenire ad un comando di Dio comportante una condizione di impurità spirituale della persona inosservante e dell’intero gruppo sociale di appartenenza273. Negli ordinamenti giuridici moderni, così
come già chiarito dalla più nota dottrina romanistica, sebbene vi sia certamente stata un’evoluzione in tal senso, la soggettività di diritto è riconosciuta a ciascun individuo in virtù della propria appartenenza al genere umano, al fatto naturale di essere nato ed allo stato di permanenza in vita, necessario affinché tali diritti possano essere esercitati274. Alla soggettività giuridica è connessa la possibilità di
essere titolare di situazioni giuridiche soggettive quali diritti, obblighi, poteri275. Gli animali, così come tutte le altre forme di vita non umane,
appartengono alla categoria delle res276. Essi, quindi, non possono ab
origine essere titolari di alcun diritto potendo, a contrario, formarne oggetto. Il diritto alla vita, ritenuto sacro ed inviolabile dalla maggioranza degli ordinamenti moderni, non ammette alcuna compressione nel quadro della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, la quale prevede espressamente l’illegittimità di qualunque norma di diritto nazionale atta a consentire la sussistenza della pena capitale, con l’unica eccezione dei crimini di tradimento
273 Le 17: 10: «Se un uomo della casa d’Israele, o uno degli estranei che abitano in
mezzo a loro mangia qualsiasi genere di sangue, io volgerò la mia faccia contro la persona che avrà mangiato del sangue e la eliminerò dal mezzo del suo popolo»: Cfr. Le 11: 24-28, 31, 36, 39, 40, 43-45; Cfr. De 23: 9-14.
274 Cfr. U. Breccia, L. Bruscuglia, F. D. Busnelli, Diritto Privato, Tomo primo, Utet
Giuridica, Seconda Edizione, 2013, pp. 78-82; Cfr. C. Terreni, Quae Graeci φάντασματα vocant, Pisa University Press, 2013, pp. 12-17; Cfr. M. Talamanca,
Istituzioni di Diritto Romano, Giuffrè, Milano, 1990, pp. 73-75.
275 Cfr. Ivi, pp. 75-76; Cfr. U. Breccia, L. Bruscuglia, F. D. Busnelli, cit., p. 85. 276 Cfr. M. Talamanca, cit., p. 383; Cfr. Gai 2. 15, 16, 19, 22.
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perpetrati in tempo di guerra277. Anche il concepito, ricorrendo
particolari circostanze, può essere soppresso secondo diritto ed in ciò si palesa l’assenza per lo stesso di una piena soggettività giuridica278.
Anche gli animali, per le più disparate finalità, possono essere legittimamente soppressi e comunque formare oggetto di diritti, con le connesse facoltà di disposizione e godimento degli stessi che sono riconosciute al loro proprietario. La tradizione romanistica ci consegna, tra le altre cose, un catalogo delle modalità in cui gli animali e le piante, presenti in natura o venuti ad esistenza per azione dell’uomo, possano entrare a far parte del patrimonio di un soggetto di diritto mediante acquisto della proprietà a titolo originario, sottolineando il naturale regime di appropriabilità che la legge gli riconosce279. Altre categorie di oggetti, come gli organi ed i tessuti
prelevati a fini di trapianto da soggetti deceduti, non possono essere considerati beni giuridici in quanto difetta loro il requisito dell’economicità, dal momento che si tratta di cose non commerciabili ed a cui non può attribuirsi alcun valore economico280. Gli animali,
277 Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, art. 2, par. 1; Ivi, Protocollo n. 6, artt.
1-3.
278 Cfr. Legge n. 194 del 1978, artt. 4-7; Codice Civile, art. 1: «La capacità giuridica si
acquista dal momento della nascita. I diritti che la legge riconosce a favore del concepito sono subordinati all'evento della nascita.».
279 Nel diritto romano, gli animali potevano entrare nel patrimonio di un soggetto di
diritto mediante la semplice occupatio, vale a dire l’impossessamento di una res
nullius. Le piante, invece, divenivano del proprietario del fondo su cui fossero sorte
per mezzo dell’accessio. Tali istituti sono tutt’oggi esistenti; Cfr. M. Talamanca, cit., pp. 414-416 e 418; Codice Civile, art. 923: «Le cose mobili che non sono di proprietà di alcuno si acquistano con l’occupazione. Tali sono le cose abbandonate e gli animali che formano oggetto di caccia e di pesca»; Ivi, art. 934: «Qualunque piantagione […] esistente sopra o sotto il suolo appartiene al proprietario di questo.».
280 Legge n. 91 del 1999, art. 22 c. 3: «Chiunque procura per scopo di lucro un organo
o un tessuto prelevato da soggetto di cui sia stata accertata la morte ai sensi della legge 29 dicembre 1993, n. 578, e del decreto del Ministro della sanità 22 agosto 1994, n. 582, ovvero ne fa comunque commercio, è punito con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da lire 20 milioni a lire 300 milioni. Se il fatto è commesso
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secondo quanto esposto, possono al più considerarsi come una particolare ed emergente categoria di res, cui si riconosce una specifica disciplina connessa alla loro capacità di possedere la vita ed essere, in diversa misura, esseri senzienti, razionali, e per ciò stesso simili agli esseri umani281. Quanto esposto deve adesso essere raffrontato con la
natura ed il riconoscimento giuridico che la libertà religiosa conserva, oltre che negli ordinamenti nazionali, anche nel sistema convenzionale. La Costituzione italiana, così come le altre costituzioni europee, riconosce la libertà religiosa come un diritto fondamentale dell’individuo, la tutela e ne dà piena garanzia. La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948, all’art. 18, contempla espressamente la libertà di religione e ne specifica l’estensione con le stesse parole che, successivamente, saranno fatte proprie dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo con il primo paragrafo dell’art. 9. Il complesso cammino della libertà religiosa prese inizio con la Pace di Augusta, siglata da Carlo V d’Asburgo e le forze della Lega di Samarcanda nel 1555. Nel conseguente trattato di pace venne definitivamente sancito il principio “cuius regio, eius religio”, che prevedeva che in ciascuna nazione del Sacro Romano Impero la religione praticata da tutti i sudditi dovesse essere quella professata dal regnante. Così facendo si consentiva a coloro che avessero scelto di professare una religione diversa di trasferirsi in un territorio in cui la propria fede assurgesse al ruolo di culto ufficiale. Per quanto imperfetto questo principio possa risultare se analizzato con gli occhiali dell’uomo moderno, esso sancì per la prima volta la coesistenza del Cattolicesimo e del Protestantesimo all’interno del Sacro Romano Impero, garantendo una prima forma di tutela della
da persona che esercita una professione sanitaria, alla condanna consegue l'interdizione perpetua dall'esercizio della professione.».
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persona umana in ambito religioso, con il diritto della stessa di spostarsi altrove per non incorrere, a causa della propria fede, nella