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La Sentenza n 195 del 1993: Confessionalismo e Principio Personalista a confronto

LIBERTA’ RELIGIOSA INDIVIDUALE E COLLETTIVA

2.2 La Sentenza n 195 del 1993: Confessionalismo e Principio Personalista a confronto

La Legge Regionale Abruzzo n. 29 del 1988 introduceva una diversificazione di trattamento tra Confessioni sulla base dell’avere queste, o meno, stipulato un’intesa con lo Stato ex art. 8 c. 3 della Costituzione. Alle confessioni con intesa, infatti, veniva riconosciuto il diritto di percepire contributi pubblici, stanziati annualmente dai comuni in misura pari al 10% degli oneri di urbanizzazione secondaria versati agli stessi, mentre ai secondi era negata tale possibilità. Questo regime diversificato era sancito agli artt. 1 e 5 della Legge81, i quali

80 Cfr. N. Marchei, La Corte Costituzionale sugli edifici di culto tra limiti alla libertà religiosa e interventi positivi in Stato, Chiese e Pluralismo Confessionale, cit., n. 5 del

2020. Il saggio offre un commento della sentenza della Corte Costituzionale n. 254 del 2019 la quale, ponendosi nel solco della giurisprudenza analizzata in questo capitolo, riconosce la primaria rilevanza costituzionale della libertà religiosa “riconosciuta a tutti i cittadini” che presuppone, per il suo esercizio in forma collettiva, la possibilità di godere di idonei locali di culto.

81 L.R Abruzzo n. 29/1988, art. 1: <<La presente legge regionale disciplina i rapporti

intercorrenti tra insediamenti residenziali e servizi religiosi ad essi pertinenti, nel quadro delle attribuzioni spettanti rispettivamente ai Comuni e agli enti

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furono poi oggetto di impugnazione davanti al Tar Abruzzo. A promuovere il ricorso fu la Congregazione dei Testimoni di Geova, che aveva proposto istanza per la corresponsione dei contributi di cui sopra al fine di realizzare a L’Aquila una nuova Sala del Regno. Il Sindaco, con provvedimento del settembre 1990, aveva denegato la corresponsione dei contributi adducendo in motivazione il mancato rispetto dei richiamati artt. 1 e 5 della Legge abruzzese. Il Tar, nel valutare il merito del ricorso promosso dalla Congregazione, non ritenne manifestamente infondata la questione di legittimità circa la corrispondenza delle richiamate disposizioni al contenuto degli artt. 2, 3 cc. 1-2, 8 c. 1, 19, 20, 117 e 120 c. 3 della Costituzione82. Secondo i

giudici, infatti, veniva a delinearsi nell’ordinamento regionale abruzzese un regime differenziato non giustificato da ragionevolezza, parametro che la Corte Costituzionale da sempre impiega nei giudizi che hanno ad oggetto la violazione dell’art. 3 della Carta Fondamentale. La discriminazione prodotta dalla Legge - come rilevava il Tar - incideva in maniera diretta sull’esercizio dei diritti di libertà associati al culto, materia che non rientra nella potestà legislativa riservata alle regioni ex art. 117 della Costituzione. La norma, infatti, nell’attribuire alle Regioni la potestà legislativa in materia del governo del territorio, sebbene in concorso con lo Stato, non concede alcuna deroga al principio che riserva allo Stato la

istituzionalmente competenti in materia di culto della Chiesa cattolica e delle altre confessioni religiose, i cui rapporti con lo stato siano disciplinati ai sensi dell'art. 8 comma 3, Cost. e che abbiano una presenza organizzata nell'ambito dei Comuni interessati dalle previsioni urbanistiche ai successivi articoli>>; art. 5 comma 1: <<I Comuni devolvono entro il 31 marzo di ogni anno alle competenti autorità religiose di cui alla presente legge una aliquota pari al 10% dei contributi per urbanizzazione secondaria a loro dovuti>>, art. 5 comma 3: <<I contributi sono corrisposti alle confessioni religiose che ne facciano richiesta e che abbiano i requisiti di cui al precedente art. 1, proporzionalmente alla loro consistenza ed incidenza sociale>>.

82 Corte Costituzionale, Sent. n. 195/1993, considerato in diritto, par.1, primo

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regolazione dei rapporti con le confessioni religiose, specie con riguardo a profili tali da incidere sulle modalità di effettivo godimento di diritti fondamentali quali sono quelli di libertà religiosa. La Corte, cogliendo l’assist fornito dal Tar Abruzzo, rimarca fermamente quanto già da noi affermato: è errato affrontare la materia dell’edilizia di culto, così come qualunque altro ambito che afferisca alla disciplina del fenomeno religioso, impostando il dibattito sulla base dei rapporti tra le Confessioni e lo Stato o gli enti territoriali, ma piuttosto si deve privilegiare il «diritto di tutti gli appartenenti alle diverse fedi o confessioni religiose di fruire delle eventuali facilitazioni disposte in via generale dalla disciplina comune dettata dallo Stato, perché ciascuno possa in concreto più agevolmente esercitare il culto della propria fede religiosa»83. La Consulta, con questa pronuncia, sembra voler

accendere i riflettori sul fatto che la soggettività di diritto riconosciuta agli enti di culto sia subordinata alla funzione che essi svolgono in relazione all’individuo: quella di garantirgli l’espressione della propria personalità. Ogni discriminazione che coinvolga una confessione nella sua capacità di esercitare in concreto il culto e tutti i diritti connessi con la manifestazione della propria ideologia religiosa - compresa la concreta possibilità di praticare il proselitismo - è, in ultima analisi, una discriminazione tra individui.

L’avvocatura dello Stato, in difesa della Regione Abruzzo, aveva affermato che «l'esclusione dai contributi delle confessioni religiose che non abbiano regolato per legge i propri rapporti con lo Stato mediante intese non darebbe luogo a violazione dei principi di libertà e di uguaglianza essendo il differente trattamento legittima conseguenza di situazioni non omogenee»84. La Corte, tuttavia, ha

83 Ivi, considerato in diritto, par.4, secondo capoverso. 84 Ibidem, considerato in diritto, par.4, primo capoverso.

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ritenuto «fuorviante» questa impostazione85, preferendo ricondurre il

dibattito sul terreno dei diritti della persona. L’art. 19 Cost, infatti, attribuisce il diritto di praticare il culto, in forma pubblica o privata, ai singoli cittadini. Le Confessioni, intese come organizzazioni strutturate di persone, preordinate a garantire l’espressione congiunta dei sentimenti religiosi individuali, rappresentano semplicemente una modalità, meramente eventuale e non necessaria, nella quale questo diritto può trovare concreta espressione. Da ciò discende che quando le Regioni, nei limiti delle proprie attribuzioni costituzionali, intendano legiferare in materia urbanistica sulle modalità di allocazione degli spazi necessari alla realizzazione di nuovi edifici di culto, non siano autorizzate a considerare la posizione specifica di ciascuna confessione se non «in quanto preordinata alla soddisfazione dei bisogni religiosi dei cittadini, e cioè in funzione di un effettivo godimento del diritto di libertà religiosa, che comprende l'esercizio pubblico del culto, come esplicitamente sancito dall'art. 19 della Costituzione»86. La Corte, in

ultima analisi, sancisce definitivamente la piena validità del principio personalista in tutte le materie per le quali si abbia a discutere dei diritti confessionali, vale a dire del complesso di facoltà e, talvolta, poteri che l’ordinamento riconosce alle organizzazioni religiose in quanto soggetti capaci di garantire il soddisfacimento dei bisogni spirituali dei singoli cittadini. Tali bisogni individuali, chiarisce la Corte, possono essere soddisfatti da qualunque confessione, senza necessità di distinguere tra confessioni che abbiano stipulato o meno l’intesa87:

è la libera adesione dell’individuo che, di per sé stessa, è sufficiente a certificare l’idoneità della confessione a soddisfare i bisogni di quel cittadino.

85 Ibidem, considerato in diritto, par.4, secondo capoverso. 86 Ibidem, considerato in diritto, par.4, quarto capoverso. 87 Ibidem, considerato in diritto, par.4, quinto capoverso.

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Tuttavia, il presupposto fondamentale delle scienze economiche, senza il quale esse non avrebbero alcun significato logico o validità epistemologica, è quello della “scarsità dei beni” e della loro incapacità di soddisfare quantitativamente la domanda esistente88. È evidente

che questo valga anche per gli spazi edificabili da destinare alla costruzione di nuovi edifici di culto. Posto che, generalmente, i principi di eguaglianza e libertà sopra enucleati si scontrano con l’impossibilità di soddisfare l’intera domanda di nuovi edifici di culto a causa dell’insufficienza degli spazi edificabili, la Corte si è chiesta quali criteri possano essere posti a discrimine per l’assegnazione dei lotti edilizi alle varie confessioni. La risposta data è che le Amministrazioni Pubbliche debbano avere riguardo «soltanto per la consistenza ed incidenza sociale della confessione richiedente»89. Ha prevalso, quindi, il

principio utilitarista puro del maggior soddisfacimento possibile per il maggior numero di persone.

Questo epilogo, a nostro avviso, è pienamente coerente con le premesse logiche della ricostruzione giuridica operata dalla Corte. Se questa avesse voluto considerare il diritto alla costruzione dei propri edifici di culto come un diritto originario della confessione intesa come autonomo soggetto di diritto, allora sarebbe stato maggiormente confacente ai principi costituzionali – in particolare al principio di uguaglianza di cui all’art. 3 - favorire le confessioni che, in un dato comune, non avessero ancora a disposizione alcun locale di culto. Ma poiché una tale impostazione avrebbe l’effetto di rendere le organizzazioni religiose un contenitore vuoto, sebbene liberandole

88 P. Samuelson, W. Nordhaus, C. Bollino, Economia, Diciannovesima edizione,

McGraw Hill, Milano, 2012, p. 1: «L’Economia è lo studio del modo in cui le società utilizzano risorse scarse per produrre beni utili e di come tali beni vengono distribuiti ai diversi soggetti».

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dalla necessaria relazione con le persone che vi aderiscono e il cui soddisfacimento spirituale costituisce motivo stesso di quell’esistenza, è certamente ragionevole subordinare la concessione degli spazi alla valutazione della consistenza numerica ed incidenza sociale della confessione richiedente.

2.3 La Sentenza n. 346 del 2002: la natura delle Confessioni religiose

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