Non è possibile, d’altro canto, scindere l’analisi dello status quo in materia di libertà religiosa collettiva da un’attenta valutazione delle ricadute che questa, inevitabilmente, produce nell’ambito della libertà religiosa individuale: l’accesso ai privilegi economico-finanziari generalmente riconosciuti nelle intese sin ora approvate, è tale da incidere in maniera determinante sul “mercato religioso”, determinando un “vantaggio competitivo” di alcune confessioni rispetto ad altre67. In questo senso lo Stato, che sarebbe vincolato al
rispetto del principio di laicità e non ingerenza nelle questioni di matrice confessionale così come nella formazione, in seno a ciascun cittadino, di un proprio libero convincimento in ambito spirituale, prende implicita posizione in favore di alcune confessioni rispetto ad altre, alimentando le possibilità propagandistiche delle une a discapito delle altre. In questo modo, si osserva68, non soltanto è leso il diritto
di autorganizzazione confessionale, ma sono ad un tempo frustrate le
67 Cfr. G. Di Cosimo, cit., pp. 3 ss. Di notevole interesse, a tal proposito, è anche
l’orientamento assunto dalla Corte Conti in materia di Ottopermille, per il quale si vedano Corte dei Conti, Deliberazione n. 16/2014/G e Corte dei Conti, Deliberazione n. 8/2015/G. Un esaustivo inquadramento dei profili di criticità evidenziati dalla corte è rinvenibile in G. D’Angelo, cit., Giappichelli 2017, pp. 190-196. In particolare, si osserva come il meccanismo di riparto delle scelte inespresse sia stato pensato per garantire alla religione di maggioranza un’attribuzione di risorse decisamente più che proporzionale rispetto al gettito attribuibile alle altre confessioni sulla base delle sole scelte espresse. In questo senso anche C. Cardia, Otto per mille e offerte deducibili in AA. VV., Enti di culto e finanziamento delle confessioni religiose. L’esperienza di un
ventennio (1985-2005), a cura di I. Bolgiani, il Mulino, Bologna, 2007, p.237. Per una
disamina della materia orientata alla teoria liberale del diritto, cfr. Raffaello Morelli,
Lo sguardo lungo. Il principio di separazione Stato e religioni (che costruisce la sovranità del cittadino per convivere e la ricerca per conoscere) è il sempreverde innestato da Cavour. 1861-2011, Edizioni ETS, 2011.
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legittime aspettative dei cittadini appartenenti ad una data organizzazione religiosa di vedersi riconosciuta la stessa “libertà di movimento” riconosciuta ad altri. Inutile negare, infatti, che sebbene il singolo credente mantenga un proprio status individuale legittimamente opponibile, in taluni casi, agli interessi della Confessione stessa, questi, dal momento che vi aderisce, si presuppone abbia fatto proprie, in linea di massima, le istanze spirituali, sociali ed anche giuridiche promosse da quella organizzazione. Non si deve dimenticare, come rilevato da Valerio Tozzi69, che la Costituzione italiana, sulla base del Principio
Personalista cui è interamente informata, considera primariamente l’uomo nella sua individualità ma la tutela riconosciuta all’ individuo quale soggetto dell’ordinamento giuridico passa anche e necessariamente attraverso quella riconosciuta alle “formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”. Esse, infatti, sono sì viste come
69 V. Tozzi, Lineamenti del Diritto Ecclesiastico Italiano, in G. Macrì, M. Parisi, V. Tozzi, Diritto Ecclesiastico Europeo, Laterza, 2006, pp. 17-18 <<[…]In base al principio
personalista, il singolo non è oggetto di attenzione dell’ordinamento solo nella sua individualità, ma anche nella sua relazionalità, cioè nell’insieme di situazioni, di luoghi metafisici, di aggregazioni collettive e di organizzazioni nelle quali svolge i suoi interessi e bisogni […]. La persona umana oggi è oggetto di considerazione da parte dell’ordinamento in tutte le manifestazioni del suo comportamento relazionale, quindi anche nella partecipazione alle numerose organizzazioni collettive che essa crea, nelle quali l’individuo si identifica e per mezzo delle quali soddisfa i suoi specifici bisogni. Questi soggetti collettivi sono oggetto di attenzione da parte dell’ordinamento, godendo dei medesimi diritti e delle stesse garanzie riservate ai singoli, ma in chiave strumentale, rispetto al bene primario che è la persona umana. L’ uomo, nella sua spiritualità e materialità è il fattore giustificativo e lo scopo primario della normazione; le forme associative in cui si sviluppa la sua personalità sono strumentalmente coessenziali all’obiettivo primario innanzi detto. Conseguentemente lo Stato […] istituisce diritti e garanzie o distribuisce risorse e beni in favore della persona individuale o dei soggetti collettivi ad essa funzionali […]. Fine ultimo dell’organizzazione sociale devono essere la promozione e lo sviluppo della persona. Prospettiva esplicitamente enunciata nel già citato comma 2° dell’art.3, ove si impegna la Repubblica a realizzare il pieno sviluppo della persona
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soggetti autonomi di diritto, titolari di prerogative e doveri propri, ma lo sono in quanto la loro esistenza sia strumentale allo scopo di garantire lo svolgimento della personalità del singolo70. Come
corollario di quanto adesso richiamato la Repubblica, dopo aver chiarito che tutti i cittadini hanno “pari dignità sociale” e non possono essere oggetto di discriminazioni per motivi religiosi, si impegna ad “eliminare gli ostacoli di ordine economico e sociale che […] impediscono il pieno sviluppo della persona umana”. In ambito politico e sociale, come desumibile da un’attenta lettura dell’art.3 Cost, l’ordinamento non si impegna ad accogliere tutte le istanze che gli vengano proposte, ma intende certamente rimuovere “gli ostacoli di ordine economico e sociale” che, di fatto, impediscono a talune di queste istanze di competere efficacemente con le altre. Dobbiamo, allora, tradendo ogni più intimo riserbo di cittadini e di giuristi, prendere coscienza di vivere in un ordinamento dai contorni “latamente confessionali”. Per affermare questo, certamente, è necessario fare ricorso ad una stipulazione sul significato effettivo del sintagma “stato confessionale”, volendo intenderlo come quello stato che, a discapito del principio di laicità voglia, direttamente o indirettamente, praticare una scelta di campo limitando la portata di esercizio di alcuni diritti fondamentali a determinate confessioni a vantaggio di altre, oppure favorirle assegnando ad alcune determinati privilegi.
70 Cfr. A. Fuccillo, Le proiezioni collettive della libertà religiosa, in Stato, Chiese e
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1.3 Legge generale sulla Libertà di Culto: Profili di legittimità