BASATA SUL RISPETTO DI STANDARDS QUALITAT
3.4. Il sistema italiano di garanzia della Libertà Religiosa alla luce del principio di ragionevolezza Prime conclusioni.
Come si è potuto comprendere analizzando i principi sottesi alla disciplina delle Ecclesiastical Exemptions nel diritto inglese, ad ispirare la stessa è la duplice esigenza di garantire il rispetto dell’autonomia confessionale mantenendo invariati gli standards qualitativi dell’attività amministrativa statale nella pianificazione, autorizzazione ed esecuzione delle opere di adeguamento di immobili ecclesiastici di rilevante interesse culturale. Il principio ispiratore della disciplina in esame prevede una differenziazione della normativa applicabile alle varie confessioni sulla base degli standards che le stesse sono in grado di garantire nella tutela dei beni culturali di cui sono in possesso. Ciò comporta una responsabilizzazione delle organizzazioni confessionali nei riguardi dell’intero gruppo sociale, cui si attribuisce l’interesse collettivo alla conservazione e trasmissione della cultura con specifico riguardo, in questo caso, alla sua declinazione più strettamente materiale. L’art. 3 della Costituzione italiana, dopo aver dichiarato la piena uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, attribuisce allo Stato il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che siano, nei fatti, in grado di limitare tale uguaglianza. Il principio di ragionevolezza, come chiarito dalla Corte Costituzionale già a partire dalla sentenza n. 15 del 1960, specifica come la discriminazione tra soggetti di diritto possa palesarsi sotto un duplice profilo: l’aver previsto un diverso trattamento per soggetti che si trovino nella stessa situazione ma anche, in taluni casi, l’aver previsto la medesima disciplina per soggetti che si trovino in situazioni disomogenee e non assimilabili. Questa particolare categoria di norme discriminatorie si manifesta allorquando la sproporzione tra le situazioni di partenza di ciascun soggetto renda illogico, contraddittorio o arbitrario prevedere,
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per gli stessi, regole analoghe223. Se ne desume che l’attività statale,
nell’attuazione del principio di non discriminazione in sede legislativa, possa richiedere una diversificazione normativa tra soggetti che perseguono le medesime finalità. Tali distinzioni, in ogni modo, non possono essere arbitrarie ma sono funzionali ad una migliore realizzazione degli obiettivi di rimozione degli «ostacoli di ordine economico e sociale» che la Costituzione stessa pone all’art. 3 c 2. L’arbitrarietà dell’intervento normativo si manifesta quando il legislatore esorbiti dai fini propri della sua attività, compiendo scelte che non appaiono orientate al raggiungimento degli obiettivi che la Costituzione assegna all’attività legislativa, desumibili direttamente e indirettamente dall’insieme delle sue norme e dai principi che vi sono contenuti. Per quanto attiene al fenomeno confessionale, ciò che rileva non è – a nostro avviso – l’esistenza di discipline disomogenee che diversifichino la normativa applicabile alle varie organizzazioni in materie analoghe, quanto la constatazione dell’arbitrarietà di tali distinzioni. Allo stato attuale, l’elemento distintivo è rappresentato dal grado di riconoscimento giuridico delle varie organizzazioni, operato sulla base di valutazioni amministrative latamente discrezionali, come nel caso dell’erezione in ente morale ai sensi dell’art. 3 della Legge n. 1159 del 1929 e dell’ art. 10 del Regio 238 del 1930, o politiche, come nel caso della stipula di intese. Stante la natura mediata degli enti
223 Corte Costituzionale, Sent. n. 15 del 1960, considerato in diritto, par. 3.4-3.7:
<<Non basta accertare che la norma in esame non sia in contrasto con i precetti inderogabili posti nel primo comma dell'art. 3. La giurisprudenza di questa Corte è costante nel senso che il principio di eguaglianza è violato anche quando la legge, senza un ragionevole motivo, faccia un trattamento diverso ai cittadini che si trovino in eguali situazioni. […] Ma, come si è detto sopra, non sempre la disparità importa violazione del principio di eguaglianza, quando, da un lato, non ci sia contrasto con le disposizioni contenute nel primo comma dell'art. 3 della Costituzione, e, dall'altro lato, la disparità di trattamento corrisponda alle esigenze di una situazione differenziata, che richieda una particolare disciplina>>.
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confessionali, la cui soggettività è direttamente funzionale al loro compito, consistente nello svolgimento di un ruolo fondamentale nella maturazione ed espressione della personalità individuale, il discrimen non può che individuarsi nella diversa capacità delle organizzazioni di svolgere il proprio mandato, finalizzato alla realizzazione di diritti fondamentali dell’uomo che la Costituzione protegge e garantisce. Il principio supremo di laicità, in una delle sue molteplici accezioni, prevede che lo Stato, pur non essendo indifferente al fenomeno religioso224, si mantenga neutrale ed avalutativo nei riguardi degli
aspetti teologici e dottrinali di ciascun credo. Ciò, tuttavia, non esclude che vi siano aspetti del loro operato che non sarebbe logico sottrarre al sindacato pubblico in quanto capaci di produrre effetti sul piano di diritti individuali e collettivi che lo Stato ha il compito di garantire e proteggere. Mentre, ad esempio, è escluso che vi possa essere ingerenza sulle modalità di svolgimento del culto, sulle modalità di esecuzione delle prestazioni di assistenza spirituale e religiosa o sui contenuti espressi nelle predicazioni dei ministri di culto, lo Stato ha il compito di vigilare che nello svolgimento di queste attività non si oltrepassino i limiti costituzionali dell’ordine pubblico e del buon costume225. Allo stesso modo è possibile immaginare l’esistenza di
meccanismi premiali, in termini tanto economici quanto di differenziazione della disciplina applicabile, per le organizzazioni che, in ambiti specifici, abbiano saputo apportare un rilevante contributo oggettivo a beneficio dei propri adepti e dell’intera collettività. L’istituto delle Ecclesiastical Exemptions attua questi principi con
224 Corte Costituzionale, Sent. n. 203 del 1989, par. 4.2: << il principio di laicità, quale
emerge dagli artt. 2, 3, 7, 8, 19 e 20 della Costituzione, implica non indifferenza dello Stato dinanzi alle religioni ma garanzia dello Stato per la salvaguardia della libertà di religione, in regime di pluralismo confessionale e culturale.>>
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riguardo alla tutela dei beni culturali, legando indissolubilmente l’applicabilità di una disciplina di estremo favore per le confessioni religiose al rispetto di stretti vincoli di natura tecnico-giuridica, valutabili oggettivamente ad opera di organismi pubblici nell’ambito di un procedimento amministrativo e potendosi prospettare l’eventualità di un ricorso giurisprudenziale in caso di diniego. L’istituto delle Ecclesiastical Exemptions può essere considerato un esempio di applicazione concreta dei principi di uguaglianza e pari dignità dei cittadini, in grado al contempo di valorizzare il ruolo che la Costituzione italiana riserva espressamente alle confessioni religiose. Esse, da un lato, rappresentano un luogo privilegiato di formazione ed espressione individuale, dall’altro sono strutture in grado di rafforzare e rendere maggiormente efficaci le istanze spirituali dei singoli mediante l’esercizio di diritti in forma organizzata. Le confessioni, in quanto soggetti autonomi dell’ordinamento giuridico, sono titolari di specifiche prerogative e attribuzioni: tra queste si può annoverare, a titolo esemplificativo, la facoltà di organizzazione del culto pubblico in piena autonomia liturgica e dottrinale, nonché il diritto di esercitare le azioni necessarie a garanzia di tale facoltà. L’art. 19 della Costituzione italiana, riconoscendo a ciascuno il diritto di professare liberamente la propria religione in forma individuale o associata, esercita un’opzione coerente con il principio di immanenza e preesistenza in natura dei diritti fondamentali dell’uomo, di cui all’art. 2: esso identifica tali prerogative come diritti attribuibili iure naturae al cittadino ma il cui esercizio può avvenire soltanto, ratione naturae, in forma mediata.
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