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AFFIDAMENTO IN HOUSE A SOCIETÀ MISTE: IPOTESI PLAUSIBILE?

4 CONFRONTO ONTOLOGICO TRA SOCIETÀ MISTE E SOCIETÀ IN HOUSE: ELEMENTI DI DIVERGENZA TRA ISTITUTI A PRIMA

4.3 AFFIDAMENTO IN HOUSE A SOCIETÀ MISTE: IPOTESI PLAUSIBILE?

All’indomani della sentenza dell’11 gennaio 2005, nella quale la Corte di Giustizia ha individuato nella partecipazione pubblica totalitaria una condizione imprescindibile perché́ possa integrarsi il requisito del “controllo analogo”, si è posto il problema della legittimità̀ comunitaria dell’art. 113, comma 5, lett. b), D. lgs. n. 267/2000, nella parte in cui prevede, e dunque rende ammissibile, l'affidamento diretto di servizi pubblici locali a società̀ miste, ossia partecipate anche da partner privati selezionati mediante gara.

Più̀ in particolare, ci si è interrogati se la selezione del partner privato mediante procedura di evidenza pubblica fosse una condizione sufficiente a legittimare un affidamento senza gara in favore di società miste, o meglio, se consenta o meno di evitare una seconda procedura ad evidenza pubblica per l'affidamento del servizio. La questione trova in giurisprudenza soluzioni non univoche riconducibili a tre differenti interpretazioni.

Considerando dapprima l'alternativa tra affidamento di servizi mediante procedure ad evidenza pubblica ed affidamento diretto, un filone giurisprudenziale esclude in modo categorico la legittimità dell'affidamento diretto dei servizi pubblici a società miste, benché a prevalente partecipazione pubblica e nelle quali la scelta del socio è avvenuta mediante procedura ad evidenza pubblica.

Tale interpretazione è stata sostenuta dal Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Sicilia305 per il quale, difatti, la gara per la selezione del partner privato non

costituisce un requisito sufficiente all'affidamento del servizio, in quanto, la stessa

segue presupposti e finalità del tutto differenti da quella occorrente per l'affidamento del servizio.

Si presume, pertanto, che la doppia gara costituisca un requisito imprescindibile al fine di evitare distorsioni della concorrenza potendo, infatti, le imprese private provvedere alla gestione in via autonoma del servizio pubblico in concessione, senza essere necessariamente interessate alla gestione associata del servizio secondo il modulo della società mista306.

Ad atteggiamenti di totale chiusura nei confronti della possibilità̀ di affidare direttamente a società̀ miste la gestione dei servizi si contrappone la tesi, inizialmente predominante, sostenuta da una parte della dottrina e della giurisprudenza307,

secondo cui la società̀ mista a prevalente partecipazione pubblica può essere affidataria diretta, ma a condizione che la scelta del socio privato avvenga mediante procedure ad evidenza pubblica che regolino la stipulazione dei “contratti attivi” tra pubblica amministrazione e privati; il “contratto sociale” presenterebbe, difatti, peculiarità che non consentono di ritenere applicabile ad esso la disciplina comunitaria per l'affidamento dei “contratti passivi”.

Una posizione intermedia tra i suddetti orientamenti che, ad oggi, risulta essere anche maggioritaria, è stata elaborata dal Consiglio di Stato col parere n. 456, del 18 aprile 2007.

306 Cit. G. PISANO, Affidamento dei servizi pubblici locali a società miste pubblico privato, in www.gianlucapisano.it 307 Si rammenti per tutte: TAR Campania Salerno, Sez. I, 19 luglio 2005, n. 1290; T.A.R. Lazio Roma, Sez. II, 9

gennaio 2007, n. 72, in cui viene asserito che “l’affidamento diretto di pubblici servizi a società miste con capitale maggioritario pubblico costituite dagli enti locali non contrasta con il sistema garantistico dell’ordinamento, posto che la scelta del partner privato delle compagini de quibus avviene attraverso procedure ad evidenza pubblica”. Da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 3 febbraio 2005, n. 272.

La giurisprudenza del Consiglio di Stato, investita della questione dal Mistero delle Politiche Agricole e Forestali con riferimento alla legittimità dell’affidamento diretto del servizio da parte dell’AGEA ( Agenzia per l’Erogazione in Agricoltura ) al socio privato scelto tramite gara al fine di affidare la gestione e lo sviluppo del SIAN ( Sistema Informativo Agricolo Nazionale ), ha ritenuto di poter giungere a conclusioni differenti introducendo un orientamento di favore nei confronti del modello gestionale “società mista”, opportunamente contemperato con i principi comunitari308.

Il parere è di vigoroso interesse in quanto approda alla innovativa conclusione che, alla presenza di due precise condizioni, l’affidamento diretto a società̀ miste, il cui socio sia stato scelto a seguito di procedure di evidenza pubblica, è legittimo.

Il presupposto del ragionamento del parere è che il modello organizzativo della società̀ mista non sia riconducibile a quello dell’in house da cui è distinto e diverso. Il consiglio, infatti, soffermandosi anzitutto sulla differenza tra società in house e società mista, evidenzia come la prima agisca in qualità di longa manus dell’amministrazione in ragione sia del controllo che quest'ultima esercita sulla società in house ( controllo che si configura, pertanto, come analogo a quello esercitato sui propri servizi ), sia della destinazione prevalente dell’attività dell’ente in house in favore dell'amministrazione stessa, mentre la diversa figura della società mista a capitale pubblico maggioritario, il cui socio privato sia stato selezionato con

308 Cfr. V. BOMBARIDERI, R. FAVOINO, Società miste pubblico private. Le peculiarità del caso italiano, in

una procedura ad evidenza pubblica, presuppone la creazione di nuovo modello organizzativo risultante dalla convergenza degli interessi pubblici e privati309.

A tale conclusione approda individuando l'esistenza di numerose disposizioni di legge che, per l'appunto, identificano il modello e la sua disciplina in modo del tutto autonomo310.

Quanto detto, tuttavia, non comporta l'incompatibilità del modello societario misto con il diritto comunitario.

Attraverso un ragionamento lucido e approfondito i giudici di Palazzo Spada giungono, infatti, ad affermare che il modello non contrasta coi principi posti a tutela della concorrenza nei limiti in cui si configura non tanto come affidamento diretto alla società mista quanto, piuttosto, come “un affidamento con procedura di evidenza pubblica dell’attività̀ operativa della società̀ mista al partner privato, tramite la stessa gara volta all’individuazione di quest’ultimo”.

I passaggi dell'iter logico/giuridico seguiti dai giudici amministrativi per approdare alla conclusione di cui sopra si mostrano di particolare interesse, pertanto meritano di essere messi in evidenza.

Preliminarmente viene evidenziato come la Corte di Giustizia non si sia mai pronunciata esplicitamente sulla modalità̀ organizzativa delle società̀ miste, infatti nelle fattispecie che hanno condotto alle decisioni richiamate in materia di in house, la Corte ha escluso che si potesse applicare il modello dell'in house senza però

309 Cfr. F. DE SANTIS, Affidamento diretto di servizio pubblico: differenza tra società in house e mista, in www.altalex.com 310 Così il Consiglio di Stato nel citato parere: “In conclusione può affermarsi che il modello della società a

capitale misto pubblico privato esiste – come distinto dall’in house – nell’ordinamento nazionale, sia nella disposizione generale dell’art. 113 Tuel che in varie disposizioni speciali ( come quella per il SIAN nel caso di specie ). D’altro canto però tale disciplina è in evoluzione sia de iure condito ( art. 1, co. 2 e art. 32 D. lgs. N. 163 del 2006; art. 13 del d.l. n. 223 del 2006 ) che de iure condendo ( AS n. 72 )”.

pronunciarsi espressamente sulle condizioni di applicabilità di altri modelli ( quale appunto quello della società mista ) comunque conformi ai principi dell'evidenza pubblica.

In questi casi, pertanto, il soggetto privato non era stato selezionato mediante gara e vigeva, di conseguenza, una totale pretermissione delle procedure dia evidenzia pubblica.

Difatti la giurisprudenza comunitaria si riferiva ad evidenti violazioni del diritto degli appalti dal momento che l'affidamento dei relativi servizi era stato disposto senza alcuna possibilità per gli operatori economici di settore di concorrerne all'aggiudicazione311.

Si è così giunti ad asserire la non condivisione delle due tesi “estreme”, ovvero quella per cui se il socio è scelto tramite procedura di evidenza pubblica è sempre possibile l’affidamento diretto ( ed è quella che conduce all'affermarsi della società̀ mista c.d. aperta o generalista, con possibilità̀ per il socio privato di approfittare del rapporto instauratosi con l’amministrazione aggiudicatrice ) e quella, contraria, per la quale la presenza del privato esclude in ogni caso l'affidamento diretto in quanto non compatibile col diritto comunitario.

Nel primo caso il socio privato, vincitore della gara, assume la duplice veste di socio e di gestore senza però che gli obblighi derivanti dall’aver assunto tale ultima veste siano stati predefiniti e individuati attraverso una gara.

311 Ad esempio, nella causa C-458/03, Parking Brixen, le gestione del parcheggio, già affidata ad un operatore, era

stata revocata per trasferirla direttamente alla società partecipata, con evidente lesione dei principi di tutela della concorrenza; la causa C-26/03, Stadt Halle si riferiva ad un affidamento diretto disposto nel 2001 a favore di una società mista, costituita nell’anno 1996 senza alcuna connessione con l’esercizio dello specifico servizio. Anche nel caso C-340/04, Carbotermo la procedura selettiva per l’affidamento dei servizio era stata sospesa e poi revocata dalla stazione appaltante ( lo stesso è avvenuto per la causa C-410/04, ANAV ), al solo scopo di affidare direttamente le prestazioni alla società mista da questa controllata.

In tal modo il socio privato assume la connotazione di socio “al buio”312 in evidente

contrasto con gli obblighi comunitari in tema di concorrenza.

Nel secondo caso, invece, data l'obbligatorietà della seconda gara, l’amministrazione aggiudicatrice indossa la duplice veste di stazione appaltante e di socio della società̀ che ambisce all’affidamento, in altri termini la società candidata all'aggiudicazione del servizi è partecipata dall’amministrazione stessa che indice l’appalto, con evidente distorsione, anche in questo caso, dei principi comunitari in tema di concorrenza. D’altra parte, la non configurabilità del modello in house providing per le società miste, con la conseguente obbligatorietà in ogni caso della doppia gara, rischierebbe di attribuire agli indirizzi della Corte di Giustizia una sorta di “incoraggiamento” alla costituzione di società interamente pubbliche, senza alcuna procedura selettiva e senza ricorrere al mercato.

Pertanto, non risulta ammissibile che la Corte di Giustizia europea preferisca una simile soluzione ad un modello che consente, al contrario, il ricorso al mercato ed ai privati tramite regolari procedure di gara e con garanzie precise che possono, comunque, delimitare l’affidamento nell’oggetto e nel tempo.

Risulterebbe, allora, paradossale nella logica comunitaria della tutela della concorrenza, limitare le opzioni di intervento a due soli estremi assoluti, consentendo dunque una soluzione “tutta pubblica” come unica alternativa, opposta, a quella del ricorso “pieno” al mercato.

Con la conseguente totale rinuncia ( in settori specifici, individuati dalla legge per la peculiarità di una data materia e quindi l’inopportunità di una totale devoluzione ai

312 Così G. PIROCCHI, Società miste, l’affidamento del servizio si fa con gara, in Diritto e pratica amministrativa, n. 2, 2006,

privati, ma anche l’impossibilità tecnica di lasciar gestire interamente alla parte pubblica ) a un’apertura parziale a forme di collaborazione pubblico-privato, laddove tale apertura si giustifichi razionalmente con l’esigenza di un controllo più stringente sull’operatore.

Tanto più, ove si abbia riguardo a tutti quei casi in cui l'amministrazione è controllante non nella veste di committente, ma in quella di socio e l'affidamento sia delimitato da tutte quelle garanzie di definitezza dell'oggetto e della durata dell'affidamento stesso che sole posso ricondurre il modello ad un affidamento all’esterno ( sia pure per certi aspetti peculiare ) e non in house313.

Vi è inoltre una ulteriore considerazione di ordine generale che merita di essere annotata ed è quella secondo cui l’avvento della disciplina comunitaria ha modificato integralmente i canoni interpretativi ed applicativi della disciplina in questione, per cui la finalità̀ che sta alla base della scelta del contraente non è più solo l’interesse dell’amministrazione, ma anche quello della libera circolazione e della concorrenza. Il che significa che non è più̀ sufficiente dimostrare l'utilità di una soluzione per l'amministrazione, ma occorre dimostrare che sia anche compatibile con l’interesse comunitario all’apertura del mercato.

Di conseguenza è necessario che il ricorso alla soluzione della società mista avvenga in modo che vi siano sufficienti garanzie tali da fugare ogni dubbio circa la violazione delle regole della concorrenza.

313 Cit. D. SANTI, In house e servizi pubblici locali: breve storia della capitolazione di un modello, in Giustizia

Ecco perché́ è indispensabile, secondo tale impostazione, che la gara non abbia l’unico obiettivo di scegliere il socio privato, ma anche quello di procedere all'affidamento dell’attività̀ da svolgere.

Per concludere, secondo i giudici di Palazzo Spada, due sono le garanzie che devono sussistere, oltre ovviamente ad una seria motivazione che giustifichi il ricorso al modello societario misto sulla base di una norma di legge che autorizzi a farlo, ovvero a) la sostanziale equiparazione tra la gara per l’affidamento del servizio e la gara per la scelta del socio, in cui quest’ultimo si configuri come “socio industriale e operativo” che concorra materialmente allo svolgimento del servizio pubblico o di fasi dello stesso e b) un rinnovo della procedura di selezione “alla scadenza del periodo di affidamento in modo da evitare che il soggetto divenga socio stabile”314.

Viene, in particolare, rilevato come “l’attività affidata ( senza gara ) alla società mista è, nella sostanza, da ritenere affidata ( con gara ) al partner privato scelto con una procedura di evidenza pubblica che abbia ad oggetto, al tempo stesso, anche l’attribuzione dei suoi compiti operativi e quella della qualità di socio”315.

314 La sezione invita pertanto “a prevedere che sin dagli atti di gara per la selezione del socio privato siano chiarite

le modalità per l’uscita del socio stesso ( con liquidazione della sua posizione ) per il caso in cui all’esito della successiva gara egli risulti non più aggiudicatario”.

Tale soluzione appare del tutto equa poiché in grado di contemperare l’interesse del socio privato e quello, contrapposto, del soggetto pubblico.

Il primo ha, prima e durante il periodo dell’affidamento diretto, investito capitali in capacità tecniche e finanziarie per l’espletamento di un servizio sempre più efficiente ed adeguato, programmando e investendo, anche nel lungo periodo, al fine di migliorare e rendere più efficienti le prestazioni oggetto del contratto, nonché di adattare le proprie risorse al progresso tecnologico in continua espansione.

Pertanto, in caso di mancata prosecuzione del partenariato all'esito della nuova gara, risulta essere del tutto doveroso che esso venga liquidato mediante il rimborso delle quote della società, valutate secondo i criteri di mercato.

Il secondo, dal canto suo, avrà la possibilità di non essere legato in via indefinita al partner prescelto con la prima gara, potendo così approfittare di opportunità più convenienti ed in grado di offrire delle soluzioni gestionali maggiormente competitive.

Rispetto alla tesi della necessaria doppia gara, la posizione della seconda sezione del Consiglio di Stato ha quindi il pregio di evitare il conflitto di interessi che inevitabilmente sorgerebbe in capo all'ente pubblico il quale, dapprima costituisce un ente societario, detenendo parte del capitale sociale, per l'affidamento di un servizio e, successivamente, bandisce una gara per l'affidamento del medesimo servizio316.

Sulla questione è intervenuta l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con decisione 3 marzo 2008, n. 1, attraverso la quale entra nel vivo del dibattito sull'ammissibilità dell'affidamento diretto dei servizi pubblici a società miste pubblico-private, confermando la tesi della terza via aperta dalla Seconda Sezione.

L'Adunanza non contesta il nucleo fondante del citato parere nella parte in cui esso ha affermato la possibilità di procedere ad affidamento diretto ad una società mista che sia costituita appositamente per l'erogazione di uno o più servizi determinati, da rendere almeno in via prevalente a favore dell'autorità pubblica che procede alla costituzione, attraverso una gara finalizzata non soltanto alla scelta del socio privato, ma anche all’affidamento stesso dell'attività da svolgere e che limiti, nel tempo, il rapporto di partenariato prevedendo allo scadere una nuova gara317.

Tuttavia, per evitare che il favore espresso dai giudici della sezione consultiva acquisisse una valenza orientante, i giudici di palazzo Spada hanno fatto presente come tale soluzione sia solo una delle possibili ricostruzioni della discussa tematica. In pratica, la circostanza che la Corte di Giustizia non si fosse ancora pronunciata su di una questione analoga ha suggerito alla Plenaria un atteggiamento di estrema

316 Cfr. G. PISANO, Affidamento dei servizi pubblici locali a società miste pubblico privato, in www.gianlucapisano.it 317 Cfr. S. CIMINI, L. DE GREGORIIS, M. DE NADAI, A. GIUFFRIDA ( a cura di ), Il diritto dell'economia, vol.

“prudenza” finalizzato a scongiurare il rischio di dar luogo a interpretazioni praeter legem che avrebbero potuto non trovare l’avallo della Corte di Giustizia318.

Giova inoltre ricordare un'ulteriore intervento del Consiglio di Stato319 nel quale è

stato ribadito che le società miste “aperte”, ovvero costituite per finalità specifiche ma indifferenziate, non possono essere affidatarie dirette in quanto non in grado di soddisfare le condizioni a cui è ancorata la deroga al principio generale della gara; quest'ultima, infatti, deve sempre essere esperita non per trovare il terzo gestore del servizio, bensì il partner privato con cui gestirlo320.

In un clima di offuscante incertezza interpretativa, il Tar Sicilia, Catania, con l'ordinanza numero 164/08, pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea del 2 agosto 2008, ha sottoposto all'attenzione del giudice comunitario la questione interpretativa in merito alla “conformità al diritto comunitario, in particolare agli obblighi di trasparenza e libera concorrenza di cui agli artt. 43, 49 e 86 del Trattato, di un modello di società mista pubblico-privata costituita appositamente per l'espletamento di un determinato servizio pubblico di rilevanza industriale e con oggetto sociale esclusivo, che sia direttamente affidataria del servizio in questione, nella quale il socio privato con natura “industriale” ed “operativa”, sia selezionato mediante una procedura di evidenza pubblica, previa verifica sia dei requisiti finanziari e tecnici che di quelli propriamente operativi e gestionali riferiti al servizio da svolgere e alle prestazioni specifiche da fornire”.

318 Cfr. M. FRATINI, G. BASCHETTI, Le società di capitali, percorsi giurisprudenziali, Milano, 2010, 847. 319 Cons. Stato, sez. V, 15 ottobre 2010, n. 7533.

Ebbene, la Corte di Giustizia, con sentenza 15 ottobre 2009, in causa C-196/08, Acoset Spa, prendendo atto della necessità di chiarezza e di regole certe nel delicato tema delle società miste, ha affermato principi di fondamentale importanza per la disciplina dell'istituto.

L'intervento assume un notevole rilievo proprio perché risolve la vexata quaestio in senso favorevole alla conformità dell'affidamento diretto del servizio pubblico senza la necessità della doppia gara, richiamando importanti principi in materia di appalti e concessioni.

Nel caso di specie, la controversia aveva ad oggetto una concessione di servizi ad una società partecipata dall'ente aggiudicatore, con una partecipazione minoritaria privata la cui scelta ( del socio privato ) era avvenuta mediante l'espletamento di gara nel rispetto della normativa comunitaria.

Nello specifico, la scelta del socio privato con natura “industriale” ed “operativa” era avvenuta secondo una procedura che ha permesso di verificare capillarmente al contempo la capacità di assumere la qualità di azionisti, la perizia tecnica nel fornire il servizio e i vantaggi economici e di altro tipo derivanti dall'offerta321.

E proprio il fatto che i criteri di scelta del socio privato si siano concentrati non solo sul capitale da questi conferito, ma anche sulle sue capacità tecniche e sulle “caratteristiche della sua offerta in considerazione delle prestazioni specifiche da fornire, e dal momento che al socio in questione viene affidata, come nella fattispecie di cui alla causa principale, l'attività operativa del servizio di cui trattasi e, pertanto, la gestione di quest'ultimo, si può ritenere che la scelta del concessionario risulti

321 Cfr. D. IMMORDINO, Servizi pubblici a società miste: le osservazioni della Corte Europea sulla non necessità della doppia

indirettamente da quella del socio medesimo effettuata al termine di una procedura che rispetta i principi del diritto comunitario, cosicché non si giustificherebbe una seconda procedura di gara ai fini della scelta del concessionario”.

La Corte, pertanto, afferma che qualora si ricorra a una duplice procedura, prima, per la selezione del socio privato di una società mista, e, poi, per aggiudicare la concessione a detta società, si configurerebbe un procedimento ostativo alla costituzione di partenariati pubblico-privati tra enti privati e autorità pubbliche, sia