• Non ci sono risultati.

NOMINA E REVOCA DEGLI AMMINISTRATOR

2 LE SOCIETA’ MISTE NEL DIRITTO SOCIETARIO

2.7 NOMINA E REVOCA DEGLI AMMINISTRATOR

Le specificità che interessano l’organo amministrativo delle società miste riguardano essenzialmente la disciplina della nomina e della revoca degli amministratori, mentre per ciò che concerne le funzioni e la struttura dell’organo in questione ( tanto nella forma individuale quanto in quella collegiale ) è pacifico il rinvio alla disciplina comune.

La nomina degli amministratori delle società̀ partecipate è regolata dall'art. 2449 c.c., a cui si affiancano ulteriori disposizioni extra codicistiche che assolvono una funzione integrativa, ovvero la legge n. 296/2006, art. 1 commi 729 e 734178, ed il d.l n. 95/2012,

convertito con legge del 7 agosto 2012, n. 135, rispettivamente in materia di composizione degli organi di governo, requisiti per gli amministratori ed ammissibilità dell'amministratore unico179.

La nuova formulazione dell'art. 2449 c.c.180, rubricata “Società̀ con partecipazione

dello Stato o di enti pubblici”, predispone due differenti discipline a seconda che la società̀ con partecipazione pubblica ricorra o meno al mercato del capitale di rischio.

178 I commi evidenziati recitano rispettivamente “ (…) Nelle società miste il numero massimo di componenti del

consiglio di amministrazione designati dai soci pubblici locali comprendendo nel numero anche quelli

eventualmente designati dalle regioni non può essere superiore a cinque. Le società adeguano i propri statuti e gli eventuali patti parasociali entro tre mesi dall' entrata in vigore del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.” e “Non può essere nominato amministratore di ente, istituzione, azienda pubblica, società a totale o parziale capitale pubblico chi, avendo ricoperto nei cinque anni precedenti incarichi analoghi, abbia chiuso in perdita tre esercizi consecutivi.”.

179 In questo senso la Corte dei Conti, sez. reg. Lombardia, con deliberazione 3 maggio 2013, n. 186, ha ammesso

che la scelta per l’amministratore unico è percorribile anche per le società che gestiscono servizi pubblici locali, in un’ottica di risparmio, e non solo per quelle che svolgono attività strumentali.

180 L’art. 2449 c.c. recita:

“Se lo Stato o gli enti pubblici hanno partecipazioni in una società̀ per azioni che non fa ricorso al mercato del capitale di rischio, lo statuto può̀ ad essi conferire la facoltà̀ di nominare un numero di amministratori e sindaci, ovvero componenti del consiglio di sorveglianza, proporzionale alla partecipazione al capitale sociale.

Gli amministratori e i sindaci o i componenti del consiglio di sorveglianza nominati a norma del primo comma possono essere revocati soltanto dagli enti che li hanno nominati. Essi hanno i diritti e gli obblighi dei membri nominati dall’assemblea. Gli amministratori non possono essere nominati per un periodo superiore a tre esercizi e scadono alla data dell’assemblea convocata per l’approvazione del bilancio relativo all’ ultimo esercizio della loro

È più agevole pertanto esaminare separatamente le due distinte ipotesi.

Per quanto concerne la norma attinente alle società̀ che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, essa rappresenta una deroga espressa alle regole di diritto comune previste in materia di nomina degli organi di amministrazione e controllo. La regola generale di diritto comune prevede, infatti, come imprescindibile la nomina degli organi sociali in seno all'assemblea dei soci, nel rispetto delle modalità̀ di voto previste dalla legge, ovvero stabilite nello statuto, ai sensi dell’art. 2368 c.c181.

Quest’ultima disposizione, prevedendo che “per la nomina alle cariche sociali lo statuto può̀ stabilire norme particolari”, riconosce la possibilità di intervenire sul sistema di nomina apportando meccanismi tali da permettere anche alle minoranze c.d. “forti” di nominare propri rappresentanti182.

carica.

I sindaci, ovvero i componenti del consiglio di sorveglianza, restano in carica per tre esercizi e scadono alla data dell’assemblea convocata per l’approvazione del bilancio relativo al terzo esercizio della loro carica.

Alle società̀ che fanno ricorso al capitale di rischio si applicano le disposizioni del sesto comma dell’articolo 2346. Il consiglio di amministrazione può̀ altresì̀ proporre all’assemblea, che delibera con le maggioranze previste per l’assemblea ordinaria, che i diritti amministrativi previsti dallo statuto a favore dello Stato o degli enti pubblici siano rappresentati da una particolare categoria di azioni. A tal fine è in ogni caso necessario il consenso dello Stato o dell’ente pubblico a favore del quale i diritti amministrativi sono previsti”.

181 L’art 2368 c.c. recita “L'assemblea ordinaria è regolarmente costituita con l'intervento di tanti soci che

rappresentino almeno la metà del capitale sociale, escluse dal computo le azioni prive del diritto di voto

nell'assemblea medesima. Essa delibera a maggioranza assoluta, salvo che lo statuto richieda una maggioranza più elevata. Per la nomina alle cariche sociali lo statuto può stabilire norme particolari.

L'assemblea straordinaria delibera con il voto favorevole di tanti soci che rappresentino più della metà del capitale sociale, se lo statuto non richiede una maggioranza più elevata. Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio l'assemblea straordinaria è regolarmente costituita con la presenza di tanti soci che

rappresentino almeno la metà del capitale sociale o la maggiore percentuale prevista dallo statuto e delibera con il voto favorevole di almeno i due terzi del capitale rappresentato in assemblea.

Salvo diversa disposizione di legge le azioni per le quali non può essere esercitato il diritto di voto sono computate ai fini della regolare costituzione dell'assemblea. Le medesime azioni e quelle per le quali il diritto di voto non è stato esercitato a seguito della dichiarazione del socio di astenersi per conflitto di interessi non sono computate ai fini del calcolo della maggioranza e della quota di capitale richiesta per l'approvazione della deliberazione.”

182 Cit. C.A. BUSI, Assemblea e decisioni dei soci nelle società per azioni e nelle società a responsabilità limitata, Padova, 2008,

È pacifico che tale disposizione, di solito messa in relazione al meccanismo del voto di lista183, escluda la competenza dell’assemblea a deliberare collegialmente la nomina

delle cariche sociali e dunque si estenda fino al riconoscimento della nomina extra assembleare per previsione statutaria, che risulta quindi ammissibile per le sole ipotesi espressamente previste dal legislatore, fra le quali rientra per l'appunto l’art. 2449 c.c184.

L'art. 2449 c.c., derogando alla disciplina di diritto comune, riconosce, infatti, ai soci pubblici di partecipate, il diritto di nomina diretta alle cariche sociali che assume in tal modo i connotati di una vera e propria prerogativa speciale.

Tale facoltà̀ è supplementare ( e in certi casi alternativa ) al ricorso per i soci pubblici alle norme di diritto comune.

Il nuovo testo dell’art. 2449 c.c., recependo il principio di proporzionalità sancito dalla Corte di Giustizia185, riconosce infatti allo Stato o agli enti pubblici, titolari di

partecipazioni in una società̀ per azioni che non fa ricorso al mercato del capitale di rischio, la facoltà̀ di nominare un numero di amministratori e sindaci, ovvero componenti del consiglio di sorveglianza, proporzionale alla partecipazione al capitale sociale, se tale facoltà è espressamente prevista nello statuto.

Ciò detto occorre verificare come trovi concreta attuazione il principio di proporzionalità, da cui trae origine il principio plutocratico sancito dall’art. 2368 c.c.

183 Ad oggi è unanimemente accolta la possibilità di ricorrere all’adozione del sistema del voto di lista anche nelle

società per azioni chiuse pur non essendovi una espressa previsione normativa in proposito. Il sistema del voto di lista è infatti previsto espressamente per le sole società quotate dall’art. 158 T.U.F.; V. GHEZZI, La nuova

disciplina delle partecipazioni dello Stato e degli enti pubblici nel capitale delle società per azioni: fine di un privilegio? In Riv. Soc.,

2008, 668.

184 Cfr. E. PUGLIELLI, A. RUOTOLO, Nomina e revoca degli amministratori nelle società a partecipazione pubblica ( il

nuovo testo dell’art. 2449 c.c. ), 14, Studio n. 150/2008/I in www.notariato.it

che attanaglia la governance delle società capitalistiche, attraverso l'analisi delle possibili fattispecie che si possono prospettare186.

Anzitutto è necessario premettere la considerazione, invero ovvia, che, nel silenzio dello statuto, il singolo socio ha la certezza di procedere alla nominare degli amministratori da lui designati soltanto se possiede la maggioranza assoluta del capitale, ovvero il 50% più un'azione, posto che la nomina degli stessi avviene con delibera espressiva della volontà della maggioranza assembleare.

In tal caso, di semplice soluzione, appare del tutto evidente l'irrilevanza dell'art. 2449 c.c., poiché il socio, in qualità di socio di maggioranza, si avvale delle stesse norme di diritto comune che gli conferiscono il potere di nominare in seno all'assemblea l'intero organo di amministrazione e di controllo.

Contrariamente, se il socio non detiene la maggioranza assoluta del capitale, sul piano pratico si possono verificare quattro differenti situazioni, e soluzioni, che fanno riferimento al quantitativo di azioni possedute:

a) Se la partecipazione del socio pubblico al capitale sociale è inferiore alla maggioranza assoluta, ma comunque tale da assicurargli una maggioranza relativa ( si pensi al caso di socio pubblico con partecipazione pari al 40% e pluralità̀ di soci privati con partecipazioni inferiori ) e non sono previste disposizioni statutarie, derogatorie del principio plutocratico, come quelle del voto di lista, la disciplina di diritto comune dovrebbe essere sufficiente a consentirgli la nomina ( per votazione assembleare ) dell’intero organo amministrativo, laddove disporrebbe comunque di maggioranza

186 La governance delle società è plutocratica nel senso che il potere, inprimis quello di reclutamentodegli

amministratori, è in funzione diretta dell’importo della ricchezza investita, per questo motivo ci si è parlato di funzione organizzativa del capitale, P.SPADA, Classi e tipi di società dopo la riforma organica, in Riv. Dir. Civ., 2003, 501.

relativa, specialmente nell'ipotesi in cui i soci privati non siano in grado di coalizzarsi e raggiungere così una maggioranza sufficientemente ampia.

Per assicurare al socio pubblico la nomina dei componenti dell'organo amministrativo, a scanso di inconvenienti dovuti al rischio di coalizione dei soci privati, si può introdurre nello statuto una clausola ex art. 2449 c.c.

In questo caso tuttavia si rende necessaria l'applicazione del principio di proporzionalità, sicché al socio pubblico è riconosciuta la nomina diretta di un numero massimo di amministratori ( ipotizzando un numero fisso di componenti dell'organo pari a 5, al socio si può conferire la nomina di al massimo 2 componenti187).

b) Se il socio pubblico ha una partecipazione corrispondente alla maggioranza relativa ed è previsto nello statuto il sistema del voto di lista, il principio di proporzionalità deve essere applicato nei confronti di tutti i membri che il socio pubblico ha diritto di nominare tanto in sede di assemblea quanto con il meccanismo del voto di lista, altrimenti, se la proporzionalità operasse nei confronti dei soli membri di nomina diretta, si ricadrebbe nel cumulo di privilegi già contestati della giurisprudenza europea188.

Proseguendo l'esempio concreto dell'ipotesi sub a), ipotizzando quindi un c.d.A. a composizione fissa pari 5 membri e una compagine societaria di 5 soci di cui uno pubblico, con partecipazione pari al 40%, e quattro soci privati, se si inserisse nello

187 Ciò conformemente alle disposizioni che impongono un numero massimo di amministratori di nomina

pubblica.

188 Ipotesi, questa, coincidente con quella sollevata dinanzi alla Corte di Giustizia nel caso AEM. Ormai è

pacifico, infatti, che il principio di proporzionalità̀ sancito a livello comunitario abbia una portata generale ed inderogabile, anche al fine di evitare facili elusioni della norma. Non è ammissibile, pertanto, fornire una interpretazione restrittiva dell’art. 2449 c.c. nel senso che la proporzionalità̀ operi e debba operare solo per i membri di nomina diretta.

statuto la clausola ex art. 2449 c.c. di nomina diretta di due amministratori, al socio pubblico deve essere preclusa la facoltà di presentare proprie liste.

c) Se il socio pubblico ha una partecipazione minoritaria tale da non costituire maggioranza relativa e lo statuto prevede il sistema del voto di lista, trovano applicazione le regole valevoli per il caso di cui sopra, seppur con variazioni minimali. L'ipotesi può essere comprese al meglio con due esempi concreti.

Ipotizzando sempre un c.d.A. con composizione fissa pari a 5 membri e una compagine di 5 soci, di cui uno pubblico, ma in questo caso titolari della stessa percentuale di capitale ( quindi il 20% ciascuno ), si renderebbe necessaria, ai fini della conformità al dettato dell'art. 2449 c.c., una disposizione statutaria che, a compensazione della nomina diretta del proprio amministratore, precluda al socio pubblico di presentare una propria lista in assemblea.

Diversamente, sempre ipotizzando l'esempio di cui sopra, se la partecipazione non fosse paritaria per cui il socio pubblico risultasse titolare di una percentuale di capitale irrisoria ( ad esempio il 5% ), la previsione di un sistema come quello sopra ipotizzato contrasterebbe col principio di proporzionalità̀.

Nelle ipotesi sub b) e c), quindi, la soluzione pratica è quella di “bloccare” la composizione numerica dell'organo amministrativo in funzione della partecipazione al capitale del socio pubblico e contestualmente inibire la partecipazione di quest’ultimo alla nomina assembleare a fronte del riconoscimento di una nomina diretta proporzionale alla partecipazione al capitale189.

d) Da ultimo, se il socio pubblico detiene una partecipazione minoritaria e lo statuto non prevede il voto di lista bensì la clausola di nomina diretta ex art. 2449 c.c., occorre verificare in concreto il principio di proporzionalità̀ rapportando il numero degli amministratori direttamente nominati con la partecipazione al capitale sociale.

In sostanza, a prescindere dalle ipotesi considerate, l'art. 2449 c.c. permette, presupponendo una composizione numerica fissa del consiglio di amministrazione unitamente al rispetto del principio della proporzionalità̀ della partecipazione pubblica, l'inserimento di clausole statutarie che permettono la nomina ( e la revoca ) extra assembleare del componente o dei componenti di designazione pubblica. Infine, sempre in relazione alle società miste che non ricorrono al mercato del capitale di rischio, si deve valutare come la norma in esame incida sul procedimento di revoca diretta.

Al riguardo, la norma in oggetto, stabilendo che gli amministratori, i sindaci e i componenti del consiglio di sorveglianza di nomina extra assembleare “possono essere revocati soltanto dagli organi che li hanno nominati”, si pone in perfetta sintonia con il principio di simmetria tra potere di nomina e facoltà di revoca190.

Per le società che fanno ricorso al ( mercato del ) capitale di rischio191, trova invece

applicazione il quarto comma dello stesso art. 2449 c.c. ,il quale, rinviando esplicitamente all'art. 2346 c.c., prevede che possono essere attribuiti allo Stato o agli

190 Il potere di nomina porta con sé anche quello di revoca, come si evince ex art. 2383 c.c.

191 A riguardo si presenta subito una rilevante difficoltà sul piano interpretativo. L’espressione “società̀ che

ricorrono al capitale di rischio” ha destato infatti forti perplessità in dottrina poiché l’assenza della locuzione “mercato del” rischia di vanificare la previsione dei due differenti soggetti societari contemplati nell’articolo in esame. Per questo motivo ormai è pacifico si tratti di un probabile refuso anche se, ad oggi, non vi è stato alcun intervento correttivo.

altri Enti pubblici strumenti finanziari partecipativi, cui si applica a loro volta il quinto comma dell’art. 2351 c.c.

Anzitutto occorre premettere che la norma in questione è stata accolta da parte della dottrina con qualche perplessità in relazione alla futilità dell’espressa previsione di poter emettere strumenti finanziari partecipativi, in quanto, ai sensi dell’art. 2346 c.c., tale facoltà̀ è già riconosciuta a tutte le società̀ per azioni, senza distinzioni di alcun genere.

Secondariamente, preme rilevare come la disciplina in materia di strumenti finanziari partecipativi appaia a tratti di dubbia coerenza, presentando al suo interno non pochi problemi di coordinamento posto che da un lato l’art. 2346 c.c., comma 6, ricollega agli stessi “diritti patrimoniali o anche amministrativi, escluso il voto nell’assemblea generale degli azionisti”, dall’altro l’art. 2351, comma 5, c.c. prevede che essi “possono essere dotati del diritto di voto su argomenti specialmente indicati”.

Autorevole dottrina ha individuato il coordinamento fra queste due disposizioni nel riconoscimento ai possessori degli stessi del diritto di voto nella loro assemblea speciale in ordine alla “nomina di un componente indipendente del consiglio di amministrazione o del consiglio di sorveglianza o di un sindaco”, ex art. 2351, comma 5, c.c192.

Invece, i possessori degli strumenti partecipativi non possono concorrere in nessun caso con gli azionisti ad alcuna deliberazione attraverso il diritto di voto

192 Cfr. M. NOTARI, Le categorie speciali di azioni e gli strumenti finanziari partecipativi nelle riforme della società, in

nell’assemblea generale degli stessi, e quindi neanche per le deliberazioni che hanno ad oggetto la nomina degli “altri” amministratori193.

Per concludere, essi dunque costituiscono un mezzo per garantire, a coloro che partecipano alla società̀, una rappresentatività̀ all’interno dell’organo amministrativo attraverso la nomina di un componente indipendente.

193 Ciò anche sulla scorta della Relazione alla riforma del diritto societario, nella quale si evidenzia che “gli

strumenti finanziari in questione possono conferire tutti i diritti partecipativi escluso quello del diritto di voto nell’assemblea generale degli azionisti”.