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Lettura di Poemas del toro

3.19 Agonía del toro

Il sonetto è incentrato sulla tauromachia e, in particolare, sul momento più cruento in cui sopraggiunge la morte per mano della spada del torero. Per tale ragione, si viene a creare un nesso con le altre poesie basate sullo stesso argomento, di cui si è già parlato a proposito di Muerte del toro, Lidia, Picador e Pasión59. La morte appare minacciosa sin dal primo verso come una mano che afferra il cuore del toro e lo stringe lentamente portandolo alla distruzione, immagine che ricorda il v. 10 di Toro muerto, “una mano tenaz, febril, helada / sobre el amante corazón rendido”. La sofferenza dell’animale è ancor più evidente nella terza strofa in cui, trafitto dalla spada, è ormai così privo di forze da non riuscire nemmeno ad emettere il proprio verso. Il componimento si chiude con la vista straziante e commovente del toro che tenta di allungarsi per identificare il suo assassino, in quanto la vicenda si è svolta così rapidamente che l’animale non ha fatto in tempo ad accorgersi di chi l’abbia ferito a morte e in che modo.

Sul piano retorico-stilistico si può evidenziare il tipico uso degli aggettivi secondo lo schema aggettivo-sostantivo-aggettivo, come nel caso di “pálida arena rumorosa”, e l’enumerazione, come in “dulce sombra, mansa y silenciosa”. Vi sono, inoltre, diverse espressioni metaforiche: nella prima strofa, l’immagine già discussa della morte paragonata a una mano che impugna il cuore del toro e, tramite una similitudine, la sua azione viene associata a quella dell’aria che stringe una rosa; nella seconda quartina, la morte si impossessa lentamente dell’animale, dapprima

59 Si vedano i commenti a questi sonetti: Muerte del toro, infra, pp. 55-57; Lidia, infra, pp. 61-63;

72 velandone gli occhi con la sua ombra (“Su dulce sombra, […], / sube a tus ojos su melancolía”) e successivamente facendolo accasciare a terra (“apagando tu dura valentía / en la pálida arena rumorosa”).

3.20 Chiquero

In questo sonetto il poeta canta lo stato d’animo del toro durante la sua prigionia nel chiquero, ossia il vano in cui viene rinchiuso il bovino prima dell’inizio della corrida. Nel piccolo scompartimento l’animale si agita esaltato, muggisce e spinge contro le quattro pareti che lo circondano e lo nascondono alla luce del sole, di cui un solo raggio riesce a penetrare attraverso un piccolo foro. L’unico suo compagno lì dentro è il buio della notte che, sostituita dalla luce una volta aperte le porte, si trasforma nell’oscurità della morte che il toro porterà in sé. La poesia non figura nella prima edizione della raccolta e Morales la aggiunge in quella del 1952, insieme a Ruedo e Plaza desierta, “que, como muestran sus tíulos, aluden al toro en el último y trágico episodio de su vida, […]”60. Alla morte, infine, seppur non direttamente presente nel sonetto, si allude nell’ultima terzina in cui l’uso del tempo futuro sembra ricreare l’inevitabile premonizione di questo tragico destino61.

Per quanto riguarda l’aspetto linguistico, il testo presenta alcune parole- chiave ricorrenti in tutta l’opera: al v. 4 il termine “huracanado”, derivato del sonstantivo “huracán” il cui accostamento con la furia del toro è presente anche in A un toro viejo, Muerte del toro e Pasión; segue poi l’aggettivo “redondo” al v. 7, in questo caso riferito al sole, che si ritrova nei sonetti Toros en la noche, Ruedo, Plaza desierta e Toro en el bronce62; infine, al v. 9 l’aggettivo “encarcelada”, qui riferito alla notte, i cui sinonimi “encerrado”, “prisionero” e “aprisionado” si ripetono diverse volte nell’opera per descrivere la condizione del toro prigioniero di se stesso. Tra le principali figure retoriche ritornano l’anafora e la metafora. La prima si trova ai vv. 1 e 5, mentre la seconda compare diverse volte: al v. 7 “redondo

60 R. Morales, Por aquí pasó un hombre. Antología poética, cit., p. 20. 61 Si vedano le terzine finali dei sonetti Mugido, Lidia e Ruedo. 62

“Encinar rotundo” e “rueda redonda” in Toros en la noche, in cui indica rispettivamente la forma del querceto e il movimento apparente del cielo notturno; in Ruedo l’aggettivo è associato alla morte; infine, in Plaza desierta e Toro en el bronce descrive rispettivamente la forma della luna, “luna redonda”, e del metallo lavorato, “bronce rotundo”.

73 mensajero” è appellativo del sole che ne definisce la forma e ne descrive l’azione di portare al toro un po’ di luce, come fosse appunto un messaggero; al v. 8 il “tabano de oro” sta a indicare il punto di luce che il raggio del sole, penetrando attraverso il foro delle pareti del vano, proietta sul corpo del toro; infine, nell’ultima terzina il buio dell’interno della prigione si trasforma nell’oscurità della morte a cui il toro sta per andare incontro una volta liberato. La morte, oltre a costituire sempre la tragica fine a cui è destinato l’animale, sembra qui assumere un altro valore, quello di morte come liberazione dal dolore. Probabilmente il poeta vede in essa la cessazione dell’agonia che deve patire il toro durante le varie fasi della tauromachia e, quindi, l’unico modo per porre fine alle sue sofferenze. Questa considerazione di potrebbe estendere alla condizione dell’essere umano che, tormentato da pene e sofferenze durante l’intero arco della propria vita, trova solamente con la morte sollievo e libertà. Per concludere, è bene segnalare l’enumerazione di verbi al v. 4 che permette di creare un climax ascendente in cui si percepisce la crescente violenza della furia del toro.

3.21 Ruedo

Una volta liberato dalla sua prigione, il toro entra nell’arena dove la morte lo attende e lo richiama a sé. Essa si nasconde dietro il drappo rosso che ondeggia nell’aria come la vela di una barca spinta dalle onde e dal vento. Nel frattempo il toro continua a lanciare cornate all’aria, come il mare agita le sue onde in mezzo a una tormenta. Ma alla fine, così come il mare si calma sempre dopo una tempesta, anche le corna del toro rimarranno immobili a causa della morte. Come ha notato José Paulino Ayuso, il paragone del toro con il mare ricorda la poesia Toro di Vicente Alexaindre in Espadas como labios: “Oh tú toro hermosísimo piel sorprendida / ciega suavidad como un mar hacia adentro”63.

Questo sonetto è stato aggiunto all’edizione dell’opera del 1952 e l’ultima terzina modificata successivamente, infatti nella prima versione si leggeva: “Pronto se colmará tu mar sonoro / y sobre él redondas, sosegadas / llorarán las silenciosas

63 OPC (2004) nota 2, cit., p. 137.

74 amapolas”64

. Sia in questo che negli altri due sonetti introdotti in quell’edizione, (Chiquero e Plaza desierta) il tema della tauromachia è al centro della composizione e ciò comporta l’uso di termini specifici della corrida de toros, alcuni dei quali, come ad esempio “capa”, “muleta”, “picador” e “chiquero”, compaiono già nelle poesie precedenti. Inoltre, in questo sonetto si trovano altri due termini facenti parte dello stesso campo semantico, “ruedo” e “citar”: il primo è l’arena della plaza de toros, mente il verbo indica l’azione di provocare il toro affinché parta alla carica o raggiunga un luogo determinato dell’arena. Quindi, il verso in cui è utilizzato quest’ultimo, “la muerte que te cita”, si può spiegare come la morte che, nascondendosi metaforicamente dietro la muleta, incita il toro e lo chiama a sé. Per concludere l’analisi linguistica, è da notare anche in questo caso la costruzione aggettivo-sostantivo-aggettivo in “purpúrea capa volandera” e “gran mar nocturno”.

Infine, vi sono nel sonetto alcune figure retoriche rilevanti: il polisindeto ai vv. 1, 9 e 13, l’anafora dell’espressione “tras la purpurea capa” ai vv. 4 e 5, la simploche ai vv. 2 e 3, “la muerte que te espera, / la muerte que te cita”, il chiasmo al v. 9, “mar nocturno, negro toro”, e la metafora del toro paragonato al mare di cui si è già discusso precedentemente.