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Lettura di El corazón y la tierra e Canción sobre el asfalto

4.1 El corazón y la tierra

4.1.2 Esto es amor

La seconda parte della raccolta comprende le poesie Pena, Deseo, Ocaso, Primavera e Instinto e, come si può dedurre dal titolo della sezione, l’amore è l’argomento principale in essa. Il titolo riporta, inoltre, una citazione del sonetto di Lope de Vega Desmayarse, atreverse, estar furioso, in particolare l’ultimo verso della poesia che

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A. Rey Hazas, «La poesía de Antonio Gamoneda: reflexiones sobre su sintaxis de la quiebra, su estética de la verdad y su falta de ironía», Antonio Gamoneda. Leer y entender la poesía, Cuenca, Universidad de Castilla-La Mancha, 2010, cit., pp. 104-106.

93 recita: “esto es amor: quien lo probó lo sabe”26. È un sentimento a tratti doloroso, potente, passionale, misterioso come un sogno e bello come un paesaggio in primavera: dunque, questo è il ritratto dell’amore che il poeta offre nei cinque componimenti della sezione, richiamando alla memoria immagini e tematiche della poesia di Petrarca e Lope de Vega.

Nella prima poesia, Pena, lo stato d’animo dominante è la differenza tra i due amanti che, nonostante ricambino a vicenda i loro sentimenti e siano entrambi presi dalla passione, non riescono a incontrarsi del tutto, a essere un’unica realtà. La triste verità, invece, vede i due innamorati sempre divisi da cammini o prospettive diverse, poiché ciascuno di loro ha un proprio obiettivo o un ideale che lo porta a separarsi dall’altro. L’amore non viene vissuto, dunque, in maniera positiva, in quanto vi è questo pensiero di fondo che impedisce ai due amanti di venirsi incontro. Quest’idea viene enfatizzata dall’anafora ai vv. 1 e 3 “Qué pena ser dos”, che nel secondo caso diventa epanadiplosi con la ripetizione dell’espressione “qué pena” alla fine del verso, dalla reiterazione del numerale “dos” e da aggettivi come “tremendo”, “deferentes” e “distinto”. La negatività della separazione è accentuata anche dalle espressioni “dos caminos”, “dos nunca son lo mismo”, “vientos diferentes” e “camino distinto”. Il testo di Pena richiama la Rima XXIV di Bécquer e Eternidades, 43 di Juan Ramón Jiménez, anche se, a differenza di quanto fa Morales, in queste poesie l’amore è vissuto in modo positivo. Nei due componimenti, come in Morales, vi è la ripetizione del numerale “dos”, ma in questo caso si vuole esaltare l’dea positiva e felice dell’essere uniti. In Bécquer, ad esempio, l’anafora “dos” è sempre seguita dal numerale “un,uno/-a”: “Dos rojas lenguas de fuego / […] forman una sola llama”, “dos olas que vienen juntas / […] se coronan / con un penacho de plata”, “dos jirones de vapor / […] forman una nube blanca”27

. In Juan Ramón Jiménez, invece, vi è una costruzione chiastica in cui si alternano, all’inizio di ogni strofa, le espressioni “Tu corazón y el mío” e “Mi corazón y el tuyo, seguiti dall’anafora “son dos” e dalla reiterazione della struttura pronome-verbo “que une”:

26 L. de Vega, Edición crítica de las «Rimas» de Lope de Vega. Tomo II, edición crítica y anotada de

Felipe B. Pedraza Jiménez, Madrid, Universidad de Castilla-La Mancha, 1993, cit., pp. 461-462.

27 G.A. Bécquer, Rimas y leyendas, edición y guía de lectura F. López Estrada y M.a Teresa López

94 Tu corazón y el mío

son dos prados en flor,

3 que une el arco iris.

Mi corazón y el tuyo son dos niños dormidos

6 que une la via láctea.

Tu corazón y el mío son dos rosas que une

9 el mirar complacido de lo eterno28.

Nelle altre quattro poesie di questa sezione la passione del poeta per la donna amata si esprime seguendo i toni della poesia petrarchista. Le qualità della donna, infatti, vengono esaltate attraverso il paragone con la bellezza della natura con l’uso di un linguaggio dolce e indeterminato e il paesaggio geografico diventa l’equivalente di quello interiore. L’amore e la passione, infine, sono viste quasi come un vaneggiamento, un fuoco ardente che si impossessa dell’anima e del corpo di chi lo prova.

In Deseo e Ocaso, ad esempio, vi sono diverse immagini che descrivono l’amore come un fuoco che brucia: “terca luz, abrásame en tu cielo”, “que sólo anhelo / hallar a Dios en tu abrasada boca”, “se abrasaba el paisaje en el ocaso”, “era fuego el corazón del mundo”, “arder mi frente”. Questa passione inonda il corpo del poeta che la descrive con parole che ricordano i versi di Toro de amor y ausencia: in Deseo la donna è paragonata alla bellezza del giorno che cresce “por este pecho”, “por esta frente”, “por esta sangre”, mentre nel sonetto di Poemas del toro il poeta preso dalla follia dovuta all’amore si immedesima nel toro “que embiste” e che va alla ricerca della donna “por mi piel”, “por mi frente”, “por estos labios”. Talmente forte è l’ardore provato che Morales sembra voler quasi entrare nel corpo della donna, immedesimarsi ed essere un tutt’uno con lei, desiderio che ricorda alcuni versi di Lope: “Deseando estar dentro de vos propria, / Lucinda, para ver si soy querido”29

.

28

J. R. Jiménez., Eternità, a cura di Francesco Tentori Montalto, Firenze, Passigli Editori, 1989, cit., pp. 48-49.

29 L. de Vega, Rimas humanas y otros versos, edición y estudio preliminar de Antonio Carreño,

95 L’amore è, quindi, una linfa vitale, una potenza che riesce a trasformare le cose e a far sì che la natura risplenda della bellezza della donna che pure ne fa parte: “eres como luz, muchacha mía, / dulcemente templada y transparente”, “[…] la piel te siente / con plenitud frutal de mediodía”, “Eres la gloria tú que tiene el día” (Deseo). In Ocaso questa metamorfosi è già in atto nel paesaggio: “vi el paisaje convertirse en ala”, “[…] ya todo estaba / en vuelo y en caricia transformado…”. Queste parole rispecchiano lo stato d’animo del poeta che, grazie alla linfa vitale coferitagli dalla passione amorosa, si sente come librare nell’aria per la felicità, quasi fosse all’interno di un sogno. In effetti, tale si rivela essere la condizione dell’autore alla fine della poesia: come risvegliatosi da un bellissimo sogno in cui tutto era perfetto, egli si ritrova a fronteggiare la verità che ha un sapore tristemente reale e umano, probabilmente perché la donna che egli ama non ricambia i suoi sentimenti: “Todo era bello, venturoso, abierto… / y el aire ya tornose casi humano”.

Questa condizione sovrannaturale si amplifica in Primavera, in cui non appare più come un sogno ma come una situazione quasi reale. Nei versi di questa poesia il poeta si fonde con gli elementi della natura e si esprime con un linguaggio ricco di aggettivi e sostantivi indeterminati, che contribuiscono a risaltare la bellezza intangibile e inafferrabile della natura-stato d’animo del poeta: “era el mundo, muchacha, un fruto inmenso, cálido, / abierto, mudo y entregado”, “paisaje misterioso y claro”, “mi corazón perdiose en el espacio”, “noche inmensa, grande”.

Nell’ultimo sonetto, Instinto, si trova, secondo Varela Iglesias, una delle più violente contrapposizioni d’immagini della produzione poetica di Morales: “La realidad del amor no esconde su verdadera naturaleza, que es la de ser el punto de intersección entre la pujanza de la vida y el frío de la muerte”30. In questa poesia ritorna, inoltre, uno dei temi principali di Poemas del toro, ossia la presenza dell’idea del corpo o materia come carcere della vita, quella “tormentosa fuerza enamorada / que en los amantes huesos va encerrada”, come viene cantata ne El toro e che in Instinto ha le stesse caratteristiche: “He de sembrar tu tierra, amada mía, / de esta semilla, amante huracanada, / que me duele en el alma, aprisionada / por esta piel o cárcel o agonía”; “No sé qué fuerza con tenaz porfía me convoca en tu entraña. A su llamada marcha hacia tí mi sangre enamorada”. “Amante”, “huracanada”,

30 M. F. Varela Iglesias, «Imagen y protoimagen en la poesía de Rafael Morales», Cuadernos para la

96 “aprisionada”, “cárcel” e “agonía” sono tutte immagini provenienti dal libro precedente e, mentre in quel caso fanno riferimento all’irrefrenabile forza del toro imprigionata dal suo corpo, in questa poesia vogliono descrivere l’agonia di un desiderio d’amore che spinge il poeta verso la donna da lui amata con una forza tale da risultare impossibile resistergli. Lei è l’unica in grado di poter alleviare questa sua sofferenza con un amore che vince la solitudine e il “cósmico silencio” della morte.

Un’altra idea che traspare da questi versi e dagli altri componimenti di questa sezione è l’immagine dell’amore come folle delirio irrefrenabile, fuoco ardente, forza cieca e donatrice di sofferenza e vita allo stesso tempo, dolce prigione, condizione che il poeta preferisce all’immobilità della morte. Dato che Morales omaggia Lope con le sue poesie, mi sembra opportuno cercare nei versi del Fénix alcune immagini che abbiano potuto ispirare lo scrittore di Talavera. Già Lope, infatti, canta questo sentimento in modo simile: nel sonetto Intentó el poeta ausentarse para olvidar y no le aprovechó el remedio, con que parece que habla de veras afferma che l’amore si è impossessato furtivamente della sua anima così come il cavallo costruito da Ulisse è stato introdotto a Troia e con la sua “viva llama” non concede pace al cuore e al pesiero, seppure egli cerchi una via di scampo. Nonostrante ciò, il poeta preferisce tornare indietro verso il suo amore tormentato, poiché non vi è altra soluzione: “pues con mudar de patria y de elemento, / me vuelvo a Troya, porque no hay Cartago”31. Anche nel sonetto Era la alegre víspera del día, il poeta esprime la sua felicità nel vedersi imprigionato e arso dall’amore. Infatti, se Morales scrive “abrásame en tu cielo”, “ciego de amor, en proceloso anhelo / voy desde el corazón a tu figura”, “llena mi soledad”, “me duele en el alma, aprisionada”, Lope afferma lo stesso pensiero in questi versi:

Dulce prisión y dulce arder por ellos; sin duda que su fuego fue mi esfera, que con verme morir descanso en ellos32.

L’insieme delle diverse pulsioni che l’amore può suscitare nell’animo è descritto da Lope nel sonetto XLIII delle Rimas sacras, da cui Morales trae l’ultimo

31 L. de Vega, Rimas humanas y divinas del licenciado Tomé de Burguillos, edición de Macarena

Cuiñas Gómez, Madrid, Cátedra, 2008, cit., pp. 356-357.

97 verso, e che, con la sua enumerazione di infiniti e aggettivi contastanti, costituisce una perfetta sintesi di tutte le sfaccettature con cui il poeta presenta questa condizione dell’essere umano nella sezione Esto es amor:

Desmayarse, atreverse, estar furioso, áspero, tierno, liberal, esquivo, alentado, mortal, difunto, vivo, leal, traidor, cobarde y animoso;

no hallar fuera del bien centro y reposo, mostrarse alegre, triste, humilde, altivo, enojado, valiente, fugitivo,

satisfecho, ofendido, receloso;

huir el rostro al claro desengaño, beber veneno por licor süave, olvidar el provecho, amar el daño;

creer que un cielo en un infierno cabe, dar la vida y el alma a un desengaño; esto es amor, quien lo probó lo sabe33.

Con un ritmo violento e passionale i contrari si moltiplicano e si alternano le antitesi che rappresentano contrasti verosimili nell’animo di un un uomo innamorato. Allo stesso modo in Morales l’amore si mosta in modi diversi, trasformandosi di volta in volta in una “pena”, una “terca luz”, un “gozo fugitivo”, un “no sé que secreto, sordo ciego”, un sogno “bello, venturoso, abierto”, una “semilla amante, huracanada”.

Il continuo riferimento alle parti del corpo della donna, che non viene mai descritta in modo reale, ma idealizzata attraverso gli elementi del cosmo, della natura e del paesaggio, ricorda, invece, le immagini del Canzoniere di Petrarca: mentre in Morales la sua bellezza è “como luz”, la pelle è una carezza che si avverte con “plenitud frutal de mediodía”, il suo corpo è un “cielo”, le sue labbra sono “insistencia pura”, in Petrarca il paragone con lo “spirito celeste”, il “vivo sole”, “l’angelica forma”, il suo incedere e la sua voce non mortali sono prerogativa tutta

98 mondana e sono portatori di un inestinguibile legame, che perdura al di là della caducità della sua stessa avvenenza34.

Ancora di origine chiaramente petrarchesca è, come si è già accennato, la descrizione del paesaggio con termini indefiniti, che la bellezza dell’amore o della donna riecono a mutare in qualcosa di straordinariamente meraviglioso. Come accade in Chiare, fresche e dolci acque, la dolcezza del paesaggio naturale non è soltanto quella di un convenzionale luogo di piacere. Infatti, l’indeterminatezza del linguaggio con cui viene descritto, evidente in espressioni come “silencio cálido del campo”, “fruto inmenso”, “paisaje misterioso y claro”, “noche inmensa, grande”, “cósmico silencio de este cielo”, ne fa la figura di una bellezza che si affaccia alla mente e al cuore senza lasciarsi afferrare e provoca nel poeta un desiderio senza nome (“un no sé qué secreto”) che può vivere solo fuori dai limiti della realtà e proiettarsi in una natura idealizzata35.