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Lettura di El corazón y la tierra e Canción sobre el asfalto

4.2 Canción sobre el asfalto

4.2.1 Una poesia impura e humanizada

Nell’ottobre del 1935, Neruda pubblicò il manifesto Sobre una poesía sin pureza, in cui esprimeva l’idea di una poetica che si rivolge a oggetti comuni, come “las ruedas que han recorrido largas, polvorientas distancias, soportando grandes

52 R. Morales, Por aquí pasó un hombre. Antología poética, cit., p. 81. 53

Secondo Morales: “En realidad, todas [las palabras] son realizadoras del poema si resultan precisas, sugestivas y ordenadas armónicamente en un contexto para producir una emoción de arte, un puro objeto o criatura de arte”. Ivi, p. 10.

105 cargas vegetales o minerales, los sacos de las carbonerías, los barriles, las cestas, los mangos y asas de los instrumentos del carpintero”55. Gli elementi intrisi dell’impurità dell’essere umano sono gli unici da cui può sgorgare la vera poesia,

una poesía impura como un traje, como un cuerpo, con manchas de nutrición, y actitudes vergonzosas, con arrugas, observaciones, sueños, vigilia, profecías, declaraciones de amor y de odio, bestias, sacudidas, idilios, creencias políticas, negaciones, dudas, afirmaciones, impuestos56.

Rafael Morales non ebbe mai occasione di conoscere il grande poeta cileno, ma l’ideale che permea i componimenti di Canción sobre el asfatlo non si discosta molto da quello dell’autore delle Odas elementales. Anche Morales ha diverse volte dichiarato che da ogni cosa può nascere poesia: “Un poeta puede cantar todo lo que le venga en gana, y yo así lo he hecho, cantando desde el humildísimo cubo de la basura hasta la infinita gloria de Diós, […]”57

. Cantare gli oggetti umili vuol dire per il poeta farli rivivere attraverso il ricordo, eternare in un fugace momento la loro bellezza nata dalla sofferenza con cui la ruota di un carro sprofonda e risorge dal fango, dalla malinconica nostalgia di una vecchia bambola o di un antico ventaglio trasportati nel sacco dei rigattieri, dal patetico canto d’amore a una giacca e a un paio di scarpe, dalla tenerezza con cui un secchio dei rifiuti custodisce ciò che vi è stato gettato dentro. Sono resti, ricordi dimenticati, piccoli oggetti che non hanno più alcuna utilità, ma che rappresentano vite passate e recano ancora in sé tracce di quella vita che cerca, in qualche modo, di resistere alla morte. Da ciò deriva l’umile bellezza di tali oggetti. Si tratta dunque di una poesia fortemente humanizada58 in cui ogni essere, animato e inanimato, assume gli stessi stati d’animo dell’uomo sofferente, maliconico e nostalgico.

Il miglior esempio di questa poetica è rappresentato da Cántico doloroso al cubo de la basura, Cancioncilla de amor a mis zapatos e Soneto triste para mi última chaqueta. Nella prima di queste poesie, Morales fa un ritratto del secchio colmo di resti di cibo, come le gocce del succo di una mela e la scorza di un’arancia, e lo ritrae con affetto e delicatezza:

55 J. M. Rozas, La generación del 27 desde dentro. Textos y documentos seleccionados y ordenados

por Juan Manuel Rozas, Madrid, Istmo, 1986, cit., pp. 250-251.

56 Ibidem.

57 R. Morales, Antología y pequeña historia de mis versos, cit., p. 15.

106 Tu curva humilde, forma silenciosa,

le pone un triste anillo a la basura. En ti se hizo redonda la ternura, se hizo redonda, suave y dolorosa.

Nei versi successivi si ricorda lo splendore dimenticato delle cose che custodisce, destinate all’oblio, all’emarginazione: “Cada cosa que encierras, cada cosa / tuvo esplendor acaso hasta hermosura”, “desde tu corazón la pena envía / el llanto de lo humilde y lo olvidado”. Lo stesso discorso si può fare per le altre due poesie: in Cancioncilla de amor a mis zapatos il poeta racchiude in due brevi quartine la funzione delle scarpe, che è quella di accompagnare l’uomo durante tutto il percorso della sua vita fino alla sua ultima destinazione, la terra, ossia la morte; nei versi di Soneto triste para mi última chaqueta si ode l’eco di un dolce e malinconico amore del poeta verso la propria giacca che, dopo aver coperto tante volte il suo corpo, rimarrà tristemente appesa e sola, fredda senza il calore generato dall’uomo che la indossava. Si affaccia qui nuovamente la nostalgia del ricordo e il vuoto dell’assenza e dell’oblio, che simboleggia la morte di questo indumento: “Su delicada tela perezosa / cobijará una sombra fría y vana, / cobijará una ausencia, una lejana / memoria de la vida presurosa”; “y entre su mansa lana entretejida / tan sólo dejaré mi propio olvido”.

Il ricordo della vita passata si ripresenta nel sonetto A la calavera de un poeta che, come accade in A un esqueleto de muchacha, invita a meditare sul contrasto fra l’impulso della vita e la sua trasformazione in materia inerte. La prima quartina introduce, infatti, il primo termine di tale contrapposizione: la “pulpa del soñar”, ossia la vita. Evidentemente però, la “pulpa” o la “ilusión” sono già “apresadas” nella fredda solitudine del teschio. Questa circostanza favorisce il passaggio alla quartina successiva, nella quale viene introdotto il secondo termine: la “frente fría” che è “hermana de la piedra y la madera”, vale a dire della materia inerte e senza vita. Francesco Orlando ha affermato, inoltre, che:

nell’immagine del cadavere l’ambivalenza del rapporto con il tempo non è la sola. Ne va insieme di quella che situa l’uomo e le sue cose, in una bilancia non meno instabile e imprevedibile, fra cultura e natura: natura fa del cadavere un relitto insensibile, precario e pestilenziale da eliminare al più presto, un oggetto di rifiuto

107 per eccellenza; cultura lo consacra alla venerazione e alla conservazione idealmente eterna, come oggetto per eccellenza di culto59.

Nella prima e nell’ultima sezione della raccolta compaiono, infine, poesie che sono diettamente relazionate con il tema dell’asfalto, metonimia della città: figurano, dunque, il sobborgo, i semafori, il cemento e l’acacia prigioniera dei palazzi e dei mattoni. Questi elementi, all’apparenza privi di qualsiasi valore poetico, assumono un nuovo significato per il poeta che li guarda con occhi diversi rispetto a come farebbe qualsiasi altra persona che li osserva ogni giorno con noncuranza. In Suburbio, ad esempio, le “tres lunas” e le “ tres limones de oro” diventano immagini metaforiche dei lampioni, così come le “derribadas estrellas” raggruppate in “leves constelaciones” che rappresentano i cumuli di vetri di bottiglie rotte sparse sull’asfalto. Altre metafore di questo tipo sono presenti in Discos luminosos: la notte illuminata dalle luci della città e animata dai suoi rumori è un “jardín de cristal que brilla y truena”, la strade chiassose diventano “jardines del sonido” e il colore rosso del semaforo che frena l’impaziente traffico delle auto (la “dura furia repentina sobre el negro silencio del asfalto”) somiglia alla “roja flor del sobresalto en un vergel que huele a gasolina”. Infine, La acacia cautiva potrebbe essere vista come una metafora dell’uomo moderno intrappolato nel caos della città alla ricerca di una nuova vita nella natura tranquilla e non contaminata dal cemento.