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TIPOLOGIE CONTRATTUALI DI LAVORO SUBORDINATO

2.1. IL CONTRATTO DI LAVORO A TEMPO DETERMINATO

2.1.5. ALCUNE RIFLESSION

Le modifiche alla disciplina del contratto a termine che si sono qui brevemente illustrate sono state apportate dalla l. 92/2012 nel dichiarato intento di valorizzare gli aspetti positivi che la flessibilità di questo tipo di contratto permette, volendo al contempo contrastarne l’utilizzo abusivo. Coerentemente con tali finalità, la legge di riforma è intervenuta, da un lato, rendendo più difficile l’utilizzo successivo di contratti a termine, aumentando la durata dei periodi intervallo tra un contratto e l’altro, e rendendo più costoso in termini economici l’utilizzo di questo contratto prevedendo (sia pure per i contratti stipulati a partire dal 1/1/2013) un aumento (1.4%) della contribuzione; dall’altro introducendo quasi una nuova specie di contratto a termine, il contratto “acausale”, che un datore di lavoro può scegliere di stipulare quando assuma per la prima volta un certo lavoratore con il quale non abbia già avuto precedenti rapporti di lavoro subordinato.

I commenti hanno molto valorizzato il contratto acausale e la sua caratteristica per la quale un datore può assumere pur “in assenza di causali”, ovvero in assenza delle ragioni (di carattere tecnico, organizzativo, produttivo o sostitutivo) che secondo la

74 DE MICHELE V., la misura preventiva della durata massima complessiva dei rapporti a

termine e la deroga inammissibile alla normativa sui contatti successivi. Deroghe in materia di start‐up innovative, in CINELLI, FERRARO, MAZZOTTA, Il nuovo mercato del lavoro,

Giappichelli, 2013, 59, l’autore evidenzia anche tale “normativa derogatoria di settore marginale, compatibile con la direttiva 1999/70/Ce, in considerazione della fissazione della misura preventiva della durata massima complessiva dei rapporti successivi a termine, che potrebbe presentare qualche profilo di contrasto con la clausola 4 di uguaglianza e non discriminazione dell’accordo quadro comunitario sulla disciplina del contratto a tempo determinato, nel caso in cui la deroga consentita alla contrattazione collettiva di fissare specifici minimi tabellari (evidentemente inferiori a quelli del CCNL di categoria) e specifici criteri di determinazione della parte variabile della retribuzione (comma 8) possa non essere giustificata da effettive ragioni oggettive legate all’incremento occupazionale e all’avvio o al rafforzamento dell’attività innovativa”.

regola generale sono necessarie per stipulare un contratto a termine e ne legittimano la stipulazione75.

La norma tuttavia non descrive l’acausalità come mancata esistenza delle ragioni, ma come non necessaria indicazione delle ragioni per iscritto nel contratto. Ed invero, riflettendo, una ragione (di carattere organizzativo, sostitutivo, produttivo, tecnico) che porta un datore ad assumere esiste, a meno che non si voglia prendere per buona l’idea che un datore assume pur non avendone l’esigenza. La acausalità può essere allora ricondotta alla non indispensabilità che tali ragioni vengano esplicitate per iscritto nel contratto al momento della sua stipulazione, ed in modo puntuale e preciso, tale da consentire in eventuale sede di contenzioso la verifica da parte del giudice della loro effettiva sussistenza76. Cionondimeno, anche un alleggerimento siffatto degli oneri in capo al datore può produrre effetti positivi, considerando ad esempio che un datore che assuma a termine senza dover esplicitare per iscritto le ragioni (che resteranno acquisite e immutabili), viene sollevato dal rischio di doversi difendere da contestazioni circa la loro sussistenza e idoneità, e viene liberato dall’onere di dimostrare la legittimità dell’apposizione del termine, in mancanza della quale il contratto a termine viene convertito in contratto a tempo indeterminato. In proposito, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 14283 del 28 giugno 2011 ha specificato che in capo al datore di lavoro sorge sempre l’onere di provare le condizioni che giustificano l’apposizione del termine al contratto di lavoro. In particolare, la Corte ha sentenziato che il datore di lavoro deve sempre poter giustificare con prove concrete le motivazioni che hanno portato all’apposizione di un termine di durata, anche quando l’ipotesi contemplata è prevista dal contratto collettivo di riferimento.

La giurisprudenza ha inoltre puntualizzato che le ragioni non solo devono essere esplicitate per iscritto, ma devono anche essere descritte in modo “puntuale” e “dettagliato”, in modo tale da consentire al giudice il controllo sulla effettiva sussistenza

75 Nota metodologica: in considerazione della stratificazione normativa intervenuta in più momenti, quanto riportato qui, come negli altri paragrafi dedicati alla trattazione della disciplina di ogni riforma, è da intendersi riferito al periodo di vigenza della riforma de quo.

76 FIORILLO L., PERULLI A., La riforma del mercato del lavoro, Giappichelli, 2014, 39, in nota 18

della ragione77. Per lo stesso motivo non è consentito descrivere le ragioni facendo riferimento a locuzioni generiche o che ripetono la mera attività del datore. Parte della giurisprudenza ha sostenuto che sarebbe necessario specificare anche il nesso causale fra le ragioni aziendali che giustificano il ricorso al contratto di lavoro a termine ed il singolo contratto di lavoro78. Si può dire, come ritiene la giurisprudenza, che gli oneri di cui è gravato il datore di lavoro sono due: a) al momento della stipulazione del contratto, quello di specificare, e in modo preciso, le ragioni che legittimano l’apposizione del termine; b) in sede di eventuale contenzioso, quello di fornire la prova concreta delle ragioni addotte. La legge 92/2012, nell’individuare un’ipotesi di contratto a termine scevro da tali oneri riguardo la sussistenza delle ragioni giustificatrici, intende agevolare l’instaurazione e la successiva gestione del primo contratto a termine, evitando il contenzioso che spesso insorge proprio prendendo le mosse dall’interpretazione della causale e può sfociare nella conversione a tempo indeterminato del contratto di lavoro. Quindi il poter assumere a termine senza l’indicazione delle ragioni mette il datore al riparo dal rischio di conversione e per quanto poco già questo può incoraggiare un datore restio, ad assumere proprio perché in questa ipotesi sarebbe indenne dall’onere probatorio della legittimità dell’apposizione del termine e dal connesso rischio di conversione del contratto.

77 In questo senso si veda App. Milano, 9 dicembre 2003: “Le ragioni devono essere chiaramente specificate, esplicitate in modo preciso e sufficientemente dettagliato; non sufficiente il mero richiamo a formule di legge, a ipotesi alternative o comunque indicazioni di carattere generico; deve essere possibile per il giudice verificare il nesso di causalità tra le ragioni addotte e la specifica assunzione a tempo determinato: è a carico del datore di lavoro l’onere di provare l’effettiva sussistenza delle ragioni giustificative addotte”. E, in senso conforme, Trib. Milano 11 maggio 2006, n, 1431.

78 “Anche dopo l’entrata in vigore del d. lgs. 368 del 2001, la causa che giustifica l’apposizione del termine non può essere formulata in termini generici, ma devono essere indicate le specifiche circostanze di fatto (come ad esempio i motivi organizzativi, cronologici, territoriali, cronologici) per le quali si procede all’assunzione, nonché il loro nesso causale con il singolo contratto stipulato” Trib. Milano, 8 gennaio 2004.

2.1.6. IL CONTRATTO DI LAVORO A TEMPO DETERMINATO NELLA