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LA DEFINIZIONE DI PROGETTO, UNICA CAUSALE POSSIBILE DOPO

TIPOLOGIE CONTRATTUALI DI LAVORO NON SUBORDINATO

3.1. LE COLLABORAZIONI COORDINATE E CONTINUATIVE E A PROGETTO

3.1.1.1. LA DEFINIZIONE DI PROGETTO, UNICA CAUSALE POSSIBILE DOPO

L’ELIMINAZIONE DEL “PROGRAMMA DI LAVORO O FASE DI ESSO”

Nell’introdurre nell’ordinamento giuslavoristico italiano il lavoro a progetto, il d. lgs. 276/2003, all’art. 61 ne consentiva l’utilizzo condizionandolo al sussistere di un progetto, o programma di lavoro o fase di esso128, in tutte le ipotesi di collaborazione diverse da alcune ritenute di per sé indenni dal rischio di utilizzo strumentale

126 PERULLI A., Il lavoro autonomo e parasubordinato nelle riforma Monti, in LD, n. 3‐ 4/2012

127 PERULLI A., Il lavoro autonomo tradito e il perdurante equivoco del lavoro “a progetto”, in DRI, 1/2013

all’elusione della disciplina inderogabile del lavoro subordinato e che restano pur all’indomani della riforma Fornero desumibili nei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, ovvero le ipotesi di collaborazione: con gli agenti e rappresentanti di commercio; con coloro che esercitano professioni intellettuali per le quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali; con i componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società; con i partecipanti a collegi e commissioni, con i pensionati al raggiungimento del 65° anno di età; con atleti che svolgono prestazioni sportive in regime di autonomia; rese nei confronti della pubblica amministrazione e quelle rese e utilizzate a fini istituzionali in favore di associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate al CONI; così come anche quelle collaborazioni di incidenza modesta, dette occasionali o mini co.co.co., che si esauriscono entro i limiti, di durata (di 30 giorni nell’anno solare a favore di un unico committente) ed economico (5000 euro); ed infine, in seguito alle modifiche apportate, neanche un mese dopo l’entrata in vigore della legge 92/2012, dal decreto legge n. 83 del 22 giugno 2012 n. 83, convertito in l. n. 134 del 7 agosto 2012, le attività di vendita diretta di beni e di servizi realizzate attraverso call center “out-bond” per le quali il ricorso a contratti di collaborazione a progetto è consentito sulla base del corrispettivo definito dalla contrattazione collettiva.

Si è riscontrato che l’aver in gran parte limitato la praticabilità delle collaborazioni coordinate e continuative al sussistere di un progetto, o programma di lavoro o fase di esso (come previsto dal d. lgs. 276/2003), non ha tuttavia prodotto i risultati nei termini attesi ed è stato fonte di un copioso contenzioso giudiziario in merito a cosa dovesse intendersi per “progetto” e, ancor più, per “programma di lavoro” o “fase di esso”.

Il legislatore ha quindi ritenuto di intervenire per eliminare tale fonte di ambiguità e, con un intervento radicale, la legge 92/2012 ha, da un lato, soppresso, nell’art. 61 del d. lgs. 276/2003, le parole “programma di lavoro o fase di esso”, lasciando quindi quale unica possibilità per la legittima conduzione di contratti di collaborazione la sussistenza di un progetto, e, dall’altro, ha fornito una definizione di “progetto”, recependo in gran parte quanto fino a quel momento individuato dalla giurisprudenza maggioritaria129. In

129 App. Firenze, 17 gennaio 2012; Trib. Milano, 18 luglio 2011; Trib. Milano, 26 gennaio 2010; Trib. Milano 28 luglio 2009, in Lav. Giur., 2009, 11, p.1173; Trib. Torino, 22 luglio

seguito alle modifiche apportate dalla legge 92/2012, il progetto risulta quindi dover essere funzionalmente collegato ad un determinato risultato finale, non può consistere in una mera riproposizione dell’oggetto sociale del committente, e non può comportare lo svolgimento di compiti meramente esecutivi o ripetitivi (che i contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale hanno facoltà di individuare ed elencare, in via esemplificativa e non esaustiva). Eliminando la possibilità che si possa legittimamente stipulare un contratto di collaborazione coordinata e continuativa adducendo la necessità per il committente che vengano svolti un programma di lavoro o una fase di esso, la legge 92/2012 consente che il contratto di collaborazione possa ora essere stipulato solo al sussistere, di fatto e riportato quindi per iscritto nel contratto, di un “progetto di lavoro” e, descrivendo quest’ultimo in modo più stringente, pretende altresì che abbia caratteri di “specificità”. Con la legge 92/2012 viene ribadito che il progetto non può essere un “mero” scritto in cui la prestazione lavorativa da rendere nella forma della collaborazione sia enunciata in modo generico o replicando, quasi fossero in serie, il contenuto di altri progetti: ogni progetto deve essere specifico, perché tale si assume che sia nella realtà, ancor prima del progetto e a suo fondamento, l’attività di lavoro commissionata al lavoratore che il progetto è chiamato a descrivere e rappresentare. Al fine, quindi, di evitare, nella sostanza, l’aggiramento del requisito della sussistenza del “progetto” tramite la replica di progetti “in serie”, la legge di riforma richiede che il progetto debba essere “specifico”, ritenendo tale un progetto che sia “funzionalmente collegato ad un risultato finale”, e che non può quindi consistere in una mera riproposizione dell’oggetto sociale del committente, né nella semplice elencazione del contenuto delle mansioni che il collaboratore è chiamato a svolgere130. A seguito della legge 92/2012, il requisito della sussistenza del progetto non sarà ritenuto soddisfatto con la mera allegazione di un progetto “qualsiasi”, dovendo invece essere necessariamente soddisfatta con l’individuazione di un progetto “specifico”. Già la giurisprudenza aveva ritenuto che la “genericità” di un progetto dovesse essere

2009; Trib. Torino, 10 maggio 2006, in Dir. Prat. Lav., 2006, p. 27; Trib. Torino, 5 aprile 2005, in Lav. Giur., 2005, p. 659.

130 RAZZOLINI O., La nuova disciplina del lavoro a progetto, in PERSIANI, LIEBMAN (a cura di), Il nuovo diritto del mercato del lavoro, UTET 2013, 195

assimilabile alla “mancanza” del progetto stesso, ritenendo che un progetto “generico” fosse in tutto e per tutto un progetto “mancante”, con l’applicazione della sanzione prevista per le collaborazioni atipiche (ossia condotte pur in assenza di un progetto): la conversione del rapporto di collaborazione in contratto subordinato a tempo indeterminato fin dalla data di costituzione del rapporto. La legge di riforma interviene in modo radicale, pronunciando una norma di interpretazione autentica al comma 24 dell’art. 1 con cui precisa che “l’art. 69, comma 1, del d. lgs. 276/2003 n. 276 si interpreta nel senso che l’individuazione di uno specifico progetto costituisce elemento essenziale di validità del rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, la cui mancanza determina la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato”131.

Lo stesso articolo 1, al comma 23, ulteriormente novellando l’art. 61 comma 1 del d. lgs. 276/2003, definisce come deve essere il progetto, stabilendo che non può consistere nello svolgimento di compiti “meramente esecutivi o ripetitivi” e coinvolge la contrattazione collettiva nazionale comparativamente più rappresentativa, conferendole la facoltà di individuare, a titolo esemplificativo e non esaustivo, un repertorio di tali compiti (c.d.”black list”), che possa servire sia alle parti, per sapere con certezza a priori se una determinata attività lavorativa possa essere oggetto di un progetto, e sia al giudice in sede di contenzioso quale paradigma su cui vagliare la fattibilità a progetto di compiti che non vi siano già ricompresi. La circolare ministeriale n. 29 del 2012, ha poi ribadito che devono intendersi “compiti meramente esecutivi” quelli caratterizzati dalla mera attuazione di quanto impartito dal committente, senza che il lavoratore disponga di margine alcuno di discrezionalità nell’esecuzione né di autonomia; nell’eseguirli il lavoratore non può che attenersi alle disposizioni ricevute ed impartite dal committente, non potendo discostarsi da esse. Sono invece compiti meramente “ripetitivi” quelli che si esauriscono in attività del tutto elementari, per lo svolgimento delle quali non sia necessaria alcuna formazione. Così delimitando il campo di legittima fattibilità delle collaborazioni a progetto, il legislatore preclude l’utilizzo di tale tipologia contrattuale

131 PERULLI A., in La riforma del mercato del lavoro,Giappichelli, 2014, 108: “A ben vedere, quindi, la disposizione non si limita a determinare il significato della legge preesistente, secondo la concezione dichiarativa dell’interpretazione autentica, ma innova il tessuto legislativo prevedendo la natura di essentialia negotii del progetto”

quando l’attività lavorativa che si vorrebbe dedurre nel progetto sia tale da non richiedere, ed anzi da escludere in toto, discrezionalità ed autonomia in capo al lavoratore nella sua esecuzione. La scrittura della norma prevede che sia sufficiente il ricorrere di anche una sola delle due caratteristiche enunciate (esecutività quale assenza di autonomia, o ripetitività). A titolo esemplificativo, la circolare ministeriale 29/2012 ricorda una serie di specifiche attività che non possono essere svolte nella modalità ”a progetto” (ad esempio: pulizie, quella svolta di baristi, camerieri, magazzinieri…