DANNI ALLA SALUTE DA ESPOSIZIONE ALLE RADIAZIONI LASER
FRANCESCO TROÌA
1. INTRODUZIONE STORICA
1.2 Alcuni elementi fondamentali di matematica Trasformazioni di Lorentz
Consideriamo due sistemi inerziali. Indicheremo le coordinate del primo sistema con x, y e z, mentre indicheremo le coordinate del secondo sistema con x’, y’ e z’. Il tempo nei due sistemi verrà indicato con t e t’ rispettivamente.
Consideriamo il caso in cui il secondo sistema sia in moto rettilineo uniforme rispetto al primo con velocità v nella direzione x, come indicato in figura 1.5
A partire da queste formule è possibile descrivere il comportamento di particelle relati-vistiche, per le quali b = v/c ha valori prossimi ad 1
Effetto Doppler
Vogliamo ricavare la formula che colleghi la frequenza ? nel primo sistema di riferi-mento con la frequenza ?’ nel secondo sistema. Per far questo tratteremo la luce come composta da fotoni, invece di avere un approccio ondulatorio. L’energia e l’impulso del fotone possono essere espressi in termini della frequenza; la meccanica quantistica ci fornisce le seguenti formule:
(1.3) E = hs
dove la direzione di propagazione dell’onda e h=6.626*10-27 erg s è la costante di Planck
Possiamo ora introdurre il concetto di quadrivettore, estensione del consueto vettore tridimensionale delle coordinate spaziali, ove viene introdotta una quarta coordinata per tener conto delle trasformazioni che coinvolgono il tempo quando si cambia siste-ma di riferimento in sistemi relativistici:
R = (x, y, z, ct)
dove t è stato moltiplicato per la costante c (velocità della luce) in modo da ottenere un vettore con tutte le componenti omogenee dimensionalmente.
Possiamo definire quindi il quadri-impulso come un quadrivettore che ha come parte spaziale le tre componenti px, pye pzdell’impulso e come parte temporale la quantità E/c:
P = (px , py , pz, E/c)
(….) e l’impulso di luce (---) sono sovrapposti, e la loro interazione genera nuova radia-zione (___); (b) man mano che l’impulso di luce (---) sopravanza il pacchetto di elettroni (….) l’interazione genera luce (___) che resta “arretrata” rispetto all’impulso originario.
Una possibilità per ovviare al fenomeno dello slippage è quella di “rallentare” l’impul-so di luce utilizzando un ril’impul-sonatore in guida d’onda: è infatti noto che all’interno di una guida d’onda la velocità di gruppo della luce può essere minore di c, e nel caso in esame è possibile far si che la velocità di gruppo dell’onda sia uguale alla velocità media longi-tudinale degli elettroni.
L’effetto dello slippage può essere valutato introducendo il parametro:
dove szè la deviazione standard longitudinale del pacchetto di elettroni.
La quantità mcsi chiama “slippage normalizzato” e, come per gli altri parametri _, esi-ste una relazione tra il guadagno massimo e il valore di mc:
I Nanolaser
Da molti anni si assiste alla miniaturizzazione dei dispositivi elettronici, ma una rivolu-zione parallela è in atto anche nel campo dei laser a semiconduttore. Di recente si sono ridotte le dimensioni dei dispositivi fino alla scala dei nanometri, al disotto della lun-ghezza d’onda emessa. Ci si può quindi attendere che gli effetti che si sfruttano non siano di natura classica ma che invece necessitino di una spiegazione basata sulla mec-canica quantistica. Il funzio-namento, in linea di principio, è simile a quello del laser tradizionale: un opportuno materiale sistemato in una cavità ottica viene pompato con
luce o corrente per eccitare gli elettroni, i quali ritornando in stati di energia piú bassa producono luce che viene riflessa all’interno della cavità. I fotoni così creati inducono altri elettroni eccitati ad emettere fotoni identici e, via via che cresce il numero di foto-ni, l’intensità della radiazione aumenta finché alla fine il fascio di radiazione fuoriesce dalla cavità. Non tutti i fotoni partecipano a questo processo di amplificazione: molti di essi vengono emessi per diseccitazione spontanea e non vengono amplificati. A causa di questa perdita è necessaria una certa soglia di energia per garantire un numero di elettroni eccitati abbastanza grande per mantenere l’emissione stimolata. È per questo motivo che il laser a semiconduttore ha bisogno di correnti intense per funzionare.
Vediamo in dettaglio come è fatto un laser a semiconduttore.
Nozioni di FISICA Laser a semiconduttore
Per descrivere l’emissione laser generata da un semiconduttore dobbiamo richiamare alcuni concetti di base della fisica dello stato solido. Sappiamo che gli elettroni in un cristallo sono soggetti ad un potenziale periodico e che gli autovalori dell’energia si distribuiscono in bande. In ciascuna banda, ad esempio quella di valenza, la funzione d’onda dell’elettrone è una funzione
di Bloch, cioè dove la possiede la
periodicità del cristallo. I vettori sono quantizzati: dove =
è un intero ed è è la lunghezza del cristallo nella direzione i. Il volume nello spazio associato al singolo stato è dunque e dunque la densità degli stati è dove si è tenuto conto della degenerazione di spin.
L’energia associata ad uno stato, ad esempio in banda di conduzione, descritto da k è : dove è la massa effettiva e si è usata l’approssimazione di banda parabolica in cui E è una funzione di anziché di . In fi-gura è mostra-ta la tipica struttura a bande per un semiconduttore a gap diretto, in cui cioè il minimo della banda di conduzione ed il massimo della banda di valenza si trovano per il me-desimo valore di k.
Figura 1. Tipica struttura a bande per un semiconduttore a gap diretto.
La densità degli stati può essere riespressa in termini di E e si ottiene la seguente espressione
I pedici c e v indicano che ci si sta riferendo alla banda di conduzione o a quella di valenza e ricordiamo che l’energia degli stati di conduzione è misurata a partire dal bottom della banda di conduzione mentre per gli stati di valenza l’energia è misurata a partire dal top della banda.
La probabilità che uno stato elettronico di energia E sia occupato è data dalla
distribu-zione di Fermi-Dirac:
All’equilibrio termico i livelli di Fermi per le bande di valenza e di conduzione coinci-dono. Ma in seguito al passaggio di corrente la distribuzione stazionaria che si crea dif-ferisce da quella all’equilibrio termico1: all’interno della singola banda si stabilisce una situazione di equilibrio descritta dai livelli quasi-Fermi ed .
Chiaramente i valori di e dipendono dal numero di elettroni che vengo-no pompati in banda di conduzione: in particolare all’aumentare di tale numero
aumenta mentre diminuisce.
Transizioni interbanda indotte
L’Hamiltoniana di interazione di un elettrone con il campo e.m., in gauge di Coulomb, è dove è il potenziale vettore del campo e.m. ottico. Nel caso di
campo descritto da un’onda piana polarizzata, l’espressione del potenziale vettore è e risulta:
1 E’ questa una conseguenza dell’equazione del trasporto di Boltzmann.
Il rate di transizioni da una banda all’altra dipenderà, come ci dice la teoria dell’intera-zione radiadell’intera-zione materia, dall’elemento di matrice
cristallo
Per valutare l’integrale si passa nello spazio reciproco (quello dei ) e si ricava così che deve essere . Poiché mentre 106-107cm-1
possiamo trascurare e scrivere che deve valere . Questo significa, guardando la figura, che le transizioni sono verticali.
Guadagno e perdite nei semiconduttori
Supponiamo di trovarci nella situazione determinata dal pompaggio, descritta dalla figura seguente.
Figura 2. Schema dell’occupazione dei livelli in condizioni di equilibrio termodinamico.
Figura 3. Schema dell’occupazione dei livelli in condizioni di pompaggio.
Tutti gli stati della banda di conduzione con energia minore di sono occupati ed analo-gamente sono vuoti quelli in banda di valenza con energia minore di . Per determinare il guadagno si fa ricorso alla suscettività complessa: infatti si può mostrare che . Dalla soluzione stazionaria delle equazioni
di Bloch ottiche si ricava .
Ricordiamo il significato delle grandezze contenute in questa espressione:
è la popolazione del livello i-esimo (per noi etichettato da k); µ è il momento di dipolo tra gli stati tra i quali avviene la transizione ( nel nostro caso di campo polarizzato lungo l’asse x); T2è il tempo di decadimento delle coerenze ed è la frequenza della transizione. Per ottenere dobbiamo trovare quanto vale la inver-sione di popolazione: gli stati di momento compreso tra e contribuiscono per una quantità pari a
infatti è il numero di elettroni con energia entro , mentre i fattori di Fermi assicurano che solo stati occupati siano considerati stati iniziali e solo stati inoc-cupati possano essere stati finali della transizione. Sostituendo ed integrando in k, dopo una serie di manipolazioni algebriche si giunge, nell’approssimazione , alla semplice espressione:
dove . La
condizione di amplificazione impone allora
ovvero, in definitiva, Osserviamo che la dipendenza del
dalla densità di portatori è contenuta nel quasi livello di Fermi.
Semiconduttori: il microlaser a papillon
La fisica dei semiconduttori rappresenta un fertile terreno d’incontro fra scienza fonda-mentale e applicata. Scegliamo un altro esempio suggestivo: lo sviluppo del microlaser.
Uno dei suoi protagonisti è Federico Capasso, a lungo capo dipartimento ai
Laboratori Bell (oggi Lucent Technologies), da pochi mesi insignito della medaglia Lamb per la scienza del Laser e l’Ottica Quantistica.
Nel laser (sigla che sta per light amplification by stimulated emission of radiation) la luce, rimbalzando fra due specchi attraverso un opportuno materiale attivo, viene amplificata dall’effetto quantistico dell’emissione stimolata ed esce da uno dei due specchi in forma di fascio coerente. Nei primi anni 90 il piú piccolo laser a semicondut-tore del mondo venne realizzato sostituendo i tradizionali specchi paralleli (piani cri-stallini del semiconduttore) con la riflessione totale sulla superficie interna, curva, di un microdisco. In una tale cavità risonante a simmetria circolare la luce girava attraverso il materiale attivo (che amplifica la luce grazie all’ emissione stimolata) rimbalzando sulle pareti. L’effetto è simile a quello del suono in certe cattedrali, nelle quali, stando vicino alla parete, è possibile ascoltare il mormorio di qualcuno che sta vicino alla pare-te in un altro punto lontano. L’aumento della riflettività dovuto allo sfruttamento della riflessione interna totale abbassava la soglia per l’accensione dell’effetto laser; la ridu-zione del volume attivo del materiale riduceva le esigenze di energia e le correnti in gioco, consentendo d’impacchettare un grande numero di laser in un piccolo volume.
Purtroppo però, proprio a causa della riflessione totale e della forma circolare, i micro-laser a disco, diversamente da quelli a doppio specchio, non riuscivano a raggiungere un’alta potenza di uscita in una ben determinata direzione.
La svolta decisiva è venuta, un paio d’anni fa, da una collaborazione di alto livello teo-rico, sperimentale e tecnologico (Yale, Lucent Technologies e Max-Planck-Institut) tipica della scienza dei materiali: deformando opportunamente la simmetria circolare, la luce percorre un cammino caotico, che, al di sopra di una certa deformazione critica, forma un ben preciso pattern (a forma di papillon); ciò consente di usare solo parte del perimetro del disco per la riflessione, e di raggiungere un’alta potenza di uscita (mille volte maggiore di quella dei microlaser a disco) in certe direzioni ben definite [2]. Anche qui emerge il circolo virtuoso fra scienza fondamentale (caos e biliardi quantistici), scienza dei materiali (crescita e controllo di semiconduttori a livello microscopico) e tecnologia (fasci laser direzionali di alta potenza da dispositivi miniaturizzati), che a piú di cinquant’anni dall’invenzione del transistor (1947) appare tutt’altro che esaurito.
Materiali per l’elettronica e legge di Moore
L’inesauribile vitalità dell’elettronica a stato solido (che oltre alla scienza dei materiali coinvolge naturalmente l’ingegneria elettronica e la scienza dell’informazione, delle quali qui non ci occupiamo) è testimoniata anche dal fatto che, almeno finora, le previ-sioni piú ottimistiche dei suoi progressi si verificano puntualmente. Fra queste la piú famosa è forse la “legge di Moore”, formulata dal co-fondatore di Intel nel lontano 1965, secondo cui il numero di transistor ospitati da un singolo chip raddoppierebbe all’incirca ogni due anni; la figura 2 non suggerisce alcuna tendenza alla saturazione man mano che ci avviciniamo ai giorni nostri, e il fatto è notevole perché, di decade in decade, i progressi non sono legati ad un’unica legge o effetto fisico, ma a una miriade di piccoli miglioramenti intervallati da alcune svolte rivoluzionarie nella tecnologia d’integrazione. La nostra esperienza quotidiana è del resto in pieno accordo con questo grafico: solo vent’anni fa la potenza di calcolo e comunicazione che abbiamo oggi sulla scrivania, nella borsa o addirittura in tasca avrebbe avuto bisogno di un camion.
In questo processo i semiconduttori hanno fatto la parte del leone, dagli ormai classici dispositivi ad accoppiamento di carica (CCD), che fungono da elemento sensibile e
registro temporaneo nelle nostre videocamere e nei lettori di codici a barre dei super-mercati, ai chips nei computer e nei modem sempre piú veloci, alle batterie solari (forse domani piú leggere grazie al composto InGaAsN) che forniscono elettricità a satelliti e macchine fotografiche digitali. Le tappe di una simile maratona coinvolgono natural-mente anche componenti non basate sui soli semiconduttori: memorie di massa magne-tiche, come il disco del nostro PC (passato in dieci anni dai megabytes ai gigabytes), o ottiche, come i CD; schermi a cristalli liquidi con risoluzione sempre migliore; batterie ricaricabili (quelle dei telefonini, delle viedocamere e dei computer portatili) capaci di durare sempre di piú e pesare sempre di meno. Ciascuna di queste componenti rappre-senta un diverso capitolo della chimica e fisica dei materiali in continua evoluzione, cui la miniaturizzazione pone sfide sempre nuove. Viziati dal passato, possiamo considera-re plausibile che la legge di Mooconsidera-re continui a valeconsidera-re anche oltconsidera-re il prossimo decennio.
Ma non sappiamo ancora, ad esempio, come sarà concretamente possibile ridurre ancora il calore dissipato e la potenza impiegata dal singolo transistor. Domande di questo tipo chiamano in causa la scienza fondamentale, dalla scala nanometrica (un miliardesimo di metro) nei semiconduttori, che alimenta l’interesse per punti e fili quantistici, alla progettazione di materiali e dispositivi completamente diversi, adatti ai futuri “quantum computers” ancora lontani da una realizzazione (in proposito David Mermin, autore di un popolare manuale di Fisica dei Solidi e attualmente interessato a queste problematiche, parla di Gedanken technology).
Numero di transistor per processore negli ultimi trent’anni. K sta per migliaia di transi-stor; M sta per milioni (rielaborazione di dati Intel).
Polimeri e reazioni catalitiche
Nel film “Il laureato” (1967) un amico di famiglia si rivolgeva al giovane Dustin Hoffman con un perentorio consiglio per il futuro: “Voglio dirti una sola parola: plasti-ca!” La plastica ha certamente caratterizzato la rivoluzione tecnologica del dopoguerra non meno del transistor. Oggi vengono prodotte 170 milioni di tonnellate all’anno di polimeri, delle quali metà poliolefine come il polietilene e il polipropilene, per la cui sin-tesi Ziegler e Natta vinsero il Nobel nel 1963. Alla loro base c’è, com’è noto, la formi-dabile capacità degli atomi di carbonio di legarsi in lunghe catene che ne costituiscono la spina dorsale. La produzione e il processing delle poliolefine costa meno delle plasti-che plasti-che esse sono in grado di sostituire, e il continuo miglioramento della loro resisten-za e durata consente di ridurne la quantità. Qualche esempio: fra il ‘72 e il ‘90 il peso di una busta da supermercato è calato da 23 a 6 grammi; gli odierni bicchierini di yogurt (in polipropilene) usano meno di due terzi del materiale che usavano negli anni 80. Non sorprende che, come nel caso dei semiconduttori, l’enorme interesse tecnologico e com-merciale faccia da potente traino alla ricerca: a distanza di quasi cinquant’anni dalla scoperta di Ziegler e Natta i meccanismi della catalisi eterogenea (il ruolo giocato dai composti solidi che consentono la crescita di una catena polimerica ordinata a partire da monomeri, cioè molecole componenti, in fase gassosa) sono oggetto di continuo miglioramento ed intensa ricerca. Non si tratta soltanto di ricerca applicata, né solo sperimentale: anche grazie alla Teoria del Funzionale Densità di Walter Kohn (Fisico, Nobel 98 per la Chimica), agli pseudopotenziali di Hamann, Schlüter e Chiang (Bell Labs), e alla dinamica molecolare da primi principi di Roberto Car e Michele Parrinello (oggi a Princeton e al Max-Planck-Institut di Stoccarda, ma al tempo della scoperta entrambi alla SISSA di Trieste) è ormai possibile prevedere al calcolatore
l’evoluzione temporale di ioni ed elettroni, contribuendo cosí, oltre che alla previsione di proprietà elettroniche e strutturali dei materiali, anche ad una migliore comprensio-ne di vecchie e nuove reazioni catalitiche, di grande interesse per la chimica pura e applicata [3].
Le tre fasi principali della seconda inserzione di una molecola di etilene nella catena polimerica, in un processo di catalisi eterogenea Ziegler-Natta. Le palline rappresenta-no atomi e i colori corrispondorappresenta-no ai seguenti elementi chimici: grigio, carbonio; nero, idrogeno; arancione, titanio; verde, cloro; rosa, magnesio. Cloro e magnesio formano il cristallo che fa da substrato, mostrato solo parzialmente (fonte: Mauro Boero, vedi bibliografia).
Polimeri e meccanica statistica
Tutti ricordano il plateale esperimento del premio Nobel Richard Feynman dopo l’incidente dello Shuttle: gli “O-rings”, guarnizioni toroidali in elastomero fluorocarbo-ne, diventavano improvvisamente rigide e fragili una volta immerse nell’acqua ghiac-ciata. Prima di abbandonare i materiali polimerici (famiglia che oltre alle catene orga-niche basate sul carbonio include anche altri tipi di catene, come quelle dei siliconi) è opportuno un cenno, sia pur sommario, alle proprietà legate all’ordine (o disordine) che li caratterizza: le singole catene ordinate che li compongono possono essere com-prese dalla teoria degli stati elettronici su scala atomica, ma la loro natura plastica, gommosa o vetrosa, la loro elasticità o fragilità, dipendono crucialmente dall’enorme gamma di possibilità con cui miliardi di queste catene possono organizzarsi insieme per formare il materiale (impacchettandosi, arricciolandosi o intrecciandosi fra loro come spaghetti) e quindi anche dalle condizioni termiche e dalla storia del materiale. Anche in questo campo alla mole di esperienza tecnologica e sperimentale si affiancano oggi ricerche teoriche basate sui piú moderni sviluppi della meccanica statistica, in grado di affrontare sistemi complessi dotati di un grandissimo numero di configurazioni con energie paragonabili, dall’invecchiamento dei vetri al ripiegamento delle proteine [4].
Altre proprietà dei polimeri sono sfruttate dai gel acquosi, reti capaci di trattenere al proprio interno l’acqua, cambiando volume anche di diversi ordini di grandezza e rispondendo a stimoli esterni. Essi sono di enorme interesse per applicazioni biomedi-che, ad esempio per i tessuti artificiali capaci di lasciarsi poco alla volta infiltrare e rim-piazzare dal vero tessuto (già sperimentati con successo), oppure per i muscoli artificia-li, sui quali si è recentemente cimentato [5] anche il teorico Pierre-Gilles de Gennes, Nobel per la fisica nel ‘91 per i cristalli liquidi. In questo nuovo contesto di “materia soffice” e biologica da un lato, e di comportamento critico di una rete di legami vicino alla transizione liquido-solido dall’altra, la stessa acqua appare come una miniera ancora da esplorare per la fisica, la chimica e la meccanica statistica [6].
Saldatura-per-trasmissione
I coefficienti di trasmissione e di assorbimento delle plastiche non dipendono solamente dalla composizione chimica della plastica, ma variano anche in funzione di:
Temperatura superficiale del mezzo Densità di potenza
Caratteristiche del polimero: cristallinità, spessore, additivi.
Sebbene quasi tutti i polimeri siano trasparenti alle radiazioni dei Laser Nd:YAG o Diodi esistono delle tecniche di che sfruttano proprio questa caratteristica.
La saldatura per trasmissione è adatta essenzialmente per unire tra loro materiali plastici dotati di coefficienti di assorbimento differenti, alla lunghezza d’onda del laser. La radiazione laser passa attraverso al componente trasparente, per essere assorbita da quello opaco e convertita in calore. Le due plastiche si fondono all’interfaccia e la salda-tura viene effettuata applicando una leggera pressione. Differisce da quella per assorbi-mento per il fatto che l’assorbiassorbi-mento è superficiale, la zona fusa non interessa, in genere, la parte interna di volume, e sfrutta le capacità ottiche distinte di due materiali.
Questa tecnica di saldatura è attualmente molto utilizzata (molti siti Internet la men-zionano), poiché permette di saldare qualsiasi termoplastico:
ABS, PA, PE, PMMA, PS…
Come si è già detto, pressoché tutti i polimeri sono trasparenti alle radiazioni vicine all’infrarosso, ma possono divenire assorbenti se si utilizzano una serie di espedienti. Si possono ad esempio utilizzare film o tinte assorbenti all’interfaccia tra due polimeri tra-sparenti, oppure una struttura trasparente accoppiata ad una opaca, ovvero una confi-gurazione multistrato con interposti layer assorbenti. Allo stesso modo si possono uti-lizzare inchiostri che asciugando formano un coating trasparente.
Vi sono addirittura delle aziende che hanno implementato un modello termico agli ele-menti finiti per la saldatura a trasmissione. Con l’ausilio del FEM riescono a simulare gli effetti del fascio laser (e quindi il profilo di temperatura) nel giunto al variare dei parametri caratteristici delle plastiche e del laser utilizzato. In questo modo si possono
Vi sono addirittura delle aziende che hanno implementato un modello termico agli ele-menti finiti per la saldatura a trasmissione. Con l’ausilio del FEM riescono a simulare gli effetti del fascio laser (e quindi il profilo di temperatura) nel giunto al variare dei parametri caratteristici delle plastiche e del laser utilizzato. In questo modo si possono