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RISCHIO CANCEROGENO ASSOCIATO ALL’ESPOSIZIONE A CVM E PVC Il CVM è una sostanza chimica riconosciuta cancerogena dall’Organizzazione

NELL'INFORTUNISTICA DEL LAVORO

RISCHIO CANCEROGENO ASSOCIATO ALL’ESPOSIZIONE A CVM E PVC Il CVM è una sostanza chimica riconosciuta cancerogena dall’Organizzazione

Mondiale della Sanità e dalla CEE (direttiva 83/467), mentre c’è il fondato sospetto, da parte di un settore della scienza medica, che lo sia anche il PVC.

Dalla scheda tecnica del CVM tratta da Matline ed aggiornata al 24/05/2005 si ricava quanto segue:

DENOMINAZIONE: Vinile cloruro

SINONIMI: Chlorethene; Chloroethene; Chloroethylene; Cloretene; Cloroetilene;

Cloruro di vinile; Ethene, chloro-; Ethyl carbamate; Ethylene monochloride;

Ethylurethan; Etilene monocloruro; Monochloroethene; Monochloroethylene;

Monocloroetilene; Rcra waste number u043; Trovidur; Un 1086; Vc; Vcm; Vinile (cloru-ro di); Vinyl chloride; Vinyl chloride monomer; Vinyl monomer; Cvm; Cloru(cloru-ro di vinile monomero

FORMULA BRUTA: C2H3Cl

FAMIGLIA CHIMICA: Organoalogenati CODICE CAS: 75-01-4

CLASSE IARC: 1

CLASSE CE: F+; R12 Carc.Cat.1; R45. Associata Nota D.

ORGANI BERSAGLIO: Numerosi studi epidemiologici hanno evidenziato per l’uomo una correlazione causale tra esposizione a vinile cloruro e tumori del fegato, dell’encefalo, del polmone e del sistema ematolinfopoietico.

UTILIZZO: Intermedio chimico per produrre polivinilcloruro e copolimeri vinilici, in varie sintesi organiche, come adesivo della plastica, nelle lavorazioni della gomma e della carta, usato anche come refrigerante.

TIPOLOGIE DI AZIENDA: Industria cartotecnica. Industria dei prodotti chimici inorganici ed organici. Industria dei prodotti tossici e corrosivi. Industria petrolchimi-ca. Lavorazione della gomma greggia. Produzione di gomma sintetipetrolchimi-ca. Produzione di inchiostri, gomma arabica, colle, prodotti per tipografie. Produzione di polimeri sinte-tici ed artificiali.

NOTE

Restrizioni e limiti: La sostanza è oggetto del DPR 10/9/1982 n. 962 relativo a:

“Attuazione della Direttiva CEE n. 78/610/CEE relativa alla protezione sanitaria dei lavoratori esposti a cloruro di vinile monomero”. (G.U. n° 5 del 6 gennaio 1983). La CEE associa alla classificazione la seguente nota: NOTA D: Talune sostanze che ten-dono spontaneamente alla polimerizzazione o decomposizione si riscontrano general-mente sul mercato sotto forma stabilizzata. È appunto sotto questa forma che sono elencate nell’allegato I della presente direttiva. Tuttavia, tali sostanze sono a volte immesse in commercio sotto forma non stabilizzata. In questo caso, il fabbricante o qualsiasi altra persona che le immette in commercio deve specificare sull’etichetta il nome della sostanza seguito dalla dicitura “non stabilizzata”. Esempio: acido metacrili-co (non stabilizzato).

Valori Limite di Soglia (ACGIH): A1, 2,6 mg/m©, cncr (fgt) Valori Limite di Soglia (altri enti): 7,77 mg/m© (D.Lgs. n. 66/2000) RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Monografie IARC Vol. 7 (1974); Vol. 19 (1979); Suppl. 7 (1987).

HSDB (Hazardous Substances Data Bank).

American Conference of Governmental Industrial Hygienists. Threshold Limit Values and Biological Exposure Indices. Cincinnati, OH 2004.

Il D.P.R. 10 settembre 1982, n. 962 sancisce l’obbligo di adottare appropriate misure tecniche e organizzative al fine di ridurre ai valori più bassi le concentrazioni di CVM cui i lavoratori sono sottoposti e provvedere affinché ogni zona di lavoro (dove sia pro-dotto, recuperato, immagazzinato, travasato, trasportato o utilizzato il CVM in qual-siasi maniera o trasformato in polimeri) sia sottoposta ai controlli della concentrazione di CVM nell’atmosfera.

Dal Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali del 27 aprile 2004 che

aggiorna l’elenco delle malattie di origine lavorativa per le quali è obbligatoria la denuncia, si evince quanto segue:

Dalla letteratura degli ultimi 5 anni compiuta su Pubmed, circa la correlazione tra tumori e esposizioni a CVM/PVC, è emerso che per il cloruro vinile monomero (CVM) esistono prove sufficienti di carcinogenicità negli esseri umani in quanto numerosi studi epidemiologici segnalano la frequente associazione con un tumore raro del fegato l’angiosarcoma.

In altri studi più recenti la mortalità aumentata da cancro del polmone del cervello e da linfatico e neoplasie dei tessuti ematopoietici non possono essere esclusi; la mortalità per altri tumori non sembra essere aumentata (es. tumori del testicolo). Separatamente dal rischio noto di angiosarcoma, lavoratori esposti a cloruro di vinile possono esperi-mentare un rischio aumentato di carcinoma epatocellulare e sarcoma dei tessuti molli.

(Scand J Work Environ Health. 2003 Jun;29(3):220-9. Comment in: *Scand J Work Environ Health. 2005 Jun;31(3):233-5; author reply 236. Meta-analysis of studies of occupational exposure to vinyl chloride in relation to cancer mortality. Boffetta P, Matisane L, Mundt KA, Dell LD.).

Dal Rapporto del 24 marzo 2004 sul Progetto di ricerca ISPESL n. B36/MDL/02

“Messa a punto e definizione di procedure e standard diagnostici ed anamnestici (Linee Guida) per la rilevazione, a livello regionale, dei casi di tumore dei seni nasali e paranasali e dei casi di angiosarcoma epatico, e fattibilità della attivazione di tali sistemi di sorve-glianza epidemiologica” elaborato in collaborazione con il Centro per lo studio e la pre-venzione oncologica ed il Servizio Sanitario della regione Toscana, si evince che “...

L’interesse in ambito occupazionale per l’angiosarcoma epatico si è venuto inizialmente concretizzando a metà degli anni ’70 a seguito di cluster di casi identificati fra lavoratori esposti a cloruro di vinile monomero (CVM) (Creech & Johnson 1974, Thomas, 1975a;

Thomas, 1975b; Popper, 1975; Heath, 1975; Mark, 1976; Berk, 1976; Popper, 1978). Le segnalazioni di casi in esposti a CVM si sono susseguite fino ad oggi (Dannaher 1981;

Chiappino, 1982; Chiozzini, 1988; Riordan, 1991; Lelbach, 1996; Lee, 1996; Saurin, 1997; Hozo, 2000), alcune delle quali anche in lavoratori italiani. Le valutazioni di orga-nismi internazionali e nazionali sono concordi sull’esistenza di un nesso causale tra l’espo-sizione a CVM e l’angiosarcoma epatico (IARC 1979, 1987, IPCS 1999, EPA 2000). Vi è inoltre da segnalare il fatto che sono state anche suggerite associazioni tra CVM ed epa-tocarcinoma, nonché tra CVM e l’insorgenza di tumori in altre sedi (IARC,1979;

IARC,1987). Ancora oggi esposizioni a CVM possono rappresentare un grave problema di salute in esposti per motivi di lavoro, specialmente in quei Paesi dove non esistono misu-re adeguate di controllo dell’esposizione professionale a tale cancerogeno (Kielhorn, 2000). I fattori di rischio per l’angiosarcoma epatico sono numerosi e con associazioni di diversa specificità; se li consideriamo tutti insieme contribuiscono a spiegare dal 25% al 40% dei casi presenti in letteratura. Quindi l’eziologia rimane un problema non ancora risolto (Falk, 1979b; Locker, 1979; Przygodzki, 1997). I fattori di rischio più frequente-mente indicati sono: - il Cloruro di Vinile Monomero il cui nesso causale è stato segnalato per la prima volta tra gli esposti a CVM nel 1974 (Creech & Johnson, 1974) e conferma-to dall’insieme dell’evidenza disponibile, che comprende indagini epidemiologiche e segna-lazioni di casi (IARC 1987, IPCS 1999, EPA 2000); - ... . Gli studi pubblicati su tale patologia, ad eccezione di alcuni studi di coorte in lavoratori esposti a CVM, sono solita-mente case-reports di casi singoli o di serie di casi, talora accomunati da esposizioni comu-ni ... . Le esposiziocomu-ni di interesse occupazionale sono legate fondamentalmente all’esposi-zione a CVM e arsenico e suoi derivati. Nonostante ciò, l’angiosarcoma epatico è conside-rato un “tumore professionale ad alta frazione etiologica”. Riguardo infine a casistiche relative a popolazioni generali, dalla letteratura si evidenziano poche esperienze a riguar-do: vi è lo studio di Falk negli USA a partire dai certificati di decesso nel periodo 1964-74 (Falk, 1979; Falk, 1981c); vi sono gli articoli inerenti il registro inglese degli angiosarco-mi epatici istituito nel 1974 (Baxter, 1981; Forman, 1985; Lee, 1996), e più recentemente lo studio di Elliott del 1997 sulle popolazioni residenti in prossimità di impianti caratteriz-zati da esposizioni a CVM. ... A partire dal 1979 l’evidenza di cancerogenicità del cloruro di vinile monomero-cloruro di vinile polimero (CVM-PVC) è stata oggetto di una serie di valutazioni di organismi internazionali quali l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro IARC (IARC, 1979, 1987), l’International Program for Chemical Safety -IPCS - dell’Organizzazione Mondiale della Sanità - WHO - (-IPCS, 1999), e nazionali, come la statunitense Environmental Protection Agency - EPA - (EPA, 2000). Tali valu-tazioni sono concordi sull’esistenza di un nesso causale tra l’esposizione a CVM ed angio-sarcoma epatico. Per quanto riguarda il carcinoma epatocellulare la IARC afferma nel 1987 che “Several studies also confirm that exposure to vinyl chloride causes other forms of cancer, i.e. hepatocellular carcinoma… “ (IARC, 1987); secondo l’EPA (EPA, 2000)

“there is also highly suggestive evidence of a causal relationship with hepatocellular carci-noma” e l’IPCS (IPCS, 1999) afferma “hepatocellular carcinoma of the liver may be also associated with vinyl chloride, although the evidence cannot be considered definitive”.

Nella valutazione della cancerogenicità del CVM hanno avuto un ruolo cruciale gli studi epidemiologici condotti, a partire dalla metà degli anni ’70, in coorti di esposti a CVM nella fase di produzione del monomero e della successiva polimerizzazione, tali studi sono stati svolti negli Stati Uniti (Falk, 1974, Tabershaw, 1974, Monson, 1974, Ott, 1975,

Nicholson, 1975, Waxweiler, 1976, Buffler, 1979, Dahar, 1988, Cooper, 1981, Wu, 1989, Wong, 1991), in Canada (Theriault, 1981) ed in alcuni paesi Europei (Duck 1985, Fox &

Collier, 1977, Frenzel-Beyme, 1978, Weber, 1981, Storetvedt Heldaas, 1987, Langård, 2000, Pirastu, 1991, 1997,1998, Smulevich, 1988, Jones, 1988, Hagmar, 1990, Laplanche, 1992). Più recentemente lo studio di oltre 10.000 lavoratori statunitensi espo-sti negli anni 1942-72 e seguiti per la mortalità fino al 1995, ha confermato l’eccesso di rischio per tumore del fegato e la specificità dell’associazione con l’angiosarcoma.

L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro di Lione ha coordinato uno studio multicentrico che include le coorti di esposti a CVM-PVC in Italia, Gran Bretagna, Svezia e Norvegia (Limonato, 1991, Ward, 2001). L’aggiornamento del follow-up alla metà degli anni ’90, e la disponibilità di stime quantitative dell’esposizione a CVM, hanno permesso di documentare una forte relazione dose-risposta per i tumori epatici nel loro insieme, per l’angiosarcoma e per il carcinoma epatocellulare, in particolare per latenza, durata, esposizione cumulativa e mansione di autoclavista. Nella coorte complessiva è risultato significativo anche il trend lineare per cirrosi epatica e, tra coloro che hanno svol-to esclusivamente la mansione di insaccasvol-tore, per tumore del polmone (Ward, 2001). ...

Italia il D.P.R. n. 962 del 1982 prevede la sorveglianza epidemiologica dei lavoratori esposti al CVM, sorveglianza attuata dall’Istituto Superiore di Sanità che, alla metà degli anni ’80 costituì un gruppo di lavoro nazionale a cui parteciparono le Organizzazioni Sindacali, i servizi di medicina del lavoro del Servizio Sanitario Nazionale e delle aziende.

La sorveglianza epidemiologica ha comportato anche la conduzione di uno studio prospet-tico di mortalità dei lavoratori esposti al CVM assunti dall’inizio dell’attività fino alla metà degli anni ’80 in nove stabilimenti (Pirastu et al, 1991; 1997,1998); i dati relativi a sei stabilimenti sono confluiti nello studio multicentrico europeo (Simonato et al, 1991;

Ward et al, 2001). I risultati dello studio confermano l’insieme dell’evidenza epidemiologi-ca riguardante la associazione epidemiologi-causale tra esposizione a CVM e angiosarcoma del fegato, come anche la presenza di un rischio aumentato per carcinoma epatocellulare, cirrosi epa-tica e tumore del polmone, limitatamente, per quest’ultimo, a coloro che hanno svolto esclusivamente la mansione di insaccatore. Lo studio caso-controllo per il tumore del pol-mone innestato nella coorte di Porto Marghera (Mastrangelo, 2003) ha mostrato che, tenendo conto delle abitudini al fumo, aver svolto per più di 3,5 anni la mansione di insac-catore comporta circa un raddoppio di rischio per il tumore del polmone. L’esposizione professionale a CVM porta quindi ad una associazione con patologie di tipo tumorale che non sono solo a carico del fegato, ma anche di altri distretti e organi; qui di seguito ne riportiamo l’evidenza attualmente disponibile. Esposizioni a CVM e tumori diversi dall’angiosarcoma Carcinoma epatocellulare L’associazione tra l’esposizione professiona-le a CVM e il carcinoma epatocellulare nell’uomo è stata ripetutamente segnalata a parti-re dalla metà degli anni ’70 in diversi paesi, Germania (Gokel 1976, Koischwitz 1981, Dietz 1985, Lelbach 1996, Weihrauch 2000), Francia (Saurin 1997), Italia (Pirastu 1990, Pirastu 1997), Stati Uniti (Bond 1990), Hong Kong (Evans 1983), Taiwan (Du &

Wong 1998, Wong 2002) e Giappone (Makita 1997). Lo studio europeo degli esposti a CVM ha osservato una forte relazione doserisposta per durata ed esposizione cumulativa a partire dalla categoria di esposizione pari a 735-2.379 ppm-anni (Ward et al, 2001). La recente meta-analisi degli studi riguardanti la mortalità degli esposti a cloruro di vinile (Boffetta et al, 2003) riporta un aumento di rischio per tumori del fegato diversi dall’angiosarcoma. Per completezza è bene ricordare che l’esposizione a CVM/PVC determina un aumento di rischio per cirrosi epatica (Taiwan Du, 1998), l’osservazione è confermata dall’indagine europea (Ward et al, 2001) che evidenzia una relazione dose-risposta, con un’aumentata mortalità a partire dalla categoria di esposizione cumulativa

pari a 524-998 ppm-anni. Il modello che ipotizza che sia il carcinoma epatocellulare che la cirrosi siano il risultato dell’interazione di più fattori di rischio é presentato anche in un recente contributo che indica l’impiego del PVC nell’industria come potenziale fattore di rischio per lo sviluppo del carcinoma epatocellulare (Romeo & Colombo 2002). Tumore del polmone L’evidenza epidemiologica relativa all’associazione tra esposizione a CVM e tumore del polmone mostra che, nelle coorti di esposti a CVM-PVC nel loro complesso, non si è generalmente osservato un eccesso di mortalità per tumore del polmone mentre se nelle coorti per le quali é stata condotta un’analisi specifica per gli insaccatori, definiti

“addetti esclusivamente all’insacco” (Jones et al, 1988; Ward et al, 2001; Pirastu et al, 2001), si sono identificati incrementi di mortalità. In particolare il recente studio europeo (Ward 2001) ha osservato un aumento del rischio all’aumentare della stima dell’esposi-zione cumulativa a CVM tra coloro che hanno svolto esclusivamente la mansione di insac-catore Per quanto riguarda la mortalità per tumore del polmone organizzazioni quali IARC (1987), IPCS (1999), EPA (2000), riportano un rischio aumentato per i lavora-tori dell’industria del CVM-PVC, dal punto di vista eziologico, la discussione sul fattore di rischio in gioco, sia esso la polvere di PVC per sè, ovvero il monomero in essa intrappo-lato, resta ancora aperta. Incrementi di mortalità per melanoma maligno della cute sono stati osservati in Norvegia (Storetvedt Heldaas, 1984, 1987, Langård, 2000) e nello stu-dio multicentrico europeo (Limonato, 1991), il cui aggiornamento (Ward, 2001) mostra un aumento del rischio all’aumentare della dose cumulativa. La ripetuta osservazione di incrementi di rischio, in studi di buona qualità e grandi dimensioni, effettuati in Norvegia, Italia e Gran Bretagna, rende plausibile l’esistenza di un’associazione tra esposizione a CVM e melanoma. Lo studio multicentrico europeo (Ward, 2001) e lo studio USA (Mundt, 2000) hanno rilevato incrementi significativi di mortalità per i sarcomi dei tessu-ti molli ma nel primo studio la raccolta di informazioni aggiuntessu-tive a quelle del certessu-tificato di morte ha mostrato che tre dei sei casi erano angiosarcomi epatici; tale osservazione porta a considerare con cautela incrementi di rischio per questa causa che si basano esclu-sivamente sul certificato di morte. Definizione dell’esposizione a CVM Si propone di uti-lizzare la matrice mansione-esposizione messa a punto negli studi italiani di mortalità degli esposti. Tale matrice è costituita da stime specifiche per mansione e periodo di calen-dario espresse in ppm; tali stime sono state fornite dalle aziende e fatte proprie dal gruppo di lavoro dello studio epidemiologico italiano, previa discussione ed accordo (Pirastu, 1991). Tali stime sono state poi fornite all’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro di Lione che le ha utilizzate, previa codifica con codici propri (codice IARC) nello studio europeo degli esposti a CVM (Simonato, 1991; Ward, 2001). Le Tabelle a, b, c, d, e seguenti riportano tali informazioni per gli stabilimenti italiani.

Tabella a: Matrice mansione-esposizione nella coorte degli esposti a CVM a Porto Marghera

Tabella a (continua): Matrice mansione-esposizione nella coorte degli esposti a Porto Marghera

Tabella 5b: Matrice mansione-esposizione nella coorte degli esposti a CVM a Ravenna

Tabella 5b (continua): Matrice mansione-esposizione nella coorte degli esposti a CVM a Ravenna

Tabella 5c: Matrice mansione-esposizione nella coorte degli esposti a CVM a Brindisi

Tabella 5c (continua): Matrice mansione-esposizione nella coorte degli esposti a CVM a Brindisi

Tabella 5d: Matrice mansione-esposizione nella coorte degli esposti a CVM a Ferrara

Tabella 5e: Matrice mansione-esposizione nella coorte degli esposti a CVM a Rosignano

Da una monografia del 1987 della IARC (International Agency for Research on Cancer) di Lione, si evince che: “Il cloruro di vinile è stato associato con tumori al fegato, cervello, polmone e sistema emopoietico. Un largo numero di studi epidemiologici e di case-reports ha confermato l’associazione causale tra CVM e angiosarcoma del fega-to. Numerosi studi confermano anche che l’esposizione al CVM causa altre forme di can-cro, come ad esempio, carcinoma epatocellulare, tumori al cervello, tumori polmonari, e tumori maligni del sistema linfatico ed emopoietico”.

Secondo quanto riportato dal dott. Pietro Comba, dell’Istituto Superiore della Sanità, in Tempo Medico n. 634 del 19.05.1999 “La valutazione del rischio cancerogeno associa-to al CVM, il prodotassocia-to gassoso a partire dal quale si ottiene per polimerizzazione il PVC, si basa soprattutto su dati relativi alle esposizioni lavorative. E’ del 1970 la prima segnala-zione della cancerogenicità del CVM sugli animali da laboratorio a opera di Pierluigi Viola, e del 1973 la prima pubblicazione di casi di angiosarcoma epatico verificatisi in soggetti professionalmente esposti a opera di Creech e Johnson negli Stati Uniti.

Successivamente una serie di esperimenti condotti da Cesare Maltoni e collaboratori

hanno documentato che nei sistemi sperimentali il CVM è un cancerogeno multipotente.

Sul piano epidemiologico, numerosi studi sono stati condotti in diversi paesi, tra i quali il nostro. I dati italiani, che sono inclusi nel progetto europeo sul cloruro di vinile coordinato dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro di Lione, hanno mostrato un aumento del rischio non solo di angiosarcoma epatico, ma anche di epatocarcinoma per i lavoratori esposti. Questo risultato è in accordo con i risultati di analisi di studi condotti, fra l’altro, in Germania, in Gran Bretagna e a Taiwan. E’ stato inoltre suggerito un aumentato rischio di tumori della laringe e del polmone, questi ultimi in particolare nelle lavorazioni in cui è maggiore l’esposizione a polveri di PVC. Nel considerare i rischi connessi all’uti-lizzo dei prodotti in PVC, vanno presi in esame non solo i dati tossicologici relativi al clo-ruro di vinile, ma anche quelli concernenti i plastificanti, gli stabilizzanti, i coloranti e i ritardanti di fiamma. Fra i plastificanti i più utilizzati sono gli ftalati, in particolare il die-tilesilftalato (DEHP). Il DEHP mostra proprietà teratogene ed embriotossiche nel topo, mentre i saggi di mutagenicità ai quali è stato sottoposto hanno sinora fornito risultati negativi. Mostra inoltre effetti cancerogeni nel topo e nel ratto e ha la capacità di indurre la trasformazione cellulare. Il DEHP può venire rilasciato dal PVC usato, per esempio, per le apparecchiature di dialisi e le sacche in cui si conserva il sangue, contaminandolo.”

Il dott. Luigi Mara, di Medicina democratica, in un articolo pubblicato su Tempo Medico n. 634 del 19.05.1999 dichiara che “IlCVM è un composto tossico, con proprietà mutagene e cancerogene, ed è sempre presente, con contenuti variabili, in tutti i tipi di PVC. La tossicità del cloruro di vinile è nota almeno dagli anni quaranta, mentre le sue proprietà cancerogene dagli anni sessanta. Da allora la produzione mondiale di CVM/PVC non solo non è diminuita, ma è stata addirittura triplicata (24-26 milioni di tonnellate sono state prodotte nel 1998). Negli anni settanta per la produzione del CVM è stato adottato il processo con l’1,2-dicloroetano (DCE). Il DCE, come il CVM, è un composto tossico, mutageno e cancerogeno. Di più, nel suo ciclo produttivo, a seguito di reazioni parassite, si formano diossine. Eppure questa grave controindicazione del proces-so è stata resa nota proces-solo nel 1989 agli addetti ai lavori da ricercatori olandesi.”.

Da un recente studio degli SPISAL delle ASL di Venezia e Dolo su 889 ex-esposti a CVM/PVC si evince, inoltre, che “il CVM induce nei lavoratori esposti malattie epatiche benigne (fibrosi e cirrosi) e maligne (angiosarcoma e carcinoma epatocellulare). Inoltre, negli insaccatori esposti a polveri di PVC è stato trovato un alto rischio di cancro polmo-nare. Il rischio di tumori epatici e polmonari rimane elevato anche dopo la cessazione dell’esposizione.”.

Dalla relazione sulla “Sperimentazione di un modello di sistema di sorveglianza sanitaria ai lavoratori con pregresse esposizioni professionali a cancerogeni (CVM - amianto)”

elaborata nel 2005 dalla Regione Veneto si evince che “... in occasione dell’indagine epi-demiologica italiana, alla fine degli anni ’80, fu costruita dai tecnici dello stabilimento (di Marghera) e da ricercatori dell’Istituto Superiore di Sanità una matrice in cui per ciascu-na combiciascu-nazione di processo produttivo, mansione e periodi di calendario, erano forniti i dati di esposizione... Le esposizioni più rilevanti si verificavano nella produzione del poli-mero, in particolare per gli addetti alla pulizia e al funzionamento dell’autoclave ed anche per gli insaccatori; fino al 1965 si sono verificate esposizioni fino a 500 e più ppm, mentre sono sempre inferiori a 200 ppm dal 1966 in poi... Mastrangelo [1979] riportò concentra-zioni di polvere di PVC superiori a 10 mg/m3 in circa il 60 % dei campioni prelevati nei reparti di essiccamento, insaccamento e mescola. Le concentrazioni erano molto elevate soprattutto nella fase di insaccamento di PVC.... “.

Da ricerche svolte da un gruppo di lavoro dell’università di Cagliari (Enrico Dessy e altri - 1980) si evince, inoltre, che “il PVC non si comporta come un materiale inerte,

bensì come una sostanza biologicamente attiva che esplica un’azione nociva sui tessu-ti...”, arrivando “in tempi lunghi, all’insorgenza di neoplasie mesenchimali maligne nelle sedi di impianto addirittura di tumori maligni diversi in vari distretti organici”.

bensì come una sostanza biologicamente attiva che esplica un’azione nociva sui tessu-ti...”, arrivando “in tempi lunghi, all’insorgenza di neoplasie mesenchimali maligne nelle sedi di impianto addirittura di tumori maligni diversi in vari distretti organici”.