NELL'INFORTUNISTICA DEL LAVORO
INFORMAZIONI COMPLEMENTARI
Dalle ricerche effettuate e dalla documentazione agli atti sono state raccolte le seguenti informazioni.
Presso l’ex stabilimento Liquichimica di Ferrandina (MT) si è prodotto, dal 1964 al 1979, cloruro di polivinile (polivinilcloruro o PVC) partendo da cloruro di vinile monomero (CVM), ottenuto nello stesso stabilimento a partire da acetilene e acido cloridrico.
Nello stabilimento, fino al marzo 1979 (anno di definitiva fermata dello stabilimento), si è prodotto anche metanolo (dal residuo dell’acetilene), soda caustica ed alcool metili-co, oltre ad altri sottoprodotti delle lavorazioni principali: acetilene ed ossigeno.
Le materie prime utilizzate per la produzione di PVC erano l’idrogeno ed il cloro. Il cloro era ottenuto dal salgemma proveniente dalle saline di Margherita di Savoia (FG), mentre l’idrogeno era ottenuto, oltre che nella fase di produzione del cloro, dal frazio-namento dell’aria e con operazione di cracking del metano fornito dalla SNAM S.p.A.
di Salandra Scalo (MT).
Il CVM, al termine del suo ciclo di produzione e prima di essere trasferito al reparto di produzione del PVC, veniva stoccato in serbatoi sotto pressione allo stato liquido e sot-toposto a varie analisi chimiche atte ad accertare la qualità e la purezza.
Presso l’ex stabilimento Liquichimica di Ferrandina lavoravano, al 1972, circa 630 ope-rai e tecnici, ripartiti in 4 turni di 40 ore settimanali ciascuno, organizzati in modo da coprire l’intera settimana, stante la continuità del ciclo lavorativo.
Attualmente lo stabilimento è inesistente, essendo stato completamente smantellato nel corso degli anni successivi alla fermata.
Gli impianti produttivi, ausiliari e logistici erano i seguenti:
- centrale termoelettrica - frazionamento aria e servizi - impianto cloro-soda - impianto acido cloridrico - impianto acetilene
- impianto cloruro di vinile monomero (CVM) - parco serbatoio monomero
- impianto polimerizzazione cloruro di vinile - impianto essiccamento e finitura polimero - magazzino polimero
- impianto frigorifero - impianto metanolo
- stoccaggio e spedizione metanolo.
Erano inoltre presenti una serie di servizi ausiliari, come l’impianto di demineralizza-zione acqua, le vasche di rilancio dell’acqua di raffreddamento, il parco serbatoi nafta, i magazzini generali, l’officina meccanica e i laboratorio.
Più in particolare, le aree lavorative possono essere schematizzate come segue:
AREA GAS
Nell’area gas venivano eseguite le seguenti lavorazioni:
1. frazionamento dell’area per la produzione di idrogeno;
2. produzione dell’acido cloridrico (sintesi dell’idrogeno e del cloro);
3. craking del metano (produzione di idrogeno ed ossido di carbonio);
4. produzione di alcool metilico (sintesi di idrogeno ad alta temperatura ed ossido di carbonio, sotto pressione ed in presenza di ossidi metallici come catalizzatori), con distillazione e purificazione;
5. produzione di acetilene (dal metano per decomposizione ad alta temperatura);
6. produzione di ossigeno.
Nel 1972 all’area gas erano addetti mediamente 34 lavoratori: capo area, assistente capo squadra, capi turno metanolo, addetti metanolo, addetti unità distillazione, addetti com-pressori, addetti craking, addetti sintesi, addetti sostituzioni, addetti pulizie.
CENTRALE TERMOELETTRICA
Era costituita da due gruppi caldaia. Il fabbricato, che racchiudeva le turbine e gli alternatori, era costruito in ferro con muri perimetrali in laterizio. Le solette erano parte in c.a. e parte in grigliato.
IMPIANTO FRAZIONAMENTO ARIA E SERVIZI
Era costituito da due unità di separazione azoto/ossigeno. La separazione avveniva per distillazione di aria liquida. L’impianto era provvisto di due gasometri, uno per l’ossi-geno e uno per l’azoto; nonché di una parte di compressori che pompavano i due gas
alle diverse utenze della fabbrica. La sala macchine era costituita da un fabbricato in ferro, con muri perimetrali in laterizio e fibrocemento e con solette parte in c.a. e parte in grigliato. All’esterno della sala macchine erano installati i due box che costituivano i veri e propri complessi di separazione.
IMPIANTO CLORO-SODA
Formavano questo impianto una serie di celle elettrolitiche per l’elettrolisi del cloruro di sodio in soluzione che era la materia prima per l’ottenimento di cloro, idrogeno e soda caustica; una centrale di conversione per produrre l’energia elettrica a corrente continua necessaria all’elettrolisi, un’unità di essiccamento cloro, un deposito per il clo-ruro di sodio e un deposito per la soda prodotta, un’unità per la produzione di ipoclori-to. Le celle elettrolitiche erano montate su un solettone in c.a. ed erano all’aperipoclori-to.
L’unità di essiccamento cloro erano contenute in un fabbricato in c.a. provvisto solo parzialmente di copertura perimetrale. I fabbricati per la centrale di conversione e per l’impianto ipoclorito erano parte in c.a. e parte in ferro.
Il sale proveniente dalle saline veniva stoccato in uno spiazzo e da qui versato, a mezzo di carroponte, in grandi vasche di salamoia. Al termine del processo di purificazione la sala-moia passava nelle celle elettrolitiche dove veniva effettuata la produzione del cloro, della soda e dell’idrogeno. La soda prodotta veniva stoccata in serbatoi verticali in ferro.
Nel 1972 all’impianto cloro-soda erano addetti 44 lavoratori: capo area, assistente capo area, capi turno, capi squadra, operatori celle, addetti alla regolazione anodi, addetti 1°
op. salamoia, addetti 2° op. salamoia, addetti carico cisterne, addetti ricupero mercu-rio, addetti 1° op. reattori, addetti 2° op. reattori, sostituti assenti, addetti carroponte sale e addetti pulizie.
IMPIANTO ACIDO CLORIDRICO
Il cloro e l’idrogeno provenienti dall’impianto cloro-soda venivano fatti reagire in bru-ciatori di quarzo e dalla combustione si otteneva acido cloridrico sotto forma di gas.
Questo impianto era provvisto di un deposito di cloro costituito da serbatoi contenenti cloro liquefatto e di una gasometro per l’idrogeno.
Le unità di liquefazione cloro e di produzione di acido cloridrico erano contenute entro due fabbricati in c.a. aperti.
IMPIANTO ACETILENE
L’acetilene veniva prodotta per cracking del metano. Per l’ossidazione parziale di quest’ultimo veniva usato l’ossigeno proveniente dall’impianto frazionamento aria.
Comprendeva un’unità vera e propria di scissione, un reparto per la concentrazione dell’acetilene, una sala macchine, un reparto di purificazione e di compressione acetile-ne che pompava il gas prodotto all’impianto cloruro di vinile monomero. I fabbricati della scissione e della concentrazione erano costruiti a struttura mista, parte in c.a. e parte in ferro. La sala macchine e l’unità compressione acetilene, erano racchiusi in due capannoni in ferro perimetralmente aperti. Il fabbricato dell’unità purificazione era in ferro, aperto perimetralmente. Fu installato, inoltre, un complesso di vasche di decan-tazione per la separazione del nerofumo dall’acqua di processo, una torre di raffredda-mento a tiraggio naturale, un gasometro per il gas di reazione che usciva dall’unità scis-sione e un gasometro per l’acetilene.
IMPIANTO CLORURO DI VINILE MONOMERO (CVM)
L’impianto era costituito da una serie di reattori (dapprima 12, poi 14) dove, in
presen-za di catalizpresen-zatori avveniva la reazione tra l’acetilene e l’acido cloridrico proveniente dagli impianti descritti in precedenza, con produzione di cloruro di vinile monomero.
Quest’ultimo, compresso e liquefatto, veniva distillato e purificato e inviato al parco serbatoi. I reattori e l’unità di distillazione erano sostenuti da due separate strutture in ferro aperte, con piano di manovra in grigliato. La parte compressione era all’interno di un capannone in ferro coperto lateralmente.
PARCO SERBATOI MONOMERO
Era costituito da due serbatoi sferici adibiti al contenimento del cloruro di vinile mono-mero. Nella stessa aerea erano presenti altri serbatoi più piccoli contenenti reagenti vari per la polimerizzazione.
All’area parco serbatoi erano normalmente addetti 3 operai.
IMPIANTO CLORURO DI POLIVINILE (PVC) ESSICCAMENTO FINITURA -MAGAZZINO PVC E IMPIANTO FRIGORIFERO
Il PVC veniva polimerizzato in una serie di autoclavi provviste di agitatori, in presenza di agenti disperdenti, emulsionanti e catalizzatori, usando come mezzo di dispersione acqua demineralizzata. Si otteneva così una dispersione acquosa di polimero che veniva successivamente passata all’essiccamento e finitura dove era sottoposta a filtraggio in centrifughe, a disidratazione in essiccatori e quindi ridotta in polvere, setacciata e insaccata, per essere poi stoccata nel magazzino PVC. Le unità di polimerizzazione e finitura erano contenute in due separati fabbricati in ferro, con copertura perimetrale in laterizio o in eternit. Il magazzino PVC era un fabbricato chiuso in c.a. L’impianto frigorifero, costituito da un certo numero di compressori e scambiatori di calore, era destinato a produrre le frigorie necessarie agli impianti PVC ed era contenuto in un capannone in ferro.
Nel 1972 all’impianto PVC erano addetti 184 lavoratori.
IMPIANTO METANOLO E STOCCAGGIO
Il metanolo veniva prodotto per sintesi da ossido di carbonio e idrogeno, che proveni-vano a loro volta, da cracking del metano con ossido ottenuto sotto determinate condi-zioni. L’impianto era costituito da un’unità di cracking, da un’unità di sintesi, da un’unità di distillazione e da una parte compressione. Il metanolo veniva poi inviato al parco serbatoi e al parco spedizioni. I fabbricati sintesi e distillazione erano in ferro, aperti perimetralmente e con solai in grigliato. I compressori erano contenuti all’inter-no di un capanall’inter-none in ferro, chiuso perimetralmente con laterizio o eternit.
In tutti i fabbricati descritti esisteva una sala controllo. All’esterno dei limiti di batteria degli impianti, correva una via di tubi aerea che smistavano i vari fluidi alle diverse utenze, così pure una rete di tubazioni interrate per l’acqua di raffreddamento, antin-cendio, potabile, d’integrazione e per il metano. Quest’ultimo, proveniente dal metano-dotto ad alta pressione, esterno allo stabilimento, veniva decompresso in una stazione di riduzione di pressione e quindi convogliato, tramite tubi sotterranei, ai vari impianti di utilizzazione.
LABORATORI DI ANALISI CHIMICHE
Nei laboratori si effettuavano le analisi chimiche ed i controlli sui prodotti e le materie prime. Nei laboratori di analisi di controllo operavano mediamente circa 50 addetti (tra operai ed impiegati) mentre nel laboratorio analisi chimiche particolari lavoravano mediamente 10 addetti.
Nei laboratori, dotati di cromatografo, erano presenti cappe aspiranti, veniva utilizzato benzene come reagente, e venivano effettuate analisi epidemiologiche ed ambientali per individuare le fasi critiche di lavorazione del CVM, le fasi più esposte a perdite di pro-dotto e la determinazione degli ambienti in cui vi era maggior accumulo di CVM.
Gli operai addetti al laboratorio si recavano presso l’impianto di produzione del CVM per effettuare la campionatura del prodotto mediante l’azionamento della presa prelievi (situata al di sotto dei serbatoi) ed il prelievo del CVM con bocce di metallo tenute a bassa temperatura. Fino al 1974 tale prelievo veniva effettuato senza nessun dispositivo di protezione individuale (DPI) ed agli operai veniva solo indicato di indossare indumenti in cotone e non in fibra sintetica, a causa dell’elevata infiam-mabilità del prodotto.
SERVIZI AUSILIARI E GENERALI
Nel 1972 ai servizi ausiliari e generali erano addetti 368 dipendenti.