NELL'INFORTUNISTICA DEL LAVORO
CONTRIBUTO ALLA PREVENZIONE
Appare indispensabile avviare un sistema informativo “dinamico” atto a programma-re, pianificare e gestire le politiche di prevenzione e sicurezza sul lavoro. Ciò parte dalla considerazione che negli ultimi decenni in varie parti del paese molte Regioni e molti servizi di prevenzione e vigilanza nei luoghi di lavoro non hanno avuto a disposizione conoscenze e informazioni organizzate utili e, soprattutto necessarie a sostegno delle fasi di programmazione e pianificazione di progetti di prevenzioni realmente efficaci.
Sono mancate analisi informative strutturate da cui far emergere utili indicazioni:
• sui fattori di rischio presenti nelle aziende;
• sul livello tecnologico e sull’efficienza dei processi produttivi, sui metodi di lavoro;
• sul modello organizzativo;
• sulle “popolazioni” di lavoratori esposti al rischio;
• sul livello di sicurezza reale nei luoghi di lavoro.
Sono necessari flussi di interscambi sistematici tra Regioni, ISPESL, INAIL utili in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, insieme ai flussi di ritorno da ASL concernenti l’esistenza e la collocazione delle imprese in ogni territorio e la distribuzio-ne in tali imprese degli infortuni e delle patologie professionali. Questi obiettivi impon-gono all’INAIL di sviluppare il potenziale delle proprie Banche Dati, fondamentali per studiare il fenomeno infortunistico e tecnopatico da angolazioni diverse in relazione ai diversi livelli di ruoli e competenze degli operatori. L’INAIL può in misura ancora maggiore mettere a disposizione il suo patrimonio d’informazioni, esperienze e profes-sionalità specifiche che, con approfondimento ed aggiornamento continuo, possono sempre più dedicarsi alle problematiche dell’accertamento delle condizioni di sicurezza
e salute nei luoghi di lavoro affinché, in sinergia con quello degli altri organismi, depu-tati a gestire i processi prevenzionali, possa contribuire a realizzare un compiuto ed integrato sistema che tuteli la salute e la sicurezza dei lavoratori. A tal proposito si ricordi come già il D.Lgs.242/96 ha innovato rispetto al D.Lgs. 626/94 attribuendo all’INAIL la funzione di informazione, consulenza e assistenza in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro nei confronti di piccole e medie imprese, artigiani, associa-zioni datoriali.
Necessita avviare, tuttavia, un progetto più ampio per accrescere i livelli di conoscenza sulle problematiche emergenti (l’ergonomia, l’organizzazione aziendale del sistema interno di sicurezza, le nuove patologie lavoro correlate, la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, lo stress da lavoro ed il mobbing) e dare vita, di conse-guenza, ad un efficace azione di prevenzione, al fine di “educare alla salute” e incorag-giare comportamenti individuali più salubri miranti a ridurre il rischio di malattia e compromissione della salute in senso lato. Tale progetto, nel quale si inserisce l’iniziati-va “Promoter della Sicurezza e della Prevenzione” della Direzione Regionale INAIL per la Basilicata, dovrebbe coinvolgere Datori di lavoro, RSPP, Consulenti, RLS e Medici competenti e, soprattutto, i “lavoratori”, per realizzare un sistema integrato e partecipato di condivisione delle conoscenze e delle pratiche di lavoro, e promuovere il miglioramento della salute negli ambienti di lavoro, secondo i criteri della prevenzione ed attraverso la strutturazione ed il mantenimento di un sistema sinergico coinvolgente tutti i soggetti impegnati nella tutela della salute nel mondo del lavoro (Regione, ASL, Ispettorato del Lavoro, ISPESL, INAIL, INPS, ARPAV, Comitati Paritetici Territoriali, Associazioni Datoriali, Organizzazioni Sindacali, Servizio Epidemiologico Regionale, Dipartimento di Medicina Ambientale e Sanità Pubblica).
L’impegno della Direzione Regionale INAIL per la Basilicata è di ridurre costantemen-te il fenomeno infortunistico e costantemen-tecnopatico attraverso i canali della formazione, sia ai Datori di Lavoro che ai lavoratori e, soprattutto, con la creazione di una Rete della Sicurezza che dovrà portare a tutti gli attori che operano in tale delicato tema a sedersi intorno ad un tavolo per porre in essere azioni sinergiche di “intelligence” volte al rag-giungimento dell’obiettivo “rischio 0” nei luoghi di lavoro.
Le ampie conoscenze statistico-epidemiologiche sul mondo del lavoro in Basilicata, acquisite dalla tecnostruttura della DR Basilicata (SMR-CONTARP), le esperienze gestite negli anni, le professionalità sviluppate nel settore, in altri termini il nostro knowhow, possono essere messi a disposizione degli altri partners istituzionali nella direzione della prevenzione e nella progettazione di un sistema di sicurezza, valore aggiunto in una società che finalmente cerca di porre al centro dell’attenzione il lavora-tore con le sue esigenze ed i suoi bisogni, in piena applicazione dei principi cardine san-citi dalla carta costituzionale e rispondente alla moderna concezione del lavoro, quale strumento per vivere meglio e non il momento di maggior rischio della vita quotidiana.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
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INAIL: Rapporto Annuale Regionale Basilicata 2004 - Edizione INAIL ottobre 2005 INAIL: Rapporto Annuale 2004 - Edizione INAIL luglio 2005
* INAIL - SOVRINTENDENTE MEDICO REGIONALEBASILICATA
** MEDICO LEGALE COMMISSIONE INVALIDI CIVILE ASL SA/3
*** COORDINATORECONTARPD.R. INAIL BASILICATA
RIASSUNTO
OBIETTIVO: evidenziare la relazione tra l’esposizione lavorativa dei coltivatori diretti ai pesticidi e la mortalità per tumori desmoplastici (DSRCT-Desmoplastic Small Round Cell Tumors).
METODO: descrizione ed inquadramento dei DSRCT e ricerca di studi di metanalisi e revisioni della letteratura medica degli ultimi cinque anni.
CONCLUSIONI: allo stato delle conoscenze il rischio è soltanto di tipo tossico acuto o cronico nel senso che l’esposizione per assunzione orale o per inalazione o per contatto può produrre tossicità ma non cancro.
PREMESSA
Il presente lavoro nasce da una denuncia di MP sarcoma in coltivatore diretto per cui si è cercato di studiare i rapporti esistenti in letteratura tra questa tipologia di tumori e l’esposizione professionale ai pesticidi.
I gruppi di popolazioni esposti a pesticidi sono gli operai addetti alla produzione, gli agricoltori che li impiegano, i consumatori dei prodotti agricoli. Ovviamente gli agri-coltori sono esposti anche come consumatori dei prodotti.
Le fasi più pericolose dell’impiego dei fitofarmaci sono quelle della produzione e della manipolazione (specialmente se i pesticidi sono molto attivi). È pericolosa anche la dispersione di pesticidi diluiti a meno che questi non siano attivi su insetti, piante ecc.
in concentrazioni sicuramente non pericolose per l’uomo (es. alcuni moderni derivati del piretro) (DPR 290/01)1.
Spesso vengono poste in commercio associazioni di più pesticidi: in tal caso il potere tossico dei singoli composti può essere aumentato o diminuito. Per es. alcuni pesticidi agiscono su enzimi microsomiali del fegato che detossificano altri pesticidi. E’ impor-tante anche conoscere il grado di biodegradabilità dei pesticidi sia nei riguardi dei lavo-ratori che li impiegano sia nei riguardi dei consumatori che utilizzano prodotti alimen-tari trattati con pesticidi.
1 Decreto del Presidente della Repubblica n. 290 del 23 aprile 2001 Regolamento di semplificazione dei pro-cedimenti di autorizzazione alla produzione, all’immissione in commercio e alla vendita di prodotti fitosani-tari e relativi coadiuvanti (n. 46, allegato 1, legge n. 59/1997) pubblicato su G.U. n. 165 del 18/7/2001-Supplemento Ordinario.
L’uso dei pesticidi in Italia è regolamentato da numerose leggi (es. divieti e limiti nell’impiego di presidi sanitari contenenti DDT, lindano, antibiotici, chemioterapici, com-posti organofosforici ecc., classificazione e disciplina dell’imballaggio e dell’etichettatura delle sostanze e dei preparati pericolosi, ecc.); secondo il DPR n 1255 del 1968 (non più in vigore) i pesticidi venivano divisi in quattro classi a seconda della loro tossicità acuta: nella prima classe erano compresi quei principi attivi che avevano una DL50 per via orale nel ratto inferiore a 50 mg/kg o che potevano essere letali per l’uomo, nella seconda quelli con una DL50 inferiore a 500 mg/kg o che potevano provocare gravi intossicazioni, nelle altre due classi composti che avevano effetti lievi o trascurabili sull’uomo.
Attualmente i fitofarmaci vengono divisi in due classi (che tiene conto anche della loro tossicità cronica e degli eventuali effetti mutageni e cancerogeni). Solamente coloro che sono in possesso di un “patentino” rilasciato dalle ASL competenti di cui all’art. 23 del D.P.R. 3 agosto 1968, n. 1255/68. Possono comprare ed utilizzare i fitofarmaci della I classe. In particolare, in seguito al DPR n. 233/1988 che ha recepito la Direttiva CEE 78/631, la classificazione tossicologica dei presidi sanitari in Italia è cambiata adeguan-dosi a quella adottata in tutti i Paesi aderenti all’Unione europea.
Prevenzione delle intossicazioni da fitofarmaci: nel caos della produzione industriale e dell’uso continuativo di pesticidi in ambienti confinati (come le serre ed i silos) i proble-mi sono comuni a quelli della prevenzione per gli altri tossici industriali: è necessaria una corretta progettazione degli impianti, la messa in atto di sistemi di aspirazione o ventilazione, l’uso di guanti, tute, occhiali ed altri mezzi protettivi individuali, il con-trollo sanitario ed il monitoraggio biologico dei lavoratori esposti.
Per quanto riguarda la prevenzione delle intossicazioni da pesticidi negli agricoltori è evidente che, al giorno d’oggi, essa è attuata ad un livello non adeguato. La legge 626/94 fa obbligo di sottoporre a sorveglianza sanitaria solo i lavori dipendenti. Prima di questa legge dovevano essere sottoposti a controllo sanitario solamente quelli esposti ad organofosforici, idrocarburi alifatici, oli minerali, acido cianidrico, anidride solforo-sa ed altri composti il cui uso è stato in seguito proibito. Tuttavia nel nostro caso ci occupiamo degli eventuali effetti mutageni o cancerogeni dei pesticidi
Risulta, anche per questo motivo, difficile, poter acquisire informazioni sull’effetto dei pesticidi sugli agricoltori in modo da favorire la raccolta di dati epidemiologici che indirizzino le misure preventive. Ciò è particolarmente utile perché da rilevazioni ese-guite negli Stati Uniti e nella Comunità Europea risulta che non tutti i pesticidi in com-mercio sono stati accuratamente sottoposti ad indagini tossicologiche (quelli entrati in produzione prima del 1980). Inoltre, benché per una disposizione della CEE i nuovi pesticidi prima di poter essere utilizzati debbano essere sottoposti a prove di tossicità acuta, subacuta e cronica, a causa del segreto commerciale, in pratica, è difficile cono-scere nella loro completezza le indagini tossicologiche eseguite.
Gli agricoltori esposti a pesticidi dovrebbero essere sottoposti a visita medica non solo al termine del ciclo stagionale di impiego di questi prodotti ma anche prima, onde allontanare i soggetti non idonei. Negli agricoltori che usano esteri fosforici e carbam-mati vanno determinate le colinesterasi ecarbam-matiche, test di effetto ma non di dose.
Speriamo che nel prossimo futuro possano essere di facile applicazione anche altri test di esposizione a pesticidi.
Il fenomeno tumori in agricoltura è certamente poco studiato e sottostimato a causa di una scarsa conoscenza delle nozioni di oncologia professionale da parte dei medici ed anche perché essendo nota la multifattorialità dei tumori, non ci si interroga nemmeno più se una particolare esposizione possa aver favorito o meno lo sviluppo di una deter-minata neoplasia.
Inoltre gli addetti ai lavori agricoli, colpiti da neoplasia, per ignoranza, difficilmente pensano di denunciare la neoplasia. In quei pochi casi denunciati esiste una evidente difficoltà nel chiarire il tipo di esposizione, la tipologia del prodotto, il periodo di espo-sizione che comunque può apparire del tutto discontinuativo nell’arco della giornata e nel tempo.
Sono note da tempo molte sostanze che causano vari tipi di tumori negli agricoltori e che in passato venivano comunemente adoperati prevalentemente come diserbanti, l’arsenico o, i composti a base di arsenico, come antiparassitari, specie nella coltivazio-ne della vite, o come rodentocidi (arsenicato di piombo). Essi causano tumori bron-chiali, epiteliomi cutanei, epatocarcinomi, emangiosarcoma epatica, classificati dalla IARC nel gruppo 1.
Il benzene (benzolo) o i suoi analoghi contenenti benzene sono dei solventi che veniva-no usati come solventi per la preparazione dei pesticidi o per mescolarne tipi diversi.
Può essere assorbito per via inalatoria o per contatto e causare le leucemie classificato dalla IARC gruppo 1 (sufficiente evidenza di carcinogenicità nell’uomo).
Notorio l’effetto neoplastico (carcinomi ed adenocarcinoma del polmone, linfoma non Hodgkin) della 2,3,7,8, tetraclodiebenzo paradiossina per incenerimento dei rifiuti urba-ni, pratica molto usata dai coltivatori. Gli agricoltori possono essere esposti o perché adoperano erbicidi contaminati o nelle attività di incenerimento di vegetazione contami-nata o perché i loro terreni su cui lavorano si trovano in vicinanza di discariche ove hanno luogo attività di incenerimento non protette. La 2,3,7,8, tetraclodiebenzo para-diossina è nel gruppo 1 della IARC. Negli anni una serie di Direttive Comunitarie sono state emanate al fine di ridurre i rischi derivanti dall’uso dei pesticidi, definendo una serie di limiti alle loro concentrazioni nella frutta e nei vegetali, nei cereali e nei prodotti di origine animale. Altre direttive hanno riguardato l’armonizzazione delle regole nazio-nali (per gli aspetti relativi alla classificazioni, al confezionamento all’etichettatura dei pesticidi e delle sostanze attive), come pure le norme relative alla registrazione, alla com-mercializzazione e all’uso. Peraltro oggi è necessario un patentino per l’utilizzo e l’acqui-sto dei prodotti fitosanitari classificati “ molto tossici, tossici e nocivi “.
Il 2,3,7,8-TCDD fa parte delle policlorurate dibenzo para-diossine (PCDDs) sostanze che possono formarsi nella produzione di clorofenoli e degli erbicidi clorofenossiacetici, e possono essere contaminanti proprio di tali prodotti. I PCDDs, unitamente ai poli-clorurati dibenzofurani possono inoltre essere prodotti nei processi termici, come i pro-cessi di incenerimento o lo sbiancamento della carta con cloro. I PCDDs possono esse-re ubiquitari ed esseesse-re ritrovati nel suolo, nei sedimenti e nell’aria. L’esposizione di tipo occupazionale è avvenuta a partire dagli anni ‘40, a seguito della produzione e dell’uso delle sostanze sopra menzionate. Sporadiche, ma alte esposizioni si sono inoltre verifi-cate a causa di incidenti industriali.
Le evidenze di tipo epidemiologico più robuste riguardano la 2,3,7,8- TCDD, in parti-colare 4 studi di coorte su produttori di erbicidi e uno su una coorte di residenti in un area contaminata (Seveso). Un aumento di rischio per tutti i tumori combinati è stato osservato nelle coorti su citate anche se l’incremento di rischio maggiore è stato osser-vato nelle sub-coorti con esposizione maggiore. Un eccesso di sarcomi dei tessuti molli è stato osservato solo in alcune delle coorti. Altrettanto è stato osservato per il linfoma non Hodgkin. L’evidenza più forte riguarda però tutti i tumori nel complesso, piutto-sto che singole sedi tumorali.
A fronte dei rischi di vari tumore paventati dall’esposizione ai pesticidi, abbiamo volu-to verificare nella letteratura, il rapporvolu-to esistente tra alcuni particolari tumori i sarco-mi e l’esposizione stessa nei lavoratori agricoli.