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DANNI ALLA SALUTE DA ESPOSIZIONE ALLE RADIAZIONI LASER

LASER A COLORANTI

Si tratta ti laser fortemente tunabili. Molto utilizzato è il laser a Rodamina che però ha una bassissima efficienza.

Frequenza di emissione: da 570 a 650 nm.

E’ assorbito da vari tessuti (a seconda della frequenza utilizzata).

Utilizzo medico: soprattutto in campo oftalmico; l’accordabiltà in frequenza permette di scegliere selettivamente il tessuto da fotocoagulare.

INTRODUZIONE

Sicurezza nell’uso dei dispositivi laser

A seconda della potenza e delle caratteristiche della radiazione emessa, il laser può esse-re molto pericoloso o del tutto innocuo per i nostri tessuti.

I laser che vengono utilizzati in campo estetico emettono nello spettro che va dalla luce visibile all’infrarosso. Si tratta in ogni caso di radiazioni non ionizzanti per cui non esi-ste alcun rischio di mutazioni genetiche anche per potenze molto elevate. Ciò non signi-fica però che possano essere utilizzati tutti senza rischi.

I dispositivi laser sono classificati in base alla loro pericolosità dalla norma europea CEI EN 60825-1 (class. CEI: 76-2) più corrigendum: Sicurezza degli apparecchi laser.

Tale norma suddivide i dispositivi laser nelle classi: 1, 2, 3°, 3B e 4 in relazione alla loro pericolosità, che dipende sia dalla potenza che da altri fattori, tra cui la lunghezza d’onda e la focalizzazione del fascio laser.

La norma suddetta considera le apparecchiature che ricadono nelle classi 1 e 2 come dispositivi che possono essere utilizzati anche per scopi educativi e intrattenimento

senza la supervisione di personale esperto. La norma raccomanda comunque che il rag-gio laser di classe 2 non venga rivolto intenzionalmente contro le persone.

Per le apparecchiature di classe 3° la norma raccomanda di evitare l’osservazione inten-zionale prolungata del fascio diretto; la visione accidentale diretta, la luce diffusa dal fascio e la luce diffusa riflessa non costituiscono pericolo. Il raggio non deve essere rivolto intenzionalmente verso le persone e deve essere possibilmente interrotto o diffu-so al termine del suo percordiffu-so utile. L’udiffu-so di strumenti ottici per guardare il fascio di un laser di classe 3° può risultare pericoloso. La norma non richiede l’utilizzo di occhia-li protettivi per laser di classe 3°. L’uso di taocchia-li laser dovrebbe essere occhia-limitato al persona-le addetto, che deve essere informato sulpersona-le condizioni d’uso in sicurezza.

Per le apparecchiature di classe 3B la visione diretta del fascio ad occhio nudo o attra-verso dispositivi ottici è sempre pericolosa. La visione del fascio diffuso normalmente non è pericolosa. Tali dispositivi devono essere messi in funzione solo in aree controlla-te e ben delimitacontrolla-te e sulle porcontrolla-te di accesso a tali aree deve esserci un avviso di pericolo laser costituito da un cartello di tipo standard. Deve essere posta particolare cura per evitare riflessioni indesiderate del fascio, devono venire indossati occhiali idonei a pro-teggere l’occhio. La potenza di questi laser costituisce un pericolo per l’occhio ma non costituisce generalmente un pericolo per la pelle. Il loro uso deve essere limitato alle persone addette, che devono essere adeguatamente preparate.

Le apparecchiature di classe 4 sono quelle per cui risulta pericolosa anche le visione del fascio diffuso oltre che la visione del fascio diretto. Le apparecchiature laser che appar-tengono a questa categoria possono causare serie lesioni alla pelle. Questi dispositivi laser devono essere utilizzati solo da personale qualificato entro strutture controllate, gli operatori devono indossare idonei occhiali e indumenti protettivi.

Il fenomeno LASER

L’acronimo L.A.S.E.R. significa: “amplificazione della luce per emissione stimolata”

(Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation). Inventato da Maiman nel 1960, trovò le sue prime applicazioni in campo medico nel 1961, grazie al dermatologo Leon Goldman.

Per capire come viene generata la luce laser e quali sono le caratteristiche che la distin-guono dalla luce di una comune lampadina, occorre sapere, almeno in generale, il feno-meno fisico che fornisce al nostro senso della vista una percezione del mondo che ci cir-conda.

Quella che chiamiamo comunemente “luce” perché viene percepita dal nostro senso della vista è una forma di energia che in realtà, ricade nella stessa categoria di altre che ci sono familiari come: il calore, i raggi X, i raggi ultravioletti e le onde radio. Anche se queste forme di energia vengono percepite in modo diverso dai nostri sensi o se non vengono percepite affatto, se non attraverso l’uso di strumenti elettronici o di partico-lari lastre fotografiche, esse appartengono tutte alla stessa categoria: sono tutte onde elettromagnetiche.

Non vogliamo in questa sede addentrarci nello studio dell’elettromagnetismo, che richiede una trattazione matematica assai complessa, ci basterà considerare alcuni aspetti intuitivi del fenomeno.

Si parla di onde in quanto il loro comportamento, almeno dal punto di vista formale, è molto simile a quello delle più familiari onde che increspano la superfice dell’acqua o delle onde sonore o delle onde sismiche. La differenza sostanziale con queste onde mec-caniche è che le onde elettromagnetiche possono propagarsi e quindi trasportare ener-gia anche nel vuoto, mentre le onde che si propagano sulla superfice dell’acqua o le

onde sonore o le onde sismiche trasportano energia solo in virtù del mezzo (acqua, aria o terreno) in cui si propagano. Ciò potrebbe risultare poco intuitivo per le onde sonore ma è possibile dimostrare che è impossibile ascoltare il trillo di una sveglia che suona sospesa in una campana di vetro da cui è stata tolta l’aria mentre tutti sappiamo che la luce ed il calore del Sole ci raggiungono dopo avere attraversato un lunghissimo per-corso nel vuoto pressochè assoluto.

Considereremo la similitudine con le onde che possiamo vedere sulla superfice dell’acqua, che fanno parte della nostra esperienza quotidiana e sono quindi di imme-diata comprensione.

Se sulla superfice inizialmente calma di uno specchio d’acqua facciamo cadere una goc-cia d’acqua che abbiamo precedentemente preso con un contagocce, l’energia dell’impatto della goccia con la superfice dell’acqua genera delle onde concentriche che si attenuano rapidamente allontanandosi dal punto in cui è caduta la goccia; tale punto costituisce una sorgente elementare di onde.

Similmente è possibile realizzare una sorgente elementare di onde elettromagnetiche facendo “cadere” un elettrone verso il nucleo. L’elettrone come la goccia della similitu-dine cede parte della sua energia e questa energia perturba lo spazio circostante diffon-dendosi sotto forma di onda elettromagnetica (*).

Poiché l’elettrone è molto più piccolo di qualsiasi strumento che possiamo pensare di costruire per prenderlo, l’unico modo di spostarlo dalla sua posizione iniziale è quello di farlo saltare su di un’orbita più esterna dandogli una “spinta” con una “dose” di energia (ad esempio con una scarica elettrica, con un flash di luce o colpendolo con un altro elettrone).

Se sulla superfice dell’acqua si mettesse a piovere, avremmo una miriade di gocce che colpirebbero la superfice in momenti diversi generando tante sorgenti di onde tra loro incoerenti (cioè non sincronizzate, caotiche) che causano una modesta increspatura irregolare dell’acqua.

Lo stesso effetto si ottiene producendo una scarica elettrica in un tubo al Neon del tipo per insegne luminose. La scarica elettrica da delle “spinte” disordinate agli elettroni degli atomi di Neon che tornano nelle loro posizioni originali in istanti diversi, gene-rando tante sorgenti incoerenti di onde elettromagnetiche visibili, di colore rosso. La luce rossa risultante è una luce comune, senza caratteristiche fisiche particolari, disordi-nata come la superfice increspata dell’acqua quando piove.

Torniamo all’acqua, mettiamola in un recipiente rettangolare e immaginiamo di fare cadere contemporaneamente tante gocce affiancate, vicinissime tra di loro per tutta la larghezza del recipiente. L’insieme di tutte queste sorgenti elementari costituirà un fronte d’onda, cioè un’onda simile a quella che si vede in prossimità della spiaggia, non un insieme di cerchi come nel caso di una singola goccia. Un modo più semplice per ottenere un fronte d’onda è di immegere una lama larga quasi quanto il recipiente.

Premesso che indicheremo come lunghezza d’onda la distanza tra due creste dell’onda, se le pareti del recipiente sono lontane dalla sorgete una lunghezza che è un multiplo della lunghezza d’onda, l’onda si rifletterà sulle pareti e tornerà verso la sorgente in fase con l’onda iniziale ovvero le creste dell’onda riflessa ricopriranno le creste dell’onda iniziale. In queste condizioni si parla di onda stazionaria in quanto l’onda continua a riflettersi sovrapponendosi all’onda precedente, come se non si spostasse.

Se, similmente a quando si spinge una altalena, si producono altri fronti d’onda in modo che questi si sovrappongano all’onda riflessa si otterrà una situazione in cui le onde continueranno a crescere di intensità ovvero subiranno una amplificazione via via crescente.

L’effetto risultante da tale trasferimento ordinato di energia è assai diverso da quello che avrebbe ottenuto una uguale energia sotto forma di pioggia disordinata di gocce.

Riprendiamo il nostro tubo riempito di una miscela molto rarefatta di Elio e di Neon e mettiamo due specchi alle estremità, con lo stesso criterio della pareti della bacinel-la, ovvero in modo che la distanza tra i due specchi sia un multiplo esatto della lun-ghezza d’onda della luce emessa dalla scarica (la lavorazione richiede una precisione estrema). Dosando opportunamente l’energia introdotta si può ottenere una onda stazionaria che stimola le ricadute degli elettroni sincronizzandole. L’energia viene così assorbita in modo ordinato e l’onda luminosa continua ad aumentare d’inten-sità; ciò porterebbe rapidamente alla distruzione del tubo. Per evitare che ciò avvenga uno dei due specchi non è completamente riflettente e lascia passare parte della luce.

La luce che esce da tale specchio è una luce particolare, coerente (estremamente ordi-nata); gli effetti sulla materia che colpisce sono molto diversi da quelli che produrreb-be la luce convenzionale.

Poiché la sensazione cromatica che percepisce l’occhio dipende dalla lunghezza d’onda della luce è evidente che la luce laser deve essere per forza monocromatica ( )

Riassumendo, le peculiarità della luce laser sono la coerenza (spaziale e temporale) e la monocromaticità. In funzione della lunghezza del tubo laser e del suo diametro, il fascio può risultare più o meno divergente (non parallelo), ma la divergenza è sempre piuttosto contenuta. A differenza della luce normale la luce laser può essere concentra-ta in aree piccolissime producendo densità di energia elevatissime che consentono di tagliare anche i metalli.

Sebbene la costruzione di un laser richieda processi di lavorazione estremamente raffinati e una trattazione rigorosa necessiti di approfondite conoscenze in fisica quantistica, abbiamo visto che il concetto di base è relativamente semplice: della luce comune, costituita da radiazioni “disordinate” viene “pompata” in un materiale otticamente attivo che ne assorbe l’energia restituendola sotto forma di luce ordina-ta (coerente) e di un sol colore (monocromatica), ciò in virtù delle caratteristiche ottiche e geometriche del sistema in cui è inserito che creano quelle onde stazionarie in grado di sincronizzare il rilascio di energia luminosa accumulata nel materiale attivo, in modo che tutti i singoli contributi si sommino. La luce entrante nel mate-riale attivo è quella di cui abbiamo quotidiana esperienza, costituita da onde che si muovono in modo caotico come la folla in un mercato, la luce che esce invece è molto particolare e le sue onde sono come dei soldati che marciano tutti con la stes-sa cadenza, alla stesstes-sa velocità, facendo gli stessi movimenti, e ciascun movimento si somma a tutti gli altri producendo un effetto notevolmente ingigantito. Una lampa-da lampa-da 1W riesce a malapena a illuminare un foglio ma una luce laser con una poten-za mille volte inferiore può abbagliarci

I laser si dividono in laser a impulsi, caratterizzati dall’emissione di potenze molto ele-vate (fino a centinaia di milioni di watt) per tempi molto brevi, e in laser a funziona-mento continuo (CW) o quasi continuo (QCW), caratterizzati da emissione di durata estesa a potenze relativamente basse (fino ad alcune migliaia di watt).

Proprietà e interazione della luce laser con i tessuti

Se un raggio LASER ad alta energia può essere utilizzato per tagliare e saldare i tessuti, a basse energie la luce LASER di lunghezza d’onda compresa tra 600 e 900 nm, ovvero di colore compreso tra il rosso e l’infrarosso, riesce a penetrare in profondità nella pelle e interagisce con la struttura interna delle cellule producendo una efficace azione biosti-molante, testimoniata da numerose sperimentazioni cliniche.

Cosa succede quando un fascio laser colpisce la pelle?

Affinché l’energia luminosa emessa dal Laser causi effetti biologici, é necessario che sia assorbita dal bersaglio (nel caso specifico la cute o un suo costituente ‘TARGET’) e trasformata in altre forme di energia: termica, chimica, meccanica.

La luce laser possiede proprietà fisiche capaci di determinare un effetto biologico speci-fico sui tessuti viventi. L’interazione tra raggio laser e tessuti determina il trasferimento di energia.

L’assorbimento dell’energia luminosa é legato alla presenza di strutture molecolari dotate di una specifica sensibilità e capacità di assorbimento nei riguardi del tipo e della frequenza dell’energia luminosa stessa. La scelta del tipo di laser viene fatta in funzione della particolare sensibilità del bersaglio (target) nei confronti di una specifica lunghez-za d’onda rispetto alle altre molecole.

La scelta della frequenza d’onda é importante anche per ciò che riguarda la profondità, a livello cutaneo, a cui il raggio laser penetra in maniera da ottenere un effetto di biosti-molazione o modificazione tissutale. Profondità maggiori si ottengono nello spettro che va dall’infrarosso al rosso con un massimo nell’intorno della lunghezza d’onda di emis-sione del laser He-Ne.

A bassissime potenze (classe 1) l’energia non sembra essere sufficiente per generare fenomeni biologici apprezzabili.

A potenze superiori (classi 3° e 3B) e lunghezze d’onda opportune il Laser interagisce con l’intima struttura dell’epidermide con un effetto biostimolante (accelerazione del metabolismo). Si noti che, a differenza dei laser per depilazione, i laser in classe 3° per la biostimolazione cutanea e per il trattamenteo delle rughe e della cellulite non com-portano alcun rischio per la persona trattata e per l’operatore.

Già nel congresso di AGOPUNTURA di Buenos Aires del Novembre 1976 venne evi-denziata da Walter Kroy l’efficacia della stimolazione LASER (Principles of Stimulation Therapies by LASER radiation). Nella AGOPUNTURA il LASER pren-de il posto pren-degli aghi.

Nelle sperimentazioni cliniche sono stati osservati fenomeni di rivascolarizzazione, di risoluzione degli esiti cicatriziali e delle smagliature, di rigenerazione del collagene nel trattamento delle rughe in fase iniziale e per contrastare gli effetti degenerativi di invec-chiamento cutaneo prodotti dall’abbronzatura. L’azione biostimolante aumenta l’effi-cacia delle creme e delle pomate.La biostimolazione LASER può anche ridurre la sensi-bilità al dolore (Possisensi-bilità della laserterapia nella cura della nevralgia del trigemino, Parodontologia e Stomatologia Nuova, 1979).

Complessivamente le prove cliniche evidenziano:

• l’effetto biostimolante rigenerativo sulle cellule della pelle

• la formazione di collagene e l’aumento di elasticità della pelle

• un sensibile schiarimento dei capillari e delle smagliature

• l’effetto decongestione dei vasi linfatici (trattamento della cellulite)

• la maggiore recettività del derma ai prodotti topici (creme)

• la spiccata azione antiedematosa e antiflogistica

• l’effetto positivo sui vasi linfatici e sulla vascolarizzazione capillare

• l’accelerazione del metabolismo e della guarigione di piaghe, cicatrici

• l’effetto antidolorifico (terapia sintomatica)

• una stimolazione equivalente agli aghi in agopuntura

• modulazione della risposta immunitaria

L’azione biostimolante pare sia notevolmente accentuata dalla modulazione del fascio

laser. Circa le eventuali controindicazioni i pareri sono discordi. La maggior parte degli specialisti non ha rilevato controindicazioni all’atto della sperimentazione clinica, tut-tavia solo il medico curante può valutare l’opportunità di istaurare un trattamento di laserterapia. Considerando l’effetto di biostimolazione indotto dalla luce laser, appare ragionevole evitare il trattamento in presenza di neoplasie.

Anche se per le metodiche terapeutiche è possibile attingere all’ampia letteratura medi-ca disponibile, poiché ognuno ha delle medi-caratteristiche fisiologiche e patologiche proprie, è sempre opportuno affidarsi ai consigli di un medico per scegliere la terapia corretta ed eseguirla nel modo più efficace.

Aumentando ancora l’energia trasferita alla cute (classe 4) l’effetto termico diventa pre-dominante e le temperature raggiunte possono distruggere rapidamente i tessuti. Per distruggere il bulbo pilifero si usa un fascio laser infrarosso focalizzato e per il pelo, che per sua natura assorbe maggiormente gli infrarossi, il sistema si comporta da “specchio ustore”. La selettività è però unicamente legata alla capacità del bersaglio di assorbire maggiormente determinate lunghezze d’onda (si può parlare in senso lato di colore del bersaglio), così succede che insieme al bersaglio desiderato si distruggano anche i mela-nociti che assorbono le stesse lunghezze d’onda del povero pelo. Si capisce quindi che il laser per l’epilazione possa diventare un laser molto pericoloso se viene manovrato da una persona che non possiede una adeguata preparazione.

Le applicazioni nella pratica estetica

Smagliature - Si ottengono notevoli risultati, tanto migliori quanto più è precoce il tratta-mento. Le smagliature devono essere trattate allo stato iniziale, prima che la rottura delle fibre dermiche venga riparata dall’organismo con tessuto connettivo cicatriziale non vasco-larizzato (che da la caratteristica colorazione chiara alle smagliature) generando una cicatri-ce depressa che risulta purtroppo irreversibile. Se si agiscicatri-ce quando le smagliature sono allo stato iniziale, di colorito rosso-violaceo, i risultati possono essere veramente ottimi.

Rughe - Come nel caso delle smagliature i risultati sono tanto migliori quanto prima si interviene. La stimolazione della formazione del collagene e l’aumento di elasticità della pelle indotte dalla luce laser appaiono un ottimo sistema per ritardarne la forma-zione. Le prove cliniche effettuate da noti estetisti mostrano risultati positivi, anche per le rughe già presenti, a patto che il trattamento laser venga abbinato ad un trattamento topico con opportune sostanze idratanti.

Cellulite - Sono stati ottenuti risultati incoraggianti nel trattamento della cellulite con sedute giornaliere da 5 minuti circa ciascuna tenendo il manipolo ad una distanza di circa 10 cm. Il numero di sedute varia in relazione all’ampiezza della zona trattata (più è ampia la zona trattata, più è elevato il numero di sedute necessario) e in base alla sen-sibilità individuale. L’efficacia è comunque subordinata ad una dieta corretta che deve essere indicata da un medico dietologo ed è molto maggiore se il trattamento laser e la dieta vengono iniziati ai primi sintomi della malattia.

Edemi ed ematomi - La terapia laser si presenta particolarmente efficace nel trattamen-to degli edemi e degli ematrattamen-tomi. Per ottenere i migliori risultati si devono irradiare cor-rettamente anche i vasi linfatici di drenaggio.

Caduta dei capelli - Il trattamento con luce laser può dare validi risultati, in particolare se la causa è legata ad una cattiva irrorazione sanguigna dei bulbi piliferi.

la terapia laser può inoltre risultare efficace in agopuntura (dove il raggio laser si sosti-tuice agli aghi) e per le seguenti patologie: Herpes simplex, Tendinite al tendine d’Achille, Artrosi, Cefalea di origine vascolare, Nevralgia del trigemino, Distorsioni articolari.

4.1 INTRODUZIONE

L’oftalmologia è la branca della medicina che più e prima di tutte le altre ha sfruttato le potenzialità terapeutiche (e non solo) della luce, o meglio della interazione di essa con i tessuti biologici. E’ noto quanto sia dannoso guardare intensamente una sorgente lumi-nosa a lungo. Già nell’antichità Platone indicava la pericolosità della osservazione diretta dei raggi solari e Galileo Galilei subì una lesione retinica in una delle sue osser-vazioni telescopiche. E’ della metà di questo secolo l’acquisizione, dopo svariati tentati-vi sperimentali, di poter fotocoagulare settori di retina molto piccoli attraverso lo sfrut-tamento della luce solare o artificiale ingegnosamente focalizzata (eliocauterio, lampa-da allo Xenon). Rimaneva comunque un sogno poter disporre di un raggio di luce coe-rente, monocromatico e ad alto contenuto energetico con il quale intervenire secondo bisogno sulla retina umana nel vivente. L’introduzione del raggio LASER realizzò que-sto sogno e spalancò enormi frontiere alla Medicina ed all’Oftalmologia in particolare.

L’evoluzione tecnologica delle macchine ha portato alla disponibilità da parte dello specialista di strumenti maneggevoli, affidabili, precisi seppure ancora oggi particolar-mente costosi.

4.2 INTERAZIONI

L’effetto delle interazione tra la luce LASER ed i tessuti biologici varia in relazione a numerosi fattori; tra questi particolare importanza rivestono la quantità di energia uti-lizzata, il diametro degli spots ed il tipo di tessuto colpito. Distinguiamo un effetto

L’effetto delle interazione tra la luce LASER ed i tessuti biologici varia in relazione a numerosi fattori; tra questi particolare importanza rivestono la quantità di energia uti-lizzata, il diametro degli spots ed il tipo di tessuto colpito. Distinguiamo un effetto