NELL'INFORTUNISTICA DEL LAVORO
PROTESI DENTARIE ED IMPLANTOLOGIA
La dentatura sana può presentare grande variabilità morfologica, il buon funziona-mento dell’apparato stomatognatico è garantito dal passaggio di stimoli nervosi attra-verso le varie componenti che formano il sistema.
Come ogni sistema biologico esso è dotato di una buona capacità di adattamento fino ad una soglia, superata la quale cominciano a manifestarsi squilibri che possono avere ripercussioni locali e generali su organi e apparati.
Sull’esistenza di funzionalità minime necessarie non è possibile esprimersi in maniera univoca, ci sono casi che compensano egregiamente perdite dentarie altri che vanno incontro a notevoli compromissioni organo-funzionali. Insomma ogni caso deve essere oggetto di singola valutazione.
Nella fornitura protesica va, comunque, sempre valutato lo “stato anteriore” della bocca e la riabilitazione protesica deve essere sempre consona alle condizioni dell’assistito.
Protesi inamovibile o fissa:
Il numero degli elementi dentari da sostituire deve essere congruo e confacente alla confezione di una protesi efficace.
Deve essere considerata:
• la qualità dei denti pilastro da monconizzare;
• l’assenza di patologia parodontale;
• la lunghezza della protesi;
• i materiali da usare.
Per quanto concerne i materiali costituenti la protesi dentaria in primis è da considera-re la lega auconsidera-rea (a > o < contenuto di oro), [eventuali battute occlusali in oro] tenendo conto dei denti opponenti, la ceramica (per preservare l’aspetto estetico dei quadranti anteriori).
Le sostituzioni di protesi dentarie in ambito R.C. sono oggi mediamente previste intor-no ai 10-15 anni a seconda dei casi (condizioni preesistenti, estensione, buona igiene, ottima qualità dei materiali d’uso, etc.).
In ambito INAIL non esiste un termine fisso di rinnovo protesico ma in accordo con la
“mission” dell’Ente della presa in carico dell’infortunato tecnopatico, tenuto conto che trattasi di soggetti che per condizioni o turni di lavoro non sempre possono fruire di mense aziendali o di pasti caldi, si tende a valutare caso per caso adottando criteri ispi-rati alla massima concedibilità.
Protesi mobile:
• In resina (sono da valutare comunque, ai fini di una corretta manutenzione, le riba-sature ogni 1 o 2 anni per la perfetta adesione alle mucose)
• scheletrica in lega d’oro
in lega cromo-cobalto-nichel in titanio
Hanno costi più economici, necessitano di una maggiore manutenzione (sostituzione di elementi dentari usurati, ribasature in resina, etc.), vanno sostituite ad intervalli più brevi rispetto alle protesi fisse.
IMPIANTI
Dagli inizi del ‘900 vari sono stati i tentativi di sostituire l’elemento dentario mancante con una “radice artificiale”.
Nel 1909 Greenfield ideava il primo impianto sommerso costituito da un cestello metal-lico inserito in un alveolo vuoto e inglobato successivamente dal tessuto osseo.
Ricordiamo più tardi le viti cave di Formeggini e Muratori, la vie piena di Tramonte, gli impianti a lama di Linkow.
Ma fu la scuola svedese di Goteborg attraverso Branemark negli anni ’80 a dare la svolta alla moderna implantologia con la codifica ed i protocolli operativi della tecnica chirurgica implantologica atta ad ottenere attraverso l’osteointegrazione dell’ impianto in titanio e quindi a pianificare e controllare la tecnica con risultati a lungo termine.
Attualmente si stima che il 90% degli impianti ha durata superiore ai 10 anni.
La tecnica attuale (implantologia endossea) e più usata si compone dell’introduzione diretta di materiali alloplastici (titanio) nei tessuti viventi con soluzione di continuo della superficie gengivale limitrofa.
Gli impianti morfologicamente possono essere a vite, a cilindro, a lama.
Gli i. istologicamente possono risultare osteointegrati (contatto diretto ed intimo tra tessuto osseo e ossido di titanio), fibrointegrati (presenza di legamento perimplantare/pseudo legamento parodontale), osteo-fibrointegrati (sec. Alcuni autori sarebbe l’evoluzione della prima fase di osteointegrazione dopo carico masticatorio).
Sono, queste, da considerare tutte reazioni istologiche dinamiche del tessuto perimplanta-re dipendenti da molteplici fattori (tipo di osso ricevente l’impianto, carico protesico, etc.) Il perché di tanto parlare intorno alla problematica istologica è dato dal fatto che a seconda del tessuto che circonda l’impianto stesso alcuni autori individuano la predici-bilità del successo e della durata della protesi su impianti.
Indicazioni:
Anatomiche: Osso sufficiente, mucosa aderente estesa, epitelio della cresta tesa e sottile.
Funzionale: Edentualia parziale, controindicazioni delle protesi tradizionali, possibilità di stabilire una durata di almeno 5-7 anni.
I fattori più importanti condizionanti gli impianti sono da considerare l’altezza, lo spes-sore dell’osso e la sua densità.
Controindicazioni:
Soggetti molto giovani o molto anziani.
Soggetti nevrotici, psicotici, non collaboranti.
Scarsa igiene orale e grossi fumatori.
Osso insufficiente e gravi malattie parodontali.
Malattie metaboliche non compensate.
Tenuto conto di tutto quanto detto, delle casistiche cliniche, del progresso merceologi-co a cui il settore è pervenuto, sicuramente, oggi, il trattamento implantoloprotesimerceologi-co, selezionati i casi clinici, può entrare a tutti gli effetti tra le metodiche da adottare nei protesizzati dentari a seguito d’infortunio lavorativo.
Le fratture delle ossa mascellari
Le ossa facciali possono essere colpite da diversi punti e da diverse direzioni. In prove simulate di fratture delle ossa facciali il Mascellare superiore risulta essere il più debole fra le ossa del massiccio facciale quando l’impatto è diretto alla sottile porzione che ricopre il seno mascellare. Per la mandibola invece se il colpo è diretto verso il cranio e i denti si trovano in posizione di normocclusione sono necessarie grandi forze per deter-minare la frattura del corpo o della sinfisi. Se il colpo è diretto verso il collo il carico è sostenuto dai processi condilari che vengono indeboliti da minori livelli di carico9. A seconda della loro sede si distinguono:
• Frattura della mandibola
• Fratture del mascellare superiore o del terzo medio dello scheletro maxillo facciale.
• Fratture associate della mandibola e del mascellare superiore
• Fratture del complesso zigomatico orbitario.
Ne abbiamo rappresentate alcune più comuni con i relativi meccanismi di produzione che dal nostro punto di vista assumo rilevanza ai fini della dinamica e della corrispon-denza tra quanto dichiarato e quanto effettivamente osservato.
La mandibola è fra tutte le ossa della faccia quella che maggiormente può andare incontro a fratture in conseguenza di agenti traumatici che vengono ad agire violentemente su di essa. Ciò è dovuto al fatto che l’arco mandibolare, per la sua configurazione anatomica e la sua situazione topografica è il più esposto di tutto il massiccio facciale ed è frequentemente la prima sede dove vengono ad agire i vari momenti traumatici. Per quanto concerne la sede le fratture della mandibola prediligono zone di minor resistenza: breve panoramica
9 B. De Michelis - R. Modica -G. Re - Clinica odontostomatologica- capitolo sicurezza dell’automobile e traumatologia maxillo facciale 3a edizione 1998 pag. 1011
1. la linea mediana, line di frattura decorre lungo la linea mediana ma spesso verso il margine inferiore acquista una direzione laterale (immagine)
10 Foto da: B. De Michelis - R. Modica -G. Re - Clinica odontostomatologica- 3a edizione 1998.
2. la regione paramediana tra l’incisivo centrale ed il laterale
3. la regione del canino, per un pronunciato sviluppo della radice del canino
4. la regione dei premolari, per la presenza del foro mentoniera
5. l’angolo mandibolare per l’assottigliamento della parte ossea e la non infrequente ritenzione o semiritenzio-ne del terzo molare inferiore
10
Le menomazioni sono rappresentate prevalentemente da consolidamento viziato legate a perdita di equilibrio delle forze muscolari che agendo per eccesso o per difetto sui frammenti determinano spostamenti variabili della sede della lesione di continuo.. Tra le più gravi conseguenze di una frattura mal consolidata della mandibola rivestono par-ticolare importanza le fratture consolidate in posizione viziata dell’articolazione tem-pora mandibolare che possono condurre all’anchilosi temtem-pora mandibolare. Tale com-plicazione non rara da osservarsi ricorre con maggior frequenza nei casi di fratture della cavità glenoide, si a nella posizione articolare che extrarticolare (osso timpanico).
Può essere secondaria a infezione instauratasi nel focolaio di frattura, nei casi di frattu-re esposte. Altra complicazione è l’anestesia del nervo alveolafrattu-re inferiofrattu-re. La mancata funzione del nervo è da attribuirsi alla compressione esercitata dai frammenti spostati.
Accanto ai difetti funzionali coesistono generalmente modificazioni più o meno palesi del profilo facciale con gravi danni alla cosmesi del volto (danno estetico). Nelle fratture condilari, mal consolidate alcuni gradi di deformazione si possono osservare quando il paziente apre la bocca a causa del raccorciamento della mandibola. E’ di norma visibile una deviazione del mento verso la parte traumatizzata. A bocca chiusa si noterà invece solo un’alterazione del profilo del mento11.Le F.M.T. presuppongono uno spostamen-to dei frammenti che oltre l’entità del trauma è condizionaspostamen-to dalle trazioni muscolari, dalla direzione delle linee di frattura (che può favorire o impedire lo spostamento), dal combaciamento dei denti (dislocazione diretta o indiretta). Malocclusione dentaria (post
6. la regione del condilo costituisce il punto meno resistente di tutta la mandibola
7. la regione del processo coronoideo per strappamento del tendine del temporale che si inserisce sul processo coronoideo.
11 B. De Michelis - R. Modica -G. Re - Clinica odontostomatologica- capitolo fratture dei mascellari com-plicazioni 3a edizione 1998 pag. 896.
traumatica) per perdita di elementi dentari o errato affrontamento dei monconi.
Occlusione patologica.
Oggi le tecniche chirurgiche e conservative garantiscono una buona correzione delle lesioni pur tuttavia possono esitare condizioni di malocclusione dentaria.
Esistono notevoli capacità adattative e di compensazione del sistema occlusale dentario sia dirette che mediate dalle ATM ma quando tali meccanismi vengono superati, tal-volta, anche a distanza di tempo dal trauma, possono manifestarsi malocclusioni den-tarie con relativa sintomatologia algica.
Spesso si tende a sottovalutare sotto il profilo di quantificazione del danno le malocclusio-ni post-traumatiche, ma una corretta valutazione m.l. effettuata non prima di 6 mesi - 1 anno dal trauma che passi attraverso una corretta e completa anamnesi (stato preesisten-te), una buona obiettività, una completa disamina dei componenti dento-osteo-muscolari corredata da indagini rx-grafiche (OPT e ATM in apertura e chiusura) e da esame RM delle ATM potrà essere dirimente e di grande ausilio ad una corretta valutazione m.l.
Si tenga inoltre conto delle perdite e delle fratture coronali dentarie che possono accompagnarsi al trauma o che possono essere legate al focolaio di frattura stesso.
Fratture del mascellare superiore
Prima del dilagare della motorizzazione erano rare oggi invece sono molto frequenti sia isolate che associate con fratture della mandibola, delle ossa nasali o con altri segmenti osseo cranici nei cosiddetti grandi traumatismi o fracassi o sconquassi del viso.
Insorgono in genere per traumi diretti contro il viso. Più frequenti incidenti motocicli-stici. Automobilimotocicli-stici. Ciclistici, cadute dall’alto. Le fratture si localizzano in determi-nati punti o linee di minor resistenza che corrono con il trauma a localizzare la linea di frattura. Una serie di esperienze su cadavere di Le Fort ( 1901) permise importanti deduzioni sulle zone di minore resistenza:
• Linea di saldatura tra i due mascellari e le ossa palatine;
• Zona sopra alveolare che si estende dall’apertura piriforme alla tuberosità del mascellare;
• Linea di saldatura dei mascellari superiori con le ossa zigomatiche
• Linea di saldatura del blocco scheletrico maxillo facciale con ossa craniche confinanti12.
12 B. De Michelis - R. Modica -G. Re - Clinica odontostomatologica- capitolo XXXIX fratture dei Mascellari 3a edizione 1998 pag. 846.
La struttura dello scheletro facciale è tale da sopportare in maniera ottimale gli sforzi della masticazione, applicati in direzione verticale e trasmessi attraverso i due processi alveolari e palatini verso la regione etmoidale e sferoidale, ed attraverso i processi fron-tali e zigomatici verso le pareti dell’orbita e l’osso frontale; al contrario lo scheletro fac-ciale non offre altrettanta resistenza a forze agenti in senso orizzontale (antero poste-riori, trasversali, oblique) quali sono quelle del maggior parte dei traumi. Come per la mandibola vengono descritti pilastri di forza e zone di maggior resistenza che spiegano come si possono avere, sempre nello stesso modo, fratture del massiccio facciale anche con impatti differenti come superficie e zone di incontro.
Le fratture del mascellare superiore si dividono in:
1. Parziali (Frattura alveolare, distacco di processi ossei, perforazioni, fratture ossa nasali)
2. Totali ( trasversali e sagittali) Le totali in:
1. Trasversali= Le Fort I° - II° - III° -Slide ( linee di frattura di Le Fort)
2. Sagittale o longitudinale (Lannelongue) (disgiunzioni intermascellari per traumi radice naso o mentonieri)
3. Multiple (Walter= a 4 frammenti (Trasversali e sagittali + I e III tipo Lefort)
Nella foto meccanismo d’azione di fratture alveolari del mascellare superiore per incu-neamento della mandibola nel mascellare superiore per traumi durante incidenti stra-dali più restauro protesico.
Le implicazioni maggiori riguardano sia la funzione che l’estetica tenuto conto che tale osso costituisce parte integrante delle cavità orbitarie, nasali ed orale.
Esiti estetici: Appiattimento del terzo medio del massiccio facciale per retrusione del m.; ad esiti deformanti possono portare poi fratture mal consolidate osso zigomatico con permanente incuneamento del m. sup. o le fratture mal consolidate del pavimento dell’orbita nelle quali si può osservare uno spostamento del bulbo oculare, può coesi-stere slivellamento ed asimmetria degli occhi, disarmonia del viso. Caratteristica è pure
la posizione a testa ruotata e lievemente flessa che l’infortunato assume nel tentativo di portare i due occhi su di un medesimo asse.
Funzione visiva: Diplopia, enoftalmo, esoftalmo, disturbi della motilità oculare estrinseca, ptosi palpebrali, anestesia corneale, sindrome dell’apice dell’orbita (amaurosi e oftalmo-plegia sensitivo motoria) danno alle vie lacrimali Anestesia del nervo infraorbitale.
F. respiratoria: Stenosi nasali.
F. olfattiva: Lesioni alla lamina cribrosa etmoidale.
F. masticatoria: Perdita di osso, denti, malocclusioni dentarie, ATM.
F. fonetica: Legata soprattutto a perdite dentarie multiple dei settori anteriori.
F. gustativa: Lesioni nervose del glossofaringeo (insensibilità al gusto 1/3 post. lingua omolateralmente.
F. digestiva: Perdite dentarie multiple, lesioni ghiandolari con ridotta salivazione.
F. nervosa: Disturbi parestetici, anestetici, nevritici (trigemino), paralisi (facciale).
Il danno va valutato percentualmente nelle singole componenti obiettivate, associando le varie lesioni sia anatomicamente che funzionalmente in concorrenza tra di loro ed in relazione alle funzioni compromesse.
Il danno estetico rientra nel D.B. Va valutata inoltre l’emendabilità quasi sempre par-ziale o raramente completa del danno con l’ausilio di interventi chirurgici o con l’appli-cazione di protesi.