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Alcuni interrogativi posti dalla disciplina delineata dall’art 11-qua-

ter del decreto legge n. 135/2018.

Come chiarito nei precedenti paragrafi, il decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135 convertito con legge 11 febbraio 2019, n. 12, ha parzialmente novel- lato il decreto legislativo 16 marzo 1999 n. 79 nell’ottica di delineare una disciplina coerente con i principi dell’Unione europea in tema di conces- sione di grandi derivazioni idroelettriche.

In proposito, anche alla luce dell’evoluzione che ha avuto la normativa di settore, sotto l’influenza del diritto europeo e la sua applicazione, diversi appaiono gli interrogativi che discendono dalla nuova disciplina.

Tra le questioni di primaria importanza deve anzitutto segnalarsi quella relativa all’applicabilità, allo specifico settore in esame, del d.lgs. 50/2016 ai fini dell’individuazione del futuro assegnatario della concessione e del- la gestione dell’opera.

Infatti, il decreto-legge n. 135/2018, nel novellare il decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, fa un generico riferimento all’individuazione, da parte delle Regioni, di una procedura di selezione del futuro concessionario che sia ad “evidenza pubblica”, senza fare uno specifico rinvio all’applicazio- ne del Codice degli appalti, fatta eccezione per un’unica ipotesi: quella per cui la concessione venga assegnata “mediante forme di partenariato ai sensi dell’articolo 179 e seguenti del codice di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50”35.

A fronte di questo richiamo specifico, si deve ricordare, tuttavia, che, in tema di applicabilità del codice degli appalti a procedure che abbiano ad oggetto beni pubblici, sia la direttiva 2014/23/UE che il d.lgs. 50/2016 individuano specifici principi.

In dettaglio, la suddetta direttiva, al considerando n. 15, puntualizza, infat- ti, che “taluni accordi aventi per oggetto il diritto di un operatore econo- mico di gestire determinati beni o risorse del demanio pubblico, in regime di diritto privato o pubblico, quali terreni o qualsiasi proprietà pubblica, in particolare nel settore dei porti marittimi o interni o degli aeroporti, mediante i quali lo Stato oppure l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore fissa unicamente le condizioni generali d’uso senza acqui- 35  Cfr. art. 12, co. 1-bis, lett. c), del d.lgs. 16 marzo 1999, n. 79.

sire lavori o servizi specifici, non dovrebbero configurarsi come conces- sioni ai sensi della presente direttiva”.

Recependo detto principio, il legislatore italiano specifica, all’art. 164, co.1, ultimo periodo del d.lgs. 50/2016, che “le disposizioni della presente Parte non si applicano ai provvedimenti, comunque denominati, con cui le amministrazioni aggiudicatrici, a richiesta di un operatore economico, autorizzano, stabilendone le modalità e le condizioni, l’esercizio di un’at- tività economica che può svolgersi anche mediante l’utilizzo di impianti o altri beni immobili pubblici”36.

Tuttavia, ambedue le disposizioni richiamate attengono, l’una ad accordi, l’al- tra a provvedimenti autorizzatori, che sembrano riferirsi a concessioni di na- tura governativa, e che, come tali, sono escluse dall’applicazione del codice. Avallando la suddetta conclusione, e tenendo a mente che il legislatore nazionale non ha espressamente imposto l’applicazione del Codice dei contratti pubblici, si deve ritenere demandata alla legge regionale, pur nel rispetto dei principi fissati dal d.l. 135/2018, l’individuazione degli istituti più opportuni per giungere alla selezione del contraente e alla definizione di tempi e modi di gestione delle grandi derivazioni idroe- lettriche.

In questo senso, al legislatore regionale sarebbe rimessa, in via teorica, la scelta di richiamare solo i principi dettati, in tema di evidenza pubblica, dal Codice dei contratti pubblici oppure, invece di selezionare preventi- vamente istituti previsti dal d.lgs. 50/2016 (quale, ad esempio, ricorren- done i presupposti, la finanza di progetto).

Per contro, non si potrebbe nemmeno escludere che la legge regionale operi anche rinvii alla legge 7 agosto 1990, n. 241, ove, ad esempio, intenda consentire la possibilità di addivenire alla stipulazione di accordi con con- cessionari privati ai sensi dell’art. 14, ovvero al decreto legislativo 18 ago- sto 2000, n. 267, qualora intenda definire convenzioni regolatorie ad hoc. Sotto diverso profilo, ci si deve interrogare sulla legittimità di procedere, sulla base della normativa dettata, ad una proroga delle concessioni idro- elettriche prossime alla scadenza.

Sul punto, il decreto legge non si esprime.

Tuttavia, portano ad escludere questa possibilità, anzitutto, ragioni di or- dine generale e sistematico.

Il decreto con il quale, in via d’urgenza, è stata modificata la precedente disciplina trova la sua ragion d’essere nel tentativo di fornire una risposta alle censure mosse in sede di procedure di infrazione dalla Commissione europea37, condivise dalla Corte Costituzionale38 e dell’Autorità Garante

della Concorrenza e del Mercato39, in merito all’illegittimità della previ-

sione di proroghe - a seconda delle circostanze quinquennali, decennali o pluridecennali - concesse, nel passato, per quanto attiene alla concessione in questione.

Inoltre, porterebbe ad escludere la possibilità di ritenere ammissibile una proroga delle concessioni non ancora scadute la circostanza che il legisla- tore abbia previsto, all’art. 12, co. 1septies, una disciplina transitoria che regola i rapporti tra concessionario uscente e Regione nelle more dell’as- segnazione della nuova concessione40. La definizione di questa discipli-

na transitoria risulterebbe di difficile conciliazione con una proroga tout

court della precedente concessione.

37  Si rinvia a quanto affermato al § 1 del presente contributo.

38  In particolare, vengono in rilievo due distinte sentenze della Corte Costituzionale, C.

cost. 4 luglio 2011, n. 205 e C. cost. 14 gennaio 2008, n. 1, accomunate dalle censure mosse dal Giudice delle Leggi nel tentativo di prorogare ex lege le concessioni ancora in essere.

39  Si rinvia all’Atto di segnalazione AGCM, S3470 del 12 dicembre 2018.

40  L’art. 11-quater, co. 1-septies del d.l. 14 dicembre 2018, n. 135, prevede che, fin quando

non si addivenga all’assegnazione della nuova concessione, il concessionario scaduto, a richiesta della Regione, sia tenuto, per un verso, a fornire energia nella misura e con le modalità indicate dal comma 1quinquies, e, per l’altro, a corrispondere alla Regione un canone specifico in aggiunta al canone demaniale, quale corrispettivo per l’impiego degli impianti (da corrispondersi in misura non inferiore al 60% alle Province e alle Città metro- politane il cui territorio è interessato dalla derivazione). Quanto alla determinazione del canone, il comma in esame continua specificando che la componente fissa del canone di cui al comma 1quinquies e la parte aggiuntiva ed eventuale siano determinati con decreto del Ministero dello sviluppo economico, da adottarsi, sentita l’ARERA e previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della pre- sente disposizione. Nel caso in cui, poi, entro il suddetto termine non venga emesso detto decreto, il legislatore concede alle Regioni di determinare l’importo dei canoni da quantifi- carsi in misura non inferiore ad euro 30 per la componente fissa e ad euro 20 per il canone aggiuntivo per ogni kW di potenza nominale media di concessione per ogni annualità.

Del resto, la previsione di una proroga dell’originaria concessione deter- minerebbe un’ulteriore conseguenza incompatibile con la ratio della nor- mativa in esame. Infatti, se l’articolo 12, co. 1 del d.lgs. 79/1999 prevede che, alla scadenza della concessione, le grandi derivazioni idroelettriche divengano di proprietà della Regione, il riconoscimento di una proroga, determinando una nuova scadenza della originaria concessione proca- strinando al passaggio di proprietà delle opere in questione in capo alle Regioni, con ogni conseguenza connessa (anche) alla corresponsione del canone.

Tanto chiarito, ci si deve interrogare sulla possibilità per le Regioni di pro- cedere con l’affidamento in concessione delle derivazioni idroelettriche avvalendosi dell’istituto dell’in house.

Anche in questo caso, il decreto legge non si esprime in termini chiari. Anzi, nell’individuare i possibili assegnatari delle nuove concessioni, il decreto legge n. 135/2018, all’art. 11-quater, co. 1, ha previsto che l’asse- gnatario venga scelto sulla base di procedure che si caratterizzano per l’evidenza pubblica.

Considerando che per in house si deve intendere “l’affidamento diretto, da parte di una amministrazione, di un contratto per lavori, servizi e forni- ture a un proprio ente strumentale, privo di personalità giuridica (c.d. in

house in senso stretto) o a una società pubblica o privata avente persona-

lità giuridica (c.d. in house in senso lato o quasi in house)”41, ne dovrebbe

discendere l’impossibilità di ricorrere a detto istituto per l’affidamento di concessione di grandi derivazioni idroelettriche.

Le considerazioni appena svolte parrebbero essere confermate anche da un’ulteriore disposizione prevista dal codice degli appalti che, sebbene concernente una ipotesi differente, può fornire interessanti spunti di ri- flessione anche per la questione che qui interessa.

Ci si riferisce all’art. 178 del decreto legislativo n. 50/2016. Questo arti- colo appresta, in modo molto puntuale, una disciplina ad hoc per quanto riguarda una specifica tipologia di concessione, quella autostradale. 41 Si veda A. giusti, articolo 192, in r. gArofoli, g. ferrAri, (a cura di), Codice dei contratti

In via generica, il legislatore del Codice dei contratti pubblici stabilisce che, una volta scaduta la concessione autostradale42, l’individuazione del

nuovo assegnatario avvenga sulla base di una procedura ad evidenza pubblica, fermo restando il suo affidamento in house nel rispetto dell’ar- ticolo 543.

Dunque, all’art. 178 del Codice dei contratti pubblici, viene espressamen- te previsto, in alternativa all’indizione di una procedura ad evidenza pub- blica, il ricorso all’affidamento diretto a un proprio ente strumentale. Fermo quanto finora affermato, occorre osservare, per completezza, come il decreto-legge n. 135/2018 abbia novellato l’art. 12 della legge n. 79/1999, specificando nell’ultimo periodo del comma 1-bis - comma che, come più volte detto, si occupa di individuare i possibili assegnatari delle future concessione di grandi derivazioni idroelettriche - che “l’affidamen- to a società partecipate deve comunque avvenire nel rispetto delle dispo- sizioni del testo unico cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, 175”44. Il

decreto legislativo da ultimo citato reca il Testo unico in materia di società a

partecipazione pubblica, definendo una disciplina specifica, per l’appunto,

in materia di società partecipate in relazione alla quali vengono in rilievo, peraltro, gli affidamenti a società a partecipazione pubblico-privata45 e in

house46.

In questo contesto, due appaiono le possibili interpretazioni di questa previsione di chiusura.

Per un verso, aderendo ad una interpretazione più restrittiva, si potrebbe ritenere che il legislatore abbia inteso rimarcare che, nell’ipotesi in cui il futuro concessionario sia una società a capitale pubblico privato ex art. 12, co. 1-bis, primo periodo lett. b), della legge n. 79/1999, la legge regionale 42  In relazione alla quale - diversamente da quanto avviene nel d.l. 14 dicembre 2018, n.

135 - viene espressamente vietata la proroga.

43  Nello specifico la previsione in questione prescrive che “Il concedente avvia le pro-

cedure ad evidenza pubblica per l’affidamento della nuova concessione autostradale, in conformità alle disposizioni della Parte III del presente codice entro il termine di ven- tiquattro mesi antecedente alla scadenza della concessione in essere, ferma restando la possibilità di affidamento in house ai sensi dell’articolo 5”.

44  Cfr. altresì l’art. 11-quater, co. 1-bis, del d.l. 14 dicembre 2018, n. 135. 45  Cfr. art. 17 del d.lgs. 19 agosto 2016, n. 175.

non potrà non imporre il rispetto delle previsioni, in proposito, dettate dal citato Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica.

Per contro, avallando un’interpretazione più estensiva, si potrebbe rite- nere che, con la puntualizzazione conclusiva in questione, il legislatore statale abbia voluto richiamare l’intero contenuto del Testo Unico in que- stione, allo scopo di consentire, ai singoli legislatori regionali, di contem- plare, tra le possibili modalità di affidamento di grandi derivazioni idroe- lettriche, anche quello dell’in house.

Ferme le considerazioni che precedono, in via conclusiva, occorre inter- rogarsi in ordine all’eventuale esercizio nei confronti delle Regioni dei poteri di vigilanza riconosciuti, in via generale, all’Autorità Nazionale Anticorruzione.

Al riguardo, ove le leggi regionali facciano un espresso rinvio alle dispo- sizioni del Codice degli appalti o, comunque, si ritenesse applicabile alle procedure in questione, potrebbe trovare applicazione altresì l’art. 213, comma 3 del decreto legislativo 50/2016, con ogni conseguenza in ordine all’esercizio da parte dell’ANAC dei poteri in tema di vigilanza.

Al di là dei poteri esercitabili in materia di contratti pubblici, si deve co- munque ritenere sussistente un generale potere di ANAC in ordine alla vigilanza del rispetto della disciplina dettata sia in tema di trasparenza e pubblicità, sia in tema di prevenzione e repressione dei conflitti di interes- se che, nel caso di specie, potrebbero astrattamente configurarsi tanto con riguardo ai nuovi assegnatari quanto in relazione ai concessionari uscenti.

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