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Il decreto-legge n. 135/2018, recante Disposizioni urgenti in materia di so-

stegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione1, è in-

tervenuto sulla disciplina concernente l’assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni d’acqua per uso idroelettrico, settore già oggetto di attenzione sia della Commissione europea, nell’ambito di procedure di infrazione, oltre che di segnalazioni dell’Autorità per la Vigilanza dei Contratti Pubblici in sigla AVCP (ora Autorità Nazionale Anticorruzione, in sigla ANAC) e dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in sigla AGCM.

Al fine di ricostruire esattamente i termini delle modifiche introdotte oc- corre, pertanto, preliminarmente tracciare il quadro normativo di riferi- mento e richiamare brevemente i precedenti pronunciamenti che hanno interessato la materia.

Le derivazioni d’acqua pubblica per usi idroelettrici hanno il loro riferi- mento normativo nel Regio Decreto 11 dicembre 1933 n. 1775, recante Te-

sto unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici, che al tempo

della sua emanazione per la prima volta ha regolamentato lo sfruttamen- to delle risorse idriche per la produzione di energia elettrica, avviato da parte di imprese private.

1  Conv. con mod. nella legge 11 febbraio 2019, n. 12.

*  Nel presente contributo, coordinato da Filippo Romano, i contenuti riguardanti il § 1

sono stati curati da Cinzia Papi, i contenuti di cui al § 2 da Giancarlo Santomartino e i con- tenuti di cui al § 3 da Alex Di Staso. Le opinioni ivi espresse sono a titolo personale e non sono espressione dell’Amministrazione presso cui gli Autori prestano servizio.

Nel predetto decreto quadro è ancora contenuto il principio della pubbli- cità delle acque e quello della loro utilizzabilità da parte di chi possiede un titolo legittimo ovvero ottiene una concessione2.

L’art. 6 del Testo Unico contiene anche la definizione delle due categorie di utenze di acqua pubblica a seconda che abbiano per oggetto piccole o grandi derivazioni ed è, pertanto, rilevante ai fini dell’individuazione dell’ambito di applicazione della specifica disciplina che riguarda queste ultime3.

Per le grandi derivazioni, il Testo Unico ha previsto la realizzazione delle centrali da opera dei privati, con un successivo passaggio allo Stato al ter- mine della concessione, almeno limitatamente alle cd. “opere bagnate”. Nel 1962, con l’approvazione del disegno di legge sulla nazionalizzazione del sistema elettrico e l’istituzione dell’ENEL (Ente Nazionale per l’Ener- gia Elettrica), cui venivano demandate “tutte le attività di produzione, importazione ed esportazione, trasporto, trasformazione, distribuzione e vendita dell’energia elettrica da qualsiasi fonte prodotta”, anche il setto- re idroelettrico fu per lo più avocato in mano statale, fatta eccezione per alcuni autoproduttori e aziende municipalizzate ai quali rimasero, però, solo quote marginali del mercato.

La riapertura del mercato è stata innescata dalla direttiva 96/92/CE, con la quale sono state introdotte le prime misure per l’armonizzazione e la liberalizzazione del mercato europeo.

Il decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 (cd. “decreto Bersani”), concer- nente attuazione della richiamata direttiva, ha previsto all’articolo 12 la revisione delle scadenze delle concessioni di grandi derivazioni d’acqua a 2  Cfr. art. 2, r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, secondo il quale le acque pubbliche sono uti-

lizzabili da: “a) coloro che posseggono un titolo legittimo; b) coloro i quali, per tutto il trentennio anteriore alla pubblicazione della l. 10 agosto 1884 n. 2644, hanno derivato e utilizzato acqua pubblica, limitatamente al quantitativo di acqua e di forza motrice effetti- vamente utilizzata durante il trentennio; c) coloro che ne ottengono regolare concessione, a norma della presente legge”.

3  L’art. 6, r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, dispone che: “Sono considerate grandi deriva-

zioni quelle che eccedono i seguenti limiti: a) per forza motrice: potenza nominale media annua, cavalli dinamici 300; b) per acqua potabile: litri 100 al minuto secondo; c) per ir- rigazione: litri 1000 al minuto secondo o anche meno se si possa irrigare una superficie superiore ai 500 ettari; d) per bonificazione per colmata: litri 5000 al minuto secondo”.

scopo idroelettrico ed un nuovo sistema di aggiudicazione improntato ai princìpi della concorrenza.

In particolare, era stata fissata al 1º aprile 2029 la scadenza delle conces- sioni rilasciate a ENEL, mentre quelle rilasciate ad altri soggetti, scadute o in scadenza entro il 31 dicembre 2010 sono state prorogate fino a tale data; infine, per quelle con scadenza successiva al 31 dicembre 2010 erano stati confermati i termini finali stabiliti dai relativi atti di concessione.

Il decreto, inoltre, ha previsto il passaggio alle Regioni e alle Province autonome delle competenze amministrative in ordine al rilascio delle concessioni idroelettriche ed introdotto chiaramente il principio della temporaneità delle concessioni medesime. Pur essendo stata introdotta una disciplina per la riassegnazione delle concessioni scadute, era stato sancito un diritto di preferenza a favore del concessionario uscente che ha suscitato l’attenzione della Commissione europea, con l’avvio della prima procedura di infrazione. Il decreto prevedeva, infatti, che a parità di offerta rispetto ad altri concorrenti in caso di rinnovo delle concessioni di produzione di energia idroelettrica, sarebbe stato preferito l’operatore uscente4.

La legge finanziaria 20065 ha tenuto in considerazione le contestazioni

delle Commissione europea, prescrivendo che, nei cinque anni preceden- ti lo scadere delle concessioni, le amministrazioni competenti avrebbero dovuto indire delle gare per l’attribuzione a titolo oneroso di una conces- sione trentennale, nel rispetto della normativa vigente e dei princìpi fon- damentali di tutela della concorrenza, libertà di stabilimento, trasparen- za e non discriminazione. La stessa norma ha, tuttavia, introdotto quale misura compensativa per le imprese coinvolte, una proroga di dieci anni dei termini di scadenza di tutte le concessioni delle derivazioni idroelet- triche, condizionata alla realizzazione di “congrui interventi di ammoder- namento degli impianti...”. Ad ogni modo, tenuto conto che, al contempo, è stata eliminata la preferenza per il concessionario uscente, la procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia è stata archiviata.

Quanto alla previsione della proroga decennale contenuta nella Finan- ziaria 2006, la disposizione è stata dichiarata illegittima con la sentenza n. 1 del 2018 della Corte Costituzionale, in quanto ritenuta lesiva delle 4  Cfr. art. 12, d.lgs. 16 marzo 1999, n. 79.

competenze regionali; la Corte, infatti, ha rilevato che la disciplina della prosecuzione delle concessioni non rientra tra le materie di competenza esclusiva dello Stato, quale è quella concernente la tutela della concorren- za; in generale, invece, la materia delle derivazioni per usi idroelettrici è ripartita tra competenze statali e competenze concorrenti statali e regio- nali, giacché ai sensi dell’articolo 117, secondo comma Cost., allo Stato compete, in via esclusiva, la potestà legislativa per la “tutela dell’am- biente, dell’ecosistema”, mentre appartiene alla potestà legislativa con- corrente tra Stato e Regioni, ai sensi dell’articolo 117, terzo comma Cost., la materia della “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’e- nergia”.

Nonostante la pronuncia della Corte Costituzionale, con il decreto c.d.

Cresci Italia6, è stata prevista un’ulteriore proroga delle concessioni di

grande derivazione idroelettrica per un periodo di cinque anni e di 12 per le società a composizione misto pubblico-privata, sempre con l’intento di compensare gli investimenti effettuati dagli operatori economici conces- sionari.

L’introduzione di questa nuovo prolungamento delle concessioni in corso ha determinato un secondo intervento della Commissione europea che ha avviato un’altra procedura di infrazione; anche la Corte Costituzionale è stata chiamata ancora a pronunciarsi con declaratoria di incostituzionali- tà nella sentenza n. 205 del 2011, sempre motivata dalla violazione delle competenze regionali in materia di produzione trasporto e distribuzione nazionale dell’energia.

Anche l’AVCP7 investita dalla Commissione europea nell’ambito del

Progetto pilota sulla corretta attuazione del diritto dell’Unione euro- pea8 si è pronunciata sulla materia delle concessioni idroelettriche e in

particolare sulla disciplina adottata dalle Province Autonome di Tren- to e di Bolzano.

All’esito dell’esame della normativa in vigore l’Autorità aveva invitato le Province a rivisitare il sistema concessorio in vigore, ritenendolo in con- trasto con i principi generali in tema di dei contratti pubblici9 ed in parti-

6  Cfr. art. 15, co. 6-ter, lett. b), del d.l. 31 maggio 2010, n. 78.

7  Cfr. deliberazione n. 13 approvata nell’adunanza del 8 febbraio 2012. 8  Cfr. caso 965/10/MARK.

colare della libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazio- ne e trasparenza, nonché dell’economicità10.

L’Autorità aveva anche auspicato che il Ministero dello Sviluppo econo- mico, di concerto con il Ministero dell’Ambiente e previa intesa con la Conferenza unificata Stato-Regioni, procedesse alla sollecita adozione del provvedimento ex art. 12, comma 2, d.lgs. 79/1999, mediante il quale avrebbero dovuto essere determinati i requisiti organizzativi e finanziari minimi, i parametri e i termini concernenti la procedura di gara relativa alle concessioni di grandi derivazioni d’acqua a scopo idroelettrico. Il legislatore nazionale è poi intervenuto sulla materia con l’art. 37 del d.l. n. 83/2012 c.d. decreto Sviluppo introducendo nuove modifiche all’art 12, incluso l’obbligo di prevedere una gara per la riassegnazione delle concessioni scadute o in scadenza entro il 31 dicembre 2017 e quello per il concessionario uscente di trasferire a quello subentrante il ramo d’azien- da relativo all’esercizio della concessione.

L’art. 37 conteneva appunto il rinvio ad un decreto ministeriale mai ema- nato per gli aspetti regolatori concernenti le modalità di espletamento delle gare per l’assegnazione delle concessioni. La nuova disciplina im- prontata ai principi di tutela della concorrenza introdotta dall’art. 37 ha superato il vaglio di costituzionalità, infatti, la Corte Costituzionale ha pronunciato la sentenza di rigetto n. 28/2014, riconoscendo che l’inter- vento poteva inquadrarsi nell’ambito dell’esercizio della potestà legislati- va statale in materia della concorrenza.

La Commissione europea ha, invece, aperto una terza procedura di in- frazione sul presupposto della contrarietà della “proroga” alla libertà di stabilimento e in relazione all’obbligo del subentrante di rilevare il ramo d’azienda del concessionario uscente, in quanto ritenuta una misura a favore di quest’ultimo. La disciplina introdotta con il decreto Sviluppo, in- 10  Nello specifico, l’AVCP aveva stata richiesto una modifica delle disposizioni normati-

ve, nel senso di limitare “le proroghe delle concessioni scadute e in scadenza, valutate nei singoli casi alla luce dei diversi interessi coinvolti, entro limiti di durata ristretti, onde con- sentire una graduale ma rapida transizione al nuovo assetto concorrenziale, garantendo tempi congrui all’organizzazione delle procedure di gara ad evidenza pubblica, secondo quanto previsto dal decreto Bersani, rilevando inoltre la contrarietà ai principi europei delle ulteriori proroghe quinquennale e settennale di cui all’art. 15, co. 6-ter, lett. b) e d), del decereto-legge n. 78/2010, così come convertito dalla legge 30 luglio 2010 n. 122, che com- plessivamente porta a 12 anni la proroga per gli operatori di alcune provincie del Nord”.

fatti, oltre a ribadire l’attribuzione alle Regioni e alle Province autonome della competenza al rilascio delle concessioni di grande derivazione ave- va prescritto l’obbligo di espletare una gara ad evidenza pubblica da ban- dire entro 5 anni prima della scadenza delle concessioni, per la riassegna- zione a titolo oneroso; era previsto che la gara potesse non essere indetta, solo in caso in cui fosse sorto un interesse a un diverso uso delle acque. La durata delle concessioni era stata fissata tra i 20 e i 30 anni, in relazione all’entità degli interventi di risanamento, miglioramento, conservazione e compensazione ambientale e territoriale e di compensazione territoriale e all’offerta economica per l’acquisizione e l’uso della risorsa idrica e all’au- mento dell’energia prodotta o della potenza installata.

Come già evidenziato, si rinviava ad un decreto del Ministero dello Svi- luppo Economico - di concerto con il Ministero dell’Ambiente e d’intesa con la Conferenza unificata - che doveva essere adottato entro il 30 aprile 2012 per l’individuazione dei requisiti organizzativi e finanziari minimi per partecipare alla gara, dei criteri e i parametri per definire la durata della concessione, nonché, previo parere dell’AEEGSI, dei parametri tec- nico-economici per la determinazione del corrispettivo spettante al con- cessionario uscente.

Le proroghe contestate dalla Commissione riguardavano dunque sia le concessioni in scadenza entro il 31 dicembre 2017 - per le quali non sareb- be stato applicabile il termine dei 5 anni e per le quali era stato stabilito l’obbligo di indire la gara entro due anni dall’emanazione del d.m. - che le concessioni rilasciate all’ENEL, prorogate fino al 2029, ossia per 30 anni dopo l’entrata in vigore del decreto Bersani.

Infine, l’art. 37 prevedeva l’obbligo del trasferimento dell’azienda al nuo- vo concessionario, per consentire il recupero dei costi di investimento; era previsto che il corrispettivo fosse predeterminato e concordato preven- tivamente tra il concessionario uscente e l’amministrazione indicente, al fine di indicarlo nel bando di gara.

L’AGCM, nell’atto di segnalazione concernente in generale le modalità di as- segnazione delle concessioni11, aveva stigmatizzato la mancata adozione del

decreto ministeriale di fissazione dei criteri per lo svolgimento delle procedure di aggiudicazione e la conseguente proroga di fatto delle vecchie concessioni. 11  Cfr. AGCM, atto di segnalazione S3470 del 12 dicembre 2018.

L’Autorità ha sottolineato, infatti, che la ripetuta fissazione di termini de- cennali o quinquennali (mai rispettati) per l’espletamento delle procedure di gara costituisce una proroga indeterminata, medio tempore, delle gestioni in essere. Pertanto, ha invitato le Istituzioni competenti a superare lo stallo e a provvedere nel più breve tempo possibile all’espletamento delle proce- dure di gara, a tutela dei principi di tutela della concorrenza e di apertura al mercato, libertà di stabilimento, trasparenza e non discriminazione. L’Autorità inoltre, ha ribadito quanto già segnalato nel 2014 in merito all’importo da riconoscere al concessionario uscente nelle future gare per l’attribuzione delle concessioni di grande derivazione idroelettrica, evi- denziando, la necessità di modificare la previsione contenuta nell’art. 12 del d.lgs. n. 79/99, stabilendo il trasferimento a titolo oneroso delle sole opere asciutte (beni materiali) e la contestuale devoluzione gratuita delle opere bagnate (dighe, condotte, ecc.).

Come meglio specificato nei successivi paragrafi, il d.l. n. 135/2018 ha apportato le più recenti modifiche alla disciplina contenuta nel già richia- mato art. 37, disponendo che alla scadenza delle concessioni e nei casi di decadenza o rinuncia alle stesse, le opere idroelettriche passino nella proprietà delle Regioni, senza alcun corrispettivo; è prevista la possibilità di riconoscere al concessionario uscente solo un indennizzo per la parte di beni non ammortizzata. Entro il 13 febbraio 2020 e, comunque, non oltre il 31 marzo 2020, le Regioni sono chiamate ad individuare le modalità e del- le procedure di assegnazione. Le nuove concessioni potranno avere una durata compresa tra 20 e 40 anni, incrementabili fino ad un massimo di ulteriori 10 anni, in relazione alla complessità della proposta progettuale presentata e all’importo dell’investimento.

2. Spunti di riflessione in riferimento alla disciplina del decreto legge

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