DEGLI INTERESSI PUBBLIC
2. Il riparto di giurisdizione tra Giudice Ordinario e Corte dei Conti.
Nell’esaminare l’attuale riparto di giurisdizione fra Giudice Ordinario e Corte dei Conti giova anzitutto evidenziare che gli orientamenti espressi dalla Corte di Cassazione sono più volte mutati nel tempo.
Occorre rammentare, in questo quadro, che la Cassazione ha costante- mente radicato la giurisdizione della Corte dei Conti, sino a circa dieci anni orsono, alla presenza (e alla gestione) del pubblico denaro, indipen- dentemente dal soggetto esercente il maneggio, tenendo quindi conto dell’attività svolta in senso sostanziale.
Quindi, dal momento che l’utilizzo e la gestione del pubblico denaro sono legate al soddisfacimento del pubblico interesse, risultava ininfluente la qualità soggettiva e il regime privatistico delle attività gestionali.
Tale l’attestato orientamento espresso (cfr., per tutte, Cass. sez. un., sent. n. 24002/2007) dalla Corte di Cassazione con l’esordio del secondo millennio. Il turning point ha luogo con la sent. n. 26806/2009; in tale contesto la pro- spettiva viene esattamente capovolta, affermandosi che la responsabilità per la mala gestio degli Amministratori nelle società partecipate confluisce nell’azione di responsabilità affidata alla cognizione del Giudice Ordina- rio, pur quando venga rinvenuta una lesione delle risorse pubbliche im- pegnate nel patrimonio sociale.
In altre parole, viene valorizzato dalla Cassazione il criterio della sogget- tività - con l’esclusione delle speciali società in house - del soggetto ai fini del riparto della giurisdizione; la società inserita nel regime privatistico resta a pieno titolo, anche dal punto di vista della giurisdizione, nell’alveo della capacità giurisdizionale del Giudice Ordinario.
L’orientamento della sentenza da ultimo riferito è stato successivamente ribadito e confermato1.
La distinzione e la definizione concettuale delle società in house viene giu- risprudenzialmente recata (anticipando, come detto, i princìpi espressi dal Testo Unico approvato con d.lgs. n. 175/2016) dalla sent. n. 26806/2013 1 Si vedano part. le sentenze nn. 14655/2011, 14957/2011, 20941/2011, 3692/2012,
della Cassazione, secondo cui “le società in house hanno della società solo la forma esteriore ma costituiscono in realtà delle articolazioni della pub- blica amministrazione da cui promanano e non dei soggetti giuridici ad essa esterni e da essa autonomi.
Ne consegue che gli organi di tali società, assoggettati come a vincoli gerarchici facenti capo alla pubblica amministrazione, neppure possono essere considerati, a differenza di quanto accade per gli amministratori delle altre società a partecipazione pubblica, come investiti di un mero
munus privato, inerente ad un rapporto di natura negoziale instaurato con
la medesima società. Essendo essi preposti ad una struttura corrispon- dente ad un’articolazione interna alla stessa pubblica amministrazione, è da ritenersi che essi siano personalmente a questa legati da un vero e pro- prio rapporto di servizio, non altrimenti di quel che accade per i dirigenti preposti ai servizi erogati direttamente dall’ente pubblico.
L’analogia tra le due situazioni non giustificherebbe una conclusione di- versa nei due casi, né quindi un diverso trattamento in punto di respon- sabilità e di relativa giurisdizione”.
Da ultimo, l’ordinanza delle Sezioni Unite (Cass.) n. 5199/2019 evidenzia che “la partecipazione anche totalitaria di un ente pubblico ad una società di capitali non radica di per sé la giurisdizione della Corte dei Conti, la quale sussiste…in relazione ai danni cagionati dagli organi sociali al pa- trimonio delle società c.d. in house providing.
In base a tale formula organizzativa, infatti, la distinzione tra socio pub- blico e società è meramente formale, in quanto nonostante la distinta sog- gettività giuridica, l’attività risulta svolta dall’ente pubblico, con conse- guente assimilazione della società alle articolazioni organiche dell’ente ed il danno arrecato, seppure formalmente separato dallo schermo societa- rio, si traduce…in un danno al patrimonio dell’ente pubblico (…)
Per società in house deve (…) intendersi quella costituita da uno o più enti pubblici per l’esercizio di pubblici servizi, di cui esclusivamente i me- desimi enti possono essere soci, che statutariamente esplichi la propria attività prevalente in favore degli enti partecipanti e la cui gestione sia per statuto assoggetta a forme di controllo analoghe a quello esercitato dagli enti pubblici sui propri uffici. È poi necessario che detti requisiti risultino da precise disposizioni statutarie, e sussistano tutti contemporaneamente, al momento in cui risale la condotta ipotizzata come illecita”.
Un importante rilievo che occorre muovere, nel descritto quadro giuri- sprudenziale, riguarda il sostanziale conferimento agli Amministratori pubblici della scelta del regime di attività pubblica e del conseguente Giu- dice: partecipando a quadri societari non in house detti Amministratori si svincolano dai controlli pubblicistici e si inseriscono in un’area sostanzial- mente grigia, a natura dichiaratamente (ma non sostanzialmente) impren- ditoriale, essendo spesso e volentieri svincolata dalla necessaria finalità di lucro societario.
Occorre quindi dare conto di talune problematiche afferenti alle società in
house, tanto con riferimento alla partecipazione dei privati che della pos-
sibilità di affidamenti diretti di appalti di forniture o servizio, ponendo attenzione alle indicazioni espresse dalla Corte dei Conti e dal Consiglio di Stato.
In tale ultimo quadro, va evidenziato l’orientamento espresso dal Consi- glio di Stato, Sez. I, in occasione del parere n. 2583 di data 8 novembre 2018, concernente la possibilità, per Destination Management Organization Turi-
smo Piemonte S.c.r.l. (società in house providing, costituita ai sensi dell’art.
5 legge regionale del Piemonte n. 14/2016), di ricevere affidamenti diretti dall’Amministrazione regionale, pur acquisendo partecipazioni private, nel caso in cui le stesse siano state acquisite a seguito di procedura di evidenza pubblica (e non sulla base di criteri puramente discrezionali) purché nel limite di un terzo del capitale sociale e senza riconoscimento di nessun potere di veto né di influenza dominante.
Il Consiglio di Stato, qualifica la società in house come una società dotata di autonoma personalità giuridica che presenta connotazioni tali da giusti- ficare la sua equiparazione ad un “ufficio interno” (longa manus) dell’en- te pubblico che l’ha costituita, precisando che non sussiste tra l’ente e la società un rapporto di alterità sostanziale ma solo formale; ciò premesso, tali caratteristiche della società in house giustificano e legittimano l’affida- mento diretto, senza previa gara, per cui un’Amministrazione aggiudi- catrice è dispensata dall’avviare una procedura di evidenza pubblica per affidare un appalto o una concessione.
Ricorda il Consiglio di Stato che, secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, le procedure di evidenza pubblica possono escludersi tutte le volte in cui: 1) l’amministrazione aggiudicatrice eserciti sul soggetto affidatario un controllo analogo a quello operato sui propri servizi interni (requisito strutturale); 2) il soggetto affidatario realizzi la
parte più importante della propria attività a favore dell’amministrazione aggiudicatrice che lo controlla (requisito funzionale).
Secondo il Consiglio di Stato non contrasta con il riparto delle competenze tra Stato e Regioni una legge della Regione Piemonte che prevede lo svol- gimento di un servizio di interesse generale, ricadente nell’esercizio delle funzioni tipiche dell’ente regionale (inerenti all’attività di promozione, accoglienza e informazione turistica in Piemonte) mediante una società
in house partecipata pure da capitale privato, purché la partecipazione sia
conseguita sulla base di procedura ad evidenza pubblica, la quale attiene anche alle materie della tutela della concorrenza e dell’ordinamento civi- le, rientranti nell’ambito della competenza legislativa riservata allo Stato (art. 117, co. 1, lett. e) e l), Cost.).
Sebbene la normativa comunitaria e nazionale non fissi per le società
in house una soglia per i soci privati di minoranza, occorre considerare
con particolare attenzione, date le sue implicazioni, la scelta di consen- tire al capitale privato della società considerata nella specie di giunge- re al 33,3%, valutando l’opportunità di non raggiungere la citata soglia (pur non essendo la stessa espressamente vietata). Pertanto l’eventuale ingresso di soci privati (nei limiti e con le procedure indicate), non im- pedirebbe alla società in questione di continuare a ricevere affidamenti diretti dalla Regione Piemonte, posto che, in linea con la normativa e la giurisprudenza sopra richiamati: a) la società in house ha un oggetto so- ciale predefinito, individuato dal Legislatore regionale nella prestazione di un servizio di interesse generale ricadente nell’esercizio delle funzioni tipiche dell’ente regionale e, cioè, l’esercizio dell’attività di promozione, accoglienza e informazione turistica in Piemonte; b) l’Amministrazione regionale continuerebbe ad esercitare sulla società il controllo analogo; c) la l.rg. n. 14/2016 e lo Statuto della società ammettono la partecipazione di soci privati, nei limiti ed alle condizioni (tra le quali essenziale l’aver esperito procedura di evidenza pubblica per l’individuazione del/i so- cio/i) stabilite dalla normativa di riferimento.
La disamina della giurisprudenza della Cassazione e gli orientamenti del Consiglio di Stato fanno anzitutto emergere un’importante divaricazione, sebbene gli ambiti valutativi siano differenti (gli uni hanno sullo sfondo la giurisdizione contabile – a fini responsabilistici – gli altri la configura- bilità della società in house ai fini della possibilità dell’affidamento diretto di appalto in deroga): nel mentre secondo la Cassazione la società in hou-
non solo), per il Consiglio di Stato in house providing non esclude affatto la partecipazione di privati alla compagine sociale, purché non sia loro riconosciuta alcuna influenza dominante sulla società o potere di veto. Con riferimento alla Corte dei Conti, merita anzitutto attenzione la sent. n. 409/2018 della Sez. I di appello, che rileva al fine del radicarsi della giurisdizione contabile, in fattispecie avente ad oggetto la società in house “Tarquinia multiservizi S.p.A.”, “che non può farsi distinzione fra danno causato dai propri amministratori alla società partecipata e danno all’ente partecipato, in quanto come riconosciuto dalla consolidata giurispruden- za anche della Suprema Corte (si veda ad es. la sentenza delle sezioni unite n. 26283/2013), il patrimonio della prima, seppure separato, è co- munque riconducibile all’ente pubblico partecipante”.
Con riferimento all’eccezione del ne bis in idem posta dalla difesa del con- venuto, viene confermata la giurisprudenza secondo cui l’Amministra- zione danneggiata può far valere dinanzi al G.O. la responsabilità degli Amministratori societari, secondo le regole proprie del giudizio civile; “in ogni caso, tale possibile duplicità di azioni non potrebbe portare ad un bis
in idem sostanziale riguardo agli effetti delle eventuali condanne in sede
contabile ed in sede civile, in quanto, in caso di duplice condanna, l’am- ministrazione danneggiata dovrà tener conto, in sede esecutiva, di quanto eventualmente già recuperato a carico del responsabile”.
Per altro verso, va menzionata la sent. n. 98/2018 della Sezione giuri- sdizionale per l’Abruzzo della Corte dei Conti, riguardante l’ipotizzata responsabilità amministrativa in capo ai componenti del C.d.A. della “Aquilana società Multiservizi S.p.a.” (società in house del Comune di L’Aquila), per avere acquisito una struttura inutile rispetto alle esigen- ze poste alla base dell’acquisto, fra l’altro pagando un prezzo superiore rispetto a quello congruo; in questo contesto è affermata la giurisdizione contabile e la sussistenza del rapporto di servizio in capo ai convenuti (anche con riferimento ai componenti del gruppo di lavoro istituito per valutare l’acquisizione di detta struttura).
Deve essere ricordata la sent. n. 64/2019 della Sezione giurisdizionale per il Lazio della Corte dei Conti, in fattispecie concernente l’azione di re- sponsabilità a carico di Amministratori di “ISA S.p.A.” (società in house del Ministero delle politiche agricole, poi incorporata dalla ISMEA, Ente sottoposto alla vigilanza del Ministero) per il conferimento di un incarico consulenziale.
In questo contesto, è affermata la giurisdizione della Corte dei Conti con rife- rimento “alla costituzione della società, allo stanziamento di risorse in favore di ISA s.p.a., ed al trasferimento di funzioni ministeriali che fanno ritenere l’at- tività svolta in termini di servizio pubblico, e il rapporto tra Ministero e ISA s.p.a., indipendentemente dal titolo giuridico (che va convenzioni a decreti ministeriali e anche a norme primarie) in base al quale si svolge l’attività”. L’attività svolta dalla società, in particolare, è qualificata come non dis- simile da quella sottostante a un rapporto instauratosi tra la P.A. e un qualsiasi soggetto, anche privato, che gestisce denaro pubblico per la re- alizzazione di programmi imposti dall’Amministrazione (all’uopo si fa richiamo, per l’affermazione della giurisdizione contabile, dell’ord. n. 4551/2006 delle sez. un. Cass.).
Merita da ultimo attenzione la sent. n. 52/2019 della Sezione Sardegna della Corte dei Conti, concernente il danno erariale evocato in conseguen- za del riconoscimento, da parte dell’Amministratore della “CISA Service S.r.l.” (società in house dei Comuni associati di Serramanna, Sanluri, Sa- massi, Serrenti, Furtei, Segariu e del Consorzio Intercomunale di Salva- guardia Ambientale), del compenso aggiuntivo per l’incarico di respon- sabile per la prevenzione della corruzione a un dipendente.