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Il bene comune acqua e la nascente legittimazione dell’ente locale.

DEGLI ATTORI COINVOLT

3. Il bene comune acqua e la nascente legittimazione dell’ente locale.

All’interno di questa inesorabile evoluzione concettuale dei beni e dell’af- fermazione di uno “Stato-collettività” si sono alternate una serie di pro- nunce che, seppure in modo ondivago, hanno dapprima negato e poi via via gradualmente riconosciuto il ruolo dell’ente locale nelle vertenze ri- guardanti l’accatastamento delle centrali idroelettriche, spezzando il con- solidato binomio che ammetteva la tutela e la legittimazione nel rapporto strettamente duale tra concedente e concessionario

È d’obbligo una premessa.

Per i beni appartenenti alla categoria D (opifici, centrali idroelettriche etc.), la stima delle rendite catastali relative a detti beni non viene effet- tuata direttamente dall’Ufficio Tecnico Territoriale o dal Catasto.

Il cosiddetto modello DOCFA (acronimo che sta per DOcumenti Catasto FAbbricati) viene compilato direttamente dai gestori e concessionari delle opere e manufatti e sottoposto al vaglio dei competenti uffici.

Proprio questa forma di “autostima”, che potrebbe tentare il dichiaran- te ad indicazioni incomplete dei beni e degli impianti o a valutazioni di valore inferiore a quello reale, è sovente divenuta fonte di contenzio-

si promossi dall’una o dall’altra parte, al fine di veder accertata la reale consistenza di centrali e opifici e, di conseguenza, la rendita congrua, in merito alla quale i Comuni ove insistono le opere assolvono al ruolo di enti impositori, calcolando, applicando ed incassando le relative imposte (IMU, IMIS), che trattengono in tutto o in parte quale cespite di entrate del proprio bilancio.

Proprio al fine di agevolare una valutazione corretta delle rendite catastali relative alle unità immobiliari a destinazione speciale (D e E), l’Agenzia del Territorio - Direzione Centrale Catasto, con la Circolare n. 6 del 30 novembre 2012, ha fornito chiarimenti tecnico-estimativi per la corretta individuazione delle componenti immobiliari oggetto di stima catastale, anche con “indicazioni metodologiche ed operative per l’applicazione dei diversi procedimenti di stima, previsti dall’ordinamento catastale per queste tipologie di immobili, ed in particolare per la determinazione del valore venale e del saggio di fruttuosità utilizzati nel procedimento indi- retto di determinazione della rendita catastale”.

Ogni deviazione rispetto a tali indicatori può generare posizioni conflit- tuali da dirimere dinanzi al Giudice tributario, con giurisdizione che gli appartiene ai sensi dell’art. 2, co. 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546, (Codice del processo tributario), secondo il quale “Appartengono altresì alla giurisdizione tributaria le controversie promosse dai singoli posses- sori concernenti l’intestazione, la delimitazione, la figura, l’estensione, il classamento dei terreni e la ripartizione dell’estimo fra i compossesso- ri a titolo di promiscuità di una stessa particella, nonché le controversie concernenti la consistenza, il classamento delle singole unità immobiliari urbane e l’attribuzione della rendita catastale. (…)”.

Ulteriore conferma di giurisdizione del Giudice tributario in tema di ac- certamento delle rendite catastali anche per i beni di categoria D e E è quella prevista dall’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, che tra gli atti impugnabili dinanzi alle Commissioni Tributarie espressamente com- prende anche “gli atti relativi alle operazioni catastali indicate nell’art. 2, comma 2” con specifico riferimento agli atti di classamento ed agli atti “comunque attributivi o modificativi delle rendite catastali per terreni e fabbricati”.

Tali contese sono sempre avvenute tra l’Agenzia del Territorio - Servizio Catasto ed i “singoli possessori” dei beni, dunque in totale assenza del Comune di riferimento, non contemplato ad alcun titolo quale parte del

giudizio, considerato semplice soggetto incaricato della riscossione delle imposte e, in quanto tale, privo di qualsivoglia legittimazione ad inter- venire nel rapporto strettamente duale di accertamento delle consistenze delle centrali ed opifici e delle relative rendite catastali.

Un primo caso interessante, ove ha fatto timidamente capolino un ente locale, è quello riferito alla vertenza per la Centrale termoelettrica del Co- mune di Turbigo contro Enel/Eurogen.

In tale vertenza, ai fini della valutazione delle rendite catastali, la conces- sionaria Enel aveva presentato il modello Docfa con una stima della Cen- trale per L. 1.038.000.000, mentre l’Agenzia del territorio, disattendendo tali stime, attribuiva un valore, quadruplicato, pari a L. 4.200.000.000. La Commissione Tributaria regionale di Milano annullava l’abnorme ren- dita attribuita dell’Agenzia del territorio, poiché comprensiva di turbine e altri impianti amovibili e non essenziali alla completezza e funzionalità dell’opificio e non ammessi nel Docfa e nella valutazione delle rendite. L’appello alla sentenza veniva proposto autonomamente dal Comune Turbigo, con ricorso tempestivo, e dalla Agenzia del Territorio che, inve- ce, lo presentava oltre i termini di decadenza.

Per superare l’eccezione di tardività svolta da Enel, l’Agenzia del Terri- torio invocava l’inscindibilità delle cause ed il collegamento sostanziale con il gravame svolto dal Comune di Turbigo, come se fosse un tutt’uno. La Commissione tributaria regionale, nonostante la tardività dell’appello presentato dall’Agenzia del Territorio, riteneva ammissibile il gravame “quale appello incidentale proposto nel termine di 60 giorni dalla notifica dell’appello del Comune di Turbigo, quale appello principale” e ciò in ragione della inscindibilità delle controversie instaurate avverso la deter- minazione della rendita catastale.

Con sent. n. 18271/2004, la Corte di Cassazione ha riformato tale deci- sione, affermando che “Il rapporto di pregiudizialità tra le controversie promosse con l’impugnazione del provvedimento di attribuzione della rendita e dell’avviso di liquidazione dell’imposta comunale sugli immo- bili, anche se opportunamente riunite, non è conseguentemente idoneo, in ragione del diverso ambito soggettivo, essendo il Comune carente di autonoma legittimazione nella controversia concernente la rendita cata-

stale, ed oggettivo; a rendere inscindibili le cause, rispetto alle quali è da escludere tra le parti convenute nelle due controversie anche un litiscon- sorzio necessario processuale, non potendo derivare, dalla mancata parte- cipazione al giudizio di appello del Comune o dell’Ufficio del Territorio, dei giudicati tra loro contrastanti”.

La carenza di legittimazione ad agire in capo al Comune veniva ulterior- mente ribadita dalla Corte di Cassazione nella sent. n. 9203/2007 riferita all’impugnazione di un privato, con ricorso notificato al Comune di Ca- stelpiano avverso la rendita presunta di alcuni immobili, tra cui un ter- reno agricolo con annesso fabbricato di vecchissima costruzione e per di più inagibile.

Dopo i primi due gradi di giudizio dinanzi alle Commissioni tributarie provinciale di Ancona e regionale delle Marche, che avevano parzialmen- te accolto il ricorso, la Suprema Corte escludeva qualsivoglia litisconsor- zio necessario ex art. 102 c.p.c. tra Comune di Castelpiano e l’Agenzia del territorio, in quanto il contribuente si era limitato ad impugnare, per assunti vizi propri, soltanto gli avvisi di accertamento della maggiore im- posta comunale sugli immobili pretesa dal Comune, ma non aveva conte- stato alcun atto di quell’Agenzia.

La Cassazione non si limitava al caso in esame, laddove il litisconsorzio era palesemente assente, ma, mantenendo il costante solco già tracciato, ribadiva in ogni caso la più assoluta carenza di legittimazione del Co- mune, affermando che “l’esistenza di siffatto litisconsorzio, peraltro, va esclusa anche in caso di impugnazione dell’atto di attribuzione della rendita catastale costituente il presupposto di un diverso atto impositivo anch’esso impugnato in quanto il Comune è carente di autonoma legit- timazione nella causa relativa alla rendita catastale (Cass., sez. trib., 10 settembre 2004 n. 18271) e il provvedimento di attribuzione della rendita, una volta divenuto definitivo (per mancata impugnazione da parte del contribuente, unico legittimato a tanto, o per intervenuta definitività del relativo giudizio di impugnazione), vincola non solo il contribuente ma anche l’ente impositore tenuto (per legge) ad applicare l’imposta unica- mente sulla base di quella rendita la quale costituisce il presupposto di fatto necessario ed insostituibile per tutta l’imposizione fiscale che la leg- ge commisura a tale dato”.

Una prima timida apertura ad una legittimazione ad agire dell’ente co- munale viene offerta dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con

la sent. n. 18565/2009, resa a fronte di un contenzioso tra la Cooperativa frutticola Kurmark-Unifrut società agricola ed il Comune di Egna, con impugnazione del provvedimento con il quale detto Comune rigettava l’istanza di rimborso ICI presentata dalla società agricola su un immobile di carattere rurale ai sensi del D.L. n. 557 del 1993, in quanto strumentale all’attività agricola esercitata.

Il rigetto nei primi due gradi di giudizio, basato sull’assenza di altri requisiti tecnici per l’esenzione ICI non posseduti dalla società in parola per assenza di un adeguato volume d’affari derivante, per almeno la metà, dalla propria attività agricola, imponeva alla Kurmark-Unifrut un ricorso per cassazione, rimesso alle Sezioni Unite a fronte del contra- stante orientamento in tema di assoggettamento ad ICI dei fabbricati rurali.

Proprio nell’ambito di tale verifica, le Sezioni Unite, sebbene in via in- cidentale all’interno di una questione principalmente riferita alla natura agricola del fabbricato, hanno attribuito al Comune un dovere di impu- gnazione, affermando che “L’attribuzione all’immobile di una diversa ca- tegoria catastale deve essere impugnata specificamente dal contribuente che pretenda la non soggezione all’imposta per la ritenuta ruralità del fabbricato, restando altrimenti quest’ultimo assoggettato ad ICI: allo stes- so modo il Comune dovrà impugnare l’attribuzione della categoria cata- stale A/6 o D/10 al fine di potere legittimamente pretendere l’assoggetta- mento del fabbricato all’imposta”.

Nell’ondivago divenire di una legittimazione attiva dell’ente comunale, nel 2010 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sent. n. 675/2010 giungevano ad affermare un diverso principio.

Con ricorso promosso dinanzi al TAR per la Lombardia ed alla Commis- sione Tributaria di Milano, il Comune di Somma Lombardo aveva chie- sto l’annullamento del provvedimento con cui l’Agenzia del Territorio per la Lombardia aveva confermato l’esito della dichiarazione DOCFA presentata da SEA e Alitalia per esenzione ICI di fabbricati autonomi rispetto alla stazione aeroportuale adibiti ad attività commerciali pro- duttive.

La Commissione tributaria aveva dichiarato il proprio difetto di giurisdi- zione “in quanto in materia catastale la giurisdizione tributaria è limitata alle sole controversie promosse dai singoli possessori degli immobili de-

stinatari degli atti di classamento dei comuni”, con conseguente carenza di legittimazione ad agire da parte del Comune di Somma Lombardo, che quindi proponeva regolamento di giurisdizione dinanzi alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.

Dopo aver richiamato l’art. 2, co. 2 del d.lgs. 546/1992 e il r.d.l. n. 652 del 1939, art. 2 circa le competenze dell’amministrazione del Catasto, le Sezioni Unite hanno perentoriamente escluso la legittimazione del Co- mune ad agire avverso il DOCFA e per la determinazione delle rendite, sia in via principale, sia nel caso di intervento adesivo rispetto alla posi- zione dell’Agenzia del Territorio, così affermando “Per cui questa Corte ha ripetutamente affermato: a) che le questioni di merito e di valutazio- ne dell’atto di classamento, nonché della rendita catastale devono essere fatte valere con l’impugnazione da parte del contribuente destinatario dei relativi provvedimenti di attribuzione in un giudizio nel quale il contraddittore è individuato necessariamente nel (solo) Ufficio provin- ciale dell’Agenzia del Territorio; (…) c) che conseguentemente il comu- ne in questo giudizio, devoluto dal menzionato art. D.Lgs. n. 546 del 1992 alla giurisdizione delle Commissioni tributarie non solo non può essere parte, ma non può intervenire neppure adesivamente poiché nel processo tributario, non è ammissibile l’intervento adesivo dipendente (…)”.

Parimenti si è espressa la Corte di Cassazione con la sent. n. 7104/2010 nel ricorso presentato dal Comune di Basiano, nella controversia promossa da un contribuente avverso l’avviso di accertamento per omesso versa- mento dell’ICI per un fabbricato agricolo, ritenuto esente perché destina- to allo svolgimento dell’attività agricola.

Anche in questo frangente, al pari dei precedenti, con la citata sentenza la Cassazione ha affermato che “tra la controversia relativa all’ICI e quella relativa al classamento vi è un rapporto di pregiudizialità, che esclude il “litisconsorzio necessario fra l’Agenzia del territorio ed il Comune, privo di autonoma legittimazione nella causa relativa alla rendita catastale, il provvedimento di attribuzione della quale, una volta divenuto definitivo, vincola non solo il contribuente, ma anche l’ente impositore, tenuto ad applicare l’imposta unicamente sulla base di quella rendita, costituente il presupposto di fatto necessario ed insostituibile per tutta l’imposizione fiscale che la legge a tale dato commisura9”.

Con la sent. n. 8845/2010, la Corte di Cassazione, pronunciandosi su un ricorso del Comune di Viterbo è tornata sulla questione degli immobili di natura rurale e sulla legittimazione del Comune.

La Commissione Tributaria Regionale del Lazio aveva accolto il grava- me dei contribuenti, rigettando quello del Comune, affermando che “in presenza di classamento catastale attestante la ruralità dell’immobile era onere del Comune dimostrare la insussistenza di tale requisito, onere non assolto dall’ente territoriale, con conseguente infondatezza della pretesa impositiva”.

Anche la Cassazione confermava la legittimazione del Comune, precisan- do che “in presenza di una certificazione catastale attestante la ruralità dell’immobile, e di conseguenza, come sopra esposto, la esenzione dall’I- CI e, correlativamente, dall’obbligo della relativa denuncia, il Comune non può procedere a nuovo accertamento sulla base di un classamento diverso che invece sia sottoponibile al tributo operando in via presuntiva, prescindendo dalle risultanze catastali. (…) Ne consegue che il Comune al fine di potere legittimamente pretendere l’assoggettamento del fabbricato alla imposta, ha l’onere di previamente impugnare la attribuzione catasta- le vigente, che tale assoggettamento esclude”.

Proprio intorno al 2010 iniziano ad aprirsi altre opportunità di intervento dei Comuni nei processi tributari in tema di accatastamento dei beni, e così anche sotto forma di intervento adesivo dipendente, come affermato dalla Corte di Cassazione nella sent. n. 14423/2010 nel ricorso presentato dal Comune di Germignaga.

Ma la tendenza era contrastata e debole.

Basti pensare che nella coeva pronuncia del 29 ottobre 2010 sempre la Corte di Cassazione nel ricorso presentato da Enel Produzione contro il Comune di Montalto di Castro relativamente alla centrale elettrica di Montalto di Castro e relativa rendita proposta dal concessionario nel mo- dello DOCFA per L. 4.620.000.000, rideterminata dall’Ufficio Tecnico Era- riale in L. 46.853.000.000, ribadiva l’orientamento precedente, affermando che “il Comune è carente di autonoma legittimazione nella causa relativa alla rendita catastale10”.

Solo nella successiva giurisprudenza – peraltro non riferita a controversie di natura catastale – si affaccia in modo via via più deciso la possibilità per l’ente impositore di un intervento adesivo dipendente nel processo tributario.

È il caso deciso dalla Corte di Cassazione con la sent. n. 255/2012 in tema di accise relative a quantitativi di alcol etilico denaturato impiegato nel- la produzione di profumeria alcolica, nel ricorso proposto dalla Agenzia delle Dogane contro Safosa S.p.A.

Con tale pronuncia, viene ammesso con forza l’intervento adesivo ai sensi dell’art. 14 del d.lgs. 546/1992, sino a sostenere che: “Una interpretazione costituzionalmente orientata del citato art. 14 deve dunque indurre ad una lettura estensiva del concetto di destinatario dell’atto - fino a com- prendere in esso non solo il destinatario stricto iure ma anche il destina- tario potenziale e mediato - nonchè del concetto di titolarità del rapporto controverso - fino a comprendere in esso anche la titolarità di un rapporto dipendente o connesso rispetto a quello costituito dall’atto impugnato”. Tale principio è stato poi ribadito anche dalla Corte di Cassazione nella sent. n. 9567/2013 resa nel ricorso presentato dall’Agenzia delle dogane contro Enel Distribuzione e contro Zamboni Immobiliare S.p.A. circa le esenzioni delle addizionali comunali e provinciali anche con riferimen- to per analogia alla giurisprudenza del Consiglio di Stato e all’Art. 28 c.p.a, sino a precisare che “Una simile interpretazione estensiva consente di ammettere nel processo tributario l’intervento adesivo dipendente, con il quale il terzo si limita a chiedere l’accoglimento della domanda già pro- posta dal ricorrente, senza ampliare in alcun modo il thema decidendum, proponendo autonomi motivi di ricorso”.

Anche la sent. n. 333/2014 della Cassazione Civile resa nel giudizio pro- mosso dal Comune di Luino contro Enel Produzione Spa e Agenzia del Territorio - Ufficio di Varese, ha concluso «dichiarando la legittimazione del Comune ad esplicare intervento adesivo nella controversia in que- stione», così confermando un orientamento oramai consolidato, ma non ancora sufficientemente maturo per ammettere la legittimazione degli enti comunali alla presentazione di un ricorso autonomo per impugna- zione delle rendite catastali laddove ritenute incongrue e del presupposto DOCFA se incompleto o non attendibile nelle consistenze e nei valori.

5. Il revirément operato dalla Cassazione, sez. Unite, 21 luglio 2015, n.

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