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Analogamente al percorso del mattino, anche oggi pomeriggio ci oc- cuperemo dell’acqua come risorsa naturale, come demanio idrico, come bene collettivo, visto dall’angolo di visuale particolare degli enti locali, con l’intervento dell’Avv. Maria Cristina Osele, sugli interessi comunali, con riferimento ai tributi di spettanza comunale, nonché, a loro volta su possibili ambiti di conflitti di interesse fra istituzioni locali, società da loro partecipate, nonché con i privati, con l’intervento del Procuratore regio- nale Corte dei conti, Dott. Marcovalerio Pozzato.

La complessità dei diversi interessi in campo con riferimento all’ac- qua bene pubblico e al demanio idrico deriva anche dal fatto che gli enti territoriali sono portatori di interessi generali della loro comunità di riferimento, e non solo, e comunque di interessi articolati e complessi. Tali interessi, come quelli della tutela del territorio e dell’ambiente, della pubblica incolumità, della crescita sociale e in generale delle condizio- ni di vita della loro popolazione e contemporaneamente degli interessi socio economici del sistema produttivo, si trovano a dover affrontare direttamente (sia i Comuni e loro forme associative, che la Provincia autonoma/ovvero le Regioni) il confronto e la sintesi tra i punti di vista, sulla base della scala di valori e priorità dettate dall’ordinamento, e nel pieno rispetto delle regole, salvaguardando pertanto l’interesse pubbli- co complessivo.

In questo contesto vedremo anche in che modo la Corte dei conti, come organo dell’ordine giudiziario, neutrale, autonomo ed indipendente, svolga in questo ambito il suo ruolo di garanzia della legalità e del buon andamento dell’azione amministrativa.

Prima di introdurre le singole relazioni, vorrei fare qualche brevissima digressione sul tema delle acque pubbliche per il Trentino.

Questo territorio, infatti, anche per le sue stesse caratteristiche geo-o- rografiche e per la necessità delle popolazioni che vi sono insediate di rapportarsi con lo specifico ambiente montano, ha dedicato sempre gran- dissima attenzione al tema dell’utilizzo delle acque nelle diverse forme. L’acqua, infatti, elemento essenziale dell’ambiente naturale, serve con- temporaneamente per finalità diverse, alimento, fattore della produzione agricola, artigianale, industriale e commerciale nonché, appunto, della produzione dell’energia elettrica, attraverso le piccole e grandi derivazio- ni di acque pubbliche ad uso idroelettrico.

Le diverse finalità di utilizzo delle acque, e quindi gli interessi ad esse correlati, sia pubblici che privati, possono essere o entrare in contrasto tra loro: sta proprio alle istituzioni, sia a livello normativo che amministra- tivo, individuare i modi per rendere compatibili i diversi interessi, assi- curando al contempo la piena tutela dell’interesse generale, che è prima di tutto la tutela ambientale, la sicurezza delle persone e del territorio, la conservazione nel tempo del bene primario acqua e quindi dei corpi idri- ci, degli alvei, della flora e della fauna che vi vive, nonché – naturalmente – anche dei rilevanti profili di ordine economico.

Come è noto la questione del governo e dell’utilizzo delle acque pub- bliche in particolare per la produzione idroelettrica costituisce da oltre un secolo uno dei nodi cruciali per la comunità trentina. Forse è meno noto che la stessa questione affliggeva o per meglio dire connotava l’attenzio- ne della classe politica trentina anche nel periodo a cavallo dell’inizio del XX secolo, proprio agli albori dell’applicazione delle nuove tecnologie all’immenso patrimonio idrico delle due Province e dove fin dall’inizio si scontrano i diversi interessi dei grandi gruppi economico-industriali e finanziari con la volontà dei trentini di essere artefici dello sviluppo del- la propria comunità, sviluppando gli investimenti per le grandi centrali idroelettriche così come per le ferrovie anche locali, che erano già allora considerate fattore determinante per lo sviluppo.

Non a caso furono proprio i Comuni a intervenire anche nel campo della produzione costruendo le prime centrali idroelettriche oltre un secolo fa. Infatti, le amministrazioni comunali del Tirolo, quali quelle di Innsbruck, Trento, Bolzano, Merano, Rovereto, Riva del Garda, Arco detenevano nel 1898 il 55% della potenza elettrica installata, tutta prodotta dalle centrali idroelettriche. Non è dunque un caso che una delle prime centrali fu quella del Comune di Trento a ponte Cornicchio, costruita nell’ultimo decennio dell’800, principalmente dedicata alla illuminazione pubblica sostituendo quella a gas, e ancor oggi esistente. Doveroso ricordare anche come gli stessi Comuni nel medesimo periodo furono protagonisti della progettazione e realizzazione delle ferrovie elettriche per assicurare la circolazione delle per- sone e delle merci nelle valli e promuoverne lo sviluppo socio-economico.

Quella realtà produttiva è cresciuta molto nel corso del XX secolo, tanto che nel periodo fino agli anni ’50 si assistette alla costruzione di numerosi grandi impianti da parte di enti locali, ma anche di grandi imprese indu- striali, i cui stabilimenti necessitavano di ingenti quantità di energia elettrica (es. Edison, SAVA); grandi impianti perlopiù caratterizzati da elevato impat- to ambientale, e non solo, da imponenti dighe di sbarramento che davano luogo a grandi invasi di contenimento delle acque. Quasi tutti gli impianti sono stati poi nazionalizzati nel 1962 e le concessioni attribuite ad ENEL.

Per questo territorio regionale, dunque, le acque pubbliche e l’energia idroelettrica rappresentano dunque elementi fondamentali, insieme ad altri, dello stesso ordinamento giuridico autonomistico sotto il profilo della territo- rialità. In una Regione – segnata al suo nascere da forte marginalità e secolar- mente provata da limitanti condizioni fisiche – è stato considerato essenziale anche dal Costituente attribuire significative prerogative alle autonomie loca- li sul governo delle acque e la tutela dei fattori territoriali e ambientali.

Non a caso dunque il tema delle acque connota diverse norme del pri- mo Statuto di autonomia e il medesimo argomento è anche oggetto di specifici punti dell’accordo (accordo Waldheim - Moro) del 1969 per la de- finizione del Pacchetto delle misure che portarono al cd. secondo Statuto di autonomia del 1972.

In questo quadro si collocano, oltre alle norme in materia dello Statuto, e in particolare l’art. 13 recentemente novellato (l. 205/2017, Art. 1, co. 833), numerose norme di attuazione statutaria, susseguitesi tra il 1977 e il 2007, che hanno consentito l’attribuzione alle Province autonome dell’in- tero demanio idrico insistente sul loro territorio e di competenze legislati- ve e amministrative in materia di acque pubbliche e di utilizzazione delle stesse, nonché il riconoscimento alle Province autonome delle funzioni e delle prerogative in campo energetico (produzione, acquisto, vendita, di- stribuzione ecc.), in concorso con gli enti locali. Ad esse si connette anche il Piano Generale di Utilizzo delle Acque Pubbliche nel Trentino, approvato con d.P.R., pubblicato sulla G.U. n. 119 del 24 maggio 2006, sulla base di intesa tra Stato e Provincia autonoma nell’ambito di apposita Commissio- ne paritetica; Piano che sostituisce, per questo territorio, i Piani di bacino idrografico nazionali.

Tali attribuzioni non denotano tanto un carattere o un privilegio “mer- cantile”, ma piuttosto esprimono la più profonda natura dell’identità au- tonomistica: il territorio, l’ambiente, le acque e il loro uso costituiscono alcuni degli «elementi fondanti di questa comunità», quali fattori fonda- mentali anche per assicurare pari opportunità di crescita e di sviluppo socio-economico anche alle popolazioni delle valli e di montagna.

Dunque, quando parliamo di grandi derivazioni di acque pubbliche a scopo idroelettrico, dobbiamo al contempo tenere conto non solo delle opportunità economiche, ma anche dell’impatto territoriale, ambientale, e sociale per la comunità trentina derivante dagli impianti di derivazione e produzione: ciò significa quindi valutare per tutto il periodo tempo- rale di riferimento (i prossimi trenta anni) e con riguardo all’intero ciclo dell’acqua gli effetti delle future concessioni su:

- paesaggio;

- fenomeni sociali ed economici; - utilizzo dell’acqua come alimento; - le altre attività produttive.

Se si vuol dare un’idea quantitativa e dinamica del patrimonio naturale collegato alle acque, si pensi che il bilancio idrico annuo del Trentino ha una dimensione di circa 9/10 miliardi di metri cubi di acqua.

Molteplici sono gli utilizzi di queste acque; si va da quello civile (ac- quedotti potabili), a quelli agricolo, industriale e a quello idroelettrico; quest’ultimo tipo di utilizzo fa la “parte del leone”, nel senso che assorbe l’84% delle portate date in concessione. Gli altri utilizzi, pari al 16% com- plessivamente, riguardano in particolare l’uso civile (circa il 5,5%), quello agricolo (6,4%) quello industriale (1,6%).

E tutto questo a beneficio del Trentino, ma anche delle popolazioni e delle imprese di tutte le altre Regioni che dal Trentino ricevono o con esso condividono le acque dei bacini idrografici che interessano il rispettivo territorio, quali Adige, Po, Brenta-Bacchiglione.

Concludendo, va evidenziato che al 2008 (come si evince dal rapporto di Acquaenergia) la produzione annua media del tempo era di circa 4 miliardi di kw/ora, pari al 10% della produzione idroelettrica nazionale. Oltre a ciò va tenuto ben presente che si tratta di energia da fonti rinno- vabili, che consente di evitare l’emissione in aria di circa 2,5 milioni di tonnellate di gas serra, qualora la stessa energia fosse prodotta da centrali termiche.

Quindi quella idroelettrica è fonte di energia fra le più preziose, sia per la tutela ambientale, che per il suo valore economico sul mercato naziona- le e internazionale dell’energia.

Di seguito le immagini tratte dalla pubblicazione edita dalla Provincia autonoma di Trento nel 2007, col titolo Le concessioni di grandi derivazioni di

la demolizione della frazione Stramentizzo (Molina di Fiemme) per la costruzio- ne della diga (1956)

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