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Alcuni risultati preliminari del progetto Movet-CNR

Giampaolo Vitali

3. Alcuni risultati preliminari del progetto Movet-CNR

Il Movet è un consorzio di imprese, centri di ricerca e istituzioni pubbli- che nato per favorire la crescita della filiera automotive in Toscana. I soci del consorzio sono Continental, Magna Closures, Pierburg, Schaeffler, Tecnalia, Yanmar, Mitsuba, Pont-Tech, Intecs, Passaponti, EDI progetti e le Università di Pisa, Firenze e Marconi. Movet e IRCrES-CNR hanno attivato un progetto di ricerca, a cui partecipano anche Marco Pierini (Università di Firenze) e Giuseppe Pozzana (Provincia di Pisa), che è finalizzato a proporre nuove poli- tiche locali per il rafforzamento della filiera automotive e delle catene di forni- tura locali.

Come si nota dai soci di Movet e dalle caratteristiche delle filiera auto-

motive toscana, il ruolo delle imprese multinazionali è notevole e pertanto al-

cuni dei risultati raggiunti dal processo possono essere utilizzati per interpreta- re il rapporto tra impresa multinazionale e contesto locale, in aree caratterizza- te da economia diffusa (come sono quelle di Pisa, Firenze, Lucca e Siena), da opportunità tecnologiche offerte dalle università di Pisa e di Firenze, da scarse dotazioni industriali al di fuori dei noti distretti industriali (Prato, Carrara, Santa Croce, ecc.). L’analisi consente quindi di definire una politica finalizzata sia al trattenimento sul territorio delle imprese a capitale estero, che come già sottolineato sono le più rapide ad abbandonare l’insediamento industriale qua- lora emergano migliori opportunità di investimento altrove, sia al loro irrobu- stimento/ampliamento con nuovi investimenti produttivi.

Il progetto ha raccolto e elaborato dati pubblici relativi a fatturato, oc- cupazione e bilanci contabili delle imprese appartenenti alla filiera automotive toscana, nonché informazioni qualitative tratte dalla stampa locale e da inter- viste a imprese e testimoni privilegiati del fenomeno. La parte dei risultati che qui si propongono in sintesi è quella relativa alla comprensione del “fabbiso- gno localizzativo” che le multinazionali richiedono al territorio in cui operano, soprattutto nei termini del capitale immateriale (fabbisogno tecnologico e or- ganizzativo) e del capitale umano (fabbisogno formativo). Le problematiche relative al capitale fisso (ampliamento dei capannoni, per esempio) o al capita- le finanziario (ruolo delle banche locali), per quanto importanti, vengono qui considerate come complementari, e quasi ancillari, rispetto invece alla notevole rilevanza strategica che gli scenari futuribili di “Industria 4.0” e di Internet of

things attribuiscono al capitale tecnologico (opportunità di ricerca & svilup-

po), a quello organizzativo (opportunità di fornitori specializzati) e a quello umano (opportunità di lavoratori qualificati).

I dati della filiera toscana dell’automotive5 sono significativi, circa 150 imprese con 10.000 addetti e quasi tre miliardi di euro di fatturato 2013, e all’interno di tale ambito il ruolo delle multinazionali è preminente (in primis, il peso di Piaggio a Pontedera). Per tale motivo, tra le imprese intervistate vi sono molte multinazionali estere, come Magna Closures (600 addetti), Conti- nental (980), Pierburg (300), GKN (400), Knorr-Bremse (110), Mitsuba (60), Yanmar (20).

L’analisi condotta sulle informazioni qualitative ottenute dalle interviste conferma che il fabbisogno localizzativo deriva direttamente dal tipo di busi- ness intrapreso, sulla base della seguente tassonomia semplificata:

5 L’ambito industriale di riferimento qui utilizzato per definire la filiera automotive è piuttosto ampio, in quanto

l’accezione di filiera a cui si fa riferimento riguarda l’insieme delle imprese che producono componenti per auto, quelle che producono moto (e componenti), quelle che producono caravan (e componenti), ma anche tutti i fornitori di tali imprese per semilavorati o processi specialistici (essenzialmente, imprese della meccanica, pla- stica, elettronica e informatica).

• le multinazionali con un’attività di ricerca e sviluppo che si affianca all’attività produttiva vera e propria sono caratterizzate, in positivo, dal fatto che sviluppano un nuovo prodotto per tutte le altre società mondiali del gruppo, che viene pertanto messo in produzione nel sito toscano e nei siti degli altri continenti della multinazionale; questi ul- timi fanno riferimento al sito toscano per ogni problematica relativa al- la tecnologia produttiva e alle necessità di modifiche e upgrade; l’attività produttiva del sito toscano viene generalmente esportata in tutto il mercato UE, mostrando quindi una specializzazione degli im- pianti che è per prodotto (un sito serve tutta l’UE) e non per paese di sbocco (ogni sito serve il paese in cui è localizzato)6.

• le multinazionali che possiedono soltanto l’attività produttiva, senza alcuna funzione di sviluppo o progettazione avanzata, rappresentano invece una piattaforma manifatturiera dedicata a servire il mercato ita- liano, e le altre società del gruppo, sulla base però di tecnologie svilup- pate altrove e su cui il sito toscano non può intervenire; si tratta di una capacità produttiva locale che viene messa a disposizione della holding capogruppo, che decide quantità e tempi di produzione (e che ha mag- giori probabilità di essere delocalizzata rispetto al caso precedente7). • le multinazionali che hanno la semplice funzione di offrire servi-

zio/assistenza ai clienti italiani del proprio gruppo non svolgono attivi- tà produttiva (al limite, assemblano delle parti premontate che arriva- no dalle altre imprese del gruppo), ma attività di commercializzazione e di fornitura dei servizi pre-vendita e post-vendita; soprattutto questi ultimi sono importanti e riguardano spesso l’assistenza tecnica, la ma- nutenzione e la riparazione dei prodotti venduti da tutte le imprese del gruppo, attività che vengono svolte nel sito toscano o direttamente presso il cliente finale.

Sulla base delle caratteristiche produttive di ogni tipologia d’impresa, la ricerca ha individuato il contributo che il territorio fornisce al vantaggio com- petitivo dell’impresa estera. Per esempio, nel caso della multinazionale con il centro di ricerca e sviluppo emerge chiaramente il vantaggio attribuito al basso costo degli ingegneri locali (e dei laureati in discipline scientifiche), la cui for- mazione viene giudicata molto buona, e che rappresenta un vero e proprio punto di forza della filiale toscana rispetto alle altre filiali europee. Del resto, dai dati di comparazione del costo del lavoro degli ingegneri nell’Europa occi- dentale si può stimare che gli ingegneri tedeschi costino quasi il doppio rispetto a quelli italiani, se misurati nella coorte con almeno 10 anni di anzianità pro-

6 È una divisione del lavoro che è ormai tipica di molti altri settori manifatturieri, come la farmaceutica e la chi-

mica, per esempio.

fessionale8. Per un’impresa che ha qualche centinaio d’ingegneri nel reparto ricerca e sviluppo, aventi comunque buona produttività e professionalità, il vantaggio relativo rispetto alle altre imprese europee del gruppo è notevole, e le garantisce una certa reputazione e visibilità nei confronti della holding ca- pogruppo e quindi una maggiore probabilità di mantenere o incrementare il sito toscano. A complemento di ciò, anche la presenza delle due università di Pisa e di Firenze, e degli altri centri di ricerca pubblici toscani, viene giudicata come un rafforzamento del vantaggio competitivo aziendale determinato dalle caratteristiche positive del territorio.

Nel caso delle multinazionali meramente produttive, senza centro di ri- cerca, il territorio viene giudicato positivamente nella misura in cui è ricco di “cultura del lavoro” e di manodopera che si impegna con passione nello svol- gimento delle mansioni attribuite. Si tratta, in fondo, del vantaggio competiti- vo tipico delle aree un po’ periferiche, quelle relativamente lontane dalle grandi metropoli, in cui il valore del lavoro manuale in fabbrica è ancora diffuso nella società locale (Vitali, 2010). In questi casi, la governance aziendale si avvicina al paternalismo e il turnover interno è molto basso, con un notevole accumulo delle competenze specifiche e del trasferimento delle conoscenze di tipo tacito (grazie alla formazione on-site, per semplice affiancamento tra gli operatori). In questo tipo di imprese una parte del vantaggio competitivo deriva dall’uso di impianti di processo molto efficienti, tipici della produzione italiana di mac- chinari industriali, che quindi non possono essere attribuiti alle caratteristiche del territorio locale quanto invece a quello dell’intera industria nazionale.

Infine, nel terzo tipo di imprese estere presenti, quelle che svolgono ser- vizi commerciali e di assistenza, viene richiesto al territorio di fornire personale qualificato, ma soprattutto personale con un elevato grado di mobilità geogra- fica, dovendo molte volte fornire assistenza presso i siti produttivi dei clienti finali sparsi in tutta Italia. La vicinanza di infrastrutture di collegamento (por- ti, aeroporti e autostrade), come la collocazione centrale della Toscana nella penisola nazionale, diventa così una significativa componente del vantaggio competitivo aziendale attribuito al territorio.

Un altro elemento importante che è stato preso in considerazione ri- guarda il trade-off esistente tra il legame dell’impresa estera con la catena di fornitura locale e il legame creato nelle catene di fornita mondiali (global value

chain) 9. Dal lato delle vendite, le multinazionali esaminate sono quasi tutte coinvolte nel destinare la produzione del sito toscano alle global value chain, e quindi verso le altre società mondiali/europee del gruppo o verso i grandi clien-

8 È interessante notare come il vantaggio nel costo del lavoro degli ingegneri e dei laureati in discipline scienti-

fiche non si rifletta in un vantaggio simile anche per la manodopera operaia. Ciò potrebbe essere causato dalla minore richiesta di professioni ingegneristiche da parte delle imprese italiane (e quindi nel rapporto tra scarsa domanda di lavoro da parte delle imprese e buona offerta di neolaureati il prezzo del fattore tende al ribasso) e dal maggiore appiattimento dei salari - tra le figure operaie e i quadri aziendali - che i contratti nazionali italiani inducono rispetto alla contrattazione tedesca.

ti mondiali/europei dell’automotive10. Il problema affrontato dal progetto Mo- vet-CNR è stato soprattutto quello relativo al lato degli acquisti: le imprese estere sono più legate a grandi fornitori internazionali di materie prime, com- ponenti e semilavorati, piuttosto che a quelli locali. In media, il peso degli ac- quisti regionali sugli acquisti totale di semilavorati e componenti è veramente basso, addirittura inferiore all’uno per cento, e denota la mancanza di una so- lida catena di fornitura locale. Unica eccezione è il comparto dei caravan, che nell’area di Siena e Poggibonsi ha costruito una fitta rete di artigiani specializ- zati in arredamento d’interni. Nel caso automotive puro, invece, la catena di fornitura locale non è molto robusta in Toscana, al contrario di quanto accade in altre realtà italiane, come nel distretto automotive di Torino (Richiardi, Vi- tali, 2001), ove essa viene indicata come un’importante componente del van- taggio del territorio rispetto alle altre aree europee.

Pertanto, per rafforzare il radicamento dell’impresa estera sul territorio sarebbe importante incentivare la creazione di una catena di fornitura locale, con sussidi pubblici, non necessariamente di tipo monetario. Si otterrebbe così un altro elemento di radicamento dell’impresa sul territorio, aumentando le probabilità di un suo mantenimento e rafforzamento.

4. Dal particolare al generale: alcune osservazioni sull’attrazione di capitale