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Una strategia industriale nazionale

Marco Bellandi

3. Una strategia industriale nazionale

Il documento della Commissione UE citato in apertura invocherebbe una “strategia industriale” a livello continentale e nei singoli paesi, che non può essere messa in pratica come una politica a sé stante, in quanto ha nume- rose interazioni ed effetti incrociati con molte altre aree di politiche.

L’implicazione, particolarmente impegnativa per un paese come l’Italia che sconta decenni di crisi istituzionale, è che occorre una strategia industriale nazionale multi-scala e multi-sistema in grado di promuovere investimenti pubblici e privati di coesione territoriale, di innovazione e di internazionalizza- zione, coerenti alla ricchezza organizzativa e territoriale del paese, cioè alle le- ve tracciate nel paragrafo precedente.

Vediamo brevemente quelli che mi sembrano alcuni dei campi principali di una strategia nazionale di rinascita industriale, seguendo quella traccia.

3.1 A livello locale, in particolare nei distretti industriali e nei sistemi di

PMI (anche entro tessuti metropolitani, come pure in quelli rurali), occorre

certo attivare con urgenza una varietà di strumenti predisposti o che devono essere programmati dal governo per recuperare capacità professionali ed im- prenditoriali messe ai margini dalla crisi5.

In secondo luogo, insieme alla riproduzione di fondamentali competenze professionali, occorre puntare a un nuovo allargamento di spazi per imprendi- torialità orientata agli investimenti produttivi (invece che a rendite immobiliari o monopolistiche), alla diffusione e condivisione di conoscenze e attitudini che favoriscono strategie di salto di qualità nelle logiche di innovazione e interna- zionalizzazione, e a una nuova condivisione di sensi di appartenenza e spirito del luogo in direzioni che ricostruiscano fiducia nei progetti privati e nelle azioni collettive. Politiche dei distretti industriali e di altri sistemi locali pro- duttivi dovrebbero comprendere per esempio:

• rapporti strutturati università/scuola-impresa per percorsi formati- vi/placement e sostegno all’imprenditoria giovanile innovativa e alle spin-off accademiche in ambiti di specializzazione collegati a nuclei di competenze presenti nel distretto;

• riproduzione, anche attraverso la ripresa degli investimenti in adeguati percorsi formativi e scuola (università)/lavoro, di fondamentali attitu- dini sociali locali per il lavoro competente, l’imprenditorialità, le rela- zioni su basi fiduciarie; e insieme pratiche di rete e orientamento verso la cultura delle reti imprenditoriali cognitivamente aperte, in particola- re con rapporti con la ricerca universitaria e con medie imprese del quarto capitalismo;

• promozione e partecipazione alla costruzione di reti sociali e cognitive potenzialmente globali, collegate a competenze produttive e risorse an- che simboliche del luogo, che ne facciano un punto di riferimento per il confronto di idee su temi professionali ma anche socio-culturali e di appartenenza; per ricostituire un’identità fatta di tradizione e di condi- visione di esperienze e interessi, ma anche di variazione lungo filiere che si allontano dalla tradizione;

• sostegno al radicamento di medie imprese e all’evoluzione della terza missione delle università verso progetti d’innovazione territoriali, nel segno della combinazione della creatività diffusa con input scientifico- sperimentali e tecnologici; e ancora supporto a diffusione di buone pra- tiche di finanziamento dell’innovazione, che dovrebbero permettere anche la selezione di nuove o rinnovate specializzazioni con progetti di investimento industriale anche in rete;

• integrazione entro infrastrutture di livello metropolitano; insieme a strutture e capacità di mobilità a livello internazionale e di comunica- zione tramite strutture e servizi digitali, e ponti fra luoghi, in paesi pure lontani, anche con l’aiuto di agenti che per storia e/o formazione han- no “patrie” plurime.

3.2 Il ruolo delle città maggiori come sedi privilegiate dell'alta tecnologia e dell'alta cultura e come centri organizzativi di servizi avanzati e supporto in- frastrutturale ai distretti del made in Italy va ripreso con forza. Nella seconda metà del novecento queste capacità si sono combinate, almeno parzialmente e in genere fuori di strategie nazionali consapevoli, con quelle di distretti indu- striali specializzati in varie parti di filiere connesse entro le industrie del made

in Italy. Insieme al patrimonio paesaggistico e culturale dei borghi storici e del-

la buona cucina, queste città hanno giocato da catalizzatori nel fissare, nell'immaginario collettivo globale, gli elementi di gusto, creatività e (a volte) buon vivere associati al made in Italy.

Oggi vi sono le basi per un ruolo più consapevole, come testimoniato anche dalla recente istituzione in Italia degli enti “città metropolitana” corri- spondenti ai maggiori sistemi urbani. Questi sistemi hanno in genere natura policentrica, multi-settoriale, multi-culturale. La loro dinamica interna deve essere orientata da temi strategici con contenuti di concreta fattibilità, e ani- mati da “idee motrici” ampie, come dice Enzo Rullani, su modi nuovi di in- tendere la vita e il lavoro contemporanei. Per esempio:

• territori intelligenti, mobilità sostenibile, domotica e riuso dell’edilizia storica;

• patrimonio culturale, paesaggio, arte e scienza, cultura del buon vivere, turismo;

• welfare locale e terzo settore, innovazione sociale;

• recupero di aree di crisi ambientale, diffusione di innovazione in inve- stimenti verdi.

La fattibilità dei temi strategici e delle idee motrici può trovare un con- creto campo di supporto entro piattaforme d’integrazione e varietà connessa di specializzazioni manifatturiere, dei servizi, ambientali, culturali, sanitari, ci- vili (anche con forti presìdi tecnologici), come grandi laboratori aperti di inno- vazione e nuova industria.

Perché il ruolo dei sistemi urbani maggiori abbia una vera dimensione regionale e nazionale occorre però che le piattaforme siano pensate in una pro- spettiva decisamente multi-territoriale: attingendo alla ricchezza di relazioni inter-industriali e sociali dei luoghi − per esempio col coinvolgimento di pro- fessionalità e servizi dei lavoratori della conoscenza in città “post-industriali” con le esperienze sociali e pratiche artigiane, agricole, manifatturiere radicate in città piccole, distretti, sistemi rurali. Manager di rete e agenti di comunica- zione e connessione trans-locale e globale devono essere cercati e attivati per l’animazione di tali piattaforme.

Le politiche dei poli e delle reti d’innovazione, dei distretti tecnologici regionali e dei cluster tecnologici nazionali andrebbero riorientate in queste di- rezioni.

3.3 Infine la varietà organizzativa dell’industria italiana va messa a miglior frutto, superando il segno ideologico di vecchi dualismi: su nani industriali vs. grandi campioni, oppure su distretti vs. città metropolitane.

In particolare le imprese grandi e grandissime, manifatturiere e dei servi- zi e delle infrastrutture, italiane o estere, possono ostacolare la rinascita indu- striale con strategie di ricerca della rendita o predatorie; oppure possono essere attori fondamentali di collaborazione costruttiva, p.es. attraverso partnership con sistemi di PMI e università su grandi progetti d’innovazione e internazio- nalizzazione.

Il prevalere della seconda opzione richiederebbe, insieme a meccanismi di contrasto delle strategie opportuniste, anche prospettive di lungo periodo garantite dal capitale collettivo propriamente nazionale, cioè infrastrutture tecnologiche, culturali, civili di livello nazionale, che danno sicurezza a inve- stimenti rilevanti.

4. Conclusione

Elementi di una strategia di rinascita industriale si sono accumulati nel tempo, insieme a molto altro di meno positivo, e dovrebbero essere allineati a livello nazionale con interventi coerenti di ordine macro-economico e finanzia- rio, per i quali si rimanda ad altri contributi di questo e-book.

Il passaggio a un’integrazione nazionale duratura e consapevole sembre- rebbe ineludibile, salvo ritrovarsi in una decrescita sempre meno felice, non so- lo industriale ma anche sociale.

Bibliografia

Bellandi M. (2014), “Relazioni fra territorio, industria e innovazione”. Rassegna Sin- dacale, n. 17, maggio: p. 11.

Bellandi M., Caloffi A. (a cura di) (2014), I nuovi distretti industriali. Rapporto di Ar- timino sullo sviluppo locale 2012-2013. Bologna: il Mulino.

Cappellin R., Marelli E., Rullani E., Sterlacchini A. (a cura di) (2014), Crescita, inve- stimenti e territorio: il ruolo delle politiche industriali e regionali. www.aisre.it, Scienze Regionali, e-Book 2014.1.

CE – Commissione europea (2014), Per una rinascita industriale europea COM (2014) 14/final. Bruxelles: Commissione Europea.

Coltorti F. (a cura di) (2014), Osservatorio nazionale distretti italiani. Rapporto 2014. Roma: Unioncamere.

Confindustria (2014), Per un’Europa della crescita. Le priorità di Confindustria. Ro- ma: Confindustria, aprile.

SVIMEZ (a cura di) (2014), Una “logica industriale” per la ripresa dello sviluppo del Sud e del Paese - Dibattito sul Rapporto SVIMEZ 2013 sull’economia del Mezzogiorno. Roma: Svimez, Quaderno SVIMEZ n. 40, p. 33-35.

settori strategici, cambiamento strutturale