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Le politiche per uscire dalla cris

Enrico Marelli

3. Le politiche per uscire dalla cris

Il rilancio degli investimenti – Si dovrebbe innanzi tutto sostenere la ri-

presa degli investimenti delle imprese private, che potrebbero inoltre beneficia- re sia dal ribaltamento delle aspettative conseguente all’auspicato e contempo- raneo recupero degli investimenti pubblici, sia dalle misure a sostegno del cre- dito alle imprese. Piuttosto che aiuti indiscriminati a tutte le imprese di tutti i settori, sarebbero opportuni interventi mirati: vuoi per le imprese che effetti- vamente espandono la “buona” occupazione vuoi per quelle che fungono da traino nei processi innovativi (in modo che a cascata ne benefici l’intero siste- ma industriale ed economico). La leva fiscale dovrebbe essere utilizzata al fine di incentivare gli investimenti produttivi delle imprese e di frenare invece quelli finanziari o puramente speculativi di breve periodo. Queste misure dovrebbero rientrare in un articolato programma di interventi dal lato dell’offerta, che coinvolga diverse politiche: tra le altre, quella industriale, quella regionale e dei trasporti, quella del lavoro e per il capitale umano (Cfr. Baravelli et al., 2015).

Una politica di rilancio degli investimenti pubblici potrebbe essere favo- rita dall’adozione a livello europeo di una maggiore flessibilità all’interno del Patto di stabilità. Non necessariamente deve trattarsi di investimenti in grandi opere (che soprattutto in Italia soffrono per i noti problemi dei lunghi tempi di esecuzione, dei budget continuamente rivisti al rialzo, spesso più vulnerabili ai fenomeni di corruzione); possono invece essere tanti micro-interventi, ad esempio per la tutela ambientale ed idro-geologica, per l’edilizia popolare o quella scolastica, e così via.

Il Piano Juncker è un primo passo nella giusta direzione, ma ancora troppo timido. Le critiche al piano si riferiscono non solo all’ipotizzato effetto leva troppo grande (pari a 15, per un valore finale di 315 mld. di investimenti attesi a fine triennio, partendo da una base di 21 mld. di euro soltanto, di cui 16 mld. dal bilancio UE e 5 mld. provenienti dalla stessa Bei), ma anche ai tempi troppo lunghi per contrastare la recessione attuale (il Fondo sarebbe operativo da giugno 2015, poi gli investimenti si farebbero nei successivi tre anni).

Esempi di investimenti diffusi nelle città – Un esempio di questi interventi

è dato dal sostegno degli investimenti per l’efficienza energetica nelle città. Si noti che tra le proposte italiane per il piano Juncker il settore energetico è sot- to-rappresentato (13,9 mld. di euro su 84 mld. per tutti i settori tra le proposte dell’Italia, contro 167 mld. su 543 mld. nell’UE nel suo complesso). Invece in- vestimenti aggiuntivi in questo settore sono auspicabili per diversi motivi: (i) in vista del risparmio energetico (l’efficientamento energetico secondo gli esperti è il modo migliore per ridurre le emissioni di CO2, da qui al 2050); (ii) per la creazione di occupazione durante l’esecuzione dei progetti: (iii) tenuto conto della facilità di finanziamento.

Il risparmio energetico si può realizzare non solo nei settori produttivi

energy-consuming (industria e trasporti in generale) ma anche per tanti micro

interventi nelle città; si pensi agli edifici (che assorbono il 40% dell’energia consumata), sia privati (case, uffici, negozi, alberghi) sia pubblici (scuole, ospedali, uffici comunali), in aggiunta all’illuminazione pubblica ed ai traspor- ti urbani. Si aggiunga che, a parte limitati investimenti pubblici, il grosso di questi interventi può essere finanziato dagli stessi privati, scontando i risparmi futuri attesi e tramite contenuti incentivi fiscali; in questo ambito sono state avanzate numerose proposte operative, come quella di avvalersi di “reti di im- prese” per avviare i progetti nei sistemi civili e commerciali (oltre che indu- striali).

In conclusione – La crescita non si ottiene in modo automatico né con le

sole riforme strutturali né con l’aggiustamento forzato dei conti pubblici impo- sto dall’alto. Le popolazioni in Europa sono sempre più convinte che i sacrifici fatti non stanno producendo i risultati sperati: ciò si riflette anche nel crescente euroscetticismo. Le politiche dell’UE dovrebbero essere ri-orientate verso

l’obiettivo della crescita, in un contesto di stabilità macroeconomica e finan- ziaria, e questo richiederà inevitabilmente “più Europa”.

Pur essendo certe riforme strutturali auspicabili per sostenere la crescita nel lungo periodo, purché all’interno di una innovativa politica industriale, oc- corre adottare subito politiche macroeconomiche espansive, in particolare a sostegno degli investimenti, al fine di porre termine alla stagnazione europea e favorire la ripresa economica. Il problema macroeconomico più cruciale ed immediato è la carenza di domanda aggregata. È quasi superfluo rilevare che un rilancio degli investimenti non solo sostiene la domanda aggregata nel bre- ve periodo ma consente un innalzamento dello stesso trend di crescita di lungo periodo.

Il Piano Juncker va assolutamente rafforzato ed integrato con nuovi in- terventi. Sarebbe auspicabile un maggior coinvolgimento della Bei. Un sugge- rimento, al fine di accrescere in modo significativo le attività di quest’ultima, è che possa emettere obbligazioni acquistate direttamente dalla Bce. Questo coinvolgimento è ormai previsto dallo stesso “quantitative easing”, ma per im- porti troppo contenuti (solo una parte del 12% di acquisti mensili rivolti alle attività finanziarie emesse dalle istituzioni europee sovranazionali) per sostene- re un vero rilancio degli investimenti nell’UE. In Italia un ruolo più incisivo potrebbe essere giocato dalla Cassa Depositi e Prestiti (si veda anche Quadrio Curzio, 2015). Comunque le risorse per finanziarie gli investimenti in un modo o nell’altro stanno finalmente arrivando: il vero nodo a questo punto è dispor- re di un pacchetto di progetti funzionali, profittevoli (anche se non necessa- riamente con ritorni immediati) ed eseguibili in tempi brevi.

Bibliografia

Baravelli M., Bellandi M., Cappellin R., Ciciotti E., Marelli E. (2015), La ripresa eco- nomica e la politica industriale e regionale. Eyesreg, Giornale di Scienze Re- gionali, 1, 5, Gennaio.

Marelli E. (2014), Quali politiche dopo la crisi?. In: Cappellin R., Marelli E., Rullani E., Sterlacchini A. (a cura di), Crescita, investimenti e territorio – Il ruolo delle politiche industriali e regionali. E-book AISRe 2014-1. 237-249. (www.aisre.it). Marelli E., Signorelli M. (2014), Convergence, Crisis and the Need for Innovative Pol- icies in the Eurozone. 55ma Riunione Scientifica Annuale SIE, tenutasi a Tren- to, ottobre.

Quadrio Curzio A. (2015), Cdp europee vero motore del Piano Juncker. Il Sole-24 Ore, 1 aprile 2015.