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ALLA SCOPERTA DEL PERÙ

Nel documento LINGUAGGIO ASTRALE (pagine 169-173)

vulcani, e la città nella città che è il Monastero di Santa Catalina, nel cui deda-lo di vie, vicoli e piazzette hanno vissuto le figlie della nobiltà spagnola, come era in uso in quei tempi.

La visita della valle del Colca, un po’ al di fuori dai classici itinerari turistici, ci meraviglia con le sue distese di terrazzamenti verdi e fertili, dove sopravvi-vono le colture tipiche, praticate ancora in modo naturale (cioè senza l’ausilio di sostanze chimiche), di mais, molte varietà delle immancabili papas (patate) e del quinoa, antico cereale tipico di questi luoghi. La sensazione era di fare un viaggio a ritroso nel tempo, e ci saremmo aspettati di vedere comparire da un momento all’altro qualche antico campesino inca, o meglio quechua, colti-vare quei terreni strappati alle montagne.

Un paesaggio che ci ha riportato in una dimensione spazio-temporale mol-to lontana dalla nostra abituale, ascoltando il silenzio, inalando la fine aria del-le altitudini, assorbendo attraverso gli occhi l’intensità del verde deldel-le coltiva-zioni, cogliendo qua e là i vivaci colori di fiori sconosciuti, percependo la mae-stosità delle montagne e ancora silenzio, per consentire allo sguardo di spazia-re dallo strapiombo fino alle vette, e lassù il nostro sguardo incontra il tanto atteso condor, che dispiegando le sue ali volteggia sopra di noi e sembra voler toccare la cima delle montagne, ma eccolo ritornare verso di noi, e altri insie-me a lui, disegnando con il loro volo chissà quali simboli, e noi tutti con il na-so all’insù per cogliere il momento in cui fermare quel volo maestona-so in un fo-togramma.

È l’incontro con uno dei principali simboli del Perù, uno dei tre animali sa-cri agli Incas: il Serpente, che è collegato al passato, al sapere (acqua); il Pu-ma, che è collegato alla realtà della vita presente, al fare (terra); ed infine il Condor, che è collegato alla vita futura, allo spirito, all’amore (aria). Un pro-fondo contatto con la natura e con la sua sacralità, sempre presente nella cul-tura inca.

Oltre alla storia, all’abbondanza di testimonianze delle antiche civiltà, ai re-perti archeologici, la maggiore ricchezza di questo paese è la natura, sia mine-rale che vegetale; non solo per la presenza di metalli preziosi come oro, argen-to, rame, ecc, ma anche per le molte pietre semipreziose; i paesaggi diversi ed inusuali, il rigoglio di una vegetazione varia ed inconsueta, diffusa in una mol-teplicità di specie vegetali utilizzate sin dai tempi più antichi a scopo medici-nale, i cui segreti sono custoditi dai Pacos, o Curanderos, i quali conservano la tradizione dei rituali, delle cerimonie, degli usi e delle parole ad essi collegate. Un solo rimpianto: non aver potuto entrare in contatto con uno di essi per po-ter vivere l’esperienza di una “limpia” fatta secondo le antiche usanze peruvia-ne.

Affascinati e catturati dalla forza della natura, dei paesaggi delle pampas delle altitudini, delle vette imbiancate, dell’aria rarefatta dei 5000 metri, co-minciamo ad accusare i malesseri dell’insidioso “soroche”, e da europei abi-tuati ad altre cime, cadiamo “vittime” del mal di montagna andina; cerchiamo rimedio e conforto bevendo “mate de coca”, masticando foglie di coca, secon-do l’usanza locale, che ci assicurano dà ottimi risultati. Poco avvezzi a simili

pratiche, notiamo lenti miglioramenti, ed alcuni di noi decidono di avvalersi di un supplemento di ossigeno, fornito dalle bombole in dotazione, altri si metto-no in coda per ottenere assistenza medica da parte delle due dottoresse, Auro-ra e Rita, nostre compagne di viaggio, che, con affetto e dedizione, ad ognuno somministrano un rimedio, omeopatico od erboristico che sia, contribuendo così a ritrovare il benessere generale.

Incontri speciali ed emozionanti sono stati quelli che abbiamo avuto con gli animali più diffusamente allevati in questo paese: dalle rare, superbe e timide vigogne, agli imprevedibili lama, a cui è meglio non avvicinarsi troppo per evi-tare di essere “spruzzati”, ai simpatici e vezzosi alpaca, con il loro musetto te-nero e buffo, ai piccoli e mansueti porcellini d’india. E poi i tori, importati dagli spagnoli, che nel corso del tempo hanno assunto un valore simbolico partico-lare, infatti sono considerati benauguranti, tanto che si è diffusa l’usanza di mettere sul tetto di ogni casa una coppia di tori di ceramica dipinta ai lati di un crocefisso per proteggere la casa stessa ed i suoi abitanti da ogni avversità.

Molto apprezzato è l’artigianato peruviano, soprattutto i tessuti dai vivaci colori ed i capi d’abbigliamento realizzati con la lana dei molti animali allevati qui: dalla calda e pregiata vigogna, alla morbida alpaca, senza disdegnare la ruvida lana di lama, e poi gli oggetti in argento e oro che hanno attratto il no-stro interesse e, inutile dirlo, non ci siamo mai lasciati scappare le numerosis-sime opportunità di acquistare i prodotti dell’artigianato locale lungo le vie, nei mercati e mercatini, nei negozi e presso le bancarelle di tutti i luoghi visitati, per la gioia dei venditori peruviani con cui abbiamo civilmente contrattato. Siamo tutti rientrati con almeno una valigia in più, ovviamente in tessuto tipico peruviano.

Molte sono le tradizioni antiche che sopravvivono in Perù, presso i popoli quechua e aymara (le due principali etnie di questo paese) che vivono nelle zone rurali: possiedono una propria lingua, propri culti, proprie abitudini di vi-ta, alimentari, ecc. Tra queste è di particolare interesse “il linguaggio” dell’ab-bigliamento del popolo aymara, un codice “segreto” che la nostra simpatica e speciale guida Tito Castro ci ha piacevolmente illustrato, accompagnandoci nella visita alle sorprendenti isole galleggianti del lago Titicaca, costruite con le totore, tipiche canne acquatiche del luogo, che vengono impiegate anche per costruire le tradizionali imbarcazioni dalla forma caratteristica, e alla splendida isola di Taquile (a quota 4100 m.), i cui abitanti vivono ancora se-condo un’organizzazione sociale risalente all’epoca inca, che prevede la pro-prietà collettiva delle terre, che tutti gli abitanti, cordiali ed ospitali, coltivano aiutandosi vicendevolmente. Una sorta di società utopica, di isola felice, un angolo di paradiso sopravvissuto in questi nostri tempi “moderni”.

Poco lontano dal lago Titicaca, sulle rive di uno dei tanti altri laghi del Pe-rù, siamo stati “catturati” dai misteri della necropoli di Sillustani. Prescelto da antiche civiltà come luogo di culto, oltre che di sepoltura, questo sito, carico di un magnetismo speciale, sorge su verdi e dolci colline, invita ad osservare un rispettoso silenzio, e seguendo il richiamo dei “recinti del Sole” nasce spon-taneo il desiderio di fare un piccolo rituale in onore del Sole. La magia del

luo-go ci conduce in una dimensione interiore o forse “extraterrestre”, chissà cosa accadeva qui in un tempo remoto?

Ma l’ombelico del mondo (Inca) ci chiama, e la città a forma di puma, Cuzco, ci incanta con i suoi numerosi palazzi in stile coloniale e le molteplici chiese in stile barocco, costruite sui resti di antichi insediamenti incas; della maestosità delle sue mura rimane poco, dopo il passaggio degli spagnoli e i danni dei numerosi terremoti che si sono verificati nel corso dei secoli. Ma Cuzco è una città molto vivace e ci coinvolge in questa sua atmosfera cosmo-polita e ricca di cultura; pervasa da una atemporalità, una sorta di sfasamento tra il tempo attuale e la consistente e profonda eredità di un passato che sem-bra ancora presente, nonostante l’evidenza della “modernità”, che da ogni an-golo della Plaza de Armas si fa avanti nelle forme più invadenti di un commer-cio frammentato.

Sulle colline sovrastanti Cuzco abbiamo visitato dei siti spettacolari, il più imponente la fortezza di Sacsayhuaman costruita con enormi massi intagliati e sistemati a puzzle uno sull’altro con tecniche edilizie all’avanguardia e antisi-smiche.

Il nostro viaggio prosegue verso il mitico Machu Picchu, la città perduta degli Incas.

La strada ferrata inerpicandosi sulle montagne si snoda tra strette valli, co-steggiando il tumultuoso fiume Urubamba; la spettacolarità di questo ambien-te selvaggio costituito da una fitta foresta tropicale è emozionanambien-te; si susse-guono villaggi, ponti sospesi e piccole stazioni affollate da una miriade di ven-ditori, è incredibile, ma si riesce a fare affari anche attraverso il finestrino del treno! Aguas Calientes è la nostra stazione di arrivo; percorriamo l’ultimo trat-to di strada sterrata in salita che ci separa dalla nostra meta con un autrat-tobus che ci conduce nei pressi del sito archeologico.

È uno scenario unico! Lo sguardo spazia tutt’intorno, le rovine della città sacra sono adagiate su terrazze circondate da imponenti montagne coperte da una fitta vegetazione, il mistero che circonda questo luogo e le sue vicissitudi-ni non viene intaccato dalla sorprendente scoperta della ricostruzione di molti edifici che i numerosi terremoti e le ingiurie del tempo avevano danneggiato. La sensazione di trovarsi davanti a qualcosa di non completamente genuino, e il turismo di massa contribuisce a snaturare l’essenza di questo luogo, con cui è difficile entrare in sintonia, percepirne la potenza e coglierne “l’anima”. Ma la potenza e la maestosità delle montagne che ci circondano è tale che ci fa sentire in profondo contatto con la terra e protetti, che meraviglia, soprattutto quando nel pomeriggio il flusso turistico si è esaurito.

Ma un’altra meraviglia ci attendeva ai piedi del Machu Picchu, del tutto inaspettata e forse per questo ancora più piacevole e stupefacente: l’albergo che ci ospitava era circondato da un enorme giardino tropicale con la sua ric-chezza di piante e fiori di molte specie, abitato da una quantità di uccelli cin-guettanti e variopinti e di farfalle multicolori. Mario, la nostra guida un po’ spe-ciale, ci ha condotti al tramonto, alla luce delle lanterne, alla scoperta del giar-dino e delle sensazioni che questo suscitava in noi, un “viaggio” caratterizzato

dal sentire, una meditazione a contatto con la natura vegetale e con la nostra natura interiore, un percorso di percezione e di immersione nei quattro ele-menti. Un momento magico di contatto vero e profondo con la Pachamama (la Madre Terra).

Tutti volevamo fermarci lì, in quell’Eden lussureggiante ai piedi del Macchu Picchu si respirava la vera essenza del Perù. Ma il viaggio deve continuare, al-tre esperienze ci aspettano. Attraversiamo la Valle Sacra degli Incas verso Yu-cay. Visitiamo le rovine della fortezza Inca di Ollantayambo, che proteggeva l’entrata alla valle sacra, proseguiamo poi per Pisac, con un’area archoelogica molto estesa e ben conservata, poi un salto al vasto e pittoresco mercato do-menicale del paese dove non resistiamo al richiamo dell’ultimo ricordino da portare a casa.

Il Perù si è dimostrato una miniera di gradevolissime sorprese e ogni luogo che abbiamo visitato ci ha regalato un’emozione diversa. Questo paese, carico di un’energia particolare, ci ha talmente entusiasmato che tutti noi abbiamo deciso di ritornarci presto.

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Nel documento LINGUAGGIO ASTRALE (pagine 169-173)