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Academic year: 2021

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LINGUAGGIO ASTRALE

dal 1970

Pubblicazione Trimestrale del Centro Italiano di Astrologia

ANNO XXXV n. 139

Estate 2005

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SOMMARIO

CASA PRIMA

107 Annunci vari ... 3

110 Darrelyn Gunzburg: Un’intervista con Liz Greene ... 5

130 Dante Valente: Sul simbolo ... 18

140 Robert D. Doolaard: Cicli di guerre 1500-2000 ... 19

150 José Luis Pascual Blázquez: Le fasi fisiche dell’astrologia naturale ... 41

191 Yves Lenoble: Per una diversa interpretazione dei segni dello Zodiaco ... 57

CASA TERZA 301 Demetrio Santos: Le date del Vangelo ... 64

307 Mariano Aladrén: Amore, Astrologia e Ermetismo ... 69

315 Brian Clark: Le case delle relazioni ... 75

320 Angela Castello: Viaggio in Botswana con Urano e Nettuno in mutua ricezione ... 83

390 Vita Associativa ... 93

CASA QUARTA 410 Luigi Maggi: Cesare Pavese: era destino? ... 96

CASA QUINTA 510 Grazia Bordoni: Roba minima ... 108

530 Marco Pesatori: Gli astri del corpo. Venere-Forma, Plutone-Desiderio ... 114

550 Coffee break ... 120

CASA SESTA 620 Dante Valente: In che segno si trova oggi la Luna ... 126

679 Gabriele Ruscelli: Le prove della validità dell’astrologia occidentale ... 127

680 April Elliot Kent: Approccio etnografico all’astrologia ... 136

CASA OTTAVA 810 Angela La Fortezza: La grande onda: riflessioni sparse ... 140

CASA NONA 911 Indice mercurio-3 ... 166

944 Stefano Vanni: Docenti certificati ... 167

947 Maria Rita Pregnolato: Alla scoperta del Perù ... 169

950 Carla Pretto: I transiti planetari ... 174

980 Elenco dei Delegati e Corrispondenti CIDA ... 175 pag.

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L.A. 139-107

1) CORSO INTENSIVO PER NEOFITI

Per il weekend 22-23 ottobre 2005 il CIDA promuove un Corso intensivo per chi è pressochè digiuno di Astrologia. Lo scopo è di fornire strumenti suffi- cienti per interpretare – in modo elementare ma proficuo – una carta del cielo, risparmiando calcoli complessi e centrando solo le cose essenziali, in modo che ogni partecipante possa proseguire nel cammino da solo – con testi ade- guati – o seguire a livello locale un Corso di base.

Si terrà a Bologna presso la sede del CIDA, in via della Grada 4, dalle ore 11 del sabato alle 18.30 della domenica per un totale di 12 ore, con adeguati intervalli, ripassi e verifiche con quiz.

Nella quota di iscrizione di 140 Euro sono compresi anche la stampa del proprio tema natale, un dischetto per calcolare effemeridi e stampare grafici,e un testo di base di Astrologia.

Per informazioni, iscrizioni, eventuali sistemazioni alberghiere:

– Dante Valente - tel. 02.69005576 - lastrale@fastwebnet.it - oppure – Claudio Cannistrà - tel. 051.342445 - canniclau@libero.it

2) ESAMI PER L’ALBO - Annuncio preliminare

Per la prossima primavera 2006 è previsto l’espletamento del Bando di ammissione all’Albo emesso già nell’anno 2002. L’iscrizione è estensibile an- che ad ogni Socio, tenendo presente che sono mutate le modalità, in quanto il candidato dovrà sostenere 5 esami su 5 materie, scelte al momento dalla Commissione fra le 10 che fanno parte dell’attuale Corso di specializzazione per Soci qualificati. La scadenza per la presentazione della domanda è il 31 di- cembre.

Ulteriori dettagli sul prossimo numero della Rivista e su Sestile.

3) UNA PRECISAZIONE SULLA PRIVACY

In seguito a reiterate lagnanze di Soci dobbiamo ribadire – come già fatto in queste pagine nel lontano 1998 – che il CIDA non ha mai nè trasmesso ad estranei l’indirizzario dei Soci nè tantomeno autorizzato altri a farlo o utiliz- zarlo.

ANNUNCI VARI

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Ribadiamo pertanto che il CIDA invia ai Soci esclusivamente le due Riviste Sestile e Linguaggio Astrale e non risponde di aggiunte arbitrarie. Segnalateci eventuali abusi.

VOCI NUOVE

La Delegazione Roma- Lazio del CIDA intende organizzare un nuovo Con- corso “Voci Nuove per l’Astrologia” per l’autunno 2006. I dettagli per la parte- cipazione saranno definiti quanto prima e pubblicati su uno dei prossimi nu- meri. I lavori devono essere inediti e originali.

Consultate regolarmente il sito www.cida.net!

in particolare vi raccomandiamo la voce “conferenze”

e la voce “ultimissime”.

Troverete sollecitamente i dati natali di personaggi alla ribalta nonchè le notizie dell’ultima ora, e specialmente le modifiche

dell’ultimo minuto di conferenze della vostra Delegazione (utili per evitare amare sorprese).

E in ogni caso vi sentirete ancor più partecipi della vita Associativa.

* * *

L’abbonamento scade sempre il 31 dicembre, rinnovatelo entro il 31 gennaio.

Aiuterete l’Associazione a mantenere la stessa quota!

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L.A. 139-110

La dott.sa Liz Greene è stata e continua ad essere una delle più grandi astrologhe dei nostri tempi. I suoi primi libri, Saturno (1976), La Relazione In- terpersonale (1978) e Astrologia e Destino (1984), quasi in un sol colpo hanno dato forma alla moderna astrologia psicologica ed hanno dato il via ad un si- gnificativo e sostanzioso filone di ricerca che continua ad esplorare le prospet- tive astrologiche dei miti e degli stati psicologici. Liz può essere contattata at- traverso il sito web di Astrodienst: www.astro.com.

L’ho incontrata nella sua casa di Bath il 29 giugno 2004.

Darrelyn Gunzburg: Liz, riconsiderando la tua vita, che cosa inizialmente ti ha indirizzato verso il percorso che hai intrapreso?

Liz Greene: Non lo so davvero. Certamente, la spinta non giunse dalla mia famiglia, poiché nessuno era interessato a questo tipo di argomenti, sebbene entrambi i miei genitori fossero colti e vi erano sempre molti libri in giro per casa. Penso che, in parte, fu originata dal bisogno di capire perché percepissi le cose nel modo in cui lo facevo. La biblioteca dei miei genitori era molto va- lida, tanto che a dodici anni, per caso, conobbi Freud. Semplicemente tirai giù dallo scaffale L’Interpretazione dei Sogni e lo lessi, e ricordo di aver pensato,

“Ho ragione! Non sono pazza, dopo tutto.” Ho sempre fatto sogni molto vividi e, in qualche modo, sapevo che i sogni erano importanti. La rivelazione del- l’esistenza di questo lato inconscio negli individui e della loro incapacità di comprendere che il loro comportamento e le loro motivazioni, in realtà, in- fluenzano inconsciamente le modalità di interazione, era qualcosa che mi sembrava di aver sempre saputo, ma per cui non riuscivo ad ottenere l’atten- zione di nessuno. Così, il fatto di aver intrapreso questo percorso fu motivato dalla scoperta di libri che affermavano percezioni che né la scuola, né gli inse- gnanti, né l’ambiente a me più vicino confermavano. Ciò mi spinse a guardar- mi dentro ed a cercare di comprendere attraverso ciò che altri scrivevano e, inevitabilmente, tutto questo mi condusse agli ambiti della psicologia, del mi- sticismo e dei fenomeni soprannaturali, che già mi affascinavano quand’ero molto giovane. Non riesco a ricordare un periodo della mia vita in cui ciò non accadesse, perciò più tardi questo divenne un percorso naturale.

Darrelyn Gunzburg

UN’INTERVISTA CON LIZ GREENE

TRADUZIONE DI GIUSEPPE RODANTE

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Sono stata fortunata per il fatto che i miei avevano libri sui miti e le favole e mia madre era solita leggermeli quand’ero piccola. Se anche i miei genitori commisero degli errori, comunque mi fecero un gran regalo, per il quale sarò sempre grata. Perciò, possedevo già un senso del “narrare” e, per quanto rie- sca a ricordare, avevo l’abitudine di scrivere storie. Ma oltre a ciò, penso di aver avuto la testa piena di “cose” che non sapevo definire, ed allora fu una questione di scoprire linguaggi che dessero un senso a tutto ciò e mi permet- tessero di comunicarlo. A undici o dodici anni, ero convinta che le persone si reincarnassero; ero certa che esistessero cose come gli spettri o una qualche specie di “risonanza”, e continuavo a sentire che vi era un lato nascosto della vita, che gli altri non notavano. Dipingevo – e questo fu un altro canale di espressione – e trovavo magica la natura; lo faccio ancora. Gli scrittori e i ro- manzieri hanno, da sempre, lavorato con questo materiale, da quando si scri- vono storie; perciò non si tratta affatto di discorsi New Age. Shakespeare mi ha sempre affascinato; mi piacciono i drammi e quelli di Shakespeare sono carichi dell’azione del fato e del modo in cui gli uomini realizzano il proprio de- stino. Anche la tragedia greca mi è sempre piaciuta; così queste idee erano a mia disposizione da fonti non soltanto New Age. Molte le trassi dalla letteratu- ra e dal teatro.

DG: Per quanto riguarda la religione, secondo quali principi sei stata edu- cata?

LG: Non ricevetti alcuna pressione ad abbracciare un credo religioso in senso ortodosso. Entrambi i miei genitori credevano in Dio; possedevano un quadro di riferimento etico e morale, ma non si rifacevano rigidamente a nes- suna dottrina e godevo di molta libertà da quel punto di vista.

Mio padre era inglese. Era nato a Londra e mi diede il nome della Regina (N.d.T. Liz è il diminutivo di Elizabeth), per i miei peccati. [ride] .

Io sono nata negli Stati Uniti e, quando mi trasferii in Inghilterra, non avevo il passaporto britannico; ma quando feci domanda, lo ottenni immediatamen- te. I miei nonni materni erano di Vienna ed entrambi i miei genitori portarono con sé i valori, le immagini, la cucina e la lingua della loro cultura originaria. I miei nonni parlavano tedesco, ma io ho un problema col tedesco: lo trovo troppo duro. Comunque, è da loro che ho preso il mio amore per la musica – il mio amore per Wagner e Strauss – così, crebbi all’interno di un ambiente cul- turale decisamente europeo. Appesa al muro, in casa dei miei genitori – dove i miei nonni vissero per un certo tempo – vi era un’immagine della Regina e, su un’altra parete, quella dell’Imperatore Francesco Giuseppe, perché mio nonno pensava che la cosa peggiore per l’Austria fosse stata sbarazzarsi degli Asbur- go. L’energia che circolava a casa nostra non era propriamente americana.

Mio padre rimpianse sempre di aver lasciato l’Inghilterra. Veniva da una fa-

miglia numerosa ed estremamente povera. Suo fratello maggiore aveva com-

battuto nella Prima Guerra Mondiale ed era stato ucciso. Mio padre voleva di-

ventare un architetto e riuscì ad ottenere una borsa di studio all’Università di

Londra; ma i suoi genitori gli dissero, “No, è necessario che tu vada a lavora-

re,” e non gli permisero di frequentare. Era furioso, perciò fece i bagagli, emi-

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grò e non li rivide mai più. L’atmosfera, dopo la guerra, era orribile ed era diffi- cile trovare lavoro. Mio padre era troppo amareggiato per la morte del suo fra- tello preferito e penso che questa storia lo avvelenò. Voleva una vita nuova e non riusciva a crearsela rimanendo a Londra, perché era lì che viveva la sua famiglia. Forse, pensava che, in qualche modo, una vita nuova e meravigliosa lo attendeva in America, ma non andò a finire così. Ormai, aveva sposato mia madre e così rimase negli Stati Uniti. Lì aveva incontrato mia madre; entrambi erano impegnati politicamente, tutti e due ferventi Democratici e grandi am- miratori di Roosevelt. Penso che si fossero incontrati a qualche riunione politi- ca, ma mio padre non si adattò mai allo stile di vita americano. Mangiava le aringhe affumicate al mattino (N.d.T.: tradizionalmente, un piatto della prima colazione inglese) e beveva la Guinness di sera. Era un uomo molto introverso e di poche parole, ma ci capivamo. Non eravamo vicini, nel senso tradizionale del termine, ma penso che lo fossimo a un altro livello.

Mia madre era spaventata dall’occulto, ma non mi impedì mai di leggere li- bri sull’argomento. Era una persona molto estroversa e il mondo interiore la spaventava, perciò semplicemente evitava di parlarne. Mio padre non parlò mai di questi temi e scoprii in seguito – molto più tardi – che anche lui era sta- to affascinato da questi argomenti. Forse, presi qualcosa da lui per osmosi, perché senza dubbio non fece mai riferimento ad essi. I miei genitori non fece- ro alcuna resistenza, ma certamente la subii a scuola. Ho un solo fratello, Ri- chard Leigh, che fa lo scrittore ed è anche interessato ai temi spirituali. Come dice Bernadette Brady, eravamo la “nidiata del cuculo”. Sia Rich che io avem- mo molti problemi a scuola. Non so come sia adesso il sistema scolastico americano, perciò posso solo commentare su com’era allora. La direzione del- la scuola era ossessionata dall’idea di “normalità” e ciò significava estrover- sione: “Esci e ti unisci alla squadra e giochi a hockey e a football.” Entrambi avevamo ottenuto punteggi piuttosto alti ai test per il quoziente d’intelligenza, ma eravamo introversi e decisamente strani; e, poiché preferivo leggere libri o dipingere o coltivare piante piuttosto che giocare a hockey (ciò era considera- to “antisociale”), fummo etichettati “TAD” – Troppe Attitudini Diverse. Erava- mo ritenuti “pericolosi”, perché avevamo troppi talenti in troppi ambiti. Vi fu- rono molti tentativi di “aggiustarci” e trasformarci in bambini americani, nor- mali e felici. Fortunatamente, non erano ancora i giorni del Ritalin, altrimenti non c’è dubbio che ce l’avrebbero prescritto. Entrambi eravamo tosti abba- stanza da tener testa agli psicologi della scuola e ai counsellor dell’orienta- mento e testardamente difendevamo la nostra posizione. Crescevamo nel- l’America maccartista, certo non un bel posto!

DG: Niente affatto. Riesci a vedere qualcosa di positivo legato a quella esperienza, oltre alla capacità di resistere ed alla forza di dire no?

LG: L’unica cosa che sento di aver ottenuto dall’esser cresciuta in America

– e che non avrei avuto se fossi cresciuta in Inghilterra – è una visione non

classista della società. Sono profondamente grata per non aver dovuto subire

il peso psicologico della potentissima gerarchia sociale britannica, perché ho

visto le brutte cicatrici che ha lasciato nell’animo di molte persone, qui da noi.

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Di recente, sembra però che il sistema delle classi si sia ribaltato, la nuova borghesia è costituita dalla classe operaia che parla con un accento regionale, mentre i colti, laureati a Oxford, sono la classe inferiore. Il senso della gerar- chia è profondamente radicato qui. Crescendo in America, non si impara una cosa del genere; diventi adulto credendo di poter diventare ciò che riesci a fa- re di te stesso, e di questo specialmente sono grata.

Potei, inoltre, usufruire di una buona educazione. Iniziai studiando Lettera- tura Inglese come materia principale, ma quella fu la scelta “obbligata” dei miei genitori. Io sarei andata alla scuola d’arte. Avevo un mediocre talento di pittrice, ma anche un mediocre talento sembra grandissimo in una piccola cit- tà. [ride] Ad ogni modo, pensavo di voler diventare un’artista e, probabilmen- te, avrei avuto successo in qualche branca del design, ma ciò non fu permes- so. Avevo, poi, vinto una borsa di studio che mi sarebbe stata concessa, se avessi scelto Letteratura Inglese come materia principale. Dopo un mese, non potevo più sopportare la situazione e mi trasferii al Dipartimento di Arti Tea- trali, scegliendo di specializzarmi in Scenografia e Costumi, mentre Psicologia era la materia della mia seconda specializzazione. Quello mi piaceva, eccome!

Poi, dopo un po’, la psicologia divenne più interessante e la scelsi come mate- ria principale. Ma, inizialmente, le mie aspirazioni erano orientate verso le arti figurative.

DG: Da un certo punto di vista, è come se il desiderio ostacolato, di tuo padre, di diventare architetto si sia espresso dopo tutto – consciamente o in- consciamente – nella tua decisione di diventare scenografa e costumista.

LG: Ognuno di noi ha dei talenti. La cosa triste è che molte persone non li scopriranno mai. Non sanno dove cercare o non vengono incoraggiate. Se i tuoi genitori ti forniscono l’incoraggiamento necessario, allora troverai il tuo talento e lo perseguirai. Ma penso, anche, che i talenti siano ereditari. Ritengo che un’attitudine al design o al giardinaggio, alla cucina o alle relazioni inter- personali, alla pittura o alla musica possa essere individuata nel tema natale come configurazione ricorrente all’interno di una famiglia: tutte le donne in una famiglia hanno aspetti Luna-Urano, oppure tutti gli uomini hanno un trigo- no Marte-Nettuno, o qualsiasi altra configurazione. Quelli sono i talenti. La configurazione che indica un’attitudine o un’abilità che, se sviluppata, potreb- be trasformarsi in qualcosa di importante.

DG: Lo hai visto riflesso nel tema di tuo padre e nel tuo?

LG: Sì, fino a un certo punto. Sono sicura di aver ereditato da lui un’abilità per il disegno o il design, perciò non posso rivendicarla come “solo mia”. Ri- ceviamo alcune cose come doni. Se riesci a svilupparli, è meraviglioso. Diver- samente – anche se si tratta di un talento molto mediocre – puoi sempre tra- sformarlo in un hobby. Sono convinta di aver ricevuto, in parte, da lui il mio interesse per le arti figurative.

DG: Ricordo che, anni fa, mi dicesti di aver studiato per il dottorato per- ché, in quel modo, avevi la possibilità di dire ciò che volevi senza timore di essere messa in discussione.

LG: Beh, in quel periodo, ero già interessata all’astrologia e studiare per il

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dottorato fu una scelta altamente calcolata, ponderata e cinica: “Sono stufa che la gente mi tratti come una folle. Se otterrò questo titolo, ci penseranno due volte”. Naturalmente, dovetti accettare di non essere libera di esprimermi come volevo e produrre un lavoro in un linguaggio accettabile per l’ambiente accademico. La differenza, adesso, è che puoi ottenere una laurea o un dotto- rato a Bath Spa (N.d.T.: città dove attualmente ha sede la prima cattedra uni- versitaria di astrologia in Inghilterra) e studiare ciò che ami senza doverti na- scondere. Ma allora non si poteva fare; così, fu una scelta calcolata.

DG: Vuoi dire che non fu una bella esperienza?

LG: L’ho odiata. Mi piacerebbe studiare per un altro dottorato e probabil- mente lo farò. Vorrei farlo a Bath Spa, perché penso che sarebbe molto diver- tente. Ma allora fu davvero spiacevole. L’argomento mi interessava; la mia tesi fu su “Isteria, Auto-ipnosi e Cure Religiose Miracolose,” un tema che ancora mi interessa – il modo in cui certe persone vivono incredibili esperienze di guarigione da malattie di dubbia natura e attribuiscono la cura ad una partico- lare pratica religiosa, ad una certa preghiera od alla reliquia di un santo. Tutta- via, questo tipo di guarigione sembra manifestarsi in ogni religione, perciò ov- viamente non può essere legata ad una in particolare. Qual è allora la dinami- ca in atto? È questo che cercai di esplorare nella mia tesi, ma non potei farlo in un modo che mi permettesse realmente di sconfinare in un ambito immagi- nale. Dovetti limitarmi ad un approccio rigorosamente clinico, il che fu fasti- dioso.

DG: Facendo un passo indietro, in che modo approfondisti lo studio del- l’astrologia? Suppongo che allora non esistessero corsi o un insegnamento formale.

LG: In realtà, vi erano corsi in Inghilterra – la Faculty of Astrological Stu- dies era già funzionante allora. Vi erano astrologi che insegnavano negli Stati Uniti, ma erano casi isolati; non esistevano vere scuole di astrologia. Erano di- sponibili i libri di Dane Rudhyar e Marc Edmund Jones e quelli di astrologi in- glesi, come Alan Leo, Charles Carter e Margaret Hone. Ma i posti dove studia- re astrologia erano più simili a scuole di iniziazione che ai corsi di astrologia contemporanei. Avevano tutti un che di molto segreto, esclusivo e dottrinale e sempre un’impostazione spirituale. Bisognava essere Rosacrociani o Teosofi.

In quel periodo, stavo a Boston e qualcuno mi portò da Isabel Hickey, che te-

neva un piccolo corso. Isabel era una fervente seguace del Movimento Teoso-

fico, profondamente attaccata a quel tipo di insegnamento, e l’astrologia che

insegnava aveva quella impostazione. Esigeva che i suoi studenti aderissero a

quelle idee, il che spiega perché non durai molto a lungo. Non andavamo

d’accordo e, alla fine, non imparai niente da lei. Invece, mi fece arrabbiare co-

sì tanto che andai a comprare tutti i libri disponibili e imparai da sola. Rappre-

sentò un importante stimolo per me. La rabbia è spesso un modo ottimo per

iniziare a muoversi. Molti sono passati dai corsi di Isabel: Howard Sasportas e

Darby Costello frequentarono le sue lezioni. Non ci incontrammo in quella oc-

casione, perché frequentavamo a orari diversi. Ma siamo tutti passati dalle sue

mani.

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In retrospettiva, sono felice per come andarono le cose. Se fossi stata il ti- po di persona che cerca un guru, sarei diventata un’astrologa di orientamento teosofico ed un clone di Isabel; non avrei mai sviluppato le mie osservazioni e le mie sperimentazioni, così come ho fatto. Non conoscevo altri insegnanti, perciò cominciai ad esplorare per conto mio e continuai così fino a che non fu troppo tardi per trovare un maestro.

Ho iniziato a insegnare astrologia a diciannove anni. Non avrei mai pensa- to di fare una cosa del genere. Studiavo da qualche anno, quando si presentò l’occasione di un gruppo di studenti il cui insegnante era svanito all’orizzonte.

In qualche maniera, erano venuti a sapere che ero un’astrologa, ma io non mi vedevo come tale. Procedevo a tentoni, cercando di dare un senso alle nozioni astrologiche che incameravo ed ecco che arrivarono questi studenti, circa una dozzina. Mi dissero: “Ci hanno detto che insegni. Potresti farlo per noi?” Giove transitava proprio sul mio Sole-Medio Cielo e ricordo di aver pensato, “Non fa- re l’idiota. Non ne sai niente.” Inoltre, ho sempre provato sentimenti molto ambivalenti rispetto al parlare di fronte a un gruppo. Mi sento sempre paraliz- zata per la paura. Ma qualcosa dentro di me diceva: “Zitta e fallo”, così smisi di protestare e lo feci. Scoprii che era molto divertente, perché mi resi conto di ciò che sapevo dalle domande che mi ponevano. Molti studenti di astrologia non vedono l’ora che giunga il giorno in cui saranno pronti per fare un tema o si sentiranno sicuri abbastanza per insegnare. Quel giorno non arriverà mai.

Penso che sappiamo molto più di quanto ci rendiamo conto, e ci vuole qual- cuno che chieda, “Cosa significa questo?” Allora devi scavare dentro di te e improvvisamente attingi a risorse che hai già notato, ma che non hai ancora messo insieme. Il meccanismo dell’apprendimento è stimolato dal fatto che qualcuno pensa che puoi insegnargli qualcosa.

DG: Quand’è che hai deciso, allora, di lasciare gli Stati Uniti?

LG: Avrei sempre voluto andarmene. Da bambina, sapevo di voler andar- mene. Crebbi in una famiglia molto europea, e non mi piaceva la cultura che mi circondava. Sentivo che sarei stata meglio in Europa, dove un introverso non è giudicato un disadattato e gli intellettuali non sono visti come un perico- lo. Per quanto ricordi, sapevo che l’America non faceva per me. Ciò che vedo ora negli Stati Uniti è un risorgere di quanto conobbi negli anni ’50. È il trionfo di Joe McCarthy ancora una volta, ma con diversi capri espiatori. L’attuale amministrazione si limita a riportare indietro gli orologi.

Talvolta, mi sembra che esistano due Americhe. C’è quella puritana, sem- pre nascosta dietro l’angolo, in attesa che arrivi la sua occasione, e quella li- berale, tollerante, aperta e intelligente, quella delle grandi città intellettualmen- te sofisticate – e in mezzo l’enorme campagna. Questa seconda America rie- sce, talvolta, a prendere piede, come accadde nei primi anni ’60 con Kennedy.

È un peccato che Bill Clinton sia stato così vilipeso perché, in realtà, era un

buon presidente. Non mi interessa l’uso che un presidente fa dei suoi organi

intimi; non ha niente a che fare con la bontà del suo lavoro. Ma gli Stati Uniti

furono fondati dai puritani, è c’è qualcosa nella psiche collettiva degli Ameri-

cani che tende a tornare indietro a quei valori. Anche se temporaneamente

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vengono eclissati, i puritani attendono sempre l’occasione giusta e trovarono in Clinton un bersaglio perfetto. Bisogna continuare a combattere per liberarsi di loro.

DG: Avresti qualche soluzione da proporre, astrologica o di altro tipo?

LG: Non so che cosa potrebbe essere d’aiuto in questo momento, tranne che buttare fuori Bush. Ma è un presidente eletto dal popolo! Naturalmente, qualcuno osserva che non è così, ma più o meno metà del paese lo ha votato.

Non si tratta di un dittatore che ha preso il potere contro il desiderio di tutti. È il popolo che elegge il proprio leader. Tutti qui si lamentano di Tony Blair. Beh, l’abbiamo eletto, per amor di Dio! Magari qualcuno se l’aspettava, ma altri no.

Ha vinto grazie a una valanga di voti. Mi sono trasferita in Svizzera prima delle elezioni generali, in parte perché sapevo che cosa sarebbe successo. Tutti cre- devano che Blair fosse il nuovo messia, capace di camminare sulle acque.

Pensavo, “Fagli provare metà del transito di Nettuno in Aquario e se ne accor- geranno.” Blair era la “Grande Speranza” – tutti erano convinti che avremmo realizzato una società meravigliosa, basata sull’uguaglianza. Beh, non lo è adesso più di quanto non lo fosse quando è stato eletto e, in realtà, le cose stanno addirittura peggiorando. Non importa quanto siano buone le intenzioni della gente, ci vuole un individuo particolarmente straordinario e inusuale che non si lasci corrompere dal potere e Tony Blair non è particolarmente straordi- nario.

Non ho soluzioni per questo tipo di problemi. Forse, se le prossime elezioni americane e britanniche mostrassero un po’ più di prontezza, consapevolezza e responsabilità individuale da parte della gente, allora i danni potrebbero es- sere parzialmente riparati. Non so se i candidati siano capaci di farlo (N.d.T.:

l’intervista è stata fatta prima delle presidenziali americane del novembre 2004). Non tutte le generazioni producono leader realmente buoni, e predire i risultati delle elezioni non è, comunque, la mia specializzazione astrologica.

DG: Scrivesti il tuo libro su Saturno durante il ritorno del pianeta?

LG: No, fu pubblicato durante il mio ritorno di Saturno – proprio in quel momento – ma iniziai a scriverlo diciotto mesi prima. Ogni cosa che scrivo mi risulta più soddisfacente se devo lottarci o non sono abbastanza esperta sul- l’argomento. Allora, se insegno o scrivo qualcosa in merito, è come se mi co- stringessi a fare ricerche e ad apprendere, e provo molta più soddisfazione che scrivere di qualcosa che conosco bene. Scrissi Saturno nello sforzo di com- prendere meglio la natura del pianeta.

Nella mia vita, non mi sono mai realmente impegnata in vista di un obbiet-

tivo, tranne che per il dottorato. Scrivere Saturno fu più simile a “Ci provo,

sembra interessante”. Ed ecco che spuntò questo libro; pensai, “Beh, adesso

che faccio? Lo so: vado in biblioteca e vedo chi ha pubblicato tutti i miei libri

di astrologia preferiti. C’è la possibilità che chi ha pubblicato i libri che mi so-

no piaciuti sia interessato a questo”. L’editore risultò essere Samuel Weiser,

Inc., così mandai il manoscritto con una lettera che diceva: “Sareste interessa-

ti a questo?” Ero un po’ come il Matto, la carta che inizia il ciclo dei Tarocchi,

pronta allegramente a buttarmi dal precipizio. Poi pensai, “Disegno anche la

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copertina.” Quindi, feci un disegno a inchiostro e lo mandai e, guarda un po’, lo scelsero come copertina. Fu una grande fortuna incontrare Samuel e Betty Weiser. Il successivo libro che inviai fu La Relazione Interpersonale, e da allora la Weiser ha virtualmente pubblicato tutti i miei libri – tranne quelli della CPA Press

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– sebbene adesso si chiamino Red Wheel/Weiser ed abbiano cambiato gestione.

DG: Mi ha incuriosito sapere che hai lavorato nell’industria discografica per l’etichetta Shelter Records, organizzando il tour europeo del cantante e chitarrista blues Freddie King. Che posto ha quella esperienza nella tua vita?

LG: Niente ha una collocazione precisa! [sorride] Nei primi anni ’70, lavo- ravo come astrologa e psicoterapeuta. Uno dei miei clienti astrologici era un produttore discografico inglese, Denny Cordell, che aveva prodotto i Procol Harum e Joe Cocker, e con quest’ultimo aveva appena terminato il terribile tour del disco “Mad Dogs and Englishmen”. Denny aveva incontrato un can- tante, Leon Russell, e voleva sapere della possibilità, per i due, di aprire una casa discografica in California. Feci la sinastria e li incoraggiai a proseguire, ma non ebbi più loro notizie per un paio d’anni. In quel periodo, non ero felice di lavorare come psicoterapeuta – ero troppo giovane e mi sentivo intrappola- ta da quel lavoro – e non riuscivo proprio a guadagnarmi da vivere facendo l’astrologa. Non sono per niente adatta al tipico lavoro d’ufficio dalle nove alle cinque, perciò ero di fronte a un dilemma. Volevo fare l’astrologa, ma avevo bisogno di aumentare le mie entrate e non volevo un lavoro che mi uccidesse l’anima. Un giorno accesi la radio e, come un’esplosione, venne fuori “Roll Away the Stone”, il primo grande successo di Leon Russell. Seguì un rapido chiacchiericcio sulla Shelter Records e Denny Cordell. Mi si drizzarono le orec- chie e pensai, “Ehi, l’hanno fatto, proprio come ho suggerito. Chiamo Denny Cordell e gli chiedo di assumermi”. Ed è quello che feci. Fu l’inizio di due me- ravigliosi anni nel mondo del rock’n roll, ciò di cui avevo bisogno per uscire dalla mia routine. Il mio amore per il teatro fu la stessa molla – suppongo – che mi spinse a lavorare per l’industria discografica. Era un mondo magico a quei tempi – ci si aspettava che gli artisti avessero talento e che non fossero costruiti a tavolino dalla macchina pubblicitaria. Di solito, facevo i temi natali degli artisti che Denny aveva intenzione di mettere sotto contratto con la sua etichetta. Facevo anche i temi dello staff, quando sorgevano problemi.

DG: Che uomo pieno d’intuizione!

LG: Oh, Denny era meraviglioso, un uomo davvero speciale. Fu grazie a

lui che arrivai in Europa per la prima volta. Venni a Londra per un viaggio d’af-

fari e pensai, “Eccomi a casa”. Quindi iniziai a lavorare per stabilirmi qui in

modo permanente. Cercai di convincere Denny ad aprire un ufficio londinese,

ma non era pronto a farlo in quel momento così, alla fine, semplicemente de-

cisi di emigrare. Continuai a vederlo ogni due anni, di tanto in tanto, fino alla

sua morte. Tutte queste attività diverse – studiare scenografia e costumi al-

l’università e lavorare per i teatri estivi, l’attività accademica e quella discogra-

fica – sono felice di aver tentato tutte queste strade, perché sono state espe-

rienze eccezionali dalle quali ho appreso moltissimo. Sono diverse dimensioni

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di vita che vedo come enormi opportunità di arricchimento. Non ho mai rim- pianto di aver scelto questo percorso estremamente tortuoso, senza un’idea chiara di dove mi stessi dirigendo, tranne che fare la cosa che in quel momen- to mi sembrava più interessante. Il filo rosso è sempre stato il mio amore per l’astrologia, altrimenti non vi sarebbe ordine o logica in tutto ciò.

DG: E in seguito che cosa accadde?

LG: Avevo letto Jung lungo tutto il mio percorso educativo, sebbene non fossi riuscita ad inserirlo nel mio lavoro accademico – non era considerato ab- bastanza “scientifico”. Quando mi trasferii in Inghilterra, la prima cosa che feci fu il training al Centro di Psicologia Transpersonale con Ian Gordon Brown e Barbara Somers. Fu un’esperienza eccellente ma, alla fine, sentivo di non ap- profondire abbastanza l’aspetto clinico del lavoro psicoterapeutico. Mi è sem- pre sembrato che entrambi gli estremi dello spettro psicologico possedessero una parte della verità. Sia la psicologia transpersonale che tutte le tradizionali e concrete teorie sull’infanzia sono parte di noi, ma mi mancava l’aspetto cli- nico. La mia istruzione universitaria mi aveva fornito strumenti minimi per quanto riguarda il training psicoterapeutico. Perciò, decisi di seguirne uno di orientamento junghiano. Ritenevo che mi avrebbe qualificato e fornito una buona base per il lavoro psicoterapeutico sull’inconscio. Terminai la mia anali- si didattica nel 1983, e per molti anni fui analista ed astrologa.

Ottenni il diploma della Faculty of Astrological Studies prima di scrivere Saturno. Feci quel corso non appena giunsi in Inghilterra. Do molto valore ai

“pezzi di carta”, perché sono molto utili. E, inoltre, volevo colmare i vuoti delle mie conoscenze astrologiche. Dovetti risistemarle e rivederle un bel po’, prima di sostenere l’esame.

DG: Così, fare un esame ha valore, perché ci si rende conto di quanto non si sa e si possono riempire i vuoti?

LG: Ritengo sia un errore non sottoporsi a un qualche tipo di prova. Ben- ché abbia detto che non mi sia affatto piaciuto fare il dottorato, non rimpiango di averlo fatto. Aldilà del valore di un pezzo di carta, mi ha spinto a pensare in modi che non mi erano familiari e con cui mi trovavo a disagio, il che non è male. Questo è il motivo per cui penso che il corso all’Università di Bath Spa abbia valore. Gli astrologi sono, di solito, estremamente intuitivi; hanno un ta- lento per i simboli – è la ragione per cui si interessano di astrologia e la ama- no, è la ragione per cui possiedono un’abilità per questa pratica. Ma è facile essere trascurati nel proprio modo di pensare e ricorrere a semplici supposi- zioni. Non ci poniamo abbastanza domande: “Come sono giunto a questa con- clusione? Quale filosofia la sostiene?” Conosciamo così poco della nostra arte.

Molti dicono che gli esami non possono testare se uno è un bravo astrologo

oppure no. Forse no, tuttavia possono testare se sai di essere un bravo astro-

logo ed aree nelle quali è necessario, in realtà, saper usare il cervello. L’intui-

zione, da sola, non basta. Il corso della Faculty è superbo ed il Diploma ha un

valore reale. Vale la pena di impegnarsi per ottenerlo, se non altro per rendersi

conto di ciò che non si conosce. Costringe a pensare e, soprattutto, ad inqua-

drare ciò che si sa in un linguaggio che qualcun altro può comprendere.

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DG: Che cosa ti ha portato a Bath Spa, dopo tutti questi anni vissuti in Svizzera? Voglio dire, so che comunque avevi intenzione di tornare in Inghil- terra.

LG: È stato il… Volevo dire “caso”, ma tutte e due sappiamo bene che non esiste. È sembrato un caso, ad ogni modo. Volevo ritornare in Inghilterra, ma dove? Avevo vissuto a Londra per molti anni e, poi, in un villaggio fuori Ox- ford, il che fu un errore spaventoso – in parte, per colpa del villaggio, ma an- che perché Oxford è un posto difficile. È una bella città, ma la sua vita è divisa a metà. C’è l’università e ci sono le industrie automobilistiche – e poco oltre a quello. Chiamano quella divisione “town and gown”.

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La mentalità accademi- ca ad Oxford è estremamente ristretta e chiusa. Non riescono ad accettare uno psicanalista, figuriamoci un astrologo; feci esperienza di incredibile male- ducazione da parte dei docenti universitari – maleducazione veramente volga- re, considerando le loro reazioni a tutto ciò che è estraneo al loro piccolo mon- do. L’altra faccia di Oxford era una mentalità del tipo “Andiamo a casa, bevia- mo due birre e guardiamo East Enders”.

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Quella città, chiaramente, non faceva al caso mio. Avevo già un apparta- mentino a Londra, ma non volevo ritornare a viverci, perché la città è incredi- bilmente congestionata. Ho bisogno di guardare fuori dalla finestra e vedere qualcosa di bello. Non posso affacciarmi per trovarmi di fronte il muro del pa- lazzo di qualcun altro. Alla fine, dovevo cercare di sistemarmi fuori Londra, in qualche bel posto da cui poter raggiungere la capitale facilmente in treno.

L’ovvia scelta cadde su Bath, resa ancora più attraente dalla presenza di rovi- ne romane e io amo l’archeologia e la storia dell’antica Roma. Se ci si stabili- rono i Romani, allora va bene! E decisi Bath, prima ancora che iniziasse il cor- so universitario.

Quando mi trasferii, il Progetto Sophia

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era già funzionante, ma non ne sa- pevo molto all’inizio. Quindi, Nick Campion e Patrick Curry mi chiesero se avessi voluto tenere delle lezioni, una sorta di periodo di prova. Mi piace il for- mato entro il quale opero attualmente a Bath Spa. Sono docente part-time e non devo curarmi di alcun aspetto burocratico. Non sono una brava ammini- stratrice. Per quanto riguarda il Centre of Psychological Astrology, Juliet Shar- man-Burke si occupa di tutto il lavoro amministrativo, per fortuna! – se non fosse per lei, il CPA non esisterebbe. Io ho il piacere di poter insegnare.

DG: Che cosa senti di ricavare da questa esperienza a Bath Spa?

LG: Devo imparare cose nuove ed ampliare le mie capacità mentali. Inve-

ce di insegnare un’astrologia del tipo “come fare a…” (“Oggi, terremo un se-

minario su Giove. Giove in prima casa significa…”), devo apprendere che co-

sa pensava Marsilio Ficino di Giove e perché, oppure in che modo gli astrologi

greco-romani intendevano la distinzione tra anima e corpo, o perché Trasillo,

l’astrologo romano che curò l’edizione delle opere di Platone, alterò i dialoghi

e li sistemò così come fece. Devo esplorare le idee che stanno dietro all’astro-

logia che pratichiamo adesso. Trovo tutto ciò molto eccitante e mi fornisce

una scusa per tornare ad essere una studentessa. Devo preparare accurata-

mente queste lezioni. Non posso improvvisare, perché gli studenti sono bril-

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lanti e mi mettono alla prova; è una maniera per sviluppare il mio modo di pensare. Anche fare temi e insegnare astrologia implica un apprendimento, ma in maniera diversa. Il corso a Bath Spa mi fa imparare cose per lo studio delle quali non saprei giustificare altrimenti il tempo che impiego. È così diver- tente e, inoltre, stimola la mia natura dispettosa. Eccoci qua all’interno di un’università e guarda un po’ cosa stiamo facendo! È un vero spasso, perché la comunità astrologica è stata sempre molto suscettibile nei riguardi del mon- do accademico. La maggior parte degli astrologi fugge dalle università. Que- ste sono le grandi divinità dell’establishment e noi assumiamo un atteggia- mento difensivo, le rifiutiamo totalmente oppure supplichiamo: “Vi prego, prendetemi sul serio, non sono pazzo”, accettando i loro insulti. Questo è uno dei motivi per cui mi sono procurata i miei pezzi di carta. Se un docente uni- versitario dice: “Che mucchio di spazzatura!”, posso replicare: “Beh, se voglio il parere di una mente accademica che possa valutare obiettivamente questo materiale, posso rivolgermi direttamente a me stessa”. E adesso, grazie al Progetto Sophia, possiamo farlo. Questo corso guarisce gran parte del com- plesso di inferiorità della comunità astrologica.

Il corso ci insegna anche a comunicare in un linguaggio che gli altri rap- presentanti del mondo accademico capiscono. Non stiamo parlando di un mo- nolite di intolleranza. Ci sono alcune persone molto interessanti e intelligenti che vorrebbero saperne di più ma, visto che non riusciamo a spiegare l’astro- logia se non attraverso il nostro gergo, non riescono a capire di che stiamo parlando. Tuttavia, se le idee del mondo astrologico vengono comunicate in un linguaggio comprensibile in quell’ambiente, si manifesta un notevole inte- resse nei nostri confronti. Questo è stato il nostro fallimento, non il loro, ed è la ragione per cui il modulo di Metodologia a Bath Spa è così prezioso. Anche se tutti lo odiano e scalpitano per andarsene, impariamo a comunicare con persone che provengono da un orizzonte mentale diverso e scopriamo come incontrarle a metà strada. Ciò ha un valore enorme.

DG: Non vi è una certa divisione all’interno della comunità astrologica ri- guardo al valore dei corsi universitari nella nostra disciplina?

LG: Certamente. Molti astrologi li ritengono inutili e si infastidiscono per tutta l’importanza improvvisamente attribuita al lavoro accademico. Dicono:

“Ciò non ti renderà un bravo astrologo”, e c’è della verità in un’osservazione del genere. Essere un “bravo astrologo” – qualunque cosa significhi – richiede molte abilità che non si insegnano all’università. Talvolta, però, c’è della pigri- zia nel nostro modo di pensare e nella nostra capacità di esprimere ciò che sappiamo in un inglese quotidiano. Non conosciamo abbastanza la storia della nostra disciplina o le differenti filosofie che hanno contribuito a darle forma.

Da una prospettiva obiettiva, non comprendiamo la particolare filosofia che ogni singolo astrologo abbraccia, e non conosciamo abbastanza di campi cor- relati come l’arte o la letteratura.

C’è una specie di fondamentalismo, espresso da tanti astrologi: “Mantenia-

mo l’astrologia pura. Non abbiamo bisogno di conoscere nient’altro”. Ma non

possiamo separare l’astrologia da tutto il resto. È un linguaggio universale e,

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pertanto, affronta temi universali. In che modo tradurre un linguaggio, se le percezioni sono tanto ristrette da restare chiuse in una scatoletta? Si può avere un’intuizione o una sensazione su una specifica posizione planetaria, ma in che modo la si spiegherà al cliente, se non si riescono a mettere insieme le frasi? Sostengo pienamente un rigoroso addestramento mentale. Penso che ne abbiamo bisogno, come comunità in generale. Riguarda la capacità di osser- vazione dei propri processi mentali – e la comprensione e formulazione dei processi che conducono a determinate conclusioni. C’è tanto da sapere e non smettiamo mai di imparare. Ma dobbiamo sapere come imparare. Dobbiamo usare la nostra mente in un certo modo per apprendere. È un processo attivo, non passivo, e sono pochi gli astrologi che si impegnano in esso.

L’astrologia è un linguaggio bellissimo, ma è facile impigrirsi nel pensiero e nell’espressione. Prendi un gruppo di astrologi e qualcuno dice: “Come stai oggi?” e un altro risponde: “Oh, Saturno è sulla mia Luna”. Tutti pensiamo di sapere che cosa significa, ma ognuno potrebbe avere la sua particolare inter- pretazione. Anche gli psicologi si impigriscono con il loro gergo e perdono la capacità di comunicare con persone che non lo comprendono. Inoltre, non rie- sco a sopportare il massacro che subisce la lingua inglese. Il linguaggio è qualcosa di importante e poterlo usare è un dono meraviglioso. È come tutto il resto: più lo rispetti, più riesci ad usarlo creativamente. Quando considero l’in- competenza grammaticale ed ortografica e l’impoverimento lessicale così dif- fusi tra gli astrologi, mi rattristo. È come se stessimo perdendo la lingua. È ve- ro che i media rendono tutto semplicistico, ma anche l’astrologia corre questo rischio. La nostra capacità di attenzione si accorcia sempre di più. Invece che discussioni estese e dibattiti, vogliamo “flash sonori”. Leggeremo un romanzo se è di 92 pagine, ma non di 600.

DG: A meno che non si tratti di J.K. Rowling. [autrice della serie di Harry Potter]

LG: [annuisce] A meno che non si tratti di J.K. Rowling o de Il Signore de-

gli Anelli – e addirittura Tolkien risulta troppo difficile per qualcuno. Quanti

astrologi leggeranno Proust o Mann? Mi rendo conto che questi autori, in parti-

colare, non sono pane per i denti di tutti, eppure trascuriamo tristemente la

ricchezza di opere letterarie a nostra disposizione per aumentare la nostra

comprensione della natura umana. Talvolta, leggo i commenti che giungono al

guestbook del sito di Astrodienst e lo spelling è atroce. Qualcuno non sa nean-

che come si scrive “Jupiter”; non sanno neanche scrivere frasi coerenti. Scri-

vono cose che assomigliano a un messaggio di testo e ciò mi turba. Il nostro

livello di istruzione deve essere alto. Altrimenti, non riusciremo a comprendere

– figuriamoci comunicare – la ricchezza del nostro simbolismo. Bath Spa è un

posto dove gli studenti devono mettersi a sedere e scrivere saggi sull’astrolo-

gia con tutti i crismi, con frasi con la punteggiatura appropriata, le note corret-

te, le fonti citate ed elencate in maniera adeguata ed espressioni come ibid. e

op. cit. al posto giusto. Potresti obiettare: “Che bene fa ad un astrologo cono-

scere il significato di op. cit.?” Non fa alcun bene a livello letterale. Ma, come

imparare il latino, esercita i muscoli che abbiamo tra le orecchie.

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DG: Allora, Liz, come vedi l’espressione di questa astrologia, modellata da un training accademico, nei prossimi dieci anni?

LG: Tra qualche anno, il modo in cui le persone esprimeranno l’astrologia sarà decisamente diverso. Sta già mobilitando la comunità astrologica inglese in modi molto positivi. In questo paese, le maldicenze fastidiose, i dispetti me- schini e l’invidia professionale che hanno colpito le scuole di astrologia – qui, come in ogni altro paese – iniziano a lasciare il passo ad obiettivi di più ampia portata. Ci siamo resi conto di essere davvero una comunità e che lo sviluppo delle nostre abilità di comprensione e comunicazione è più importante delle piccole lotte di quartiere. Inizia ad accadere qualcosa di notevole: creiamo unità nel rispetto della diversità. Solo questo ha un valore inestimabile.

DG: Liz, grazie per aver dedicato tempo a questa intervista. Ti auguriamo il meglio perché il tempo che trascorrerai a Bath Spa sia ricco di successi, piacevole e fruttuoso, qualsiasi forma tu voglia dare ad esso – o in qualun- que modo esso ti influenzi.

Il sito del corso di Laurea in Astronomia Culturale e Astrologia, presso l’Uni- versità di Bath Spa, è: www.bathspa.ac.uk/sophia/

Darrelyn Gunzburg è astrologa professionista e condirettrice di Astro Lo- gos, una scuola che si occupa della formazione e qualificazione degli astrologi praticanti. (www.AstroLogos.co.uk). Il suo recente libro, Life after Grief: An Astrological Guide to Dealing with Loss, è pubblicato da The Wessex Astrolo- ger: www.wessexastrologer.com.

NOTE

1 N.d.t.: Liz Greene fa qui riferimento a un episodio già narrato in Astrologia e Destino, che testimonia la difficoltà dei rapporti intercorsi tra lei e la sua prima insegnante di astrolo- gia. Isabel Hickey fu astrologa ed autrice molto amata e rispettata negli Stati Uniti, tra la fi- ne degli anni ’60 e i primi anni ’70. Sebbene a tratti fortemente influenzato dal suo approc- cio spirituale – come rileva giustamente la Greene – il suo manuale, Astrology: A Cosmic Science – uscito nel 1970 - è ancora oggi considerato un testo classico e segna il momento di passaggio che apre la strada alla nuova generazione di astrologi di orientamento psicolo- gico. Non è un caso che Stephen Arroyo o Donna Cunningham lo citino come opera fonda- mentale per la loro formazione.

2 N.d.T.: casa editrice legata al Centre for Psychological Astrology, il centro di astrolo- gia psicologica, fondato a Londra da Liz Greene e Howard Sasportas

3 N.d.T.: “la città e la toga”. Con questa espressione si sottolinea la spaccatura esisten- te tra gli abitanti della città e l’ambiente universitario.

4 N.d.T.: popolarissima soap-opera, trasmessa dalla televisione inglese, che ha come protagoniste alcune famiglie della classe operaia residenti in un quartiere immaginario nel- l’East End londinese.

5 N.d.T.: progetto che ha visto impegnata, negli ultimi anni, la comunità astrologica in- glese e finalizzato all’istituzione di una cattedra di astrologia presso la locale università.

Pubblicato su The Mountain Astrologer, n.119, Febbraio 2005

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L.A. 139-130

Qualche anno fa a La Havana, una domenica mattina attraversavo una piazza gremita di gente fuori dalla Cattedrale, probabilmente strapiena. I presenti in- tonavano in spagnolo un canto che mi parve sempre più familiare …e d’im- provviso sentii irrefrenabile accodarmi con un “che vien di giubilo oggi ti ono- ra…” nella mia lingua, seguito dai vari “festevole” “ai tuoi pié”, ecc. ecc. Qual- cosa mi affiorava con prepotenza da un passato sepolto.

Confesso di essermi commosso, per aver “toccato con l’anima” antiche emozioni perdute.

In quel momento credo di aver contattato quasi fisicamente il simbolo, che può anche essere inteso come un contenitore di sensazioni, di emozioni, di soggettività, per il quale è inefficace una descrizione razionale, concreta, obiettiva. Il simbolo diventa vivo quando esercita un effetto sull’animo, attra- verso vie inusitate, svariate, infiniti oggetti o esperienze, e sempre personali.

Quelle poche note mi avevano richiamato un vasto “contenitore”, che an- noverava l’eccitata l’atmosfera del mese mariano, con noi bambini che racco- glievano i fiori profumati da portare la sera sull’altare alla Madonna, le campa- ne festanti all’imbrunire, il confluire dei fedeli da ogni angolo del piccolo pae- se, il cantare all’unisono con quelle vocali lunghissime e digradanti… insom- ma la partecipazione ad una dimensione magica con cui ciascuno a suo modo veniva a contatto con il trascendente.

Per questo credo che, alla fine, così come ciascuno di noi finisce col farsi una propria astrologia, alla fine si faccia una propria simbologia, probabilmen- te in base al suo stesso tema natale. E potrà meglio intendere che cosa signifi- chi un trigono di Urano; più di cento circonlocuzioni.

Ciascuno probabilmente ne percepirà un dettaglio, ma potrà bastare come premio di lunghi studi tecnici e analitici…

(Dante Valente)

Dante Valente

SUL SIMBOLO

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L.A. 139-140

Introduzione di Christiane Nastri

Conobbi Robert Doolaard al Convegno Astrologico di Bruges (VAG- Belgio) nel 2003, allorché presentò un’intervento intitolato “Quale futuro per la Civiltà Occidentale”. Diceva con precisione astrologica che c’era una nuova guerra alla nostra porta… Gli chiesi; “Sarà grave?” Rispose che non s’aspettava una nuova guerra mondiale nei prossimi sette decenni di questo secolo. Ma che avrebbe indicato come era arrivato a questa conclusione. Ce lo ha spiegato poi, usando l’Indice Ciclico, che io stessa avevo già studiato nei testi di A.

Barbault e di C. Ridoux. Ha però ulteriormente suddiviso in tre sottocicli: di Urano Saturno e Giove che sembrano particolarmente significativi per lo scop- pio delle guerre e la loro sanguinosità.

A seguito del suo intervento mi sono subito convinta che quest’uomo ave- va continuato e approfondito con una pazienza da benedettino uno studio con- vincente illustrandolo splendidamente con nitide figure a colori, un vero in- canto di chiarezza (da artista Bilancia, Asc Bilancia). La presentazione mi fece non solo sognare, ma anche riflettere per giorni. Andai a trovarlo ad Amster- dam con mio marito, con Charles Ridoux e un’altra astrologa francese. Io gli suggerii di scrivere un articolo per la nostra amata rivista Linguaggio Astrale.

L’astrologia mondiale, madre di tutte le astrologie, ha in Robert Doolaard un figlio prodigioso, dolce e saggio, ricercatore equilibrato e tanto gradevole. So- no lieta di potervi presentare Robert e spero che il suo articolo vi toccherà al- trettanto.

“La via in salita e quella in discesa son una e una sola via”.

Eraclito, Frammenti

Sommario

La ragion d’essere iniziale di questa ricerca è stata la verifica della correlazio- ne alla scala planetaria, a partire dal 1700, fra l’inizio delle guerre e l’Indice Ciclico (I.C.) di Barbault. Per rendere più chiare le distinzioni, l’I.C. è stato completato da due sotto-indici. I tre indici che ne risultano sono chiamati ri-

Robert D. Doolaard

CICLI DI GUERRE 1500-2000

TRADUZIONE DI CHRISTIANE E GIUSEPPE NASTRI

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spettivamente l’onda di Urano, di Saturno e di Giove; ciascuna con un ritmo proprio al pianeta da cui prende il nome. Viene presentata una tabella di 61 guerre di maggior importanza, completata con le note di fase per ciascuna di queste tre onde. Appare così l’effetto cumulativo, il che significa che più grave è la guerra, più forte è il collegamento tra le tre le onde.

Le maggiori guerre fra il 1500 e il 1700 sono state incluse in complemento a questa ricerca. L’effetto cumulativo è ancora una volta illustrato da esempi storici, a cominciante dal crollo dell’Impero assiro. Nella conclusione, il mate- riale raccolto è ulteriormente esaminato attraverso un test proposto dal profes- sor Suitbert Ertel. Infine viene discusso il rapporto tra l’astrologia mondiale e lo storicismo.

Introduzione

Questo materiale di ricerca è stato pubblicato per la prima volta nel 1993, nel- l’Astrological Journal e nella rivista scientifica olandese – scettica in astrologia – Astrology under Scrutiny. Quest’ultima propose il mio articolo al giudizio di tre arbitri. I responsabili della rivista vi trovarono dell’interesse senza però po- ter concordare con la mia conclusione, ritenendo che i miei risultati potessero attribuirsi ad una semplice coincidenza. È seguito un profondo silenzio che sembra aver fatto ripiombare nell’oblio il mio lavoro, almeno per quanto ri- guarda il mondo d’espressione inglese.

Ho iniziato questa ricerca per fornire la prova quantitativa della mia storio- grafia planetario-ciclica pubblicata in olandese nel 1986 con il titolo: Onde – Influenze planetarie sulla cultura. 600 avanti Cristo – 2000 dopo Cristo. Un sommario di questo libro, in quattro parti, è stato pubblicato dall’Astrological Journal (Doolaard 1990-91).

Una traduzione in inglese era allora in preparazione e doveva essere pub- blicata dall’Urania Trust ad iniziativa di Charles Harvey, che era entusiasta del mio lavoro (si veda Mundane Astrology, seconda edizione, 1992, pagina 218, riferimento 55). A causa del suo decesso, che molto mi ha addolorato, e di al- tre circostanze al di là della mia volontà, questo non è stato mai attuato.

Nel 1993 avevo dichiarato: “il sistema democratico si sta attualmente dif- fondendo, in particolare a seguito della dissoluzione dei regimi autoritari co- munisti, e questo ci consente una certa speranza, poiché la storia ci ha inse- gnato che le democrazie sono estremamente meno sanguinarie che i regimi totalitari”. Dallo scorso anno sappiamo che anche le democrazie moderne non esitano ad iniziare una guerra in base ad informazioni confezionate ad arte, mettendo quindi da parte l’ordine legale internazionale così faticosamente co- struito. Nonostante il numero relativamente piccolo di vittime, questa seconda guerra di Golfo contiene tutti gli ingredienti per svilupparsi in una guerra mag- giore. Essa ha in comune con la prima guerra di Golfo d’essere scoppiata al- l’inizio di una fase in diminuzione dell’Indice Ciclico (I.C.).

Il seguente testo è simile a quello di 1993; è stato solo abbreviato, per

quanto possibile, con piccoli adattamenti, ed aggiornato.

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I cicli = il tempo

La nostra divisione del tempo è in rapporto con la rotazione della terra intorno al proprio asse ed al suo moto orbitale attorno al sole. Estendere questo a tutti i pianeti del nostro sistema solare costituisce soltanto un piccolo passo più in là. La caratteristica comune è il movimento circolare o orbitale, il ciclo.

Allo stesso modo in cui il periodo di ventiquattro ore è diviso nel giorno e nella notte e l’anno è diviso in estate ed in inverno, così noi possiamo distin- guere due fasi nel ciclo di due pianeti: una di aumento, (la metà uscente, dalla congiunzione all’opposizione) e una di diminuzione (la metà entrante o rien- trante, dall’opposizione alla congiunzione), ciascuna con il proprio carattere.

La visione ciclica di tempo è molto antica, probabilmente vecchia quanto l’osservazione umana. Durante l’era classica greca, nuova vita fu immessa in questa visione per esempio da Pitagora, Eraclito, Empedocle e particolarmen- te da Platone, senza contare molti filosofi successivi. La riscoperta dei cicli in astrologia, in vista d’applicazioni pratiche, risale a tempi più recenti.

La prima pubblicazione circa i cicli degli accoppiamenti planetari, all’inter- no di un contesto psicosociale, risale a Th.J.J. Ram (1935). L’ispirazione pro- veniva dal suo amico Thierens (1933). L’elemento più importante sta nel rico- noscimento di un contrasto qualitativo dinamico fra la metà uscente e la metà rientrante.

Il primo articolo (realmente brillante) che ho letto (nel 1963), scritto da André Barbault, descriveva la successione degli eventi storici per esempio nel- l’Unione Sovietica in rapporto con la successione degli aspetti tra Saturno e Nettuno. Si trattava di un’analisi del ciclo, ma senza una particolare differen- ziazione qualitativa fra le fasi rispettivamente uscente e rientrante. Più tardi ri- scoprì l’Indice Ciclico di Gouchon e sviluppò compiutamente le possibilità del- l’I.C. nella sua opera L’Astrologie Mondiale (1979). Barbault mi disse succes- sivamente di essere entrato in contatto con Ram (“un charmant homme”) ma di non ricordare i soggetti della loro discussione.

Sui cicli ci sono state anche interessanti pubblicazioni in lingua inglese da parte di John Addey (1920-1982) e Dane (e Rael) Rudyar (1895-1985). E naturalmente da parte di Michael Baigent, Nicholas e Charles Harvey in Mun- dane Astrology (1984), con osservazioni storiche, filosofiche e pratiche. Di grande importanza è The Great Year, opera di Campion (1994), un vero inven- tario dei modi di concepire il tempo nella storia dell’Occidente. Grazie all’«on- da mentale» suscitata dall’astrologo francese Henri Joseph Gouchon e alla sua

‘riverberazione’ da parte di André Barbault il concetto ciclico si è davvero tra- sformato in una seria base di riflessione nella ricerca astrologica.

L’Indice Ciclico

Durante la seconda guerra mondiale Gouchon e Barbault si applicarono a ri-

solvere l’ovvio problema che si era presentato: non un solo astrologo era stato

capace di prevedere la catastrofe incombente.

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Gouchon concepì allora l’idea di calcolare le distanze zodiacali (separazio- ne angolare) dei 10 cicli formati da 5 pianeti esterni (da Giove a Plutone) tra loro. Addizionò poi queste 10 separazioni angolari. E lo fece per ogni anno (al- la data del 21 marzo), tracciando i risultati su di un grafico. Collegando questi punti tra loro, diede forma ad una linea ondeggiante che mostra il movimento medio delle fasi cicliche combinate di questi 5 pianeti esterni. L’andamento dell’onda è dominato sempre dal pianeta più veloce, in questo caso Giove.

Quando la linea va verso il basso, Giove sta muovendosi verso le relative con- giunzioni con i pianeti più lenti (l’onda è in fase rientrante, in diminuzione o di- scendente). Quando la linea sale, Giove sta muovendosi verso le relative op- posizioni (l’onda è in fase uscente, in aumento o ascendente). Gouchon ha chiamato questo indice “l’indice de concentration des planètes lentes” (l’indice di concentrazione dei pianeti lenti).

Gli apparve subito evidente che la prima e la seconda guerra mondiale si situavano durante la fase rientrante, cioè discendente, dell’indice ciclico. Su questa base predisse che prima di 1950 non ci sarebbe stata alcuna guerra importante. Nel 1950 scoppiò poi la guerra di Corea.

Gli astrologhi che hanno studiato l’I.C. in profondità concordano nel dire che esso fornisce una buona indicazione del grado di stabilità nei rapporti eco- nomici e politici internazionali.

La storia recente ne fornisce ampie illustrazioni. Nella seconda metà degli anni settanta, durante la fase discendente dell’Indice Ciclico, si è esaurita la fioritura degli anni sessanta e l’economia (mondiale) si è gradualmente im- pantanata nell’inflazione, i fallimenti e il rapido aumento della disoccupazione.

Allo stesso tempo i rapporti internazionali si sono deteriorati, con casi quali i Killing Fields della Cambogia, la rivoluzione fondamentalista in Iran, l’invasio- ne sovietica dell’Afganistan e la guerra fra l’Iran e l’Iraq. Si è trattato di un pe- riodo di cinismo e di grave disfattismo ed è solo a partire dal 1983, con la ri- salita dell’Indice Ciclico che l’economia si è gradualmente ripresa. Le tensioni internazionali sono pure diminuite, particolarmente in seguito all’ascesa di Gorbachov e ai suoi sforzi per la riforma (glasnost e perestrojka). Con il rag- giungimento della cresta dell’onda nel 1989-90 sono crollate le dittature co- muniste dell’Europa centro-orientale, secondo la predizione di Barbault conte- nuta in un articolo pubblicato nel 1955! (Barbault 1990). Sono seguite la di- sintegrazione dell’Unione Sovietica e la guerra civile in Iugoslavia, mentre allo stesso tempo la situazione politica (guerra del Golfo Persico) e particolarmen- te economica sono generalmente peggiorate.

Durante la successiva fase ascendente, l’economia è stata di nuovo in cre-

scita e i mercati azionari hanno raggiunto un picco incredibile determinato so-

prattutto dai fondi tecnologici (nuovo boom economico). Con l’opposizione di

Giove ai pianeti esterni (a Plutone nel 2000) i mercati azionari si sono arrestati

ed al momento dell’opposizione di Saturno (a Plutone nel 2001) è venuta me-

no la stabilità politica internazionale con gli attacchi alle Torri Gemelle ed al

Pentagono. Durante la presente fase verso il basso dell’Indice Ciclico (a partire

dal 2003) la situazione internazionale appare preoccupante.

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La ricerca

La nostra intenzione è ora di confrontare l’evoluzione dell’Indice Ciclico negli ultimi tre secoli con le guerre occorse durante lo stesso periodo.

L’ipotesi è la seguente: la fase ascendente di un periodo contrassegna un ottimismo dominante, una relativa stabilità, la creatività e lo sviluppo. La fase verso il basso corrisponde ad un periodo d’involuzione e di distruzione, al pes- simismo, alla confusione e ad una certa forma di caos. Se questa è una rap- presentazione piuttosto semplificata dei fatti, è sufficiente per il nostro studio.

La questione è ora se l’erompere delle guerre conferma o meno quest’ipotesi.

Se c’è davvero una corrispondenza, allora le guerre più numerose o più severe debbono scoppiare piuttosto durante la fase discendente che durante la fase ascendente dell’Indice Ciclico.

Le onde

Desidero in primo luogo spiegare come si è sviluppato il grafico della Fig.1. Vi ho incluso (soltanto) gli indici ciclici per Urano e Saturno. Il motivo di questa scelta apparirà nel seguito. Tutti i calcoli (geocentrici) sono stati effettuati per il 21 marzo di ogni anno. Il programma usato per la posizione dei pianeti, per tutto il mio lavoro, è stato Astrocalc di Collin Miles. Tutti i calcoli sono stati fat- ti a mano e sono stati disegnati in “Corel Draw”.

Prendendo come esempio l’Indice Ciclico per Urano, cominciamo con l’an- no 2000. Dobbiamo calcolare in primo luogo la distanza (angolare) fra Plutone e Nettuno che è di 53 gradi. Vi aggiungiamo le separazioni angolari Urano- Plutone e Urano-Nettuno, cioè rispettivamente 66 gradi e 13 gradi, ottenendo un totale di 132 gradi. Sul grafico, che comincia a 100 gradi, mettiamo un punto per Urano a 132 gradi.

Per ottenere l’indice ciclico di Saturno, bisogna addizionare le separazioni angolari Saturno-Plutone, Saturno-Nettuno e Saturno-Urano e si ottengono 132 gradi. Per calcolare l’Indice Ciclico di Giove (cioè l’Indice Ciclico originale di Gouchon) si segue la stessa procedura, con questi risultati:

1. Plutone-Nettuno 53 gradi (separazione angolare)

2. Plutone-Urano 66 »

3. Nettuno-Urano 13 »

–––––

TOTALE 132 gradi = Indice Ciclico di Urano

4. Saturno-Plutone 151 »

5. Saturno-Nettuno 98 »

6. Saturno-Urano 85 »

–––––

TOTALE 466 gradi = Indice Ciclico di Saturno

(24)

7. Giove-Plutone 144 »

8 Giove-Nettuno 91 »

9. Giove-Urano 78 »

10. Giove-Saturno 7 »

–––––

TOTALE 786 gradi = Indice Ciclico di Giove

Questi calcoli sono effettuati per ciascuno degli ultimi 300 anni. I punti so- no riportati su di un grafico. Poiché le espressioni “Indice Ciclico d’Urano”, ecc. sono piuttosto pesanti, scriverò d’ora in poi “onda di Urano”, “onda di Sa- turno” e “onda di Giove”.

Possiamo vedere su questo grafico come l’onda di Urano guidi l’onda di Saturno e come questa, a sua volta, rinforzi o indebolisca i picchi ed i minimi dell’onda di Giove.

Le guerre

Avendo a disposizione una lista delle guerre dall’antichità al 1950, con una sti- ma del numero di vittime, ho deciso di calcolare l’Indice Ciclico per i tre ultimi secoli ponendovi accanto le guerre della mia lista opportunamente completata per il periodo più recente.

Il risultato è stato così interessante che una pubblicazione mi è parsa inevi- tabile. Ma ho avuto bisogno di una lista più recente. Barbault gentilmente me ne trasmessa una, compilata dallo storico francese Bouthoul (1976). Questa lista va dal 1740 al 1974. Neppure così sono stato soddisfatto ed ho infine preso contatto con l’Istituto Olandese di Polemologia all’università de Gronin- gen e con il Centro per la Ricerca dei Conflitti Sociali all’università de Leida.

Questi mi hanno fornito tutti i dati necessari, in modo da poter finalmente con- cludere il mio studio. La lista qui usata, “Wars and War-Related Deaths, 1500- 1990” (Guerre e decessi corrispondenti, 1500-1990) è stata compilata da Wil- liam Eckhardt, direttore di ricerca del Laboratorio di Ricerca per la Pace di Lentz, e pubblicato in «World Military and Social Expenditures 1991» (Spese militari e spesa sociale nel mondo, 1991). Per il periodo 1700-1991, vi sono elencate 491 guerre, per ciascuna delle quali sono stati registrati 1000 o più morti (tra militari e civili). In queste guerre hanno perso la vita complessiva- mente circa 135 milioni di persone. Bisogna rappresentarsi che questa cifra corrisponde alla popolazione dell’Europa a metà del diciottesimo secolo, o al- l’attuale popolazione complessiva delle Isole Britanniche, della Francia e dei Paesi Bassi messi insieme. Se poniamo le date d’inizio di queste guerre accan- to alle onde, osserviamo che su di un numero totale di 491 guerre:

Cominciano durante la fase di Giove – 241 + 250

Cominciano durante la fase di Saturno – 268 + 223

(25)

I numeri preceduti dai segni meno e più si riferiscono al numero delle guer- re che sono scoppiate rispettivamente durante l’onda discendente di Giove (fase meno) e durante l’onda ascendente di Giove (fase più). Le differenze non sono tanto importanti e cadono all’interno di quanto ci si attende da pure coincidenze. Non c’è quindi correlazione evidente fra gli indici ciclici di Giove e di Saturno ed il numero di guerre iniziate. Ormai lo sappiamo. Per superare quest’apparente impasse, ho deciso di dividere le guerre in tre categorie:

1. Guerre minori, con un numero di morti fra 1000 e 10.000 296 2. Guerre medie, con un numero di morti fra 10.000 e 100.000 124 3. Guerre maggiori, con più di 100.000 morti 71 –––––

TOTALE 491

E ho trovato i seguenti risultati:

Numero di guerre minori 296 fase di Giove –137 +159 Numero di guerre medie 124 fase di Giove – 60 + 64 Numero di guerre maggiori 71 fase di Giove – 44 + 27

TOTALI 491 fase di Giove –241 +250

Qui possiamo vedere che le guerre dalle prime due categorie scoppiano un po’ più spesso durante la fase uscente o ascendente piuttosto che durante la fase rientrante o discendente. Qui inoltre le differenze non sono così importan- ti e cadono all’interno di quanto ci si può attendere da semplici coincidenze.

Ma consideriamo ora le guerre maggiori.

Le maggiori guerre

Nella lista che segue i segni più e meno nelle colonne relative ai pianeti mo- strano la fase (il segno – significa verso il basso e il segno + significa verso l’alto) nella quale le varie onde stanno spostandosi. Nella colonna di Urano (UR) ci sono due notazioni. La prima si riferisce alla fase con Plutone, la se- conda alla fase con Nettuno.

INDICAZIONI CICLICHE PER 61 GUERRE MAGGIORI (tra l’anno 1700 e il 2000, ciascuna con più 100.000 morti,

rappresentanti il 92 % del totale dei morti)

Guerra UR SA GIO Morti

x1000 1*. 1701-1713 Guerra di Successione spagnola – + – – 1.250 2*. 1740-1748 Guerra di Successione austriaca + – – – 359 3 . 1755-1757 Massacri cinesi contro gli Tzungari + – + – 600

4*. 1755-1763 Guerra dei Sette Anni + – – – 1.360

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