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ROBA MINIMA

Nel documento LINGUAGGIO ASTRALE (pagine 108-114)

(Enzo Jannacci, El portava i scarp del tennis)

Così cantava Enzo Jannacci nella sua più celebre canzone, quella che a suo tempo gli diede il successo. Vi si narra di un barbone con le scarpe da tennis, appunto, che si fa dare un passaggio per l’aeroporto Forlanini e nel corso di un dialogo surreale con il cortese automobilista racconta di aver avuto anche lui un grande amore, ma, dice il poveretto, si trattava di cosa da poco, cosa da barboni. Roba minima, dunque.

Spesso noi astrologi ci lasciamo sedurre dall’eccezionalità dei fatti e degli eventi. Ci affanniamo ad andare a cercare nelle posizioni dei pianeti situazioni pressoché uniche e irripetibili, dimenticandoci – io per prima – che il movi-mento celeste accompagna anche (e forse soprattutto) la banalità del quoti-diano e, il più delle volte, descrive esistenze del tutto comuni. Chissà, forse è per questo che non troviamo riscontri astrologici speciali nei cieli di eventi straordinari: dopo tutto, il quadro astrale dello tsunami che ha devastato il sud-est asiatico sul finire del 2004 non ha particolarità tali da renderlo unico come unico è stato l’avvenimento che lo ha accompagnato, o tanto diverso dai quadri astrali di eventi molto meno catastrofici.

E così anche per l’amore. Nel nostro immaginario i grandi amori sono quelli di Paolo e Francesca, di Lancillotto e Ginevra, di Dante e Beatrice e via pescando a man bassa dalla letteratura, dalla poesia, dalla storia. Chissà per-ché non ci vengono affatto in mente un qualsiasi Mario e una qualsiasi Gio-vanna che magari si sono amati per cinquant’anni superando insieme traver-sie, dispiaceri, difficoltà e restando sempre uniti. Eppure ne conosciamo tante di coppie così. Ma nessuno racconta la loro storia e cerca il perché del loro amore.

Di recente è mancato un mio anziano zio acquisito. Non aveva figli e noi nipoti abbiamo dovuto provvedere a svuotarne la casa. Mentre selezionavo le sue carte mi è capitata tra le mani una lettera scritta da suo cognato alla

mo-Grazia Bordoni

glie, sorella di questo mio zio. Una lettera così bella e struggente che, eviden-temente, la moglie aveva conservato e che mio zio aveva trovato tra le carte della sorella quando questa era morta, conservandola a sua volta.

Questa è dunque la storia di due persone qualsiasi e del loro amore. Ubal-do e Guglielmina, o meglio DaUbal-do e Nuccia, come venivano chiamati in fami-glia. Nati all’inizio del secolo scorso (i nomi di battesimo sono già indicatori di un’altra epoca!), hanno vissuto due vite normali, da persone normali quali era-no, due vite semplici, da persone semplici quali erano. Ho pochi ricordi di Da-do, mancato nel 1972, mentre ricordo molto bene Nuccia che, rimasta vedo-va, prese a frequentare la mia casa al traino del fratello e della cognata, cioè mia zia. Passò con noi molti Natali, Capodanni, Pasque e feste comandate che avevamo l’abitudine di festeggiare in famiglia. Ci portava un croccante buo-nissimo che faceva lei e di cui ricordo ancora il profumo di limone. Era diven-tata una persona di famiglia, tanto che io e mia sorella la chiamavamo zia Nuccia per una sorta di parentela virtuale. Quando morì volle lasciarci un gio-iello in ricordo perché, disse al fratello, l’avevamo sempre trattata come una “vera zia”. Ripensandoci, aveva ragione, in effetti.

La zia Nuccia era una bella donna, in gioventù, sentivo raccontare. Si era sposata giovanissima, se non proprio per volere dei genitori, molto incoraggia-ta da essi. Ma il matrimonio non aveva funzionato e molto presto si era sepa-rata dal marito. Urano e Marte nel settimo campo opposti a Giove, governato-re del medesimo settimo campo, non lasciano spazio a molti dubbi circa la possibilità di frantumi coniugali. Tutto ciò doveva accadere agli inizi degli anni ’30. Essere una donna separata, a quell’epoca, non doveva essere facile. Non lo è oggi, tutto sommato, figuriamoci allora. E non doveva essere facile so-prattutto per una donna Toro con una Luna in Scorpione e un Plutone al-l’ascendente che certamente reclamavano attenzioni e smuovevano desideri carnali non facili da tacitare per una persona che vive in un normalissimo am-biente medio-borghese. Fosse stata un’intellettuale alla Sibilla Aleramo o un’attrice alla Alida Valli, tutto sarebbe stato più semplice, nella mentalità co-mune di allora in certi ambienti le “trasgressioni” erano meno riprovevoli che altrove. Comunque, forte della sua Venere arietina e dunque abbastanza co-raggiosa e avventurosa, la zia Nuccia, dopo la separazione dal marito, ebbe altre storie d’amore effimere finché non incontrò Ubaldo. Non so quando esat-tamente avvenne il loro incontro, se prima o dopo la guerra. Io li ricordo già insieme.

Nuccia e Dado convivevano. La legge sul divorzio era di là da venire, sic-ché costituivano una coppia cosiddetta irregolare. Non mi sembra però che se ne facessero un gran problema. In famiglia la cosa era accettata anche se nei discorsi che intercettavo da ragazza percepivo sempre le virgolette quando ci riferiva a Dado come “marito” di Nuccia. Il loro era innegabilmente un rappor-to molrappor-to solido. La sinastria è promettente: i due Soli e le due Veneri sono in opposizione creando una grande complementarietà, i due Marti sono congiun-ti, la Luna di Nuccia è in Scorpione, dove Dado ha Sole, Luna e Mercurio. In-somma, tutti pianeti personali si intrecciano in reciproci aspetti. Anche il tema

integrato è discreto, con le case della comunicazione ben sollecitate, a testi-monianza di un dialogo di coppia certo non banale. L’unico elemento che può dar da pensare è Mercurio che si oppone al Sole, per altro governatore del quinto campo. Probabilmente si riferisce alla mancanza di figli: una scelta pressoché necessaria nella situazione contingente. So che Nuccia, negli anni della sua giovinezza, abortì (Mercurio quadrato a Urano/Marte e a Nettuno) – non saprei dire se una o più volte – ma forse, tutto sommato, avere dei figli non era per lei così importante, al di là della situazione familiare irregolare. A Dado magari non sarebbe spiaciuto averne, considerato il suo bel quinto cam-po, e la dissonanza nell’integrato tra Mercurio e Sole può indicare proprio che all’interno della coppia è stato lui a sentire maggiormente la mancanza di figli. Sì, perché il Sole nel quarto campo, nell’integrato, dice che, nella coppia, lui aveva realizzato il sogno di una famiglia.

La convivenza di Nuccia e Dado proseguì comunque salda e serena per decenni. Nel 1965 Dado fu colpito da un infarto (il Sole nell’ottavo campo è Punto di Talete che scarica l’opposizione tra Urano e Nettuno nel quinto cam-po). Probabilmente si spaventò molto e pensò di essere arrivato al capolinea. Fu allora che scrisse la famosa lettera a Nuccia:

Milano, 4 febbraio 1965

Nuccia mia tanto cara! Sei stata la compagna fedele della mia vita e devo purtroppo lasciarti in tanto dolore. Sap-pi trovare nel ricordo e nella rassegna-zione la tranquilla e serena continua-zione di questa tua esistenza terrena. A te devo molto per tutti gli anni felici che insieme abbiamo trascorso, e molto an-cora per quelli un po’ travagliati dalle traversie di lavoro e d’interessi per i quali abbiamo insieme tanto sofferto.

Proprio in quel periodo, con la tua comprensione, col tuo conforto, con la tua forza d’animo con la quale nascon-devi la tua sofferenza, mi hai dimostra-to quandimostra-to grande era il bene, l’affetdimostra-to e l’amore che ci legava, con quel vincolo indissolubile che è l’intento di ideali che ci resero tanto felici.

Una lunga vita serena ti accompa-gni nel ricordo dei nostri giorni più bel-li.

Addio cara, addio

Bella, no? Confesso di essermi commossa, quando l’ho letta e di essere anche stata un po’ invidiosa. E di aver pensato come i grandi amori possono nascondersi dietro le apparenze di una completa normalità.

Dado comunque sopravvisse all’infarto e si rimise in salute. La legge che introduceva il divorzio in Italia fu approvata nel dicembre del 1970. Come di-venne operativa Nuccia chiese il divorzio da quello che per legge era sempre suo marito sebbene ne fosse separata più o meno da quarant’anni. Credo che sia stata una delle prime persone, a Milano, a ottenere il divorzio anche in virtù di una causa in cui tutti erano consenzienti (e impazienti) e non c’era nulla da

rivendicare. Non appena la sentenza divenne esecutiva, nel maggio del 1972, Dado e Nuccia si sposarono, dopo un “fidanzamento durato tanti anni da chia-marlo ormai d’argento” come canta Fabrizio De André in Marcia Nuziale.

Ma Marte e Urano nel settimo campo nel tema di Nuccia, implacabili senti-nelle, novelli bravi di manzoniana memoria, ammonivano che “questo matri-monio non s’ha da fare”. Nuccia non poteva restare sposata se non per un tempo sempre troppo breve. E così, pochi mesi dopo il sospirato matrimonio, ai primi di ottobre del 1972, Dado se ne andò per davvero, portato via da un altro infarto.

Ricordi sbocciavan le viole con le nostre parole

“Non ci lasceremo mai, mai e poi mai”, vorrei dirti ora le stesse cose

ma come fan presto, amore, ad appassire le rose così per noi

l’amore che strappa i capelli è perduto ormai…

L.A. 139-530

Dall’intervento alla Biennale di Venezia - Body Attack

Tutti i simboli astrologici parlano del corpo. Di un corpo che non è fatto a pez-zi, anche se le sue singole parti rimandano in un modo più particolare a un se-gno, a un pianeta o a un settore del tema personale. Si può dire che il pianeta ci parla di “cosa” si mette in movimento e il segno di “come” si muove e la casa “dove”, in che ambito si muove, ma la carta del cielo individuale, il tema di nascita personale è una unità le cui parti non sono separate e non vanno mai lette a pezzetti, altrimenti si rischia di leggere un corpo a pezzi.

Tutti i simboli planetari sono il corpo. Il corpo unito in un’identità e in un nome che si manifesta (Sole), il corpo che “si sente”, sogna, immagina, vibra, intuisce (Luna), il corpo che si muove, incontra, scambia, comunica, conosce (Mercurio), il corpo che ama e vive piacere e bellezza (Venere), il corpo che penetra e attacca (Marte), il corpo che si abbandona, si rilassa, si espande, cresce (Giove), il corpo che sta saldo, con la schiena ben diritta e osserva e ri-flette (Saturno). I tre pianeti lenti – Urano, Nettuno, Plutone – si riferiscono in-vece al corpo attraversato da significanti e memorie più antiche, si potrebbe dire inconsce, un corpo che per essere, sopravvivere e vivere, non può accet-tare solo l’immediatezza dell’esserci, ma è costretto a un cammino, a un per-corso di conquista di una consapevolezza più profonda. In questo senso Urano è la realtà cruda del corpo che costruisce, lavora, affronta la quotidianità, vin-ce o soccombe, risultato della dialettica tra Nettuno (il corpo educato, che ha un nome, un’identità, in un contesto ideologico e ambientale, un modello, un progetto, un’idea) e Plutone (il corpo come puro corpo desiderante).

Nel linguaggio astrologico un simbolo rimanda più di ogni altro alla voce del corpo più antica e primordiale. Di un corpo che è puro corpo desiderante, senza alcuna mediazione se non il desiderio stesso del corpo in quanto puro corpo, organismo non attraversato ancora da alcun significante se non la voce del desiderio primario stesso. Questo simbolo è Plutone.

Pianeta nascosto, oscuro, fastidioso a tal punto che gli astronomi non vo-gliono più considerarlo nemmeno come pianeta. Plutone è il più lontano, il più invisibile, il più piccolo, ma è il Primo. Partendo dal fondo del sistema solare.

Marco Pesatori

Nel documento LINGUAGGIO ASTRALE (pagine 108-114)