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Lettura comparata Rose-Commedia

INDICE NARRATIVO-TEMATICO DEL ROMAN DE LA ROSE

K. Natura entra nella battaglia 15861-16292 L Discorso di Genius a Natura 16293-1

4. Castrazione di Saturno e fine dell’età dell’oro 20007-20236 5 Genius contrappone il parco dell’agnello al giardino di Deduit

2.3 Le allegorie del muro del giardino

2.3.1 Haine

Dal v.139 inizia la descrizione di Haine (Odio) di fame “forsenee” come la lupa che ho citato più su.

Enz le mur vi ge haine Qui de corruz et d’ataine

Sembla bien estre moveresse (R.R. vv.139-41) Ainz sembloit faime forsenee(ib. v.146)

Se l’immagine della lonza traeva più di uno spunto dalla descrizione della terra ricoperta di fiori, il leone e la lupa per converso sembrano riprendere le due caratteristiche di Haine: il carattere collerico e la fame “forsennata”:

Questi parea che contra me venesse con la test’alta e con rabbiosa fame, sì che parea che l’aere ne tremesse. Ed una lupa, che di tutte brame sembiava carca ne la sua magrezza, e molte genti fé già viver grame.

Inf. I, 46-51

La rabbiosa fame del leone condensa in un unico sintagma la “faime forsenee” e il “corruz” di Haine. Appare evidente dunque il fatto che Dante riprende molte delle immagini, sia naturalistiche che allegoriche, dell’incipit della Rose, facendo ricorso come il poema francese al repertorio dei bestiari medioevali. Queste omologie dei due

incipit non bastano però a giustificare un confronto tra i due poemi basato sullo schema

memoria testuale in un passo corrispondente nello sviluppo diacronico delle vicende del Dante-personaggio. Un parallelismo di questo tipo non è proponibile, non solo per la sostanziale diversità delle vicende narrate nei due poemi, cui corrisponde una diversità macro strutturale che impedisce questo tipo di corrispondenze passo-passo. Esso risulta metodologicamente scorretto, soprattutto perché una memoria legata all’immagine tende ad operare associazioni di tipo analogico, ricombinando o dislocando sulla base di processi mentali che sfuggono a quella linearità cui più sopra si accennava. E d’altra parte il Roman de la Rose stesso, nella sua natura di Giano Bifronte, è caratterizzato da una certa ricorsività e circolarità delle immagini: almeno laddove il De Meun, anziché continuare una narrazione interrotta, riprende passi analoghi del De Lorris per risemantizzarli. Lo spazio del giardino e delle personificazioni che lo abitano è infatti riproposto a metà dell’opera (al v.10.000 circa), cioè laddove effettivamente riprende il movimento dell’azione dopo essere rimasta bloccata nella parte del De Lorris, mentre la fontana di Narciso viene trasformata nella fontana di vita del discorso di Genius, e il mito di Narciso stesso viene sostituito quello di Pigmalione.

2.3.2 Covoitise

A dimostrazione di ciò, ecco infatti che un’altra delle personificazioni che compaiono sul muro che cinge il giardino spinge a cercare un raffronto ben oltre i primi canti dell’Inferno. È l’allegoria di Covoitise (la cupidigia)

“c’est cele qui la gens atise” (R.R. v.170)

che richiama i versi iniziali di Inf. XVII:

“ecco la fiera con la coda aguzza” (Inf. XVII, v.1) e

Nella presentazione del serpente/drago Gerione, simbolo della frode e della menzogna54, si osserva una costruzione simile con una figura negativa che porta sventura, espressa da un verbo composto con un prefisso ad+radice, in chiusura di verso, secondo una struttura che si ritrova in altri passi della Commedia:

“la vostra avarizia il mondo attrista” (Inf. XIX, v.104) e

“la vipera che melanesi accampa” (Purg. VIII, v.80)

può darsi che fosse un uso linguistico consueto55, quindi forse non è particolarmente significativa questa coincidenza da sola. Però la possiamo accostare anche ad altre suggestioni. Intanto il verso successivo a quello citato dalla Rose

e le granz avoirs auner

mostra un verbo di uso più raro che rimanda a un luogo del Paradiso, addirittura la preghiera alla vergine :

“in te s’auna (...)

quantunque in creatura è di bontate”

(Pd XXXIII, vv. 20-21)

Se fossero provati questi accostamenti sarebbe interessante notare questa capacità di Dante di mescolare con disinvoltura citazioni per analogia e per opposizione.

Si noti che Gerione è in un luogo prossimo al canto degli usurai, e questo ci fornisce la possibilità anche di una convergenza semantica, oltre che un semplice accostamento analogico. Si ricordi poi che il canto citato dell’Inferno è immediatamente precedente al canto XVIII, così ricco di riferimenti a Bologna. Non la Bologna dei letterati e degli artisti, ma quella delle sordide frequentazioni, dei mercimoni immorali, delle “pungenti salse”, che da Dante viene associata all’ambiente universitario, forse per un’associazione di tipo psicologico con esperienze personali non gratificanti. Dunque

54 E dunque anche la parola poetica usata in modo ingannevole (quindi vi si può cogliere un implicito

riferimento al traviamento dei valori cortesi, di cui prende coscienza già il Guittone “pentito”).

55 Una costruzione analoga, riferita ad Avarice (termine semanticamente sovrapponibile a Covoitise) si

trova anche nella Rose del De Meun, nel discorso di Nature “Si n’avra garde d’avarice / qui d’entasser

quella stessa Bologna evocata dallo “Scolaio” di cui parla Brunetto nella parte iniziale del suo Tesoretto

venendo per la calle del pian di Runcisvalle, incontrai uno scolaio su ’n un muletto vaio, che venia da Bologna, e sanza dir menzogna molt’ era savio e prode56

B. Latini, Tesoretto

é interessante notare che il Brunetto che scrive questi versi poi compare tra i sodomiti nel terzo girone infernale, secondo la tradizionale associazione tra uomini di cultura e pederastia. Va ricordato inoltre che Brunetto fu un importante divulgatore della cultura d’oltralpe in Italia e che il manoscritto su cui il giovane Dante lesse il Roman de la Rose gli fu con tutta probabilità fornito proprio da Brunetto57. Questi dati culturali consentono di capire meglio l’associazione che il Dante dell’Inferno sembra proporre tra la nuova cultura laica universitaria, bolognese e parigina, legata ai circoli averroisti, vista come un ambiente portato alla menzogna, e il tradimento favorito proprio dalla cultura, intesa come arma di prevaricazione e inganno (così come accadeva nel “maestro che ha letto a Bologna”, una delle maschere di Falsembiante nel Fiore). Falsembiante e Gerione dunque vengono messi in relazione dalla rete di indizi che abbiamo messo in evidenza più su. L’aver stabilito un legame stretto tra il personaggio del Fiore, ripreso dal Faux- Semblant della Rose, e il Gerione dantesco, da un lato ci aiuta a sostenere la tesi della sopravvivenza della Rose all’interno della Commedia, come antitesto e ipotesto; da un altro lato spingerebbe anche a prendere in considerazione il Fiore, che però per scelta di metodo abbiamo deciso di non trattare direttamente in questo lavoro. Stante questa premessa è necessario chiedersi se, anche accogliendo l’ipotesi di un giovane Dante estraneo all’elaborazione del Fiore, non sia possibile sostenere comunque la tesi che l’interpretazione della parola poetica come veicolo di menzogna e prevaricazione abbia favorito la trasfigurazione dei topoi cortesi nel grottesco infernale della Commedia. La

56 Brunetto Latini Il tesoretto, in Poeti del Duecento, a cura di Gianfranco Contini, Milano-Napoli :

Ricciardi, 1960, t. II, pp. 175-277.

risposta è positiva, se pensiamo all’influsso che ebbe sul giovane Dante la poetica del “Guittone pentito”. Il tema degli influssi guittoniani sul giovane Dante richiederebbe un lavoro a sè, ma può essere utile almeno riportare una sintesi di quanto sostiene in un proprio saggio la dantista nordamericana Teodolinda Barolini. Secondo la Barolini Guittone in “Ora parrà s’eo saverò cantare58” riduce l’amore cortese a desiderio carnale e poi a cupidigia e avarizia. Questo collegamento verrà ripreso da Dante in “Doglia mi reca” (Rime, 49). Qui interessa far notare che laddove c’è un ricordo e un legame intertestuale con l’opera francese che riduce l’amore cortese a desiderio carnale e fa entrare in gioco cupidigia e avarizia, c’è la conferma del precedente guittoniano. Diventa allora interessante prendere in considerazione certe coincidenze, che forse non sono del tutto casuali. A proposito della già ricordata vicenda dei frati che combinano incontri galanti rovinando l’integrità morale di alcune giovani donne, si noti come l’ambientazione sia cittadina e bolognese, ma i frati appartengano all’ordine dei Gaudenti, proprio come Guittone dopo il pentimento. A più riprese dunque Dante mostra di mettere sullo stesso piano di un condanna morale senza appello sia la cultura cittadina e accademica che diviene strumento di coercizione ed inganno, sia il tradimento dei poeti cortesi che come Guittone piegarono la cortesia a un trobar clus intellettualistico e fine a se stesso, segno di quell’avarizia, cioè meschinità e ristrettezza d’animo, che si fa strumento di prevaricazione.

2.3.3 Avarice

Interessante appare anche l’immagine di Avarice, poveramente vestita e di aspetto triste. Sempre negli accostamenti per opposizione (la Rose come antitesto) noterei delle analogie con le allegorie della giustizia che compaiono nella canzone dell’esilio (Rime CIV) di cui parlerò anche in seguito. Una di esse ci dà l’immagine di una donna abbandonata e triste, che è vestita in modo trascurato e dunque può essere vista come figura-simbolo della depressione, della malinconia; a questo proposito si noti che è vestita di panni neri, che gli studi iconologici associano alla depressione come “male dell’animo” dei filosofi e dei poeti (si riteneva che l’intensa attività spirituale portasse a disseccare la bile bianca facendo prevalere la “bile nera” o melaina kolè, da cui appunto

l’etimo di malinconia59). Analogamente alla descrizione di Avarice e Covoitise nel Roman, anche la descrizione di Gerione insiste sull’aspetto del corpo (nel Roman

Avarice è coperta da un vestito lacero, di tela laida e pieno di toppe; in Dante si fa un paragone tra la pelle serpentina di Gerione e certi tipi complessi di drappi e tele). Notiamo dunque come Dante nei diversi luoghi in cui sembra riprendere le immagini innescate dalla lettura della Rose attui uno spostamento semantico per cui categorie morali legate alla vita mondana e pratica (la frode e l’avarizia) vengono tradotte per antitesi in categorie estetiche legate all’arte poetica e alla vita spirituale. Gerione, che alcuni richiami testuali avvicinano a Faux-semblant e Covoitise, incarna anche la menzogna poetica, quasi un rovesciamento della figura stessa di Dante (allo stesso modo in cui un altro ingannatore, Ulisse, ne è l’alter ego) e sembra personificare e render vivo l’antitesto che muove per opposizione la creazione poetica della

Commedia come ricerca del vero60; Avarizia, che sul piano semantico è connessa a Cupidigia, assume però le vesti e gli atteggiamenti della malinconia come “spirito fantastico” ispiratore dei poeti61. Come si vedrà in modo più dettagliato in un’altra sezione di questo lavoro, l’invenzione di Gerione nasce dall’innesto di un’immagine tricorpore (analoga a quella delle tre fiere, modellata sul tipo di Ecate), con la tematica medusea. Se la “pesantezza” delle fiere (“questa mi porse tanto di gravezza”), è immagine del rifiuto della donna, e del potere mortifero e pietrificante del suo sguardo (“con la paura ch’uscìa di sua vista”), Gerione rappresenta l’altra polarità del mito della Medusa, quella legata alla “leggerezza” e “levità” del volo di Pegaso, il cavallo alato sorto dal sangue della Medusa. Il volo sulla groppa di Gerione, lo scendere a patti cioè con la finzione e la menzogna insiti nella creazione letteraria, che giunge al vero attraverso la mediazione allegorica, rappresenta il prezzo necessario che il Dante poeta deve pagare per poter raggiungere le verità più profonde dell’animo umano. Si veda in proposito quanto scrive la Barolini:

“L’episodio di Gerione, tuttavia, costituisce per il poeta della Commedia un gioco

d’azzardo poetico più complesso ancora di quanto abbiamo fin qui notato, poiché il

59 Vedi in proposito l’ormai classico studio di KLIBANSKY R. PANOFSKY E. SAXL F. 1983.

60 “On the one hand, the poem is defined as truth, Geryon is defined as mendacity, fraud; therefore,

Geryon and the poem are opposites, Geryon is the Commedia's antithesis” BAROLINI, 1992 : p.66 In

nota riporta inoltre questa interessante citazione "Gerione non rappresenta soltanto la frode come

categoria morale, ma anche come categoria estetica: egli è anche la personificazione della menzogna poetica" pg. 99 (da FERRUCCI, 1990).

61 Troverà una corrispondenza iconografica nel “corvo nero” che parla all’orecchio di maghi e poeti in

verso emblematico che lo caratterizza è una lama a doppio taglio e può essere accostato sia dalla prospettiva dell’ultima parola, “menzogna” sia dalla prospettiva della prima, “ver”. Invece di sottolineare la dichiarazione del poeta che la sua opera è un ver che rimane tale anche quando deve documentare una cosa incredibile, potremmo chiederci: come mai questa verità, questa comedìa, ha faccia di menzogna? La risposta è che persino una comedìa, per poter diventare un testo, deve entro un certo limite adattarsi a quell’umana e dunque fraudolenta costruzione che è il linguaggio”.62 In tal senso, secondo le categorie dell’analisi metapoetica e della corrispondenza della letteratura con la verità, Gerione non è solo allegoria dell’ipocrisia, ma affonda le sue radici, con tutta probabilità, nella trasfigurazione dell’immagine del cavallo Pegaso in una forma di serpente o drago. Questa trasformazione dalla forma equina ad una più affine al gusto medioevale, era già stata compiuta nella figura del basilisco nella poesia di Giacomo da Lentini, animale da bestiario allegorico, anch’esso legato al tema meduseo dello sguardo pietrificante63. In questa prospettiva tutta interna alla letteratura, è possibile leggere anche la figura di Faux Semblant nel Roman de la Rose, che equivale a Gerione quanto a significato allegorico, e che, pur essendo l’ “ospite sgradito” della baronia d’amore, è anche l’elemento drammatico senza il quale l’azione sarebbe rimasta bloccata come era accaduto nel De Lorris. Ma il legame più evidente di questa espressione, “il ver che ha faccia di menzogna”, è probabilmente con il riferimento al rapporto tra sogno, verità e menzogna nella parte iniziale del primo Roman (dove “sogno” andrà inteso in senso ampio, in modo da comprendere l’atteggiamento contemplativo e onirico del poeta che attende alla creazione fantastica: atteggiamento cui il poeta allude, almeno nell’intepretazione che abbiamo dato, proprio durante il volo sulla groppa di Gerione, per cui non è dato stabilire se il volo in questione sia reale o immaginato “ad occhi chiusi” dal poeta).

62 BAROLINI, 2003: p.99.