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Alunni con DSA e apprendimento delle lingue: le proposte editorial

IL CURRICOLO LINGUISTICO-CULTURALE

2. Alunni con DSA e apprendimento delle lingue: le proposte editorial

Prima di passare a delineare un impianto curriculare in grado di tener conto delle caratteristiche degli alunni con BES, si vuole evidenziare come le difficoltà che manifestano gli alunni con DSA, nell’approcciarsi e nell’imparare le lingue

straniere, oltre a essere originate dalle caratteristiche apprenditive relative alle abilità strumentali di decodifica/codifica, siano da metter in relazione alle richieste, alle aspettative della scuola e alla pervasività del codice scritto nell’insegnamento/apprendimento delle lingue (con le metodologie, gli strumenti e le tecniche usate).

Gli alunni dislessici non presenterebbero particolari difficoltà nell’apprendimento orale e spontaneo di una lingua straniera in un contesto autentico (Schneider, 2009: 306), sorretto da interazione e codici non verbali. Tuttavia, nel sistema scolastico l’insegnamento/apprendimento delle lingue (L1, L2 e LS), ma anche delle altre discipline, richiede il possesso del requisito di accesso alla lingua scritta poiché questa farà da tramite non solo allo sviluppo della competenza verbale (scritta e orale) ma anche allo sviluppo educativo e culturale dell’alunno. L’apprendimento dell’alunno dislessico/disortografico in un contesto formale presenta infatti due diverse difficoltà:

‐ una legata alla natura neurobiologica della dislessia che richiede processi di elaborazione dell’informazione diversi rispetto allo standard

‐ l’altra legata alle metodologie e pratiche di insegnamento

Oltre il parametro relativo alle caratteristiche modalità di apprendimento degli alunni dislessici, dunque, per comprendere la specifica difficoltà di apprendimento della lingua straniera bisogna indagare i metodi didattici tradizionalmente usati. Generalmente, a scuola si ha l’applicazione della versione debole del metodo comunicativo (Coppola, 2006: 80) che predilige l’apprendimento mnemonico delle irregolarità e l’apprendimento della grammatica a supporto della produzione orale. In uno studio relativo alle metodologie di insegnamento delle lingue straniere diffuse nella scuola primaria in Italia, Balboni e Daloiso (2011: 38-40) individuano il metodo strutturalistico e quello comunicativo come gli approcci che sembrano aver esercitato più influenza sulle pratiche didattiche Il primo è un retaggio della formazione degli insegnanti che si sono formati negli anni Settanta, ma è presente ancora oggi nei testi scolastici che propongono liste di parole e esercizi ripetitivi da svolgere magari con l’uso di strumenti digitali. Il secondo, soprattutto nella variante nozional- funzionale, ha influenzato notevolmente l’insegnamento delle lingue straniere

 

delle unità di apprendimento. Tuttavia, sebbene questo approccio valorizzi gli aspetti pragmatici e funzionali del linguaggio e evidenzi il ruolo della cultura nella comunicazione, assume spesso connotazioni formalistiche che, ancora una volta, emergono anche dai testi adottati nelle scuole.

Nel contesto scolastico italiano, infatti, si utilizza spesso la lingua scritta per sostenere l’apprendimento, in quanto i tempi ristretti concessi all’apprendimento delle lingue non permettono di seguire la via naturale della direzionalità dell’acquisizione: dalla lingua orale alla lingua scritta. Tuttavia, neanche il metodo naturale di Krashen e Terrell (1983) risulterebbe efficace per i soggetti dislessici, dal momento che esso considera sia sufficiente possedere gli elementi chomskiani del Language Acquisition Device e della Universal Grammar per acquisire con successo una lingua (Schneider, 2009: 298), mentre in realtà le caratteristiche della memoria a breve termine dei dislessici/disortografici influenzano negativamente sia le performance linguistiche scritte che le orali (Schneider, 2009: 298). Inoltre l’impossibilità di automatizzazione di certe procedure porta l’alunno dislessico/disortografico a procedere controllando sempre le strategie cognitive; ciò significa che deve scegliere una procedura vigile e perciò antieconomica, che gli richiede molti sforzi ma che si rivela l’unica via percorribile da sostenere attraverso pratiche esplicite e soprattutto significative. Risulta importante dunque capire meglio la natura degli approcci tradizionalmente proposti dai docenti e dall’industria editoriale italiana, che «sembra distante dai più recenti orientamenti teorico-metodologici della didattica» (Balboni, Daloiso, 2011: 40). A questo proposito, gli obiettivi delle Indicazioni Nazionali riguardo all’insegnamento/apprendimento delle lingue straniere curricolari vengono messi a confronto con le proposte metodologiche e didattiche presenti nei testi di lingua inglese e spagnola, adottati nelle classi prime della scuola secondaria di I grado dove si è svolta la sperimentazione (nella seconda parte dello studio la stessa operazione verrà fatta per la lingua italiana).

Le Indicazioni Nazionali, cioè il documento nazionale relativo al primo ciclo di istruzione che sostituisce i programmi delle discipline, presentano orientamenti metodologici, traguardi formativi e obiettivi disciplinari diversi per l’insegnamento/apprendimento della prima lingua straniera e della seconda. L’insegnamento/apprendimento della lingua inglese comincia infatti già alla

scuola primaria, quindi è previsto che l’alunno arrivi alla scuola secondaria di I grado con una competenza riconducibile al livello A1 del QCER. Per la seconda lingua comunitaria, invece, non è presupposto un livello di ingresso in quanto questa lingua viene presentata solo nell’ordine di scuola superiore.

I traguardi da raggiungere in tre anni, cioè alla fine della scuola secondaria di I grado sono riconducibili al livello A2 del QCER per l’inglese e riguardano le competenze relative (Miur, 2012: 39):

- alla comprensione globale orale e scritta di testi in lingua standard su

argomenti familiari o di studio

- alla descrizione orale di avvenimenti ed esperienze personali o

all’esposizione di argomenti di studio

- all’interazione con uno o più interlocutori in contesti familiari e su

argomenti noti

- alla lettura di semplici testi attraverso diverse strategie adeguate allo scopo - alla lettura di testi informativi attinenti a contenuti di studio di altre

discipline

- alla scrittura di semplici testi (resoconti, brevi lettere o messaggi) rivolti a

coetanei e familiari

- al confronto tra elementi culturali senza atteggiamenti di rifiuto.

- alla gestione di situazioni nuove attingendo al proprio repertorio

linguistico

- all’uso della lingua per apprendere argomenti anche di ambiti disciplinari

diversi

- all’autovalutazione delle competenze acquisite e alla consapevolezza del

proprio modo di apprendere.

I traguardi per lo sviluppo delle competenze al termine della scuola secondaria di primo grado per la seconda lingua comunitaria prevedono il raggiungimento del solo livello A1 del Quadro Comune Europeo di Riferimento per le lingue e lo sviluppo delle competenze relativi a (Miur, 2012: 40):

         

- alla comprensione di brevi messaggi orali e scritti relativi ad ambiti

familiari

- alla comunicazione orale in attività che richiedono solo uno scambio di

informazioni semplice e diretto su argomenti familiari e abituali

- alla semplice descrizione orale e scritta di aspetti del proprio vissuto e del

proprio ambiente

- alla lettura di brevi e semplici testi con tecniche adeguate allo scopo - alla richiesta di spiegazioni utili allo svolgimento dei compiti secondo le

indicazioni date in lingua straniera dall’insegnante

- al riconoscimento di relazioni tra semplici elementi linguistico-

comunicativi e culturali propri delle lingue di studio

- all’autovalutazione delle proprie strategie di studio.

Se gli obiettivi e i traguardi delle Indicazioni Nazionali vengono messi in relazione con le proposte dei libri adottati dalle classi che hanno preso parte alla sperimentazione, è possibile individuare gli orientamenti metodologici che guidano le pratiche didattiche.

Il testo di inglese “Game on!”12 adottato nelle classi sperimentali, si rivolge agli studenti di livello A1/A2 e nella versione digitale presenta strumenti che rendono più accessibile la lettura per gli alunni dislessici, attraverso caratteri di alta leggibilità e che consentono la personalizzazione (evidenziatore, segnalibro, appunti a margine ecc). In ciascuna delle otto unità13 in cui è suddiviso il volume I, sono presenti sezioni relative al lessico, alla grammatica, alle funzioni comunicative e alla cultura con proposte di tecniche che seguono questa progressione:

- tecniche e attività per lo sviluppo delle abilità di comprensione scritta e

orale, come le domande a scelta multipla tipo vero/falso, le procedure cloze relative al lessico, gli abbinamenti di parole o espressioni

 

12 Di Lindwood P., Guglielmino D., Kennedy C (2016), pubblicato da De Agostini-Petrini.

13 Where are you from?; Family ties; My things; At home; My day; The things we eat; Things you

can do; Shopping for a present.  

       

comunicative ad immagini pertinenti, le combinazioni tra gli elementi iniziali di una frase e le conclusioni, gli incastri tra battute di dialogo;

- tecniche per l’esercitazione dell’abilità di comprensione e produzione

scritta come i completamenti di frasi

- tecniche per l’acquisizione lessicale come l’abbinamento di una parola con

l’immagine o il suono

La sezione grammaticale si apre con un quadro riassuntivo delle strutture morfologiche o verbali presenti nelle varie situazioni comunicative e presenta le eccezioni. In questa sezione si trovano

- tecniche per l’acquisizione delle regole morfosintattiche come la

manipolazione del genere o del numero delle parole proposte o la declinazione delle forme verbali

- tecniche per lo sviluppo delle abilità di trasformazione e di manipolazione

dei testi, come la traduzione di frasi dall’italiano allo spagnolo.

Numerose sono le attività che richiedono tecniche di sviluppo delle abilità scritte, infatti, attraverso procedure più o meno guidate, vengono sollecitate produzioni scritte di e-mail, descrizioni di oggetti, di foto o di esperienze. Nel testo sono frequenti i box con spiegazioni relative alla pronuncia, e alla presentazione del lessico, delle funzioni comunicative e della grammatica in chiave contrastiva con l’italiano. Il ricorso alla lingua italiana si trova anche nell’indice e nelle consegne. Parallelamente al corso di inglese, anche il libro di spagnolo “¡Simplemente divertido!”14 presenta sei unità15 con sezioni relative al lessico, alle funzioni comunicative, alla grammatica e alla cultura. Anche in questo libro di testo le tecniche seguono una progressione secondo i gradi di difficoltà: dapprima richiedono minime abilità di scrittura per arrivare a richieste di attività di composizione senza sostegno. Rispetto al libro di inglese le tecniche di produzione scritta sono meno richieste. Questa differenza può essere dovuta al fatto che gli alunni che iniziano questo corso hanno già una competenza di livello

 

14 Di Ramos C., Santos M.J., Santos M. (2015), pubblicato dalla casa editrice De Agostini. 

15 ¿Hola, que tal?; Viene toda la familia; ¿Qué hora es?; ¿Qué hy aqui?; ¡Cómo me gusta!; Nuestro

 

A1 sviluppata durante gli anni della scuola primaria, mentre la lingua spagnola viene introdotta nel primo anno della scuola secondaria di I grado, quindi ci si aspetta che le abilità di produzione scritta siano in parte già maturate. Sebbene nel testo di spagnolo non compaiano confronti sul piano linguistico, sono presenti sul piano culturale, poiché il testo presenta box che richiedono un confronto tra la cultura spagnola e quella dell’alunno. La sezione relativa alla cultura presenta testi (accessibili anche attraverso l’audio) scritti ad hoc per il manuale scolastico, in quanto presentano il lessico e la grammatica in progressione e in sequenza con le strutture già presentate.

L’analisi dei libri di testo mostra conformità con i traguardi di competenza delineati dalle Indicazioni Nazionali, soprattutto per quanto riguarda la presentazione di temi comunicativi vicini all’esperienza, agli interessi e alla curiosità di alunni della fascia di età compresa tra i dieci e i dodici anni. Tuttavia le tecniche presentano tipologie caratterizzate dalla:

- segmentazione degli elementi linguistici trattati come discreti

- riproduzione automatica e meccanica di elementi lessicali, morfologici,

grammaticali

- parziale contestualizzazione dei testi

- mancanza di significatività, intesa come sfida cognitiva - mancanza di interrelazione tra le abilità

- mancanza di attività cooperative

- mancanza di spiegazioni esplicite sulle varie tecniche di lettura (solo per il

testo di spagnolo)

- mancanza di indicazioni esplicite sugli elementi da considerare nell’autovalutazione delle proprie strategie di studio.

Si nota, infatti, che nonostante tutte le unità siano contestualizzate, e presentino espressioni linguistiche funzionali alla situazione comunicativa, la metodologia si presenta invece ancora sensibile a un orientamento strutturalista e formalistico, soprattutto per quanto riguarda il percorso deduttivo di presentazione delle regole e l’uso di tecniche di traduzione. Nel primo anno di insegnamento/apprendimento di una lingua straniera la proposta di traduzione dall’italiano alla LS risulta inadeguata, poiché, come afferma Balboni: «la traduzione rappresenta uno dei

momenti più complessi dell’attività glottodidattica: è un punto di arrivo e non una tecnica per imparare una lingua» (Balboni, 2006. 258).

L’uso di tecniche glottodidattiche decontestualizzate, basate sull’insegnamento/apprendimento di elementi linguistici discreti che non sollecitano la memoria visuo-spaziale, è infatti riconosciuto come un elemento che acuisce le difficoltà di apprendimento della lingua straniera (DALS) (Palladino, 2016: 75-76). Soprattutto sembra che gli alunni con dislessia/disortografia e, in generale con DALS, presentino maggiori difficoltà nei processi più passivi e meno controllati, piuttosto che in compiti che richiedano un’elaborazione attiva e significativa. Ricerche relative all’apprendimento della lingua inglese (Palladino, 2016: 78) mettono in evidenza come il ricordo e la ripetizione dipendano fortemente dalla significatività del materiale lessicale e delle tecniche di insegnamento/apprendimento proposte. Analizzando le tecniche presentate dai libri di testo sopra presentati, si possono individuare soprattutto pedagogical task, piuttosto che real-life task, che nella terminologia delle Linee guida vengono presentati come “compiti di realtà”. Sebbene l’insegnamento task based rientri tra le proposte dell’approccio comunicativo e si basi su consegne negoziate con la classe che coinvolgono contemporaneamente di più abilità (Coppola, 2006: 84), secondo la classificazione di Hyland (2003: 112-114) è possibile distinguere i pedagogical tasks dai real-life tasks secondo il criterio della significatività dell’apprendimento. I primi vengono intesi come attività e tecniche didattiche che mirano allo sviluppo di capacità cognitive e di abilità linguistiche discrete in quanto si focalizzano sulla forma linguistica, mentre i secondi risultano funzionali allo sviluppo di abilità comunicative implicate nelle situazioni quotidiane di vita reale e richiedono competenze di problem solving. Tuttavia, le attività di sviluppo delle competenze proposte dai libri di testo adottati si riducono semplicemente a tecniche di ripetizione meccaniche e non contestualizzate, che non permettono un’elaborazione attiva del materiale linguistico e quindi un’organizzazione strategica e significativa delle informazioni, sebbene propongano di accedere alle informazioni attraverso più canali (codice scritto, audio-video, immagini di situazioni di vita reale). Per l’alunno dislessico le conseguenze non riguardano solo la qualità dell’apprendimento linguistico, ma il mancato conseguimento dell’autonomia

 

personale, in quanto non vengono richieste né elaborate strategie efficaci di acquisizione.

La finalità dei compiti di realtà, infatti, non riguarda la conoscenza dei contenuti liguistico-disciplinari, ma piuttosto è quella di sviluppare competenze, secondo gli obiettivi formativi richiesti dalle Linee Guida per la Certificazione delle Competenze nel Primo Ciclo di Istruzione (Miur, 2015b). Questo documento ministeriale, che si occupa di certificare le competenze apprese nel primo ciclo di istruzione, pone l’attenzione sulla “competenza”, intesa come quel costrutto che suggerisce di «utilizzare gli apprendimenti acquisiti nell’ambito delle singole discipline all’interno di un più globale processo di crescita individuale [...]. Non ci si può [...] accontentare di accumulare conoscenze, ma occorre trovare il modo di stabilire relazioni tra esse e con il mondo al fine di elaborare soluzioni ai problemi che la vita reale pone quotidianamente» (Miur, 2015b: 1). Si capisce dunque che le competenze sono un paradigma complesso, che si compone di conoscenze, abilità, atteggiamenti, emozioni, potenzialità e attitudini personali (Miur, 2015b: 2), il che presuppone un’azione sinergica e interrelata degli insegnamenti/apprendimenti delle discipline dalla quale non può prescindere la definizione dell’impianto curricolare. Infatti, continua il documento, «l’azione didattica non può limitarsi ad una prospettiva limitatamente disciplinare; i contenuti, proprio per abituare gli alunni a risolvere situazioni problematiche complesse e inedite, devono essere caratterizzati da maggiore trasversalità ed essere soggetti ad un’azione di ristrutturazione continua da parte dei ragazzi, facendo ricorso anche a modalità di apprendimento cooperativo e laboratoriale» (Miur, 2015b: 5).