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La dimensione linguistica del curricolo nelle classi complesse

IL CURRICOLO LINGUISTICO-CULTURALE

1. La dimensione linguistica del curricolo nelle classi complesse

Dopo aver analizzato le specificità e le caratteristiche che influenzano l’apprendimento sia degli alunni con dislessia/disortografia sia degli alunni con altre Ll, e dopo aver preso in rassegna le varie cornici teoriche che possono fare da riferimento per la scelta di metodologie glottodidattiche efficaci, destinate ad alunni con BES, la prospettiva flessibile e integrata dell’approccio dialogico deve esplicarsi coerentemente nell’impianto curricolare, ossia (Coppola, 2009b: 35-36):

1. nella costruzione del sillabo 2. nelle tecniche adottate

3. nell’organizzazione del lavoro in classe 4. nella scansione dei tempi

5. nella verifica e nella valutazione

1. Per quanto riguarda l’impianto curricolare, l’approccio socio-costruttivista che fa da riferimento al modello dialogico risulta più attento agli usi reali che formali della lingua. Per il sillabo, ad esempio, a quelli formali, centrati sulla correttezza grammaticale e morfosintattica, vengono sostituiti sillabi funzionali che puntano principalmente all’efficacia comunicativa e presentano la lingua nelle sue funzioni comunicativo-pragmatiche. Tuttavia i sillabi funzionali necessitano di essere integrati da sillabi processuali, attenti cioè ai processi e alle strategie di apprendimento. La scelta dell’uno o dell’altro sillabo può ostacolare o favorire l’apprendimento da parte di alunni con dislessia/disortografia, con BiLS e, più in generale, con BES (Melero, 2016: 263), mettendo in discussione l’accessibilità glottodidattica. Sviluppare le abilità di composizione scritta significa quindi

mettere in luce gli aspetti processuali sottostanti l’attività di produzione scritta, piuttosto che imparare meccanicamente un codice con le sue regole ortografiche, morfologiche e sintattiche finalizzate alla realizzazione di un prodotto corretto, al quale, anche nella prospettiva delle Indicazioni Nazionali, l’alunno arriverà progressivamente partendo da una grammatica implicita.

Da un punto di vista dell’insegnamento linguistico, la scelta ricade sulla versione forte dell’approccio comunicativo, nella quale “si usa una lingua per impararla”. Attraverso l’uso, la riflessione sulle funzioni e sulle strutture permette di interiorizzarle e quindi di apprendere la lingua. Questa posizione si riflette anche sull’atteggiamento didattico verso la norma linguistica e verso l’errore. Infatti, ad una didattica normativa che adotta la norma linguistica standard come unico criterio di valutazione della competenza linguistica, senza prendere in considerazione né la variazione funzionale legata alla situazione comunicativa né le varietà sociolinguistiche meno centrali che costituiscono gli input più frequenti al di fuori dei contesti formali e controllati, è da preferire una didattica plurinormativa attenta alla variabilità linguistica, alle varietà della lingua e quindi interessata allo sviluppo di una competenza d’uso nei diversi contesti. Si capisce dunque che è necessario adottare un atteggiamento meno normativo verso l’errore, dal momento che questo viene inteso come una manifestazione dell’attività cognitiva dell’apprendente che elabora e vaglia le ipotesi su cui basare la grammatica della propria interlingua in relazione agli input ricevuti. Il modello di riferimento non viene pertanto individuato nel parlante nativo, che utilizza la lingua standard in tutte le occasioni, ma in un codice funzionale ai vari scopi comunicativi. L’azione glottodidattica che si fonda sull’approccio comunicativo dovrà quindi porsi l’obiettivo di sviluppare la competenza comunicativa (Hymes, 1980) la quale include «numerose altre competenze richieste ai parlanti per una comunicazione efficace e appropriata all’evento linguistico», tra le quali figurano (Coppola, 2009a: 109):

-la competenza linguistica, che riguarda la capacità di comprendere e produrre forme corrette nella dimensione morfosintattica, lessico-semantica e fonologica;

-la competenza sociolinguistica, che opera in sinergia con la competenza linguistica e ne influenza le scelte ad ogni livello di elaborazione linguistica

 

tenendo conto dei fattori pragmatici che intervengono nell’interscambio comunicativo (contesto, status e ruolo dei partecipanti);

-la competenza metalinguistica, che si riferisce alla capacità di riflettere sui fenomeni linguistici e che dovrà far emergere le differenze tra varietà sociolinguistiche che si manifestano a tutti i livelli strutturali della lingua a partire da quello fonetico - che ha conseguenze dirette sul piano ortografico - per arrivare a quello morfosintattico;

- la competenza testuale/discorsiva, relativa alla comprensione, produzione, identificazione e classificazione di testi, generi comunicativi, sequenze discorsive ecc.

Per quanto riguarda la competenza metalinguistica, da quanto emerso per i DSA o per i BiLS sulle modalità di apprendimento scolastico delle lingue, è evidente che «si possa intravedere una chiara tendenza a focalizzarsi sui processi, sul come della LS (come è fatta, come si fa, come si impara), cioè su una didattica delle LS che punta a rendere il più autonomi possibili questi studenti cercando di assicurare non solo l’acquisizione/apprendimento di determinati contenuti, ma anche il raggiungimento di altre competenze, come il saper autovalutarsi o ricorrere ai supporti necessari, scegliere e riflettere sulle strategie da attuare» (Melero, 2016: 264). Anche per gli alunni bilingui di altre L1 l’obiettivo più alto dell’educazione linguistica rimane lo sviluppo della competenza metalinguistica che, come visto, sostiene a sua volta l’apprendimento. Dai diversi studi emerge infatti che sarebbe auspicabile una didattica che:

− Curi l’input linguistico e metalinguistico del docente in L2 in tutte le varie fasi favorendo il noticing e i suoi fattori, in particolare nelle fasi della percezione e comprensione dell’input

− Utilizzi a tal fine vari dispositivi per rendere l’input ben percepibile, segmentabile, saliente, magari rafforzandolo a livello visivo, spiegando le forme più problematiche (marcate, ridondanti ecc), attraverso interventi espliciti sulle forme forme di L2.

− Fornisca, in relazione a problemi comunicativi, bisogni ed età dei discenti, pure strumenti metalinguistici per aiutare a cogliere le caratteristiche strutturali di L2, paragonarle a quelle di L1 e orientarsi sui suoi tratti più tipici e marcati.

In sintesi, l’istruzione farebbe la differenza, in quanto se rimanda esplicitamente a regole grammaticali, porta più velocemente a risultati orientati al target, superando fossilizzazioni di strutture L2 non marcate, frequenti in contesti naturali e didattici orientati solo al contenuto (Chini, 2012: 130), poiché in questo modo l’insegnamento dovrebbe combinare apprendimento implicito a quello esplicito, basato sul noticing e sulla riflessione metalinguistica. Sembra dunque che il noticing, pur relativo a conoscenze esplicite, contribuisca, in modo indiretto, all’acquisizione implicita (Chini, 2012: 134). In questo senso gli approcci didattici plurali, mettendo in gioco una molteplicità di lingue, puntano ad attivare le risorse degli alunni per lo sviluppo di competenze metalinguistiche, oltre che interculturali. La banca dati e gli strumenti didattici collegati al CARAP illustrano delle attività basate sul confronto tra le strutture di una grande varietà di lingue, che non sono per forza quelle dei nostri alunni stranieri. E non si tratta di far imparare altre lingue, ma di fare confronti inter-intralinguistici o tra varietà diverse di una stessa lingua e di stimolare delle ipotesi sul funzionamento della lingua. È necessario dunque che l’educazione linguistica per le classi plurilingui non sia un’educazione monolingue.

2. Le tecniche adottate per favorire l’apprendimento linguistico stimolano l’apprendimento significativo, dal momento che sono basate sulla risoluzione di problemi e quindi richiedono l’attivazione di competenze, ossia conoscenze pregresse e abilità, piuttosto che richiedere semplici conoscenze degli elementi linguistici discreti (suoni, morfemi, elementi sintattici). Si accolgono così quelle raccomandazioni internazionali relative all’educazione permanente che riguardano lo sviluppo delle competenze (Consiglio d’Europa, 2006a). Esse coinvolgono gli alunni in situazioni autentiche e contestualizzate (real life task), piuttosto che in attività artificiose o che si focalizzano sull’insegnamento/apprendimento degli elementi discreti dei diversi livelli delle strutture linguistiche. Inoltre esse si presentano come stratificate (Minello, 2006), sia per adattarsi ai diversi bisogni e livelli linguistici, sia perché riguardano distintamente le abilità sottostanti la competenza strumentale e quelle sottostanti la competenza testuale e strategica. Riguardo all’abilità della produzione scritta, si propone di sviluppare la competenza strumentale e tecnica e quella testuale e strategica (adattata da Daloiso, 2016: 218):

 

PRODUZIONE SCRITTA Competenza strumentale e

tecnica

- attivare abilità grafo motorie - segmentare il flusso sonoro

- codifica (conversione fonemi-grafemi) Competenza testuale e

strategica

- recuperare il lessico e le strutture sintattiche necessarie

- recuperare il significato delle parole - attivare processi compositivi per:

o pianificare (scegliere il tipo testuale, raccogliere e gerarchizzare idee)

o elaborare (gestire i meccanismi di coerenza e coesione)

o rivedere il testo (da un punto di vista linguistico, argomentativo ecc)

Tab. 5. Competenze di scrittura.

Per i processi di ordine inferiore, devono essere sistematicamente esplicitate le procedure riguardanti la decodifica/codifica focalizzando l’attenzione anche sulle varianti sociofonetiche, in modo che l’abbinamento ripetuto tra grafemi e fonemi crei le condizioni per facilitare il controllo esplicito delle procedure (le quali, per i dislessici/disortografici, solo faticosamente e lentamente arriveranno all’automatismo).

Per quanto riguarda invece i processi di ordine superiore, dovranno riguardare il recupero del lessico mentale (significato e forma) e delle strutture sintattiche, facendo riferimento anche alle varianti sociolinguistiche.

Infine, soprattutto per l’alunno dislessico/disortografico, è importante anche che le conoscenze procedurali vengano monitorate e verificate continuamente (con una ricaduta anche in termini psicologici). Questo, soprattutto nei casi non gravi, permette all’allievo di:

‐ costruire ininterrottamente strategie personali in grado di renderlo sempre più autonomo da un supporto esterno

‐ accedere direttamente al codice scritto e quindi sviluppare il lessico mentale in modo da sostenere anche le strategie lessicali (dirette) di decodifica/codifica

‐ entrare in contatto con le informazioni scritte e con i loro significati

3. Le tecniche adottate per promuovere la partecipazione e il sostegno didattico e motivazionale, coerentemente al paradigma socio-costruttivista dell’apprendimento, si esplicano attraverso pratiche cooperative e collaborative nelle quali gli alunni possono godere del sostegno di pari, della differenziazione dei ruoli, ma anche della condivisione di compiti e di materiali. Inoltre contribuiscono all’autenticità dell’interazione didattica in generale e della scrittura in particolare. Infatti la base sociocostruttivista su cui poggia l’impianto metodologico scelto promuove la scrittura come sistema di abilità e significati culturalmente organizzato, appreso in interazione con gli altri, e quindi sottolinea il carattere culturale, situato e interattivo della scrittura (Boscolo, 2002). In particolare le tecniche cooperative, applicate in un contesto psicopedagogico costruttivista di tipo socioculturale, contribuiscono a creare una comunità di pratica (Dolci, 2006: 63) dal momento che mirano a stabilire un sistema di interrelazioni tra gli alunni che partecipano a attività condivise e significative. Cisotto e il gruppo RDL (2015: 18-19), sottolineando come la scrittura sia elaborazione di conoscenza ma anche un evento comunicativo, richiamano i concetti di comunità di discorso e di genere di discorso. Si tratta di costrutti reciprocamente implicati, poiché un gruppo classe diventa comunità di discorso in quanto insegnanti e allievi condividono esperienze di apprendimento, idee, interessi e attività mediante strumenti discorsivi. La loro conoscenza risulta dunque una forma di cognizione situata che si sviluppa con la partecipazione alle pratiche di una comunità culturale. La costruzione e il mantenimento della comunità di pratica si basa su un processo dinamico e in continua evoluzione che legittima la partecipazione nella comunità a tutti i partecipanti. Ogni alunno, indipendentemente dalle sue conoscenze, competenze e abilità, nel momento in cui entra a far parte della comunità è legittimato a partecipare alle pratiche di conoscenza e di identità (Dolci, 2006: 64).

4. Il rispetto dei tempi di elaborazione delle informazioni e di produzione scritta è una condizione essenziale dell’accessibilità glottodidattica e della

 

motivazione. Ciò significa che alcuni alunni avranno bisogno di tempi più lunghi per le attività. La dilazione del tempo è considerato un elemento compensativo dalle Linee Guida sui DSA (Miur, 2011): mentre altri avranno bisogno di più attività nelle quali impegnarsi per mantenere alta la loro motivazione ad apprendere e non annoiarsi.

5. Il monitoraggio delle attività e soprattutto della capacità di problem solving, di adottare strategie in maniera autonoma, anche ricorrendo a strumenti compensativi, si accompagna a una valutazione di tipo essenzialmente formativa, non selettiva, con feedback ripetuti e interventi di supporto, di rinforzo e recupero. Questo, infatti, è conforme con gli obiettivi delle tecniche che mirano allo sviluppo dei processi piuttosto che alla realizzazione di prodotti (Balboni, 2006: 16). Inoltre la valutazione formativa può sviluppare negli alunni un comportamento orientato alla padronanza piuttosto che alla prestazione e agli obiettivi di apprendimento piuttosto che agli obiettivi di performance (Coppola, 2006: 123).

Momento conclusivo dell’interazione didattica di tipo dialogica è la riflessione sulle metodologie e tecniche proposte dall’insegnante e sulle strategie attuate dagli alunni. Da una parte è richiesto agli alunni di valutare sia le metodologie e tecniche di facilitazione di apprendimento della lingua adottate dall’insegnante, sia le tecniche relazionali promosse dall’insegnante per favorire la partecipazione e la comunicazione con i pari e con i docenti. Dall’altra è richiesto loro di esplicitare le strategie adottate e di autovalutarne l’efficacia. Questo momento per l’insegnante rappresenta un feedback del suo lavoro da tener presente nella progettazione di attività successive, ma rende attivo e partecipe del suo apprendimento anche l’alunno, realizzando la circolarità dell’interazione didattica dialogica.

2. Alunni con DSA e apprendimento delle lingue: le proposte