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IL POLO DELL’APPRENDENTE

6. L’apprendimento linguistico

6.2 I modelli cognit

Tra questi modelli di apprendimento si presentano quelli che hanno influenzato le ricerche della linguistica acquisizionale e quelli che hanno gettato le basi per una glottodidattica attenta alle fasi acquisizionali dell’interlingua.

La nozione di interlingua (Selinker, 1972) è stata proposta per designare un sistema linguistico a sé stante, dinamico, transitorio e creativo. Il termine può intendersi «tanto in senso sincronico, come il sistema posseduto da un apprendente in un certo momento, quanto in senso diacronico-evolutivo, come l’insieme dei sistemi transitori, degli stadi che si succedono nella competenza di un apprendente» (Chini, 2005: 27). L’interlingua non si configura come una varietà intermedia risultata dalle interferenze tra la lingua materna e la L2, bensì come una grammatica semplificata e rielaborata sulla base di principi e processi naturali e, almeno parzialmente, indipendente dall’input. Il continuum delle interlingue che si sviluppano in un individuo tende ad avvicinarsi alla varietà obiettivo (Berruto, 2015: 204- 205). Il concetto di interlingua viene ripreso agli inizi degli anni Ottanta da Pit Corder (1981) che la indica con il termine di competenza transitoria. Il rimando a Chomsky non è solo nell’idea di competence intesa come competenza linguistica, ma anche nella supposizione di un system-builder, cioè di un dispositivo di acquisizione interno responsabile della

 

costruzione dell’interlingua che opera sulla base dell’intake, cioè di una parte di input effettivamente elaborata dall’apprendente per costruire il suo sistema di L2 (Chini, 2005: 28). Con questa visione la dinamicità dell’interlingua viene arricchita e resa più complessa dai fattori soggettivi di selezione dell’input e creatività dell’output.

Lo sviluppo di una seconda lingua comporta dunque la ricostituzione del lessico e della grammatica della lingua di arrivo da parte di apprendenti che presentano caratteristiche individuali ma anche caratteristiche comuni a tutti gli apprendenti la stessa L2. Queste caratteristiche sono la base della formulazione di ordini e sequenze di acquisizione individuati nell’apprendimento di una L2 (Bernini, 2008: 35). Nonostante “ordine” e “sequenza” di acquisizione si trovino talvolta usati come sinonimi che sottolineano le fasi dinamiche dell’evoluzione delle varietà di apprendimento, questi termini si riferiscono a dimensioni diverse dello sviluppo linguistico. Gli ordini di acquisizione come quelli mostrati dai Morpheme Studies «mostrano il processo di apprendimento dal punto di vista del graduale accumulo di elementi della lingua di arrivo. L’interlingua si arricchisce di almeno una parte del nuovo paradigma fermo restando quelli già presenti» (Bernini, 2008: 35). Le sequenze di acquisizione mostrano invece «in che modo si acquisisce una caratteristica e sono istruttive riguardo ai processi di apprendimento, non solo ai suoi risultati, come nel caso degli ordini» (Bernini, 2008: 36).

Per quanto riguarda le tappe fondamentali dell’apprendimento della morfologia nominale e del sistema verbale dell’italiano come L2, sono state individuate dgli studi di linguistica acquisizionale portati avanti nell’ambito del cosiddetto Progetto di Pavia (Giacalone Ramat, 2003). Il quadro complessivo delineato per lo sviluppo della morfologia nominale nell’italiano L2 mostra tendenze individuabili, accanto a tracce del ruolo della L1 e della distanza tipologica fra l’italiano e la L1 (Chini, Ferraris, 2003: 64). Lo sviluppo del sistema morfologico nominale si svolge attraverso quattro fasi comuni: fase pragmatica (fonologica), lessicale, protomorfologica e morfosintattica.

Nella prima fase la scelta degli accordi non dipende da regole precise ma è organizzata secondo principi pragmatici che consentono di risalire al genere a partire dalla vocale finale di parola. In questo senso si creano delle regolarità fonologiche che simulano la declinazione morfologica. Nella successiva fase

lessicale compaiono le marche di numero e definitezza esplicitate attraverso forme lessicali, ancora non analizzate. Nella terza fase si comincia ad analizzare e a scomporre la parola e l’uso delle marche morfologiche diventa più regolare e fondato sulla flessione invece che sull’associazione con le vocali delle desinenze. Le categorie di numero e genere vengono assegnate stabilmente nella quarta fase, prima sugli articoli e poi sugli aggettivi interni al sintagma nominale e poi a quelli esterni e predicativi e al participio passato. Singoli errori o preferenze possono trovare giustificazione nel principio della marcatezza, in principi della morfologia naturale o in principi che coinvolgono la minore o maggiore complessità delle strutture (Chini, Ferraris, 2003: 67).

Anche il percorso di acquisizione del verbo comincia con il ricorso a mezzi non grammaticali che suppliscono alla morfologia del verbo, per poi proseguire con l’affermarsi di opposizioni di forme e funzioni. In italiano, un esempio di ordine di acquisizione elaborato per i tempi verbali è (Banfi, Bernini, 2003: 90): presente (e infinito) > (ausiliare) participio passato > imperfetto > futuro > condizionale > congiuntivo. In questo ordine di acquisizione si attua una progressiva “grammaticalizzazione” dell’interlingua attraverso l’apprendimento delle categorie di aspetto, tempo e modo.

L’altro modello che si ispira a principi psicolinguistici (Levelt, 1989) e cognitivi elaborato specificamente per lo sviluppo della L2 è la Teoria della Processabilità di Pienemann (1998), che costituisce la prima esemplificazione del contributo della linguistica acquisizionale all’insegnamento della L2. Questa teoria risulta interessante da un punto di vista glottodidattico per due motivi:

1. rende conto della variabilità dello sviluppo interlinguistico che richiama il ruolo della L1 nell’acquisizione della L2, dell’ambiente linguistico (le caratteristiche dell’input e la natura dell’interazione conversazionale), delle caratteristiche individuali (come i vari tipi di motivazione, l’età, gli atteggiamenti e gli stili cognitivi), e degli aspetti culturali (Bettoni, 2001: 116-164);

2. predice le sequenze delle strutture elaborabili e quindi apprendibili da un alunno a un certo stadio dello sviluppo linguistico e quindi risulta importante per le sue implicazioni didattiche relative alle sequenze

 

Dal punto di vista dell’insegnamento, dunque è importante capire quali strutture sono elaborabili rispetto a queste sequenze, per proporre interventi didattici più efficaci che possano agevolare e accelerare il passaggio da uno stadio all'altro della sequenza evolutiva naturale. Infatti, l'analisi delle interlingue diventa funzionale alla descrizione dei profili degli apprendenti e quindi utile all'insegnante che deve costruire il proprio intervento glottodidattico sulla base dei bisogni e delle caratteristiche di quegli apprendenti (Bosisio, 2012: 9). Non solo, ma nello studio delle interlingue, intese come sistemi autonomi, deve essere presa in considerazione anche la non separabilità della conoscenza lessicale dai sistemi di accesso al lessico, che possono essere di varia natura, ossia ortografica, fonologica, esperienziale ecc.; questo per poter meglio analizzare l’input che genera apprendimento (Bosisio, 2012: 92). Quest’ultima osservazione fa riflettere sulla natura degli input ambientali che, nel caso dell’apprendimento dell’italiano L2 da parte degli alunni di altre L1, richiede che si focalizzi il ruolo delle varietà utilizzate nelle comunicazioni extrascolastiche, mentre nel caso dell’insegnamento scolastico delle LS da parte degli alunni con DSA, richiede che si focalizzino i canali di insegnamento, in quanto, come detto precedentemente, possono incidere sull’apprendimento.