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IL POLO DELL’APPRENDENTE

3. Infine, i modelli interattivi descrivono la lettura come una combinazione

3.6 Come si apprende a scrivere

Nella fase alfabetica del processo di scrittura il bambino impara che il suono di una parola può essere scomposto in parti più piccole (dapprima le sillabe e poi i fonemi) e poi «associa le parole ai corrispondenti grafemi, quindi per «imparare a scrivere in modo autonomo occorre riconoscere che:

a) ciò che si rappresenta graficamente sono i fonemi

b) ciascun fonema è rappresentato da precise corrispondenze grafemiche».

«La capacità strumentale del leggere e dello scrivere si può raggiungere solo conquistando le due componenti della fase di sviluppo alfabetica» (Cornoldi, Tressoldi, 2000: 5).

Per i sistemi di scrittura meno trasparenti, come l’inglese o il francese, l’alunno dovrà memorizzare le eccezioni a questa regola generale. La fase ortografica «è una fase di perfezionamento e di economizzazione della fase alfabetica ed è

intermedia a quella lessicale. Essa serve sia per fissare le accezioni alla regola “un fonema = un grafema”, sia per rendere più veloce la scrittura delle parole operando con unità più complesse dei singoli grafemi come le sillabe o i morfemi (Cornoldi, Tressoldi, 5). Infine, la fase lessicale «permette [...] la scrittura diretta della parola senza passare attraverso una ricodificazione fonologica delle sue parti». È la parte più economica (Cornoldi, Tressoldi, 2000: 6).

Nonostante lettura e scrittura condividano la stessa successione di apprendimento, secondo il modello di Frith (1985) esse non avverrebbero in modo contemporaneo bensì in maniera asincrona, in quanto nella fase prescolare sarebbe possibile un riconoscimento globale della parola, cioè una codifica ma non una decodifica; nei primi tempi d’esposizione alla letto-scrittura (nella fase alfabetica) sarebbe invece la scrittura ad anticipare la lettura nella conversione fonema-grafema, mentre allo stadio successivo si avrebbe prima la decodifica dei gruppi grafemici in suoni che il processo contrario. In sostanza, qui i processi della scrittura si attiverebbero in “ritardo” rispetto alla decodifica (Bozzo e altri, 2000: 16).

Ai fini dell’insegnamento/apprendimento della codifica della lingua straniera o L2 scritta, questo è molto importante perché indica che ci sono dei tempi (sebbene non si possa parlare di sequenze) che devono essere rispettati in quanto corrispondono allo sviluppo naturale di certe strategie che non possono essere “forzate”.

STADIO LETTURA SCRITTURA

1 a logografico (simbolico) 1 b logografico logografico 2 a logografico alfabetico 2 b alfabetico alfabetico 3 a ortografico alfabetico 3 b ortografico ortografico

 

Secondo questo modello la dislessia/disgrafia come disturbo evolutivo viene inteso come persistente fallimento ad avanzare al gradino successivo nel normale processo di acquisizione. Il bambino può non riuscire a procedere dalla fase 1 alla 2 o dalla 2 alla 3, per cui sarebbe ragionevole dedurre che esistano diversi tipi di dislessia, a seconda della fase di arresto. Poiché non è possibile che il bambino abbia integre capacità di più alto livello quando le inferiori sono incomplete, e poiché comunque lo sviluppo del processo di apprendimento della letto-scrittura continua, si ipotizza che, dopo il punto di arresto nella sequenza normale, il bambino continui sviluppando strategie compensatorie (acquisite spontaneamente o insegnate), ovvero strategie che mimano quelle normalmente usate, ma che sono diverse nel modo in cui sorgono e in cui vengono utilizzate (Bozzo e altri, 2000: 17).

Da questo modello sono scaturite molte ricerche applicate ai disturbi della lettura interpretati come anomalie nella sequenza di sviluppo normale della procedura di lettura. I bambini che non riescono ad andare oltre la fase logografica vengono indicati come “dislessici fonologici”, perché non riescono ad accedere alla fase alfabetica; mentre i “dislessici superficiali” hanno sviluppato il processo di lettura solo fino alla fase alfabetica, ma perdurano nell’uso di procedure fonologiche perché non riescono ad accedere allo stadio ortografico. I dislessici fonologici presenterebbero deficit nel processamento fonologico e di memoria verbale di lavoro; deficit di memoria visiva e sequenziale sono stati descritti, invece, nei dislessici superficiali. Tuttavia, sebbene lettura e scrittura condividano molti processi, sicuramente i processi cognitivi della scrittura necessitano di essere analizzati più nel dettaglio. Vanno infatti distinti i processi alla base della scrittura intesa come dettato, come copiato e, infine, come elaborazione autonoma di un testo.

Nella scrittura intesa come dettato, la prima operazione consiste nell’analisi dell’input uditivo: per ogni parola l’analisi rintraccia i fonemi che la compongono. Se si tratta di una parola conosciuta e presente nel lessico mentale l’informazione fonologica accederà al lessico fonologico di input, e poi al sistema semantico concettuale dove viene compresa. Da qui viene inviata al lessico ortografico di output per essere scritta. Se si tratta di una non parola o di una parola sconosciuta,

Figura 3. Un modello dei processi cognitivi della scrittura, ripreso da Marini (2008: 128).

quindi non presente nel lessico mentale, per la sua scrittura deve essere attivato un sistema di conversione fonema-grafema.

Nella scrittura intesa come copiato la prima operazione consiste invece nell’analisi dell’input visivo, che permette l’identificazione dei grafemi che costituiscono la parola da scrivere. Nel caso di una parola conosciuta la sua rappresentazione ortografica entrerà nel lessico ortografico di input e poi accederà al sistema semantico-lessicale per essere compresa. Come per il dettato, da qui la rappresentazione astratta dei grafemi viene inviata al lessico ortografico di output

 

nelle rappresentazioni allografiche corrispondenti (cioè il modo in cui vengono tracciati i segni a seconda del carattere). Infine l’informazione passa ai sistemi motori per essere scritta.

Nel caso in cui la scrittura sia frutto della concettualizzazione di un messaggio, dopo aver avuto accesso alle informazioni semantiche corrispondenti, si passa direttamente al lessico ortografico di output per seguire poi le operazioni comuni ai due processi descritti sopra (Marini, 2008: 127-128).

Tuttavia, la teoria secondo cui la lettura procede per stadi ben definiti è stata confutata dall’ipotesi di un modello unitario di funzionamento (Seymour, Evans, 1994) che supera il modello a due vie e sottintende un sistema connessionista. Secondo questo modello, infatti, l’inefficienza nelle abilità fonologiche non impedisce al soggetto di raggiungere comunque un accesso alle strategie dirette di riconoscimento di molte parole (che solo il livello logografico non consente) (Bozzo e altri, 2000: 19), suggerendo che nello sviluppo del processo di letto- scrittura interagiscano tutte le conoscenze a disposizione del soggetto.

3.7 Il ruolo della memoria nell’apprendimento della letto-scrittura