Come definito dalla legge di conversione n. 164/14 l’ultimo periodo all’art. 24 in commento, definisce che tali riduzioni o esenzioni di tributi saranno concesse prioritariamente alle “comunità di cittadini costituite in
forme associative stabili e giuridicamente riconosciute”. Le
associazioni si configurano come i soggetti che possono interloquire con il baratto amministrativo e pertanto è importante delineare in questa sede che la figura delle associazioni e degli enti no profit ricopre un ruolo rilevante nell’ambito del terzo settore e della sussidiarietà orizzontale: si tratta infatti di organizzazioni essenziali per la coesione sociale e la buona vita delle comunità, che in molti casi rimpiazzano lo stato e le istituzione nella cura e valorizzazione dei beni comuni. Il terzo settore viene descritto come una importante espressione della società civile e anche a livello politico è auspicato e prospettato un suo ruolo sempre più rilevante nella costruzione delle politiche di welfare.
Nella disamina che segue si delineeranno le tappe essenziali che hanno segnato l’evoluzione e i diversi volti che ha assunto il terzo settore in Italia dagli anni settanta fino alla riforma del 6 giugno 2016 n.106, delineando al contempo le novità dei nuovi decreti attuativi del 2017 e le caratteristiche del Codice del terzo settore, con i possibili scenari futuri e prospettive che si possono riscontrare alla luce delle ultime novità normative.
195 Partendo dagli anni settanta, le organizzazioni di terzo
settore hanno saputo imprimere al welfare una forte pressione verso l’allargamento dei confini della cittadinanza sociale, fornendo risposte a gruppi sociali allora marginali o istituzionalmente non riconosciuti come i malati psichici, le persone in situazione di handicap o i tossicodipendenti. Il valore aggiunto del terzo settore era dato in questo periodo dalla capacità di lettura dei bisogni e dalla spinta innovatrice e riformatrice di assetti in parte obsoleti di politica sociale, incapaci di intervenire rispetto a bisogni e esigenze emergenti pur in presenza di una notevole disponibilità di risorse economiche e di spesa. Il terzo settore ha rappresentato, inoltre, una importante occasione di aggregazione umana e sociale per decine di migliaia di persone che hanno trovato nella condivisione di obiettivi solidaristici una motivazione per partecipare attivamente alla vita sociale e civile del paese e per coltivare e rigenerare capitale sociale e senso civico. In questa prima fase la prima traccia di un riconoscimento legislativo del ruolo svolto dai soggetti dell’autonomia sociale è da rivenire nell’introduzione di asili nido comunali, quali servizi sociali di interesse pubblico, finalizzati alla temporanea custodia dei bambini per facilitare l’accesso delle donne al lavoro. Purtroppo, però, con la crisi finanziaria dei primi anni novanta, la fase di espansione dell’interventismo pubblico in materia di welfare si è interrotta e l’affidamento di servizi al terzo settore è stato utilizzato come strumento per governare i processi di privatizzazione dall’alto e di razionalizzazione della spesa imposti dalle mutate condizioni della finanza pubblica. La funzione principale attribuita al terzo settore è diventata da questo periodo, quella di fattore di
196 contenimento dei costi e di flessibilizzazione della pubblica
amministrazione da realizzarsi attraverso il conferimento di obiettivi pubblicamente rilevanti e il finanziamento dei servizi tramite contratto158. Questo processo è avvenuto in uno scenario di progressiva riduzione della spesa sociale che ha avuto le ricadute maggiori a livello della finanza degli enti locali. Nonostante le incertezze, appena esposte, viene emanata la Legge n. 381/1991 che ha disciplinato “l’Impresa sociale” ed ha definito le Cooperative sociali come organizzazioni che hanno lo scopo di perseguire l’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini159.
Dalla fine degli anni novanta, l’attenzione ai costi e la valorizzazione della funzione di riduzione della spesa hanno caratterizzato in modo crescente lo scenario di regolazione dei rapporti tra pubbliche amministrazioni e organizzazioni di terzo settore in tutte le regioni italiane e in questa fase storica la pressione finanziaria sugli enti locali tende a enfatizzare in modo ulteriore questa dimensione, mentre sono poste in sottofondo caratteristiche “vocazionali” come la lettura dei bisogni, la dimensione densa delle relazioni sociali basate sulla condivisione di obiettivi solidaristici, la capacità di valorizzare il capitale sociale e offrire opportunità di partecipazione e aggregazione sociale per i cittadini e i gruppi sociali. È proprio gli inizi del 2000, però,
158 Luca Fazzi, Gli scenari di evoluzione del terzo settore in Italia, in
terzosettore.com, 2017.
159 La finanziaria 2007 ha previsto un aumento del Fondo sociale nazionale
portandolo dai 500 milioni del 2006 ai 900 del 2007 e l’istituzione di cinque nuovi fondi (per i servizi socioeducativi, per la famiglia, per la non autosufficienza, per gli immigrati e per le coppie giovani) per un ammontare complessivo pari a ulteriori 600 milioni di euro.
197 che si è registrato un significativo aumento dei livelli di
regolazione pubblici nel settore dei servizi sociali. Con l’approvazione della legge 328/2000160 e delle relative
normative regionali si è assistito a un cambiamento molto forte dell’atteggiamento degli enti pubblici nei confronti del terzo settore e ad un recupero della funzione regolativa degli enti locali e regionali che in passato era stato molto debole o in molti casi addirittura assente, lasciando spazio a un processo di esternalizzazione dei servizi caratterizzato da bassa programmazione e elevati livelli di discrezionalità politica. In questo contesto la legge n. 328/2000 ha confermato le innovazioni più significative già introdotte dalle leggi regionali attribuendo a Regioni, Province e, soprattutto, ai Comuni, ulteriori competenze nel campo dei servizi sociali. Contemporaneamente, però, sono stati individuati altri soggetti, come il Terzo settore e la famiglia, quali erogatori di interventi assistenziali, in un’ottica di sussidiarietà orizzontale, oltre che verticale, e di pluralismo, per dare piena attuazione all’art. 38 Cost, ossia al diritto “all’assistenza sociale e alla garanzia della libertà
dell’assistenza privata”161. In questo contesto appare
160 Legge quadro 328/2000 Realizzazione del sistema integrato di interventi e
servizi sociali: La legge n° 328 del 2000 –“Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali” ha ridefinito il profilo delle politiche sociali apportando tutta una serie di elementi di novità. Questa legge si colloca in un vuoto legislativo di oltre 110 anni in cui è mancata una regolamentazione organica dei servizi socio-assistenziali. Prima della 328, infatti, solo la Legge Crispi del 1890 aveva costituito la norma organica di riferimento per l’assistenza sociale. Tra le due norme numerosi sono stati i cambiamenti e le riforme ma solo con la legge del 2000 si è giunti alla creazione di un quadro normativo unitario valido per l’intero territorio nazionale.
161 Costituzione, Articolo 38 ,Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei
198 importante il ruolo dei soggetti del privato sociale,
individuati dalla legge come soggetti propulsori dell’aggregazione e miglioramento dei servizi sociali di tutto il paese.
È stata affermata la scelta verso un sistema integrato pubblico privato, in cui, da un lato, la responsabilità è rimessa ai soggetti istituzionali quali Enti locali, Regioni e Stato, e, dall’altro, è riconosciuta agli organismi della solidarietà organizzata non solo la facoltà di intervenire nell’erogazione delle prestazioni, ma anche quella della progettazione e programmazione degli interventi. Il riconoscimento del ruolo attivo dei soggetti del privato sociale, ha consentito di abbandonare la vecchia logica categoriale dell’assistenza e di affermare la prevalenza di un nuovo sistema di welfare mix fondato sulla stretta collaborazione tra settore pubblico e società civile nell’organizzazione della risposta ai bisogni sociali all’insegna dei principi di sussidiarietà orizzontale e di solidarietà. Nel 2002 ha preso avvio l’attività istituzionale dell’Agenzia per il Terzo Settore, che è stata un organismo governativo di diritto pubblico operante sotto la vigilanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri. In questi anni ha assunto sia compiti di vigilanza e controllo sull’operato dei soggetti di Terzo settore, sia di promozione e mediazione tra
lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria.
Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale.
Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato. L'assistenza privata è libera.
199 il settore non profit e gli altri attori politici, istituzionali
economici e sociali. L’Agenzia operava affinché, su tutto il territorio nazionale, fosse perseguita una “uniforme e
corretta osservanza della disciplina legislativa e regolamentare delle Onlus, attraverso l’esercizio dei poteri di indirizzo, promozione, vigilanza e controllo”. Fra le
principali attribuzioni si ritrovava anche la pronuncia di pareri vincolanti sulla devoluzione del patrimonio degli enti non profit; la formulazione di pareri su richiesta dell’Agenzia delle Entrate per l’eventuale cancellazione di Onlus dalla relativa anagrafe; la vigilanza sull’attività di sostegno a distanza, di raccolta fondi e di sollecitazione della fede pubblica; l’organizzazione di audizioni con i soggetti di Terzo settore; la cura e la raccolta di dati, la promozione di indagini conoscitive per favorire una migliore comprensione del variegato mondo del non profit italiano. A seguito dell’entrata in vigore del Decreto Legge n. 16/2012 l’Agenzia è stata soppressa e le sue funzioni trasferite al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali162.
Arrivando ai giorni d’oggi, la crescente attenzione verso nuove forme di cittadinanza attiva, sussidiarietà orizzontale e tutela dei beni comuni ha spinto il Legislatore, nel maggio 2014 a predisporre le Linee guida per la Riforma del Terzo settore formulando i criteri per una revisione organica della legislazione riguardante il volontariato, la cooperazione sociale, l'associazionismo non-profit, le fondazioni e le imprese sociali. In seguito, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente e del Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, nel corso della riunione del 10 luglio 2014,
162 Paola di Paolo, L’evoluzione storica del Terzo Settore: nascita e progressiva