• Non ci sono risultati.

Dopo aver analizzato il ruolo della Corte dei conti, compiti, controlli e funzione consultiva, bisogna affrontare il tema della “indisponibilità dell’obbligazione tributaria”. Pertanto di seguito verranno descritte le caratteristiche generali dell’obbligazione tributaria, tenendo conto che il principio di indisponibilità trova il suo fondamento nell’articolo 23 della Costituzione, inoltre si enunceranno alcune posizioni della Corte Costituzionale in merito al principio e si andrà ad analizzare il legame con l’articolo 53 della costituzione che si pone a presidio del suddetto. In conclusione verrà esaminata la posizione dell’istituto del baratto amministrativo ex art 24 D.L 133/2014 nei confronti del principio di indisponibilità del tributo.

L’obbligazione tributaria è un’obbligazione legale in quanto la sua disciplina è stabilita dalla legge ma, a differenza delle obbligazioni di diritto privato, nulla della disciplina dell’obbligazione tributaria può essere rimesso all’autonomia contrattuale105. Il fatto che le obbligazioni

105 Il rapporto che si instaura tra Amministrazione Finanziaria e contribuente è

da definirsi un vero e proprio rapporto di natura obbligatoria. Come noto, l’obbligazione è la relazione tra soggetti che si trovano in posizione giuridica soggettiva opposta: attiva e passiva. Nella fattispecie è ravvisabile una parte attiva (creditore) che è rappresentata dall’Amministrazione Finanziaria ed una parte passiva (debitore) ovvero il contribuente. All’obbligazione tributaria è chiaramente applicabile la disciplina privatistica delle obbligazioni e, dunque, tutti i principi che la governano: buona fede, leale collaborazione, correttezza, diligenza. Buona fede e correttezza riguardano entrambe le parti del rapporto obbligatorio; mentre la correttezza è riferibile principalmente alla parte attiva

119 tributarie siano qualcosa di diverso rispetto alle obbligazioni

di diritto comune è supportato proprio dal c.d. Principio

d’indisponibilità del tributo. In altre parole, l’Amministrazione finanziaria non può tramite accordi interni con i privati, rinunciare ai tributi che gli sono dovuti in base alla legge e una volta accertati i fatti ed applicate ad essi le norme, all’Amministrazione non restano spazi per privilegiare o sacrificare qualcuno degli interessi in conflitto. L’indisponibilità si riduce così a mero rispetto della disciplina legale dell’obbligazione d’imposta da parte dei funzionari fiscali. Gli uffici possono e devono solo dar vita ad atti tipici ai fini dello svolgimento dell’attività di accertamento106.

Fatta questa premessa generale è possibile affrontare il principio di indisponibilità dell’obbligazione tributaria partendo dall’art. 23 della Costituzione in cui trova il suo fondamento. L’art 23 dispone “nessuna prestazione

personale o patrimoniale può essere imposta se non in base

e la diligenza per lo più alla parte passiva. Il creditore deve comportarsi correttamente, così come il debitore è tenuto ad adempiere con la diligenza del buon padre di famiglia. L’obbligazione si considera estinta e, dunque, il debitore liberato, ogniqualvolta sia soddisfatto l’interesse del creditore. Il contribuente, altresì, si libera dall’obbligazione tributaria con l’adempimento della prestazione dovuta. L’adempimento deve essere esatto per soddisfare l’interesse creditorio e totale, salvo che il creditore accetti un adempimento parziale. Si osservi che detto principio trova il suo fondamento, anche, all’interno dell’articolo 49 del Regolamento di Contabilità di Stato, non a caso esso stabilisce che: “Nei contratti con lo Stato, non si può convenire alcuna esenzione da qualsiasi specie di tributi vigenti all’epoca della loro stipulazione”. Ovviamente è inutile precisare che il principio d’indisponibilità del tributo, ha un capo di operatività ben più esteso di quello inerente ai contratti pubblici

106 Cfr. Cantillo, Novità fiscali ’95: la conciliazione giudiziale, in il

120

alla legge” e disciplina una riserva di legge relativa, la quale

contiene il principio classico delle democrazie liberali di tutela della libertà e della proprietà dei singoli, nonché quel principio del “consenso al tributo” o dell’“auto imposizione”, altrimenti noto come “no taxation without

representation”. Tale disposizione indica che l’imposizione

di una prestazione può sussistere solamente in corrispondenza della previsione da parte della legge e solo in questo caso siamo di fronte ad una condizione di legalità tributaria. Tale norma pertanto racchiude il principio di

legalità in materia tributaria. La legge di cui si parla è la

legge ordinaria: ovvero atti definibili leggi secondo il criterio formale, cioè emanati dagli organi e con il procedimento previsti dalla Costituzione (art. 70-74 Cost.)107.

107 Circa il termine legge contenuto nell’art. 23, vi è concordia nel ritenere che,

con tale indicazione, si intende ogni atto normativo avente forza di legge, su

cui vi agisca il filtro parlamentare.

Per legge devono dunque intendersi: - Leggi in senso formale, approvate nel rispetto dell’iter ordinario, sostanziatesi nella proposta parlamentare o governativa, nell’esame del testo ad opera delle commissioni, e votazione in aula. In campo fiscale, in modo decisamente maggiore rispetto ad altri settori meno tecnici, generalmente l’approvazione avviene in seno alle commissioni parlamentari, in particolare commissioni finanze e tesoro della Camera e del Senato; le assemblee provvedono a ratificare l’operato delle commissioni stesse. Fra tali leggi sono ricomprese anche quelle di rango costituzionale. - Decreti legge, emanati dall’esecutivo in casi di necessità ed urgenza, che devono essere convertiti entro sessanta giorni dall’emanazione. In materia fiscale vi si ricorre frequentemente, con la motivazione che i lunghi tempi dell’iter di approvazione delle leggi potrebbero ingenerare manovre speculative: si pensi ad imposte che gravano su beni di largo consumo. L’immediata entrata in vigore del decreto legge impedisce gli accaparramenti, che altrimenti potrebbero accadere durante i tempi di approvazione della legge ordinaria. - Decreti legislativi, in cui l’intervento parlamentare sta a monte, in quanto il Parlamento approva una legge delega, che fissa principi e criteri

121 Il contenuto di tale principio dipende dal fatto che la legge

risponde alle esigenze di rappresentatività dei cittadini nel loro complesso, è espressione della volontà popolare e non della maggioranza in quanto è formulata dall’organo rappresentativo della collettività, il Parlamento, il quale tutela l’interesse generale, un interesse che rappresenta una sintesi ponderata degli interessi individuali e perciò anche di quelli appartenenti alle minoranze. Il principio di legalità sancito dall’art. 23 Cost. in materia tributaria, possiamo dire, ha una funzione garantista dell’interesse generale e pubblico.

Secondo l’art 23, quindi se la base dell’imposizione deve essere legislativa, occorre individuare quali aspetti della disciplina del tributo devono essere tassativamente previsti dalla legge e quali possono essere regolati con atti non legislativi ovvero (con atti regolamentari). La legge pertanto deve contenere quale contenuto minimo, gli elementi necessari per individuare il nuovo tributo: il presupposto di

direttivi, cui dovrà attenersi il governo nella redazione del testo, pur nel rispetto di notevoli margini di scelta politica per concretizzare le indicazioni contenute nella delega. In campo fiscale, con decreto legislativo sono redatti i cosiddetti testi unici, finalizzati a ordinare, unificare e razionalizzare disposizioni relative ad una medesima materia, spesso contraddittorie e collocate in testi diversi. - Anche la legge regionale è fonte di norme tributarie: rispetta la riserva di cui all’art. 23 Cost, disponendo nell’ambito dei limiti fissati da altre norme costituzionali, limiti ristretti per le regioni a statuto ordinario, più elastici per le regioni a statuto speciale. Dal punto di vista teorico, le regioni hanno potestà legislativa in materia fiscale, a seguito della riforma del Titolo V avvenuta con legge costituzionale 3 del 2001, che però non ha trovato ancora reale applicazione, disciplinando le reciproche competenze di Stato e Regioni; per le Regioni a statuto ordinario è richiesta una effettiva connessione tra l’introduzione di propri tributi ed i «principi fondamentali di coordinamento del sistema tributario», per cui occorre che la legge statale, provveda ad individuare preventivamente i principi di coordinamento del sistema tributario.

122 fatto, i soggetti passivi, i principi di determinazione delle

aliquote, le sanzioni108. Occorre specificare che la riserva di

legge non riguarda tutta la normativa tributaria ma appunto soltanto quelle norme che hanno ad oggetto la disciplina delle prestazioni imposte. Tra queste la riserva opera soltanto per le norme impositive in senso stretto, e cioè quelle che regolano l’an e il quantum della prestazione, mentre ne restano escluse: a) le norme che ridondano a vantaggio del contribuente, in quanto riconoscono ad organi del potere esecutivo la facoltà di accordare benefici, esenzioni, agevolazioni e simili; b) le norme in tema di accertamento e di riscossione. Quindi tale connotazione

“riserva di legge relativa” discende dalla fondamentale

considerazione per cui la legge, quale unica fonte atta alla produzione normativa, non debba contenere l’intera disciplina di un determinato tributo, ma debba piuttosto prevederne quantomeno gli elementi essenziali, potendo assegnare a fonti diverse dalla legge ordinaria l’integrazione degli aspetti secondari, fermi restando gli eventuali limiti posti alla discrezionalità della legge di rango inferiore nella fissazione di tali elementi.

La Corte Costituzionale, nell’interpretare nel dettaglio l’art. 23, si è soffermata su alcuni problemi esegetici direttamente derivanti dall’articolo, in primo luogo cosa debba intendersi per prestazione imposta. Passando ad analizzare le tipologie di prestazioni imposte, queste possono essere sia di natura personale che patrimoniale. La prestazione “imposta” si caratterizza per il suo carattere di “coattività”, cioè per essere imposta con un atto

108 Secondo la corte costituzionale l’art 23 è rispettato se la legge indica la

123 dell’autorità, senza che vi concorra la volontà dell’obbligato.

La prestazione imposta di natura patrimoniale, però, presenta un carattere di coattività più ampio del concetto tradizionale, in quanto conosce due diversi tipi di imposizioni: formale e sostanziale. Da una parte vi sono le prestazioni imposte in senso formale, vale a dire imposte con atto autoritativo, i cui effetti sono indipendenti dalla volontà del soggetto passivo (i tributi); dall’altra la prestazione patrimoniale imposta può scaturire anche da un’ “imposizione in senso sostanziale”, ossia nei casi in cui l’obbligazione, pur nascendo da un contratto, costituisca corrispettivo di un servizio pubblico che soddisfi un bisogno essenziale e sia reso in regime di monopolio109. L’articolo fa

riferimento a tutte le prestazioni personali e patrimoniali coattive; fra quelle personali si ricordano le prestazioni

109 Inoltre il concetto di prestazione personale imposta disciplinato all’articolo

23 è stato dibattuto a lungo dalla dottrina. In particolare la dottrina anteriore alla entrata in vigore della Costituzione, nell'ambito della teoria delle prestazioni dei privati alle pubbliche amministrazioni, aveva individuato la categoria delle "prestazioni di opere", distinguendola dalle “prestazioni tributarie”. Proprio lo sviluppo di questa teoria, fondando la contrapposizione tra prestazioni di beni e prestazioni di servizi, si è riflessa nella distinzione formulata dall'art. 23 Cost. tra prestazioni personali e patrimoniali. La dottrina più recente ha cercato di articolare la categoria delle prestazioni personali sostenendone l'identificabilità solo in quei casi in cui la prestazione implica lo svolgimento di un'attività suscettibile di valutazione economica nell'interesse di soggetti diversi dall'obbligato. Le prestazioni patrimoniali, invece secondo la dottrina, producono una decurtazione del patrimonio del privato e questa può discendere tanto dalla perdita di un diritto reale o di un credito, quanto dalla nascita di un’obbligazione avente ad oggetto anche beni diversi dal denaro, inoltre si tratta di quelle prestazioni che trovano espressa regolamentazione nella legge ordinaria. La prestazione imposta, dunque, si caratterizza per il suo carattere di coattività e autoritatività ossia per essere imposta con un atto dell’autorità senza che vi concorra la volontà dell’obbligato

124 obbligatorie di servizi pubblici e il tradizionale esempio del

servizio militare.

Secondo la Corte costituzionale tra le prestazioni patrimoniali occorre inserire ogni genere di prestazioni tributarie; qualche autore aveva in passato dubitato se dovessero, accanto alle imposte (tributi per eccellenza, il cui presupposto è un fatto posto in essere dal soggetto passivo non strettamente correlato ad un’attività dell’ente pubblico), essere ricomprese le tasse ( tributi il cui presupposto è un atto o un’attività pubblica, ossia l’emanazione di un provvedimento o la prestazione di un servizio pubblico, specificamente riguardanti il soggetto passivo). La dottrina che non ricomprendeva le tasse fra le prestazioni imposte giustificava la propria scelta con il fatto che le tasse scaturiscono da attività poste in essere volontariamente dal soggetto passivo, per ottenere un certo vantaggio (ad esempio, fruire di un servizio pubblico, ottenere un atto amministrativo o giudiziario). In ogni caso la Corte Costituzionale ha interpretato in senso ampio la nozione di prestazione imposta: con sentenze n. 70 del 1960, n. 2 del 1962 e n. 72 del 1969 ha ricompreso fra le prestazioni imposte non solo le tasse, ma anche tutte le prestazioni che abbiano un’origine contrattuale relative a servizi pubblici essenziali, quali, ad esempio, le tariffe telefoniche o elettriche, che, all’epoca dell’emanazione delle sentenze di riferimento erano in regime di monopolio.

Un altro articolo della carta costituzionale a presidio del principio di indisponibilità del tributo è l’art.53 della costituzione. La necessità collegata alla rapida riscossione dei tributi e la contestuale esigenza che il concorso alla spesa pubblica avvenga in maniera giusta, sono garantite dal

125 disposto dell’art. 53 comma 1° Cost., secondo il quale “tutti

sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”. L’articolo enuncia quello

che viene definito come principio di capacità contributiva che, nel sancire la doverosità della contribuzione da parte di ogni singolo cittadino, la ricollega a criteri reali ed effettivi, di volta in volta stabiliti dal legislatore, idonei a determinare l’adeguata misura in cui il singolo debba concorrere alla spesa pubblica. A tal proposito, nel principio in esame vengono tradizionalmente individuate due funzioni essenziali. In primo luogo, l’articolo già nel suo incipit sancisce la generalità del dovere di contribuzione, in quanto “tutti sono tenuti” al concorso alla spesa pubblica, esprimendo una funzione solidaristica che la giurisprudenza della stessa Corte Costituzionale non ha mancato di sottolineare110. In secondo luogo, nel disporre circa la misura

di tale contribuzione, il legislatore costituzionale ha espressamente previsto che essa avvenga “in ragione” di una concreta idoneità stabilita sulla base di indicatori di capacità contributiva111. In questa previsione si esplica una funzione

110 Un dovere di solidarietà che dev’essere necessariamente letto alla luce del

disposto dell’art. 2 della Costituzione, in cui è sancito l’adempimento “dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.

111 La Corte Costituzionale si è più volte pronunciata in tal senso; a titolo

esemplificativo si cita la Sent. 10 luglio 1975, n. 201, in Giurisprudenza Costituzionale, 1975, in cui la Corte ha nuovamente ribadito che “il principio di capacità contributiva di cui all’art. 53, sul piano garantistico costituzionale, deve essere inteso come espressione dell’esigenza che ogni prelievo tributario abbia causa giustificatrice in indici concretamente rivelatori di capacità contributiva”. Ulteriori pronunce in materia sono contenute nelle seguenti decisioni della Corte: Sent. 24 luglio 1972, n. 144, in Giurisprudenza Costituzionale, 1972; Sent. 29 dicembre 1972, n. 200, in Giurisprudenza Costituzionale, 1973; Sent. 7 luglio 1986, n. 178, in Giurisprudenza Costituzionale, 1986

126 garantista112 del principio di capacità contributiva, in virtù

del quale i contribuenti sono chiamati ad adempiere se ed in

quanto possa esser loro attribuita una effettiva forza economica, i cui criteri di determinazione sono affidati alla legge. In quest’ottica, il principio di capacità contributiva

costituisce altresì un limite oggettivo - funzionale posto al legislatore il quale, nella definizione di detti indici di capacità contributiva, deve garantire che il presupposto si ricolleghi a manifestazioni di ricchezza effettive ed attuali. Alla luce delle predette considerazioni, il principio di

indisponibilità non può prescindere dal profilo garantistico della norma, per il quale il legislatore, ed esso soltanto, è

titolare di una certa discrezionalità in ordine alla determinazione delle condizioni soggettive e oggettive cui commisurare la capacità contributiva. La riaffermazione

dell’esclusiva competenza della legge nella definizione della misura della contribuzione dei cittadini, pertanto, accentua

altresì l’impossibilità che a provvedervi sia

l’Amministrazione Finanziaria. Di conseguenza il principio

di indisponibilità del tributo ne esce inalterato.

Ai fini dell’interpretazione del baratto amministrativo, si deve richiamare il principio dell’indisponibilità dell’obbligazione tributaria, che risulta derogabile nel nostro ordinamento solo in forza di disposizioni di legge che, operando un bilanciamento tra differenti interessi,

112 Cfr. G. Falsitta, Corso istituzionale di diritto tributario, Padova, CEDAM,

2009, pag. 70-71, in cui la funziona garantista viene individuata sotto tre aspetti: a) capacità contributiva come presupposto, in quanto non può esservi contribuzione in totale difetto di capacità economica; b) capacità contributiva come parametro, cui deve essere commisurato il contributo del soggetto; c) capacità contributiva come limite quantitativo, essendo irragionevole concepire un’imposizione che ecceda la stessa capacità contributiva.

127 sacrificano gli interessi tutelati dai citati articoli 23 e 53 in

favore di altri interessi costituzionalmente garantiti di rango pari o superiore. Nel caso in esame la disposizione di legge sulla cui base i comuni possono deliberare l’esenzione e/o la riduzione di tributi comunali è costituita dai limiti ben circoscritti dell’articolo 24 D.l. 133/2014. La Corte dei conti infatti ribadisce l’importanza del principio di indisponibilità dell’obbligazione tributaria e dunque la necessità che le ipotesi di agevolazione fiscale debbano essere precedute da un’apposita delibera da parte dell’ente che decida di utilizzare il suddetto istituto. Si ritiene che il predetto atto, in base alla previsione contenuta nell’articolo 52 d.lgs. 446/1997 che attribuisce ai Comuni la potestà regolamentare per la disciplina dei tributi locali, debba rivestire la forma regolamentare. In ogni caso con il baratto amministrativo non si determina alcuna deroga al principio della “indisponibilità del credito tributario” ma si introduce una diversa modalità di adempimento dell’obbligazione stessa. Attualmente, anche i Comuni e le province in base all’art.119 comma 2 della Cost113 “stabiliscono e applicano

113 Art 119 Cost: I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni

hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa, nel rispetto dell'equilibrio dei relativi bilanci, e concorrono ad assicurare l'osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea. I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione [53 c.2] e secondo i princìpi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario.

Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio.

La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante.

128

tributi ed entrate proprie in armonia con la costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario”. Tra i citati principi rientra quello dell’indisponibilità dell’obbligazione tributaria da parte degli enti locali: a norma dell’art. 23 Cost., sussiste, infatti, una riserva di legge relativa in materia, che circoscrive fortemente l’ambito di intervento dell’ente locale. Infatti è sempre la legge a definire gli spazi di manovra di quest’ultimo. La presenza dell’art. 23 della Cost, infatti, finisce così per ridimensionare l’autonomia fiscale di Province, Comuni e città metropolitane. In ogni caso l’art 24 d.l 133/2014 quando stabilisce che l’oggetto dell’iniziativa può riguardare “la pulizia, la manutenzione, l’abbellimento

di aree verdi, piazze, strade ovvero interventi di decoro urbano, di recupero e riuso, con finalità di interesse generale, di aree e beni immobili inutilizzati, e in genere la valorizzazione di una limitata zona del territorio urbano o

Le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti consentono ai Comuni, alle Province, alle Città metropolitane e alle Regioni di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite.

Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni.

I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno un proprio patrimonio, attribuito secondo i princìpi generali determinati dalla legge dello Stato.

Possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese di investimento, con la contestuale definizione di piani di ammortamento e a condizione che per