• Non ci sono risultati.

Analisi dei titoli di testa di Casino (1995)

Nel documento Saul Bass: L'arte nei titoli di testa. (pagine 186-200)

3.4 La collaborazione con Martin Scorsese

3.4.3 Analisi dei titoli di testa di Casino (1995)

I titoli di testa di Casino (Casinò, 1995) sono allo stesso tempo un inizio, in quanto sequenza di apertura del film di Martin Scorsese, e un finale, in quanto ultimo atto di una carriera, quella di Saul Bass, che ha attraversato ben quarant'anni della storia del Cinema. Bass, infatti, morirà l'anno dopo la realizzazione di Casino, nel 1996.

Casino, a detta dello sceneggiatore

Nicholas Pileggi, non è l'ennesimo film hollywoodiano che tenta invano di catturare l'essenza di Las Vegas, ma esamina il complesso rapporto che lega la mafia e il denaro al gioco d'azzardo, presentando tutto come una discesa

294«They achieve a certain beauty that I had hoped for, and also a certain unease. There is a slightly sinister quality to the underlying impact of the opening credits, a sense of conflict right from the beginning. It has the essence of the film — the longing, the hidden passion. The audience sees a flower, some lace, and some scripts, yet it feels like something is going to happen — and that’s very delicate». M. Scorsese in Ibidem. (trad.mia)

Fig. 94: Fotogrammi tratti dalla pre title-

sequence di Casino (Casinò, Martin

verso l'inferno. Vediamo come questa metafora è ben visibile fin dai titoli di testa.

Dallo sfondo nero compaiono le prime scritte informative bianche riguardanti la casa di produzione. La musica è diegetica: si sentono i rumori del traffico e delle macchine. Due cartoni successivi ci informano che il film è adattato da una storia vera e che ci troviamo nel 1983. Quest'ultima scritta ha uno status ambiguo: facendo parte dei titoli di testa, è extradiegetica, fuori dalla narrazione, puramente informativa, ma indicando il contesto storico ci da informazioni non sul film in quanto prodotto, ma ci introduce nella finzione, ci avvisa che stiamo già per entrare nel mondo diegetico. Quella che segue la scritta 1983 è, infatti, una pre title-sequence295 (fig. 94), dopo la quale

inizieranno i veri e propri titoli di testa. La sequenza in questione ci mostra un totale su un ingresso di un casinò: un uomo in completo elegante, che poi scopriremo essere il protagonista, esce dalla porta e si avvia verso la sua macchina. La MdP lo segue con un movimento da sinistra verso destra e in sottofondo, attraverso una voce over, ascoltiamo i suoi pensieri. L'uomo

295 Vedi il paragrafo 1.1.

raggiunge l'automobile, si siede e appena gira la chiave per mettere in moto la macchina esplode. Con l'esplosione della macchina si da il via non solo ai titoli di testa ma anche alla loro colonna sonora: La Passione di S. Matteo di Bach.

Alle fiamme “reali” si sostituiscono quelle dei titoli di testa (fig. 95). Nel fuoco e nel fumo compare la sagoma di un uomo, presumibilmente il protagonista, che fluttua lentamente nello schermo, come se a seguito dell'esplosione il corpo fosse saltato in aria. Nel mentre, centrate e in sovrimpressione, compaiono le scritte bianche che ci informano sul regista e gli attori principali: A MARTIN SCORSE PICTURE, ROBERT DE NIRO e SHARON STONE. Sulla menzione della protagonista femminile, lo sfondo cambia: le fiamme si trasformano in luci al neon rosse che si illuminano a intermittenza, la sagoma continua a muoversi da un lato all'altro dello schermo, annegando in un mare di luci. Compare il nome del terzo attore principale JOE PESCI e le luci cambiano nuovamente roteando e simulando a rallentatore il movimento di una roulette. Dalla sinistra in basso dello schermo appare il titolo del film, CASINO, che si eleva verso l'alto seguendo una diagonale che tende alla destra dello schermo e lentamente scompare. In un turbinio di luci al neon che virano dal rosso al viola scorrono i nomi degli attori secondari. I colori delle insegne di Las Vegas diventano sempre più intensi: dalla prevalenza del rosso si passa a luci di varie cromie che si accendono e si spengono con un'intermittenza sempre più veloce, mentre in sovrimpressione appaiono i nomi delle diverse maestranze che hanno collaborato al film. Una volta scomparse le luci blu che fanno da sfondo alla scritta BASED ON THE BOOK BY NICHOLAS PILEGGI, compaiono sullo schermo luci rosse che formano una sorta di arco che ricorda la navata di una chiesa, dall'alto appare la sagoma fluttuante del protagonista che sembra cadere verso il basso mentre le luci scorrono verso l'alto con una velocità sempre maggiore. Il cartone in questione ci informa che la sceneggiatura è di

Pileggi e Scorsese.

Dal basso dello schermo nascono delle fiamme, la sagoma prosegue la sua discesa incessante fino a scomparire dal basso dello schermo e venire inghiottito dal fuoco.

Sulle fiamme sempre più alte che in un crescendo costante investono tutto lo sfondo, compaiono le scritte PRODUCED BY BARBARA DE FINA e DIRECT BY MARTIN SCORSESE. In dissolvenza incrociata il fuoco scompare e sul totale di un casinò vediamo un uomo di spalle, con uno zoom in avanti la Mdp si avvicina e nel mentre l'uomo si volta verso lo spettatore: è Sam “Asso” Rothstein (Robert De Niro).

Senza considerare, per ora, la sequenza precedente ai titoli di testa, questi ultimi si possono leggere distinguendo tre momenti fondamentali, gli stessi che possiamo poi ritrovare sviluppati e ampliati all'interno del film. La prima parte, successiva all'esplosione, rappresenta un'ascesa: quella di Sam Rothstein in quello che lui crede il paradiso, da quel purgatorio incredibile che è Las Vegas, rappresentato metaforicamente da luci e neon. La seconda parte è un intermezzo, è la storia che accade: è la Mafia, il denaro sporco, la donna fatale, è l'essenza della Las Vegas degli anni Settanta. Il terzo e ultimo momento è una discesa verso gli Inferi, verso le fiamme: è l'autodistruzione che prende il sopravvento, è la morte e la perdita (Sam non muore, ma la sua si può definire una «condanna a vita»296).

In questa tripartizione, la pre-title sequence, non solo ha il compito di instaurare nello spettatore una tensione maggiore, ma potenzia il significato dei titoli di testa creando un parallelismo tra le fiamme reali e diegetiche e quelle simboliche dei titoli di testa. «La decisione di avviare la sequenza dei titoli dopo un azione dal vivo, anche se non è una novità, migliora e integra la sequenza. L'esplosione ripresa da Scorsese è reale, ma la sua continuazione,

creata dai Bass, è simbolica»297. Secondo la Kirkham l'identificazione iniziale

dello spettatore con un personaggio permette di capire ulteriormente i lenti viaggi metaforici della sagoma del protagonista, andando oltre la mera osservazione.

La sequenza introduttiva diegetica, inoltre, è fuorviante e crea nel fruitore delle aspettative sbagliate: dopo aver visto De Niro esplodere con l'automobile, lo spettatore sarà convinto per tutta la durata del film di una morte che poi non avverrà, guarderà il film con un'attesa che non verrà soddisfatta: Scorsese compie un vero e proprio depistaggio dello spettatore dalla verità dei fatti. L'esplosione che vediamo all'inizio, infatti, non è la stessa che ci sarà verso la fine del film, ma è amplificata simbolicamente per entrare in quel mondo di distruzione che è la Las Vegas dei titoli di testa.

Saul Bass aveva già affrontato l'immaginario di Las Vegas in un lavoro precedente, i titoli di testa di Ocean's Eleven (Colpo Grosso, L. Milestone, 1960). Oscurata dal successo di Psyco dello stesso anno, la sequenza introduttiva di Ocean's Eleven si lega al tono leggero e da commedia del film: Bass utilizza un semplice motivo a puntini, tipico delle insegne di Las Vegas e delle scritte delle slot-machine per ricreare sotto gli occhi dello spettatore divertenti elementi grafici che rimandano al mondo del gioco d'azzardo. Come abbiamo già visto, le insegne luminose, il neon e i rimandi ai giochi son presenti anche nei titoli di testa di Casinò, ma questa volta vengono presentati in un modo totalmente nuovo. Pat Kirkham, nel suo articolo Bright Lights Big

City, dedicato esclusivamente a questo film, afferma che tale sequenza

rappresenta un reale cambiamento non solo all'interno della produzione bassiana, ma nell'intero modo di rappresentare Las Vegas da parte di fotografi, registi e designers.

297 «The decision not to start the title sequence until after some live action, while not new, both enhances and integrates the sequence. The explosion in Scorsese's shot is real but the Basses' continuation of it is symbolic». P. Kirkham, Bright lights big city, in “Sight and Sound”, n.1, Gennaio 1996, p. 13, trad. mia. (trad. mia)

«Lo straodinario immaginario delle luci di Las Vegas è diventato quasi ordinario, così frequentemente utilizzato da fotografi, artisti e designer, e sicuramente incontrato dai turisti, da quando Reyner Banham e altri scoprirono questo design "vernacolare" americano negli Usa. Per i Bass, la sfida era quella di mostrare di nuovo questo immaginario fatto di morte, e di farlo adeguatamente; aggirando il banale. Le lenti speciali rendono indefinite le immagini, in modo da frammentare l'oggetto fotografato che diventa “irriconoscibile”. Il risultato è un'esposizione straordinariamente versatile del loro talento, nella forma di un'astratta mitologia visiva di Las Vegas»298.

Bass riutilizza, sì, le luci e le insegne simbolo della città, ma lo fa in modo nuovo e senza cadere nella banalità. Le distorsioni, l'uso di lenti speciali per rendere le immagini poco precise, le scritte frammentate servono a rivoluzionare l'immaginario ludico da sempre legato a Las Vegas, rendendolo luogo di morte e di pulsioni negative.

Ritengo si possa parlare, inoltre, non solo di morte e di distruzione, ma anche di un aspetto sacrale: la stessa musica barocca, La passione secondo S. Matteo di Bach, è un chiaro riferimento alla sfera della religione e della sacralità e accentua il tono solenne della composizione. Come ho già accennato nella descrizione dei titoli, Las Vegas è vissuta dai protagonisti come luogo di culto, paradiso terrestre a cui ascendere che in realtà si rivela essere un vero e proprio inferno.

Lo stesso Bass ha ammesso di essersi ispirato per la realizzazione di questi titoli all'Inferno di Dante e di Hieronymus Bosch, cercando di dar forma a una metafora che rappresentasse il tradimento, la moralità perversa, l'avidità e,

298«The extraordinary imagery of the lights of Las Vegas has become almost ordinary, so frequently have they been used by photographers, artists and designers, and indeed encountered by tourists, since Reyner Banham and others discovered this American “vernacular” design in the US. For the Basses, the challenge was to show afresh imagery done to death, and to make it appropriate; to sidestep the banal. The speciale lenses de-particularised the images, so fragmenting the object photographed that it becomes “unrecognisable”. The result is a wonderfully versatile display of their talents, in the form, of an a abstract Las Vegas visual mythology». Ibidem, (Trad. mia).

infine, l'autodistruzione dei personaggi. È una falsa sacralità quella che si ricrea con le luci al neon che si susseguono: è un tempio vuoto, sconsacrato, senza più fede ne' compassione - l'unica traccia di fiducia sarà quella provata da Sam nei confronti di Ginger (Sharon Stone) ma si rivelerà essere vana, fasulla.

In realtà, Las Vegas è un «non luogo […], oasi nel deserto di sfavillati gabbie di vetro e neon, incarna la mancanza di radici e la sterilità di routine del crimine»299. Quello che Scorsese vuole rappresentare, e che Bass sintetizza in

circa tre minuti, altro non è che il dramma di un'organizzazione cattolica, la Mafia, «sconfitta dai codici laici dell'era tecnologica»300.

Per ricreare questo senso di modernità distruttiva Bass utilizza l'emblema per eccellenza di Las Vegas e, più in generale, della città contemporanea: le luci al neon. Nel 1950 le insegne luminose erano già entrate a far parte dell'immaginario urbano e, in America sopratutto, indicavano le vie dei divertimenti e dei locali. Nel 1946 nasceva il primo famoso casinò di Las

299S. Murri, Martin Scorsese...,pp. 123-124. 300Ivi, p.124.

Fig. 96: Lucio Fontana, Strutture al neon per la IX triennale di Milano, 1951, Museo del Novecento, Milano.

Vegas, e questi segni colorati divennero l'anima della città in mezzo al deserto del Nevada. «Las Vegas è l'unica città al mondo il cui orizzonte è fatto né di edifici...né di alberi...ma di segni. […] Las Vegas, le sue fantastiche sculture al neon di quindici piani, alti segni di visualizzazione...sono i nuovi punti di riferimento dell'America»301

L'espansione delle luci al neon in quegli anni fu notevole: alla metà del XX secolo, entrano a far parte dell'arte contemporanea, come simbolo della modernità che avanza. Negli anni Trenta uno dei primi teorizzatori che ipotizzò l'utilizzo delle insegne al neon nell'arte fu Mohly – Nagy (maestro di Kepes, di cui Bass, come sappiamo, fu allievo). Egli sostenne che le luci e le illuminazioni delle grandi città sarebbero presto diventate “campo di espressione” per numerosi artisti302. E così avvenne. La Light Art, ramo diretto

del Minimalismo e dell'Arte Concettuale, si diffuse a partire dagli anni Quaranta grazie anche alle ricerche e alle opere di Lucio Fontana, che nel 1951 realizza la prima opera interamente realizzata in neon: Strutture al neon

per la IX triennale di Milano (fig. 96).

La sacralità vuota del neon di Bass è la stessa che troviamo nelle opere di Dan Flavin, artista simbolo del tubo fluorescente. Le prime opere di Flavin, sono, a detta dello stesso artista, portatrici di significati spirituali e religiosi (vedi per esempio i quadri realizzati dal 1961 al 1963 che lui definisce “icone”, fig. 97), ma il suo modo di intendere la luce cambia nei lavori successivi, quando si avvicina al

301T. Wolfe, Las Vegas (What?) Las Vegas (Can't Hear you! Too Noisy) Las Vegas!!!, in “Esquire”, vol.LXI, n.2, febbraio 1964, p.97, trad it. in C. Giongo, Il Neon nell'Arte: i colori conquistano lo

spazio, http://www.massimocaiazzo.com/wp-content/uploads/2014/01/Costanza-Giongo-il-neon- nellarte.pdf , p.16.

302 C. Giongo, Il Neon nell'Arte..., http://www.massimocaiazzo.com/wp- content/uploads/2014/01/Costanza-Giongo-il-neon-nellarte.pdf , p.17.

costruttivismo di Tatlin – a cui dedicherà il suo ciclo di opere più importante,

Monuments to V. Tatlin – e all'opera di Frank Stella303. A chiunque volesse

trovare all'interno dei suoi neon una spiritualità religiosa, Flavin rispondeva definendo le sue icone mute, anonime e senza gloria, lontane dal concetto di eternità (le luci al neon hanno una durata limitata, vanno sostituite, così come verranno sostituiti i poteri forti all'interno del film). Il significato delle luci di Flavin è svuotato di ogni riferimento alla religione: «i miei tubi fluorescenti non si sono mai infiammati alla ricerca di un dio»304 (fig. 98).

Le luci di Bass, però, al contrario di quelle di Flavin, non sono mute, anzi urlano, e soprattutto di infiammano. L'importante colonna sonora, infatti, da voce alle luci delle insegne

distorte, creando

quell'effetto di falsa sacralità che abbiamo visto dinnanzi: è la ricerca di un dio minore, il dio denaro, il potere. Le fiamme infernali poi, invadono lo schermo e distruggono tutto ciò che era stato importante fino a quel momento: ritorneranno alla fine del film, nei crolli dei casinò demoliti dalle autorità, dopo di che nulla sarà come prima. È la stessa «vanificazione della materia» che, secondo Murri, «ricorda le esplosioni di Zabriskie Point di Antonioni»305.

I titoli di testa di Bass, inoltre, aventi lo scopo di simboleggiare la modernità

303 F. Poli, Minimalismo, Arte povera, Arte concettuale, Editori Laterza, Bari 1995, p.98.

304 F. Bonazzoli, Città al neon, Dan Flavin illumina Milano, Archivio del Corriere della Sera, ottobre 2004.

http://archiviostorico.corriere.it/2004/ottobre/20/CITTA_NEON_Dan_Flavin_illumina_co_7_0410 20034-shtml

305 S. Murri, Martin Scorsese..., p. 127.

Fig. 98: Dan Flavin, Untitled, intallazione nella chiesa di Santa Maria Annunciata in Chiesa Rossa, 1997.

opprimente di Las Vegas, uniscono la simbologia delle luci al neon con il concetto di dinamismo che si diffonde a partire dal Futurismo. I neon non sono fissi e rassicuranti, ma sono pervasi da un moto confusionario, diventano un vortice di modernità che inghiottisce i vecchi capi di una organizzazione mafiosa che si rivela inadatta a reggere il passo con i tempi. Per concludere, vorrei citare le parole usate da Murri per descrivere il finale del film, in cui è racchiuso tutto il senso dei titoli di testa:

«Nello sguardo ferino di Nicki che urla impotente di fronte al massacro del fratello a colpi di mazza da baseball, consumato dagli amici di sempre, c'è la crocifissione di un'era dello spirito: tutta la Mafia è seppellita in quel campo con le illusioni di invincibilità dei suoi laidi manovali. Il blasfemo giudizio universale si abbatte contro i “peccatori” [...]»306.

Gli ultimi titoli di testa realizzati da Bass si confermano come il perfetto epilogo di una carriera che, come vedremo nelle conclusioni, si è saputa evolvere negli anni, sempre in continuo dialogo con i diversi aspetti delle arti visive. Saul Bass è riuscito ad affermarsi con uno stile proprio che fa di lui un artista e un autore a tutto tondo, ma, allo stesso tempo, si è adattato all'opera dei registi con cui si è trovato a lavorare, spesso oscurando quelle che sono le caratteristiche principali della sua estetica in modo da mettere in luce il significato complessivo del film.

Cap. 4 Gli eredi di Saul Bass

Sul palcoscenico non potrà esserci l'intera battaglia ed è lì che interverrà l'immaginazione dello spettatore. Una parte per il tutto. I titoli di testa come indovinello di immagini la cui risoluzione spetta al pubblico.

Kyle Cooper

Quella che Saul Bass portò nel campo dei titoli di testa fu una vera e propria ventata di novità rispetto al metodo di lavoro di chi l'aveva preceduto. Egli rivoluzionò non solo l'aspetto estetico e visivo dei titoli, ma soprattutto la loro concezione, il loro ruolo: da semplice strumento informativo sulla realizzazione del prodotto-film a vera e propria introduzione funzionale alla diegesi, capace di preparare lo spettatore alla visione.

Molti sono i designers che, fin dalla fine degli anni Cinquanta, seguono gli insegnamenti di Saul Bass, sia realizzando sequenze introduttive che riprendono metaforicamente il tema del film, sia creando effetti grafici e visivi ispirati alle più famose creazioni bassiane. Uno dei primi a farsi strada nel campo del title design sarà Pablo Ferro, cubano naturalizzato statunitense. Iniziò la sua carriera con brevi film d'animazione,

Fig. 99: Pablo Ferro, fotogrammi tratti dai titoli di testa di

Dr. Strangelove or: How I Learned to Stop Worrying and Love the Bomb (Il dottor Stranamore - Ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba,

campo a cui si dedicherà fino al 1964, anno in cui realizza i titoli per Dr.

Strangelove or: How I Learned to Stop Worrying and Love the Bomb (Il dottor Stranamore - Ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba, Stanley Kubrick, 1964). Per questi titoli di testa (fig. 99) inventa un

espediente grafico che diventerà poi la sua peculiarità, le lettere scritte a mano, che ricorrono anche nei suoi lavori più recenti, come quelli realizzati in collaborazione con Jonathan Demme, Married to the Mob (Una vedova

allegra ma non troppo, 1988) e Philadelphia (Id., 1993). «Segni autografi,

questi lettering creano un effetto visivo caratteristico e inconfondibile, che enfatizza la componente umana del lavoro grafico»307.

Tra i lavori più famosi di Ferro ricordiamo i titoli di testa per The Addams

Family (La famiglia Addams, Barry Sonnenfeld, 1991) e Men in Black (id.,

Barry Sonnenfeld, 1997), in cui son presenti ancora le caratteristiche scritte a mano fini ed allungate; Betleejuice (Betleejuice – Spiritello porcello, Tim Burton, 1988) e Good Will Hunting (Will Hunting genio ribelle, Gus Van Sant, 1997), dove sperimenta tecniche differenti: nel secondo, in particolare, Ferro sceglie una costruzione visiva più metaforica, utilizzando i simboli della matematica come emblema del tema centrale del film.

Molto diversi dal punto di vista formale, i titoli di Saul Bass e Pablo Ferro

Nel documento Saul Bass: L'arte nei titoli di testa. (pagine 186-200)