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I titoli di testa prima di Saul Bass

Nel documento Saul Bass: L'arte nei titoli di testa. (pagine 34-43)

I titoli di testa possono essere considerati una costante della storia del cinema, nonostante il loro aspetto sia molto cambiato nel corso degli anni. Ai tempi del muto, infatti, il loro compito si limitava a introdurre il nome della casa di produzione e il titolo del film ed erano caratterizzati da uno schema semplice ed essenziale: solitamente scritte bianche su fondo nero (fig. 6). Con il crescere dell'industria cinematografica, negli anni Dieci del Novecento, i titoli di testa iniziano ad assumere una forma più complessa. Si diffonde l'idea di cinema come evento artistico e, di conseguenza, assumono importanza coloro che hanno partecipato alla realizzazione del film. In modo particolare gli attori e le attrici diventano volti molto noti al pubblico: inizia in questi anni a diffondersi il divismo, e la fama degli interpreti diviene di fondamentale importanza per attirare gli spettatori. Anche il nome del regista inizia ad acquisire importanza e a comparire nei titoli, ma ci vorrà ancora qualche anno perché gli venga affidato il posto d'onore nei titoli e nei cartelloni pubblicitari. La Veronesi sottolinea come, già nella seconda metà degli anni Dieci, i titoli di testa presentino al loro interno i seguenti elementi:

– Nome del produttore- presenta: – Attrice/Attore principale

– Titolo del film

– Soggetto di/Tratto da – Regia

– Didascalia che introduce le coordinate spazio-temporali dell'azione – Didascalie che introducono i personaggi principali alternate con le

inquadrature degli stessi nel contesto diegetico68.

Per la maggior parte dei film di questi anni, l'aspetto della sequenza dei titoli è ancora caratterizzato dalla semplicità del decennio precedente, magari

accompagnando le scritte con decorazioni ornamentali. Iniziano però a farsi avanti soluzioni originali e aspetti grafici particolari, molti dei quali diventeranno delle vere e proprie costanti nella produzione dei titoli di testa.

Una delle prime tipologie di titoli di testa che si diffonde nelle seconda metà degli anni Dieci consiste nell'inserire inquadrature del film in cui sono ritratti gli interpreti, accompagnandole da didascalie esplicative sul loro nome e ruolo. La Veronesi sottolinea la matrice teatrale di questa modalità di composizione, «che trova le sue radici nel teatro del Cinquecento e che ha come insigne capostipite il prologo della Clizia di Machiavelli, nel cui esordio l'autore chiamava in scena i suoi personaggi per una presentazione»69. Gli

esempi più famosi e originali si rifanno a due film diretti entrambi da Apfel e De Mille: in The Ghost Breaker (Oscar Apfel, Cecil B. De Mille, 1914) i personaggi principali sono presentati direttamente dal protagonista tramite una galleria di ritratti di antenati che in seguito al suo passaggio si trasformano negli interpreti in carne e ossa; in Cameo Kirby (Oscar Apfel, Cecil B. De Mille, 1914), invece, i personaggi emergono dalle carte da gioco che vengono scoperte una alla volta dal protagonista del film70.

Un'altra modalità di composizione che affonda le sue radici negli anni Dieci è quella che prevede la sovraimpressione delle scritte dei titoli sulle pagine di un libro, in modo da lasciar intendere la narratività del film, l'idea di raccontare una storia.

69 Ivi, p. 18. 70 Ivi, p. 19.

Fig. 6: Fotogrammi tratti dai titoli di testa di The Gold Rush (La febbre dell'oro, Charlie Chaplin, 1925).

Uno dei primi esempi di tale pratica è senza dubbio Intolerance (Id., David Wark Griffith, 1916), film innovativo sotto molti aspetti, che ha contribuito anche a creare un topos che farà fortuna nella storia dei titoli. Il film inizia con un cartone in cui vengono date tutte le informazioni principali riguardo a regista, titolo del film, sottotitolo e produttori; seguono una serie di scritte che ci informano sulla struttura narrativa del film e sui temi principali che verranno affrontati; dallo sfondo nero emerge la figura di una madre che culla il suo bambino, l'immagine si fa sempre più luminosa fino a riscomparire tramite una dissolvenza in nero. Compare in primo piano un libro chiuso con scritto sulla copertina Intolerance, una mano invisibile lo apre e sulle scritte diegetiche del libro compaiono in sovraimpressione delle altre scritte extradiegetiche che ci introducono nella finzione: questo stesso libro comparirà nel film molto spesso durante i cambi di episodio come per sottolineare la concatenazione del racconto71.

Ma è negli anni Venti che i titoli di testa assumono una valenza autonoma, diventando una vera e propria sequenza introduttiva. Uno dei maggiori contributi in questo senso arrivò dalle avanguardie artistiche che si svilupparono in Europa nel primo ventennio del Novecento: lo stile dell'Art Noveau, in particolare, fu utilizzato per le decorazioni di scritte e cornici. Ma si possono trovare influenze da tutti i movimenti avanguardistici – pensiamo all'espressionista (fig. 7) Das Cabinet des dr. Caligari (Il gabinetto del dotto

71 V.C. Re, Ai margini del testo..., p. 19.

Caligari, Robert Wiene, 1920) o ai diversi film futuristici come Stramilano

(Corrado D'Errico, 1929). Carlini, a tal proposito, ricorda un film della Paramount Picture in cui si possono riscontrare influenze dall'espressionismo,

Underworld (Le notti di Chicago, Josef Von Stenberg, 1927), i cui titoli

compaiono sopra il disegno di case e strade di una città72 (fig. 8). Il film è

importante, inoltre, perché per la prima volta all'interno dei titoli è presente il nome di colui che li ha realizzati, riconoscendo così il ruolo professionale di

title designer73.

Un'altra pratica che si diffonde negli anni Venti è quella di realizzare le scritte con lettering che si rifanno ai caratteri tipici dell'epoca in cui è ambientato il film74: una pratica che, come vedremo, Saul Bass utilizzerà spesso ma sempre

in maniera originale e mai scontata.

Tornando in Europa, inoltre, un ruolo centrale nella diffusione e creazione dei titoli di testa lo avrà il cinema anglossassone, dove Alfred Hitchcock sperimenta modalità interessanti per la realizzazione dei titoli dei suoi primi lavori. In Easy Virtue (Virtù Facile,1927) vediamo una sagoma nera su fondo

72 F. Carlini, Popcorn Time..., p. 70. 73 Ibidem.

74 M. Veronesi, Le soglie del film..., p. 19.

Fig. 8: Fotogramma tratto dai titoli di testa di

Underworld (Le notti di Chicago, Josef Von

Stenberg, 1927). Fig. 7: Fotogramma tratto dai titoli di testa di Das

Cabinet des dr. Caligari (Il gabinetto del dotto Caligari, Robert Wiene, 1920).

bianco: l'immagine non è chiara ed è di difficile interpretazione ma contribuisce a creare uno stato di inquietudine nello spettatore. In The Ring (id., 1927) al centro dei titoli vi è il tema principale del film: dall'alto vediamo un ring in cui si sta svolgendo un incontro di boxe. L'interesse di Hitchcock per i titoli di testa si manterrà costante per tutta la sua carriera, facendo di lui uno dei registi fondamentali per l'innovazione delle funzioni e dello stile delle sequenze introduttive. Prima di traferirsi negli Stati Uniti, prosegue la sua ricerca in quest'ambito per tutti gli anni Trenta: nel 1934 gira la versione inglese di The man who kneew too much (L'uomo che sapeva troppo) dove è presente uno dei primi esempi di pre-credits sequences, in cui vediamo una mano che sfoglia depliants turistici per poi fermarsi sulle immagini della Svizzera, luogo da cui partirà la storia; particolarmente interessante anche la soluzione ideata per Sabotage (Sabotaggio, 1937), il quale inizia con la definizione della parola "sabotaggio" estrapolata da un dizionario – espediente che Hitchcock riprenderà per il trailer di Vertigo (La donna che visse due

volte, 1958); nell'ultimo film del periodo inglese Jamaica Inn (La taverna della Giamaica, 1939), invece, leggiamo il titolo del film inciso su un'insegna

di legno, come scritta diegetica.

Tra gli anni Trenta e Quaranta si perfezionano e si diffondono molte delle modalità di composizione dei titoli di testa che troviamo ancora oggi nel cinema contemporaneo: pensiamo all'utilizzo della cartina geografica per identificare il luogo in cui si

svolge l'azione –

Fig. 9: fotogramma tratto dai titoli di testa di Casablanca (Id., Michael Curtiz, 1942).

Casablanca di Michael Curtiz del 1942 (fig. 9) - oppure all'utilizzo di sipari,

finestre e porte per sottolineare l'entrata nella finzione - La finestra sul cortile, sempre di Hitchcock, del 1954; ancora, la scelta di far apparire le scritte sovraimpresse su immagini importanti per lo sviluppo della narrazione – il quadro in Laura di Otto Preminger (Vertigine, 1944), il posacenere in The Big

Sleep (Il grande sonno, Howard Hawks, 1946); ma sopratutto, inizia a

comparire l'idea di simbolo, un marchio destinato a diventare l'emblema del film. «M (M, il mostro di Düsseldorf, Fritz Lang, 1931) rappresenta uno dei primi casi in cui il titolo del film diventa il suo stesso marchio (fig. 10), grazie alla grafica originale con cui è concepito e al decisivo ruolo narrativo che svolge [...]. Sullo sfondo dei titoli, che appaiono in sovraimpressione, oltre alla "M", si staglia l'ombra di un uomo proiettata su un muro, anticipazione dell'ombra del mostro del film»75. Saul Bass, per molti suoi lavori, riprenderà

questo concetto di logo filmico per realizzare veri e propri marchi che accompagneranno tutta la campagna pubblicitaria, e non solo i titoli di testa, dei film per cui son stati realizzati.

Soprattutto nel cinema europeo, invece, si diffonde in questi anni la pratica di sovraimporre le scritte informative sulle prime immagini diegetiche. I film del Neorealismo italiano, per

esempio, si distunguono per dei titoli dalle grafie molto semplici e sovraimpressi su immagini quasi documentaristiche – pensiamo ai credits della trilogia di Rossellini, Roma città aperta (1945), Paisà (1946) e

Germania anno zero (1947) e a

quelli di Riso amaro (Giuseppe

75 Ivi, p. 23.

Fig. 10: la "M" simbolo del film M (M, il mostro di

De Santis, 1949).

Torniamo negli Stati Uniti e notiamo come, nonostante questi siano gli anni delle grandi produzioni hollywoodiane (Studio System), dove molto spesso il produttore si assumeva la paternità dell'intero film, persino dei titoli di testa – l'esempio più famoso è quello di David Selznick, produttore di Gone with the

wind (Via col vento, Victor Fleming, 1939)76-, alcuni registi riescano a

distinguersi per la loro concezione innovativa di molti aspetti cinematografici, tra cui i titoli di testa. In particolare, oltre al già citato Hitchcock, si ricordano Orson Welles, Billy Wilder e Otto Preminger.

Nel 1941 esce Citizen Kane (Quarto Potere, 1941) di Welles, film destinato a rivoluzionare parte del linguaggio cinematografico: abbiamo già visto nel paragrafo precedente come sia caratterizzato dall'assenza di titoli di testa. L'elenco dei professionisti che hanno partecipato al film è spostato nei titoli di coda, dove il nome di Welles compare in una didascalia nell'elenco delle parti minori.

Un altro esempio importante della filmografia di Welles è quello relativo ai titoli di testa di Confidential Report (Rapporto confidenziale, 1955). Qui la voce fuori campo del regista ci informa sulle coordinate spazio-temporali della storia e sull'inquadratura di un aereo compaiono le prime scritte: il titolo del film e la dicitura "il cast in ordine di apparizione". Ogni attore viene presentato nel proprio ruolo, così come avveniva in molti film del cinema muto77.

«Welles [...] si fa portavoce, con questo tipo di sequenze titoli, del senso di appartenenza a un gruppo che lega l'autore ai suoi collaboratori (attori e tecnici), impegnati nello stesso progetto, il film. In questo senso, la passerella, finale o iniziale, dei protagonisti si può paragonare ad un album di famiglia, che raccoglie ritratti e ricordi di momenti passati»78.

76 F. Carlini, Popcorn Time..., p. 77. 77 M. Veronesi, Le soglie del film..., p. 22. 78 Ibidem.

Anche Billy Wilder mostra particolare attenzione alla sequenza dei titoli di testa. Pensiamo al noir Double Indemnity (La fiamma del peccato, 1944): le menzioni informative sono sovraimpresse su un'inquadratura fissa che ci mostra l'ombra di un uomo in stampelle che avanza verso lo spettatore fino a occupare tutto lo schermo. Il senso di inquietudine e di oppressione della storia è già tutto nei titoli di testa, accentuato dalla musica in crescendo.

Per il suo capolavoro Sunset Boulevard (Viale del tramonto, 1950) Wilder sceglie un'altra soluzione originale che rimanda alla funzione metacinematografica dei titoli di testa (fig. 11). Dopo il logo della Paramount

Picture vediamo un marciapiede al cui margine leggiamo una scritta diegetica: SUNSET BLVD. La scritta ha il compito di informare lo spettatore sia del titolo

del film che del luogo in cui inizia la diegesi, la famosa strada di Hollywood. Il resto delle menzioni informative, inoltre, presenta un lettering che riprende quello della scritta diegetica e sembra scorrere nell'asfalto, così come scorre la pellicola cinematografica. Anche in questo caso, ci troviamo di fronte a un'anticipazione dei temi principali affrontati dal film.

Un interesse per i titoli di testa, quello di Wilder, che lo porterà a essere uno dei primi registi, insieme a Otto Preminger, a collaborare con Saul Bass per la creazione di soluzioni originali e innovative.

Otto Preminger sarà, infatti, il primo ad affidare i titoli di testa e la campagna

Fig. 11: Fotogrammi tratti dai titoli di testa di Sunset Boulevard (Viale del tramonto, Billy Wilder, 1950).

pubblicitaria di un suo film a Saul Bass: è il 1954 e il film in questione è

Carmen Jones (Id., 1954).

Gli anni Cinquanta sono gli anni in cui l'attenzione per i titoli diviene maggiore, soprattutto a seguito del declino dello Studio System. Con la fine del secondo conflitto mondiale il sistema economico hollywoodiano entra in crisi e le grandi case di produzione non hanno più il controllo assoluto nella produzione dei film. I professionisti non sono più legati alle major ma iniziano a lavorare tramite contratti temporanei: diviene necessario, quindi, che il loro nome compaia all'interno dei titoli di testa, così da potersi affermare nel mondo cinematografico e trovare altri film a cui collaborare. La sequenza dei

credits si fa quindi più lunga e più complessa e ha bisogno di un'impostazione

grafica più dinamica, in modo da non annoiare lo spettatore ma coinvolgerlo e immergerlo nell'atmosfera del film. Ed è qui che entra in gioco il lavoro di Saul Bass, che analizzeremo nei successivi capitoli.

«La rivoluzione, il cambiamento che non avrebbe mai più permesso ai titoli di testa di essere considerati un inutile orpello, avviene con l'entrata nel mondo del cinema di Saul Bass»79.

Cap. 2 Saul Bass

È il modo in cui voglio vivere la mia vita. Voglio fare cose belle, anche se non interessano a nessuno.

Saul Bass

Nel documento Saul Bass: L'arte nei titoli di testa. (pagine 34-43)