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L’analisi del voto

Nel documento Toscana. Nuovi sfidanti in vecchi scenari (pagine 172-181)

Le elezioni regionali in Liguria hanno avuto un notevole risalto mediatico a livello nazionale per il tipo di offerta politica, inaspettata sino a qualche mese prima delle consultazioni, che ha reso incerto il risultato, il grado di tenuta del Pd locale - spaccato al suo interno - e, conseguentemente, il consenso al governo in carica e la capacità delle opposizioni di insidiare la solidità della coalizione di centrosinistra attraverso una ritrovata coesione dell’aggregazione di centrodestra.

Per quanto concerne i voti ai candidati, Toti ha distaccato Paita con ben 43.412 voti, ottenendo il 34,4% dei voti contro il 27,5% dell’avversaria del Pd. Ben posizionata con il 24,8% dei voti, la candidata Salvatore del M5s ha superato, a differenza degli altri candidati, i voti alla propria lista di 43.286 voti (tab.1).

I partiti di origine dei candidati presentavano una distribuzione di voti che ha visto ancora come primo partito in Liguria il Pd con il 25,6% dei voti, seguito dal M5s con il 22,3%, dalla LN che ha raddoppiato (20,2%), in termini percentuali, il consenso rispetto alle elezioni del 2010 e, infine, tra i partiti tradizionali, Forza Italia è scesa al 12,6%. In termini assoluti dal 2010 a oggi il Pd12 ha perso 73.310 voti e ben 141.537 rispetto alla formazione

                                                                                                                         

«Uniti nell’Ulivo» del 2005; la LN è passata dai 38.060 del 2005 ai 76.265 del 2010 per raggiungere il suo livello massimo con 109.203 nel 2015; Forza Italia ha perso 92.102 voti rispetto al 2005, mentre il Pdl si attestava nel 2010 con 218.398 voti; infine, il M5s si è affermato in maniera più strutturata rispetto alle altre consultazioni amministrative in Liguria (tab.2). Tab. 1. Consiglio regionale della Liguria (2015-2010): percentuale di voti ottenuti dalle liste regionali sul totale dei voti validi

2015 2010

Con Burlando la Liguria di tutti 52,1

Biasotti per la Liguria 47,9

Giovanni Toti Liguria 34,4

Lella Paita Presidente 27,8

Movimento 5 stelle Beppegrillo.it 24,8

Luca Pastorino 9,4

Liguria libera (Musso) 1,6

Partito comunista dei lavoratori (Piccardi) 0,7 Progetto Altra Liguria (Bruno) 0,7

Fratellanza donne (Batini) 0,3

Totale 100,0 100,0

Fonte: Ministero dell’Interno.

Più precisamente, come rileva l’analisi dell’Istituto Cattaneo (2015, 3): «a causa della crescita dell’astensionismo, i voti validi nel complesso sono passati da 10.273.489 a 7.372.975, con un calo di 2.900.514 voti, pari al - 39,3%. Possiamo quindi dire che il calo del 46,6% del Pd può essere attribuito per il 33,8% al calo generale della partecipazione e per il 12,8% a una perdita aggiuntiva di questo partito».

La performance del «dissidente» Pastorino si attesta al 9,4% dei voti, alimentando ancor di più la discussione sul fatto che «divisi si perde» e ponendo alcuni interrogativi su come strutturare meglio il risultato ottenuto dalla componente di sinistra in un’ottica nazionale.

Se ci limitiamo, infatti, al dato quantitativo la somma dei voti della coalizione di centrosinistra (Paita) e della componente di Pastorino supera di 18.532 voti quella di Toti del centrodestra sebbene la somma dei voti alle liste del centrosinistra sia inferiore di 36.142 voti rispetto a quella del centrodestra.

È opportuno, tuttavia, ricordare che le scelte degli elettori sono il risultato di diverse condizioni legate a dinamiche che possono coinvolgere l’immagine del candidato, così come l’appartenenza partitica, la qualità del                                                                                                                                                                                                                                                                                               40,4 punti; FI ha ottenuto 46,9 punti percentuali in meno, mentre la LN ha incrementato di 50 punti percentuali la sua performance.  

programma e il grado di apprendimento delle regole del gioco da parte degli elettori in una competizione che ha dimostrato di essere tendenzialmente bipolare e frammentata e, pertanto, indurre l’elettore a scegliere tra le due migliori offerte politiche.

Tab. 2. Consiglio regionale della Liguria (2010-2015): percentuale dei voti ottenuti dalle liste provinciali sul totale dei voti validi

2015 2010 Coalizione di centrosinistra Pd 25,6 28,3 Liguri 3,2 Liguria cambia 1,5 Idv 8,4 Fds 3,9 Udc 3,9

Noi con Burlando 3,7

Sel 2,5 Fed. Verdi 1,2 Lista Bertone 0,8 Totale coalizione 29,3 52,7 Coalizione di centrodestra LN 20,3 10,2 FI 12,7

Fratelli d’Italia-Alleanza nazionale 3,1

Area popolare 1,7

Pdl 29,3

Liste per Biasotti Presidente 6

La Destra 0,4 Nuovo Psi 0,3 Partito pensionati 0,4 Gente d’Italia 0,7 Totale coalizione 37,8 47,4 Altra coalizione Lista Pastorino 2,5 Rete a sinistra 4,1 Totale coalizione 6,6 Altre liste M5s 22,3 Liguria libera 1,5

Partito comunista dei lavoratori 0,6

Progetto Altra Liguria 0,7

Fratellanza donne 0,2

Totale 100,0 100,0

Affermare che senza la lista di Pastorino, la candidata del Pd avrebbe vinto le elezioni rischia di essere un commento superficiale che non tiene conto, ad esempio, anche dell’opzione «exit» ovvero l’astensionismo degli elettori di sinistra o, in generale, di chi non si sente rappresentato dall’offerta politica.

L’analisi della distribuzione dei voti per singola provincia ha presentato delle eccezionalità tra i vari schieramenti rispetto alla storia elettorale della regione e alle precedenti consultazioni. Da un lato, il centrodestra non è riuscito ad avere un risultato positivo nelle province di Genova e La Spezia, tradizionalmente zoccolo duro della sinistra ligure anche se a La Spezia, città d’origine di Paita, il centrodestra ha superato le altre coalizioni così come a Savona ed Imperia con un distacco di 11 e 16 punti percentuali, rispettivamente. Il Pd è il primo partito a Savona e La Spezia e, in seconda posizione a Genova, dopo il M5s, e a Imperia dopo la LN.

Tab. 3. Consiglio regionale della Liguria (2015-2010): numero dei seggi ottenuti dai partiti

2015 2010

Coalizione di centrodestra*

LN 5 3

FI 3

Fratelli d’Italia-Alleanza nazionale 1

Pdl 10

Liste per Biasotti Presidente 1

Biasotti per la Liguria 1

Giovanni Toti Liguria 6

Totale coalizione 15 15 Coalizione di centrosinistra Pd 7 10 Idv 3 Fds 1 Udc 1

Noi con Burlando 1

Sel 1

Lella Paita Presidente 1

Con Burlando la Liguria di tutti 8

Totale coalizione 8 25

Altre liste

M5s 6

Rete a sinistra 1

Totale 30 40

Fonte: Ministero dell’Interno.

*Non viene conteggiato il seggio riservato al Presidente della Giunta

Per quanto concerne il consenso ai candidati alla Presidenza nelle province liguri, Paita ha perso nella provincia di Genova dove si sono

affermati la candidata del M5s e Luca Pastorino, che ha ottenuto la maggioranza relativa a La Spezia, mentre Toti è stato il più votato a Genova, Savona ed Imperia. Ne consegue che la coalizione di centrosinistra non è riuscita ad affermarsi nella sua principale e tradizionale provincia di sinistra (Genova) e il centrodestra è riuscito a sfondare oltre le sue roccaforti ad ovest della Regione.

Come si evince dalla tab. 3, la composizione del Consiglio regionale ligure prevede 16 seggi alla coalizione di Toti (15 più quello riservato al Presidente), otto a quella di Paita, sei al M5s e uno alla Rete a Sinistra che ha sostenuto Pastorino: il dato più evidente e, nel medio periodo interessante per le evoluzioni che potrebbero verificarsi nell’equilibrio politico dell’assemblea, è che la maggioranza a sostegno di Toti ha un solo consigliere in più rispetto alle altre componenti all’opposizione13.

Queste elezioni sono anche state contraddistinte da un ulteriore aumento dell’astensionismo (tab. 4) che, negli ultimi dieci anni, è aumentato di venti punti percentuali, soprattutto nelle aree urbane e nella città di Genova e di Imperia.

Tab. 4. Partecipazione elettorale (2005-2015): valori percentuali

2005 2010 2015 Genova 69,4 59,9 50,9 Savona 72,1 63,7 52,7 Imperia 66,0 60,7 45,7 La Spezia 70,6 61,2 51,7 Totale Liguria 69,6 60,9 50,6

Fonte: Ministero dell’Interno.

Si tratta ormai di un trend negativo che ha caratterizzato le consultazioni amministrative di queste tornate elettorali che inducono a non considerare, come principale causa di una bassa partecipazione elettorale, la considerevole percentuale di anziani presenti in Liguria che hanno difficoltà a recarsi alle urne, bensì motivazioni anche di natura politica (su questo si veda anche il cap. 2).

                                                                                                                         

13 Inoltre, la commissione elettorale regionale non ha accolto l’istanza del neo

6. Conclusioni

Nel generale dibattito accademico si ritiene che il processo riformatore dell’istituzione regionale abbia determinato una situazione a geometria variabile sia per la natura dei rapporti tra gli organi interni, disciplinato dai singoli assetti statutari, sia per le forme di selezione e di rappresentanza della classe dirigente, che ha ormai comportato un regionalismo differenziato su cui i legislatori dovrebbero ulteriormente intervenire per migliorarne gli aspetti di razionalizzazione, volti a garantire una maggiore efficienza ed efficacia, anche in rapporto con le funzioni degli altri livelli locali. Molti studiosi rilevano il grado di frammentazione e settorialità delle leggi regionali che troppo spesso appaiono meri atti amministrativi rivestiti dalla forma della legge regionale e di difficile lettura per coloro che dovrebbero applicarla e coloro che ne sono i destinatari e fruitori, generando continui conflitti con la Corte costituzionale.

In tale quadro normativo, la pluralità delle leggi elettorali regionali pare abbia valorizzato il principio di governabilità attraverso il premio di maggioranza per garantire la stabilità della giunta regionale al netto della capacità, da parte degli attori coinvolti, di facilitare la strutturazione bipolare della competizione seppur in un sistema partitico frammentato a cui si è cercato di affiancare un sistema di compensazione di genere, alleanze e di territorio nella creazione della lista regionale.

Nel caso ligure, come abbiamo visto, l’applicazione della legge Tatarella, modificata dalla sentenza della Corte costituzionale, rischia di destabilizzare l’equilibrio tra i gruppi consiliari, vista l’esigua maggioranza (16 su 30 consiglieri) su cui la giunta di Toti potrà contare durante la legislatura. In tale situazione il M5s potrebbe costituire una forza pivotale ed esercitare un potenziale di ricatto per l’implementazione di specifiche politiche territoriali che gli consentirebbe di radicarsi ulteriormente e di proporsi come alternativa di governo nei prossimi appuntamenti elettorali locali.

Rispetto alle elezioni del 2005 dove si è verificata una prima differenziazione dell’offerta politica su base regionale e maggiore autonomia dalla politica nazionale, queste elezioni hanno riportato il locus della competizione su base nazionale, mettendo in secondo rilievo le questioni regionali, anche in virtù delle modalità della selezione dei candidati che, nel caso del centrodestra, è il risultato di un accordo nazionale.

La personalizzazione della politica è presente anche in questo contesto non solo nella formazione di liste civiche che fino alla legislatura precedente avevano avuto un ruolo decisivo per l’esito finale della competizione, ma anche nella figura del governatore, del «Sindaco della Regione», in un’ottica

di presidenzializzazione che ha costituito la vera novità del processo riformatore.

Ne consegue che la scelta del candidato alla presidenza può essere determinante, la fase più rilevante per il successo o la sconfitta dei partiti e della coalizione che vanno a comporre. Nel centrosinistra l’individuazione del candidato è stato attribuito al sistema democratico delle primarie, ma la successiva spaccatura ha ridimensionato l’apparente vantaggio iniziale della coalizione di centrosinistra. Si è passati dalla prevedibilità della vittoria del centrosinistra all’inaspettata e sorprendente rimonta della coalizione di centrodestra. Merito di quest’ultima è stata indubbiamente la strategia di approfittare di questo conflitto interno al Pd per presentarsi con un candidato che ha vinto nonostante non sia nato in Liguria e che, pochi giorni dopo la sua presentazione, è divenuto oggetto di scherno anche nei social network per avere affermato che la cittadina di Novi Ligure si trova in Liguria e non in Piemonte.

La competizione ligure, a differenza di quanto si possa pensare, ha dimostrato di essere fortemente suscettibile alle variabili politiche che costruiscono il contesto entro cui si delinea l’offerta politica, determinando esiti, talvolta, ritenuti improbabili, ma che hanno determinato l’alternanza al governo per ben tre volte in quindici anni.

Riferimenti bibliografici

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Biorcio, R. (2015) Gli attivisti del movimento 5 stelle. Dal web al territorio, Milano, Franco Angeli.

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Istituto Cattaneo (2015) Chi ha vinto chi ha perso e dove, http://www.cattaneo.org/images/comunicati_stampa/Analisi_Istituto_Cattaneo- Regionali_2015_Chi_ha_vinto_chi_ha_perso_e_dove_1_giugno_2015.pdf Lanzone, M.E. (2015) Il MoVimento Cinque Stelle. Il popolo di Grillo dal web al

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Morini, M. (2010), Liguria. Una nuova alleanza abbastanza (con)vincente, in B. Baldi e Tronconi, F. (a cura di), Le elezioni regionali del 2010.  Politica nazionale, territorio e specificità locale Bologna, Istituto Cattaneo, pp.113- 122.

Musella, F. (2009) Governi monocratici, Bologna, Il Mulino.

Paparo, A. (2015) Sette sistemi per sette regioni: le caratteristiche dei sistemi elettorali, in http://cise.luiss.it/cise/2015/05/31/regionali-2015-le-

Sabatini, L. (2015), Il MoVimento Cinque Stelle a Genova, in R. Biorcio (a cura di), Gli attivisti del movimento 5 stelle. Dal web al territorio, Milano, Franco Angeli.

8. Veneto. L’occasione mancata del centrosinistra

Nel documento Toscana. Nuovi sfidanti in vecchi scenari (pagine 172-181)