Le prime elezioni regionali che hanno determinato un’alternanza al governo – decretando la sconfitta del centrosinistra e l’affermazione del centrodestra con Forza Italia (FI) che diventa il primo partito in Liguria con il 27,3% del consenso elettorale, seguito dai Democratici di sinistra (Ds) al 26,2% – sono state quelle del 2000 in cui si ebbe la vittoria del candidato indipendente, Sandro Biasotti, imprenditore ed espressione della società civile che espugna la tradizionale roccaforte di sinistra e distanzia di circa 44.000 voti il candidato Giancarlo Mori, governatore in carica dal 1994.
Alle successive elezioni del 2005 i candidati alla presidenza della Regione furono tre: il presidente uscente Biasotti, l’ex Ministro del Governo Prodi, Claudio Burlando, per il centrosinistra, e Angelo Riccobaldi per Alternativa sociale, con un significativo aumento delle liste civiche in
3 Come statuisce la sentenza della Corte Costituzionale n. 188 del 2011 sul caso
pugliese, la fissazione in statuto del numero dei seggi rende inapplicabile la norma della legge Tatarella relativa ai seggi aggiuntivi.
entrambe le coalizioni. Queste elezioni determinarono il ritorno del centrosinistra alla guida della Regione con la lista Uniti nell’Ulivo che diventava primo partito con il 34,3% dei voti, seguito da FI che scendeva al 19,7%, mentre la lista civica di Biasotti riuscì a superare gli altri partiti tradizionali con l’8,7% dei consensi. Il successo personale della lista civica a sostegno di Biasotti confermava il ruolo significativo di questo tipo di liste (vedasi anche il cap. 1), volte ad armonizzare e regionalizzare l’offerta partitica (Di Virgilio 2007,142) e spesso costituite da personalità di prestigio, che hanno consentito di ottenere significativi risultati all’interno delle singole coalizioni, seppur in misura maggiore per il centrodestra in virtù dell’inserimento di ex amministratori locali, capaci di raccogliere i voti dei delusi del centrosinistra4.
A partire dal 2010 la struttura della competizione ha assunto un assetto bipolare con la riconferma dei candidati Burlando e Biasotti e un lieve calo della frammentazione infra-coalizionale, mentre il tasso di personalizzazione è rimasto ancora elevato poiché la lista regionale del candidato ha sempre ottenuto tra i 30mila e i 60mila voti in più rispetto al totale delle singole coalizioni – fermo restando che i candidati del 2010 hanno raccolto circa il 4,5% in meno di consenso rispetto alle precedenti consultazioni.
Il decennio 2005-2015 è stato contraddistinto dalla continuità amministrativa del governatore Burlando che, grazie anche all’alleanza con l’Unione di centro (Udc), passato dal centrodestra alla coalizione di centrosinistra nel 2010, promossa e intesa dal Partito democratico (Pd) a livello nazionale come un laboratorio politico, ha ridefinito e rafforzato, rispetto alla precedente legislatura, l’aggregazione politica all’interno dell’assemblea legislativa Quest’ultima rispecchiava la natura dei rapporti politici a livello nazionale, definita dalla contrapposizione bipolare Pd-Italia dei valori (Idv)-Sinistra e libertà (Sel)-Udc-Rifondazione comunista- Comunisti italiani-Sinistra europea vs Partito delle libertà (Pdl)-Lega Nord (Ln)-La Destra.
Le rivendicazioni dell’Udc e dell’Idv, alleati di Burlando, per la composizione della giunta nel 2010, hanno alimentato un acceso scontro politico che ha determinato il prolungamento dei tempi dell’insediamento della giunta e una distribuzione degli assessorati a 12 esponenti partitici, così suddivisi: sette membri del Pd, uno dell’Udc, due dell’Idv, uno del Partito dei comunisti italiani (Pdci), uno indipendente e uno della lista civica di
4 Questa strategia è stata applicata, soprattutto, nella competizione elettorale del
2010 attraverso la presenza dell’ex presidente della provincia di Savona del Pd, Marco Bertolotto e dall’ex consigliere regionale dell’amministrazione di Burlando (2005-2010), Fabio Broglia, passato nel 2009 all’opposizione in netto contrasto con
Burlando. Il programma di governo dell’ultima legislatura si è concentrato sul federalismo in materia portuale fiscale, sulla semplificazione delle procedure burocratiche, sul turismo eco-sostenibile e in particolare sul riuso delle risorse esistenti e con una significativa concentrazione di deleghe nelle mani del presidente della Liguria. Sono state di competenza del Pd le deleghe del bilancio, della formazione, dell’attività produttiva, delle infrastrutture e protezione civile, dell’ambiente e della caccia. Soprattutto, è stata riconfermata la delega alla sanità all’assessore uscente, Claudio Montaldo, che era stato attaccato politicamente per la gestione finanziaria di uno dei più importanti assessorati liguri. All’Udc sono state attribuite le politiche abitative; all’Idv la competenza in materia di politiche urbanistiche, sport e personale, mentre al Pdci la gestione del trasporto pubblico.
Complessivamente, il consiglio regionale del 2010 ha rinnovato la classe politica locale con l’elezione di 24 su 40 consiglieri al primo mandato, ha aumentato la rappresentanza femminile (da quattro a sei seggi), ha abbassato l’età media (11 consiglieri nati negli anni sessanta e 23 negli anni settanta) e nove consiglieri non sono nati in Liguria.
Comune, e negativo, denominatore per le sette regioni coinvolte in questa tornata elettorale concerne le azioni giudiziarie di peculato e falso ideologico che, nel caso ligure, hanno coinvolto 27 consiglieri, indagati per le «spese pazze», avvenute nel periodo 2010-2012, di tutti i gruppi consiliari e ha destabilizzato l’azione di governo regionale con il coinvolgimento di due assessori5.
Un discorso a parte riguarda il caso del Movimento 5 stelle (M5s) che alle elezioni del 2010 non ha presentato alcuna lista regionale, bensì ha avviato un confronto con il candidato del centrosinistra Burlando sul programma politico. Si sono dovute attendere le elezioni amministrative del comune di Genova del 2012 per verificare la capacità attrattiva del M5s nella città del suo fondatore, dove si è attestato al 14,1% dei voti, raddoppiando il consenso (32,1%) e diventando il primo partito in Liguria alle elezioni politiche dell’anno successivo, per poi scendere al 25,9% dei voti alle europee del 20146.
5 Tra i consiglieri che sono stati inquisiti, due ex consiglieri dell’Idv sono stati
condannati con rito abbreviato, mentre 11 nominativi si sono presentati in sei liste differenti alle elezioni del 2015: quattro in FI, due nella Lega Nord, due nel Pd e quattro in due liste civiche differenti.
6 Nella ricerca svolta da Lanzone si evince che il M5s ha cominciato a presentare i
propri candidati negli enti locali nel 2008 con l’elezione di sette consiglieri comunali, mentre per il livello regionale gli esponenti sono presenti in 11 regioni su 20, fatta eccezione per i casi del Piemonte e dell’Emilia Romagna dove i contrasti con la leadership nazionale hanno comportato l’uscita dal gruppo consiliare e l’espulsione degli eletti dal Movimento (2015, 111-113).
Come rileva Luca Sabatini nella sua analisi del M5s a Genova: «il Movimento ha avuto la capacità di competere (e a volte sostituire) il Partito Democratico, operando sul territorio in maniera estesa e capillare, raggiungendo luoghi e persone che quest’ultimo, per la costante contrazione di attivisti, aveva oramai abbandonato (2015, 77)».
Le elezioni regionali del 2015 costituiscono, pertanto, un’occasione empirica per analizzare compiutamente il grado di penetrazione territoriale del Movimento e la capacità di erosione di voti al Pd, e per comprendere l’intensità della sua affermazione anche rispetto all’offerta politica del raggruppamento di centrodestra.