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La partecipazione alle primarie regional

Nel documento Toscana. Nuovi sfidanti in vecchi scenari (pagine 135-142)

Il livello di partecipazione ad una qualunque competizione elettorale è spesso interpretato come una misura del sua grado di legittimazione. Se così è, si comprende facilmente perché il dibattito giornalistico sulle primarie concentri buona parte della sua attenzione proprio sul numero di selettori che ad esse prendono parte. Benché siano sulla scena italiana da ormai dieci an- ni, le primarie, anche a causa della loro natura privata – cioè, non regolata pubblicamente – e asimmetrica – ovvero, tipica di una sola parte politica –, faticano a farsi accettare come elemento costitutivo del gioco democratico del nostro paese. Ad ogni occasione debbono dimostrare di essere apprezza- te, utili e, addirittura, di non avere nessuno dei difetti (a cominciare dal voto di scambio) che invece pare possano permettersi le elezioni generali.

La partecipazione alle primarie, dunque, è un tema importante e degno di essere approfondito con il massimo dell’accuratezza metodologica. Pro- prio le questioni di metodo, infatti, assumono una rilevanza cruciale per chiunque voglia trattare la partecipazione alle primarie andando al di là del semplice numero dei votanti. Questo tipo di competizione presenta alcune difficoltà nella identificazione del bacino dei potenziali selettori. Com’è no- to, l’analisi dei livelli di partecipazione si basa su valori percentuali derivanti dal rapporto tra il numero dei votanti e quello degli aventi diritto al voto. Nel caso delle primarie, tale procedura, per quanto perfettamente possibile, appa- re ampiamente inadeguata. Come abbiamo anticipato, si tratta di elezioni asimmetriche. Ciò induce ad ipotizzare che le primarie siano «appetibili» so- prattutto per i simpatizzanti dei partiti che le promuovono. È necessario dun- que risolvere l’annoso «problema del denominatore» (Venturino 2007), cioè di individuare correttamente il bacino dei potenziali partecipanti. Trattandosi di primarie regionali, la soluzione più opportuna sembra consistere nell’impiego dei voti ottenuti alle successive elezioni regionali dal vincitore delle primarie. L’utilizzo delle elezioni successive alle primarie in luogo di quelle precedenti dipende dal fatto che, in quanto appartenenti ad un diverso ciclo politico-elettorale, il ricorso alle seconde potrebbe produrre un tasso di partecipazione ancorato ad un contesto politico profondamente mutato.

Tab. 1. La partecipazione alle primarie per le elezioni regionali 2015 Regione Data primarie Partecipazione (valori assoluti) Voti al candidato presidente alle regionali successive Tasso di partecipazione (%) Liguria 11/01/2015 55.150 183.272 30,1 Marche 01/03/2015 43.592 251.050 17,4 Puglia 30/11/2014 135.336 793.831 17,0 Campania 01/03/2015 164.537 987.651 16,7 Veneto 30/11/2014 39.770 503.147 7,9 Media 17,8

Nota: nel caso Campania 2015 il dato della terza colonna indica i voti validi. Fonte: Elaborazione propria.

La tab. 1 mostra, innanzitutto, come il tasso di partecipazione vari tra il 30,1% della Liguria e il 7,9% del Veneto. Tra questi due estremi, troviamo tre casi molto vicini al dato medio: il 17,4% delle Marche, il 17% della Pu- glia e, infine, il 16,7% della Campania. Una corretta interpretazione di questi valori non può che dipendere dai livelli di partecipazione fatti registrare dalle altre 12 primarie regionali organizzate dal centrosinistra a partire dal 2005. A questo proposito, vale la pena sottolineare che le primarie regionali prece- denti fecero registrare un tasso di partecipazione medio pari al 19%: un dato di poco superiore al 17,8% delle cinque primarie in esame. Il dato medio, dunque, indica solo una lievissima diminuzione, dalla quale non si può de- sumere granché. Peraltro, raggruppando i tassi di partecipazione in base all’anno in cui si sono svolte le primarie si mostra che nessuna tendenza è chiaramente rintracciabile (C&LS 2015).

Posto che, in termini comparati, l’ultimo ciclo di primarie regionali non presenta particolarità significative sotto il profilo della partecipazione, ciò che in questa sede rileva maggiormente sono le ragioni alla base dei tassi ap- pena presentati. Tuttavia, prima di mostrare alcuni tentativi di spiegazione, è opportuno approfondire l’analisi territoriale della partecipazione, guardando ai dati su base provinciale.

Tab. 2. Tasso di partecipazione per provincia

Provincia Regione Numero di

selettori Tasso di partecipazione La Spezia Liguria 14.422 46,2 Benevento Campania 14.311 32,4 Savona Liguria 11.321 30,6

Ascoli Piceno Marche 9.436 28,6

Genova Liguria 23.732 26,0 Imperia Liguria 5.499 23,6 Lecce Puglia 40.009 23,4 Salerno Campania 55.677 20,6 Macerata Marche 9.371 20,4 Pasaro-Urbino Marche 12.238 19,4 Foggia Puglia 23.095 18,3 Brindisi Puglia 13.200 16,1 Bari Puglia 35.942 15,5 Avellino Campania 14.397 14,9 Napoli Campania 61.962 14,3 Fermo Marche 3.803 13,9 Barl.-Andria-Trani Puglia 10.233 12,9 Caserta Campania 18.190 12,5 Taranto Puglia 12.857 12,4 Ancona Marche 8.744 10,7 Treviso Veneto 8.159 10,1 Rovigo Veneto 2.808 8,7 Padova Veneto 8.578 8,6 Vicenza Veneto 6.676 8,3 Venezia Veneto 7.901 7,8 Belluno Veneto 1.636 6,7 Verona Veneto 4.012 4,8

Nota: nel caso delle province campane il dato della terza colonna indica i voti validi. Fonte: nostra elaborazione su dati ufficiali.

Osservando la tab. 2 emerge, in primo luogo, come le province di La Spezia e Verona rappresentino i due casi estremi, con tassi di partecipazione pari rispettivamente al 46,2% e al 4,8%. Ciò conferma l’impressione emersa dall’analisi regionale: la partecipazione alle primarie presenta una variabilità amplissima, molto più consistente di quella che caratterizza le elezioni gene- rali. Osservando la variazione del tasso di partecipazione all’interno delle di- verse regioni, emergono due casi limite, che corrispondono alle due regioni

con il più alto e il più basso livello di partecipazione: la Liguria (30,1%) e il Veneto (7,9%). L’attrattività delle primarie liguri non è stata omogenea lun- go il territorio regionale. Ne è prova il fatto che lo scarto tra il tasso della provincia più partecipativa (La Spezia) e il tasso della provincia meno pro- pensa a recarsi alle urne (Imperia, con il 23,6%) è uguale a poco meno di 23 punti percentuali. Ad ulteriore conferma, vale la pena segnalare che la devia- zione standard dei tassi delle province liguri è pari a 10,2: il valore più eleva- to in assoluto. Viceversa, i tassi di partecipazione delle province del Veneto sono poco eterogenei. Stavolta, la distanza tra il tasso della provincia più partecipativa (Treviso, con il 10,1%) e quello della provincia meno attiva (Verona, con il 4,8%) è di appena 5 punti percentuali. In questo caso, la de- viazione standard si ferma a 1,7. Più in generale, l’analisi dei dati rivela niti- damente una tendenza priva di eccezioni: minore è il tasso di partecipazione di una regione, minore è la variabilità – misurata dalla deviazione standard – dei tassi delle sue province.

Provando ad andare oltre la mera descrizione, possiamo utilmente pren- dere in considerazione tre variabili esplicative: la capacità ricettiva dei seggi, il livello di capitale sociale, l’insediamento (elettorale ed organizzativo) del Pd. Ciascun fattore esplicativo sarà esaminato valutando se, a livello provin- ciale, sussista una qualche correlazione con il tasso di partecipazione alle primarie.

Per ciascuna delle variabili esplicative considerate, possiamo formulare una semplice ipotesi. Per ora ci limitiamo ad elencarle. Prima: è ipotizzabile che il tasso di partecipazione aumenti all’aumentare della capacità ricettiva dei seggi4. Seconda: ci aspettiamo che il tasso di partecipazione sia maggiore

nelle province a maggiore capitale sociale. Terza ipotesi: l’insediamento, sia elettorale che organizzativo, del Pd è positivamente correlato con la parteci- pazione.

L’idea che la diffusione delle postazioni elettorali induca una maggiore partecipazione elettorale non è certo nuova. Se volessimo individuare dei ri- ferimenti, potremmo utilmente richiamare Anthony Downs (1957) oppure William Riker e Peter Ordeshook (1968), e le rispettive formulazioni del concetto di cost of voting. Naturalmente, la ragione per la quale un’elevata capacità ricettiva dei seggi dovrebbe accrescere il tasso di partecipazione ri- siede esattamente nel suo contributo alla riduzione del costo individuale del voto.

                                                                                                                         

4 Si tratta del rapporto tra il numero di postazioni elettorali presenti in ogni provincia

Fonte: nostra elaborazione su dati ufficiali.

Fig. 1. Correlazione tra il tasso di partecipazione e la capacità ricettiva dei seggi nelle province (n = 27)

La fig. 1 mostra come questa ipotesi riceva conferma. Tra le due varia- bili sussiste una correlazione positiva, piuttosto robusta e statisticamente si- gnificativa (r = 0,54; p < 0,01). Si tratta, peraltro, di un trend già registrato in altri studi (Pasquino e Venturino 2009; Pala e Rombi 2014).

La seconda variabile presa in esame è il capitale sociale. In termini ge- nerali, la partecipazione elettorale è considerata a tutti gli effetti un indicato- re di capitale sociale (Cartocci 2012); in qualche misura, dunque, la relazio- ne tra le due variabili potrebbe essere tautologica. Tuttavia, vale la pena esaminare questa relazione per due ragioni. In primo luogo, l’indice di capi- tale sociale utilizzato non comprende solo la partecipazione alle elezioni po- litiche, ma anche la diffusione della stampa quotidiana, delle associazioni sportive e dei donatori di sangue (Cartocci 2007). Secondo, in questa sede intendiamo impiegare il capitale sociale come possibile variabile esplicativa della partecipazione alle primarie, ovvero di un particolare tipo di partecipa- zione elettorale che non fa parte della procedura di calcolo dell’indice. Alla luce dei dati, emerge tuttavia come la dotazione di capitale sociale non abbia giocato alcun ruolo rispetto al tasso di partecipazione delle primarie. Il coef-

ficiente di correlazione tra le due variabili, infatti, è vicinissimo allo zero e non ha alcuna significatività statistica.

Infine, vale la pena considerare l’insediamento territoriale dei partiti che hanno organizzato le primarie. È ragionevole, infatti, ritenere che nelle aree del paese in cui queste forze politiche godono di un ampio consenso elettora- le o di una più robusta struttura organizzativa, le elezioni primarie possano attrarre un numero più elevato di selettori. Prima di osservare i dati, definia- mo i partiti organizzatori come quelle forze politiche che presentano un pro- prio candidato alle primarie 2015. Se si esclude il dato relativo al caso pu- gliese5, l’insediamento elettorale degli organizzatori corrisponde nella so- stanza a quello del Pd6.

Fatta questa premessa di metodo, possiamo esaminare tre correlazioni. La prima considera la percentuale di voti ottenuta dai partiti organizzatori al- le politiche del 2013, la seconda invece guarda alle votazioni europee del 2014. I riscontri empirici indicano che il coefficiente di correlazione tra il tasso di partecipazione e il voto alle elezioni 2013 è positivo e statisticamen- te significativo (r = 0,43; p < 0,05). Al contrario, il voto alle europee del maggio 2014, pur essendo (debolmente) correlato con la partecipazione alle primarie, non ha alcuna significatività statistica.

Se, invece, prendiamo in considerazione il radicamento organizzativo del Partito democratico (fig. 2) – misurato come il rapporto tra il numero di iscritti e l’intero elettorato in ciascuna provincia7 –, ci accorgiamo che la cor-

relazione con il tasso di partecipazione è consistente e statisticamente signi-                                                                                                                          

5 Nel caso delle primarie pugliesi, infatti, l’insediamento elettorale dei partiti orga-

nizzatori, misurato in base ai voti ottenuti alle politiche 2013, è costituito dai voti ot- tenuti dal Pd e da Sel, un partito certamente più consistente rispetto a quelli che, in- sieme al Pd, hanno organizzato le primarie nelle altre regioni.    

6 Possiamo però essere più precisi. Nel caso campano considereremo l’insediamento

del solo Pd, il partito del candidato Marco Di Lello (Partito socialista italiano, Psi), infatti, sia alle politiche del 2013 sia alle europee del 2014 ha presentato i propri candidati nelle liste dei democratici. Nel caso ligure considereremo il Pd e il Centro Democratico (Cd). Per ciò che riguarda le europee del 2014 includeremo la coali- zione Scelta Europea, che comprendeva proprio il partito fondato da Bruno Tabacci. Nei casi delle Marche e del Veneto terremo conto del Pd e dell’Italia dei Valori (Idv). Per le politiche 2013 non potremo che guardare alla coalizione Rivoluzione Civile, della quale faceva parte l’Idv. Come anticipato, nel caso pugliese i partiti in- clusi nell’analisi saranno il Pd e Sel. Naturalmente, per le europee considereremo la coalizione L’Altra Europa con Tsipras, guidata proprio dal partito di Nichi Vendola. Per chiudere, va precisato che per Scelta Europea, Rivoluzione Civile e L’Altra Eu- ropa con Tsipras, le rispettive percentuali di voto sono divise per il numero dei parti- ti significativi che compongono la lista: tre nel primo e nel terzo caso, quattro nel secondo.

ficativa (r = 0,68; p < 0,01). Insomma, la partecipazione alle primarie regio- nali, oltreché dalla capacità ricettiva dei seggi, sembra essere dipesa dall’insediamento tradizionale – sia elettorale che organizzativo – del centro- sinistra8. Ciò lo si deduce dal fatto che la correlazione è positiva e significa-

tiva solo se si considera l’insediamento misurato con i voti ottenuti alle poli- tiche 2013. Viceversa, prendendo in considerazione i voti conseguiti alle eu- ropee 2014 non si riscontra alcuna relazione con i livelli di partecipazione al- le primarie regionali. Tra l’altro, questa duplice evidenza sembra contribuire ad indicare come il boom delle elezioni europee sia stato più effimero di quanto qualcuno sperasse (o temesse).

Fonte: nostra elaborazione su dati ufficiali.

Fig. 2. Correlazione tra il tasso di partecipazione alle primarie e il radicamento or- ganizzativo del Pd

                                                                                                                         

8 A causa di difficoltà nella reperibilità dei dati, l’insediamento organizzativo riguar-

Nel documento Toscana. Nuovi sfidanti in vecchi scenari (pagine 135-142)