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Analisi della legislazione e della normativa sublegislativa rilevante

4. Il recepimento della normativa internazionale ed europea in materia di RS

4.2. Analisi della legislazione e della normativa sublegislativa rilevante

Scendendo nel dettaglio, tra i principali interventi dello Stato italiano in tema di Responsabilità Sociale d'Impresa361 è opportuno menzionare il processo di adattamento dello

358Corte Costituzionale, sentenza n. 223 del 1982.

359Cfr. Paolo Ricci, L'art. 41 della Costituzione Italiana e la Responsabilità Sociale d'Impresa, Scritti in onore

di Vittorio Coda, 2010.

360Buonocuore, Etica degli affari e impresa etica, in Giurisprudenza Commerciale, 2004, p. 196. Per un punto di

vista diverso vedi anche Libertini, Impresa e finalità sociali. Riflessioni sulla teoria della responsabilità sociale

d'impresa, in Riv. Soc., 2009 e Da Ferra, La responsabilità sociale dell'impresa, in Riv. Soc., 2008.

361Si vedano i lavori dell'attuale Presidente del Consiglio Italiano. In particolare Giuseppe Conte (a cura di), La responsabilità sociale dell'impresa. Tra diritto, etica ed economia, Bari, Roma, Laterza 2008.

stesso alle normative U.E. che si sono occupate dell'argomento, tra cui il “Piano d'Azione

Nazionale sulla Responsabilità Sociale d'Impresa” per il periodo 2012-2014362 presentato dal

governo italiano, insieme al Ministero del Lavoro ed al Ministero dello Sviluppo Economico, sotto la pressione della Commissione europea, con lo scopo di descrivere le iniziative intraprese per conseguire la “Strategia rinnovata dell'UE per il periodo 2011-2014 in

materia di responsabilità sociale delle imprese”, elaborata dalla stessa Commissione363. Tale

iniziativa è stata seguita dall'elaborazione di un Piano d'Azione per gli anni 2016-2021, sul quale si ritornerà nel terzo capitolo, a proposito dell'analisi del caso concreto.

Ancora, tra gli interventi maggiormente di dettaglio dello Stato italiano sul tema in oggetto, è corretto annoverare il recente d.lgs. 452 del 2016364 pubblicato in ottemperanza della direttiva

europea 2014/95/UE: tale decreto prevede l'obbligo a carico dei cosiddetti “enti di interesse

pubblico”, ossia le imprese di dimensioni significative, di pubblicare nel registro delle

imprese competente ed alla fine di ogni periodo finanziario un rendiconto, anche consolidato, di tipo non finanziario, contenente ogni informazione riguardante il modello societario attinente al tema ambientale, ai diritti umani ed alle misure anticorruzione.

Il documento emesso dalle imprese deve dare atto di ogni misura intrapresa a tutela dei settori sensibili descritti e, nell'ipotesi in cui l'ente non adotti alcuna politica in tal senso, deve argomentare e motivare le ragioni di tale lacuna nel proprio modello di di gestione. L'apprezzabile novità, vertendosi comunque in tema di Responsabilità Sociale d'Impresa, è che il decreto prevede delle precise sanzioni nelle ipotesi di mancato rispetto del proprio apparato normativo oppure nei casi di dichiarazioni fraudolente o ritardi nella pubblicazione del rendiconto.

Nell'ipotesi di violazione della normativa la responsabilità è attribuita agli amministratori dell'ente societario, i quali hanno una responsabilità che trascende il mero obbligo informativo, andando ad intervenire nel merito delle scelte di politica aziendale, dal momento che l'organo esecutivo dovrà porsi, a monte degli obblighi di rendicontazione, “il problema

degli eventuali rischi connessi a questi temi nonché di se e quali politiche adottare”365.

Tale decreto è dello stesso tenore del Codice di autodisciplina delle società quotate, emanato dal Comitato per la Corporate Governance della Borsa Italiana366, che assegna in capo agli 362Bellisario: Rischi di sostenibilità e obblighi di disclosure. Il D.lgs. 254/16 di attuazione della direttiva 2014/95/UE. In Nuove Leggi Civili e Commerciali, 2017.

363Con la già descritta Comunicazione del 2011, COM(2011), 681 definitiva. La Commissione evidenzia tra gli

obiettivi principali la diffusione delle informazioni economiche, finanziarie, sociali ed ambientali.

364Bellisario: Rischi di sostenibilità e obblighi di disclosure. Opera cit.

365Assonime: Gli obblighi di rendicontazione, circolare 13 del 2017, reperibile in internet sul sito ufficiale.

Ancora, si legga Malaguti – Salvati: La Responsabilità Sociale d'Impresa, opera citata, pag. 30 e ss.

amministratori l'obbligo di valutare ogni rischio che possa compromettere la sostenibilità dell'attività dell'emittente367, “richiamando, attraverso tale generica formulazione,

l'ammissibilità di una lettura estesa ai rischi di natura non finanziaria, così come, per le sole società appartenenti all'indice FTSE-Mib, nel Codice è stato inserito un riferimento alle questioni di sostenibilità”368, attraverso le quali è evidenziato il collegamento con l'attività

degli stakeholders, che possono essere inquadrati sia negli azionisti sia in ogni altro soggetto che a vario titolo vanta un rapporto di qualsiasi tipo con l'impresa.

L'importanza dei descritti interventi riposa nel fatto che i menzionati precetti assumono la caratteristica di obblighi giuridici, in un settore, quale quello della Responsabilità Sociale d'Impresa, caratterizzato da strumenti di natura non vincolante.

Tale caratteristica emerge con forza in riferimento al citato obbligo di rendicontazione introdotto dal d.lgs. 452 del 2016, ma non meno importante appare anche la legge di stabilità del 2016369 che ha introdotto alcune disposizioni dirette alle cosiddette “società benefit”370,

ossia quelle che si propongono di generare anche un utilità sociale oltre a quella derivante dal tipico scopo di lucro.

Le società371 adottanti il modello “benefit”, oltre a tendere al fine del profitto ed alla

ripartizione degli utili tra i soci, devono obbligatoriamente perseguire “finalità di beneficio comune”, operando un corretto bilanciamento tra gli interessi dei soci e l'interesse di ogni portatore di interesse che può avere un rapporto diretto od indiretto con l'attività d'impresa, elaborando politiche industriali volte ad agire in modo responsabile e sostenibile.

La caratteristica di “società benefit” deve essere indicata nell'oggetto sociale372, insieme alle

caratteristiche del beneficio sociale che l'impresa si propone di conseguire, in modo da rendere pubblico l'interesse perseguito dall'impresa.

Naturalmente tale “appellativo” può giovare all'impresa dal punto di vista dell'immagine, perché in questo modo comunica alla pluralità dei suoi interlocutori la sua scelta di assumere comportamenti eticamente responsabili; di contro la stessa sarà tenuta a redigere un rendiconto annuale da pubblicarsi in uno con il bilancio, indicando altresì i soggetti deputati al controllo ed alla gestione delle politiche socialmente responsabili adottate.

3671.C.1. Lettera b del codice di autodisciplina della Borsa.

368Così Malaguti-Salvati: La Responsabilità Sociale d'Impresa, opera citata, pag. 34. 369Legge 28 dicembre 2015, n. 208. Vedi le previsioni che vanno dalla n. 376 alla n. 384.

370Così Malaguti-Salvati: La Responsabilità Sociale d'Impresa, opera citata, secondo cui “la struttura delle società benefit proviene dall'ordinamento americano, nel quale, per la prima volta nel 20120, lo Stato del Maryland, successivamente imitato da altri Stati americani, ha introdotto una specifica disciplina per le società definite Benefit Corporation, connotate dal perseguimento dello scopo di lucro unito alla finalità di generare un impatto sociale positivo”.

371Possono essere di persone, di capitali ed anche cooperative.

Il mancato rispetto della normativa espone l'impresa a gravi conseguenze sul piano sanzionatorio, dettagliate dal d. lgs. 145 del 2007 in materia di pubblicità ingannevole e dal d. lgs. 206 del 2005 disciplinante il codice di consumo.

Un altro strumento di RSI inserito nel sistema italiano è quello portato dal regolamento attuativo in tema di “rating di legalità”, introdotto dalla delibera AGCM n. 2075 del 2012373

che ha lo scopo di incentivare i comportamenti virtuosi delle imprese attraverso l'attribuzione di un rating che rappresenti il livello di attenzione delle imprese alle tematiche della Responsabilità Sociale d'Impresa.

Anche in questo caso il ritorno d'immagine per le imprese che fanno richiesta di essere sottoposte a tale valutazione può essere considerevole.

Quanto agli obblighi internazionali cui è soggetto lo Stato italiano, si evidenzia come quest'ultimo abbia aderito alle Linee programmatiche dell'OCSE374, istituendo all'uopo il

proprio Punto di Contatto Nazionale375, deputato al controllo ed all'applicazione delle stesse

Linee programmatiche.

Come anticipato, l'impegno dello Stato italiano nel settore della Responsabilità Sociale d'Impresa emerge anche dall'elaborazione del Piano di Azione Nazionale impresa e diritti umani per gli anni 2016-2021, promosso sotto l'impulso del Comitato Interministeriale per i Diritti Umani che ha lo scopo di rendere esecutivi i Principi Guida NU su impresa e diritti umani376, così come richiesto anche dalla Commissione UE agli Stati membri377.

Occorre infine dare atto di alcuni interventi in tema di RSI promossi dalle amministrazioni regionali italiane, in quanto alcuni possono essere considerati esempi virtuosi che in determinati casi possono colmare le lacune legislative a livello nazionale e sovranazionale378.

Uno degli interventi più significativi è rappresentato dalla Legge regionale n. 2/2002 della Ragione Umbria379, che si occupa di promuovere la diffusione di sistemi di certificazione

etica in tema di ambiente e diritti sociali, richiamando all'uopo il valore dei diritti umani alla

373Ultima modifica con la delibera 26166 del 2016. 374Descritte nei precedenti paragrafi.

375I PNC in Italia sono stati introdotti dalla Legge 12 dicembre 2002, n. 273 (Misure per favorire l'iniziativa

privata e lo sviluppo della concorrenza) e disciplinati dal Decreto Ministeriale 30 luglio 2004.

376Descritti nei precedenti paragrafi.

377Rossi: Capitalismo e diritti umani. In Rivista societaria, 2011.

378Sull'argomento vedi Mariarosa Cutillo, La Responsabilità Sociale d'Impresa in tema di diritti umani e protezione dell'ambiente, Giuffré 2012, opera citata. In particolare par. 3.1 della monografia dell'autrice “Le amministrazioni regionali italiane e la RSI”, pag. 206 e ss.

379Legge regionale 21 novembre 2002, n. 2, Interventi per la certificazione dei sistemi di qualità, del rispetto ambientale, della sicurezza e dell'etica nelle imprese, in Bollettino ufficiale della Regione Umbria, n. 51/2002.

cui protezione gli strumenti di RSI devono contribuire: l'intervento regionale istituisce, quindi, un elenco delle imprese accreditate380.

Ancora, un altro intervento degno di nota è quello promosso dalla Legge regionale n. 17/2006 della Regione Toscana381, che si occupa di implementare l'applicazione dei principi della RSI

su tutta la catena di fornitura imprenditoriale e da parte di ogni stakeholder: la stessa, infatti, considera la RSI quale “...processo che, attraverso il miglioramento continuo, assicura

all'interno delle organizzazioni il perseguimento dei diritti umani, economici, del lavoro e sociali”382, specificando che “con il termine organizzazione si intende ogni gruppo, società,

azienda, impresa, ente o istituzione, o parte o combinazione di essi, in forma associata o meno, pubblica o privata, che abbia una propria struttura funzionale e amministrativa”383. La

tracciabilità dei prodotti all'interno delle catene di fornitura è uno degli strumenti chiave utilizzati dalla Regione Toscana all'interno della Legge regionale n. 17/2006 ed infatti “è

intesa come la possibilità di rilevare e verificare le modalità gestionali che assicurino il rispetto e l'implementazione lungo tutta la filiera produttiva dei diritti umani, sociali, economici e del lavoro riconosciuti dalle normative internazionali, europee e nazionali”384.

La Legge regionale, quindi, ha istituito una Commissione etica385 a cui è stato delegato il

compito di vigilare sull'applicazione dei principi di RSI di cui tutta la stessa Legge è permeata, promuovendo processi finalizzati a garantire la trasparenza e la funzionalità delle catene di fornitura, anche attraverso l'utilizzo dei sistemi di certificazione386.

L'attuazione delle politiche adottate dalla Regione toscana in tema di RSI, peraltro contenute nello stesso Statuto della Regione Toscana, che considera la RSI quale finalità prioritaria perseguita dall'amministrazione387, è operativamente coordinata dall'Assessorato alle attività

380Ivi, art. 1 “Finalità”: La Regione “...promuove e sostiene la cultura e la pratica della qualità, del rispetto ambientale, della sicurezza e dell'etica nelle imprese umbre, in conformità alle norme internazionali, comunitarie e nazionali”. Inoltre “...riconosce come inscindibile dallo sviluppo economico il valore irrinunciabile dei diritti umani, sociali e della sicurezza dei lavoratori, indicati dalle convenzioni internazionali sottoscritte dall'Italia, tutelati dalla Costituzione italiana e dallo statuto regionale, e promuove la diffusione di una cultura della responsabilità sociale delle imprese e dei consumatori.” Cfr. anche l'art. 7, il quale istituisce

l'elenco delle imprese accreditate.

381Legge regionale 8 maggio 2006, n. 17, Disposizioni in materia di responsabilità sociale d'impresa, in

Bollettino ufficiale della Regione Toscana,n. 35/1006.

382Ivi, art. 1, comma 2. 383Ivi, art.1, comma 6.

384Ivi, art. 1, comma 3. Vedi anche art. 1, comma 5, laddove viene esteso il proposito di tracciare i prodotti

anche a livello internazionale.

385Ivi, art. 6 “Commissione etica regionale”.

386Ivi, art. 6, ultimo capoverso: “La CER, quale organo consultivo della Giunta regionale, collabora con la struttura regionale competente in materia di responsabilità sociale delle imprese per presenziare, monitorare, svolgere attività di tutoraggio e verificare il processo graduale tramite cui le imprese e le organizzazioni attivano azioni di miglioramento continuo volte all'introduzione di sistemi di gestione della certificazione di responsabilità sociale”.

produttive della Regione, insieme al programma Fabrica Ethica che si è posta quale scopo quello di favorire la diffusione della RSI nella cultura aziendale388.

Anche la Regione Veneto, sulla base degli esempi precedenti, ha pubblicato la propria Legge regionale n. 3/2009389, che si occupa della RSI in particolar modo quale “strumento che

previene la violazione dei diritti dei lavoratori e delle norme ambientali”390, insistendo quindi

sul concetto di “prevenzione”391.

Citando, invece, un esempio di intervento legislativo rilevante in tema di RSI promosso da un'amministrazione provinciale, è possibile guardare alla Legge provinciale n. 13/2010 della Provincia di Trento392, dedicata alla promozione e sviluppo dell'economia solidale e della

stessa RSI: tale legge incoraggia la diffusione di marchi etici e di bilanci sociali e promuove “la trasparenza, per rendere controllabili i comportamenti in campo sociale e ambientale e

nel rapporto con i lavoratori, i clienti, i consumatori e gli altri portatori di interessi”393.

387Statuto della Regione Toscana 11 febbraio 2005, in Bollettino ufficiale della Regione Toscana, n. 12/2005.

Art. 4: “Finalità principali”, dove si afferma che la Regione persegue tra le finalità prioritarie “...la

valorizzazione della libertà di iniziativa economica pubblica e privata, del ruolo e della responsabilità sociale delle imprese”.

388Così Mariarosa Cutillo, La Responsabilità Sociale d'Impresa in tema di diritti umani e protezione dell'ambiente, Giuffré 2012, opera citata. In particolare par. 3.1 della monografia dell'autrice “Le amministrazioni regionali italiane e la RSI”, pag. 209 e ss. Per consultare le attività di Fabrica Ethica vedi sito

internet ufficiale.

389Legge regionale 13 marzo 2009, n. 3, Disposizioni in materia di occupazione e mercato del lavoro, in

Bollettino ufficiale della Regione Veneto, n. 23/2009.

390Richiamando la legge, così Mariarosa Cutillo, La Responsabilità Sociale d'Impresa in tema di diritti umani e protezione dell'ambiente, Giuffré 2012, opera citata. Pag. 209.

391Cfr. art. 59 della Legge n. 3/2009 della Regione Veneto.

392Legge provinciale 17 giugno 2010, n. 13, Promozione e sviluppo dell'economia solidale e della responsabilità sociale delle imprese, in Bollettino ufficiale della Regione Trentino Alto Adige, n. 25/2010. 393Ivi, art. 3. Vedi anche art. 9, comma 2, laddove viene richiamato il principio di volontarietà degli strumenti di

5. La RSI negli strumenti di autonomia privata: i codici di condotta delle imprese