• Non ci sono risultati.

Il ruolo dell'espansione internazionale delle imprese nell'evoluzione della RSI

1. Evoluzione del concetto di Responsabilità Sociale d'Impresa

1.3. Il ruolo dell'espansione internazionale delle imprese nell'evoluzione della RSI

E' noto che, con la progressiva liberalizzazione dei mercati, si è registrato un forte incremento delle imprese che hanno esteso la propria area di attività in più Stati, operando su scala globale. Tali imprese si definiscono genericamente “multinazionali”120.

La globalizzazione dei mercati ha trasformato la stessa idea di comunità internazionale, basata ab origine sul dominio di Stati indipendenti e sovrani, e che, invece, attualmente ha la necessità di gestire il crescente potere economico privato121.

Ai mutamenti del sistema economico si è accompagnato lo sviluppo della tecnologia, che ha reso più convenienti i processi industriali mediante la delocalizzazione della produzione in Paesi terzi, secondo il modello generale delle holding, società capogruppo che controllano altre società aventi sede in Stati stranieri122 e quindi soggette alle giurisdizioni di questi 123.

La frammentazione di un gruppo societario in più Stati attribuisce una serie di prerogative, come, ad esempio, la possibilità che ogni società controllata benefici dello schema della responsabilità limitata124, ovvero di una legislazione più favorevole in relazione

all'imposizione fiscale, al costo del lavoro e delle commodities o alla legge in materia di protezione ambientale125.

Esistono diversi modelli di società multinazionale, pertanto non è agevole delineare una nozione univoca126. L'OCSE ha proposto una definizione di ampia portata, adattabile a vari

contesti, secondo la quale le multinazionali consisterebbero in “companies or other entities

120 Si veda Carla Gulotta: La Responsabilità sociale d'impresa e regole del commercio internazionale. In La Responsabilità Sociale d'Impresa in tema di diritti umani e protezione dell'ambiente. Giuffré editore, 2012.

L'autrice si sofferma nella descrizione delle fonti che disciplinano gli scambi internazionali, in particolare esaminando l'operato dell'OMC, considerandolo inadeguato ad intervenire direttamente sul tema della responsabilità sociale d'impresa.

121 Si veda Mariarosa Cutillo, in Impresa e diritti umani: recenti sviluppi internazionali di una relazione complessa, in La Responsabilità Sociale d'Impresa in tema di diritti umani e protezione dell'ambiente. Giuffré

2012, dove l'autrice, nell'esaminare i principi guida del Global Compact, rileva il “dovere dello Stato di

proteggere i diritti umani collegati alle attività delle imprese. Nell'attuale contesto economico internazionale, dove spesso lo Stato sembra abdicare a questo principio, abbassando la soglia di tutela dei diritti fondamentali a favore di pressioni economiche e di priorità che poco hanno a che vedere con il benessere e i diritti degli individui sul territorio dello Stato stesso, il dovere di proteggere assume un significato particolarmente importante.”

122Francioni: Imprese multinazionali, protezione e responsabilità, Giuffré Editore, Milano, 1979, pag. 37. 123Merciai: Le imprese multinazionali e il diritto commerciale, Bruxelles, 1993, pag. 17.

124Sui vantaggi delle S.r.l. (o Ltd.) applicate al piano internazionale si veda il lavoro di Matteo Winkler: Imprese

multinazionali e ordinamento internazionale, Collana Contratti e Commercio Internazionale, Giuffré Editore,

2008, pag. 212 e ss.

125Bonfanti: Imprese Multinazionali, Diritti Umani e Ambiente, Profili di Diritto Internazionale Pubblico e

Privato, Giuffré Editore, Milano, 2011.

126Bonfanti: Imprese Multinazionali, Diritti Umani e Ambiente, Profili di Diritto Internazionale Pubblico e

established in more than one country and so linked that the may coordinate their operations in vaious way”127.

Le Nazioni Unite, nelle Norme sulla responsabilità delle imprese transnazionali ed altre imprese128, che verranno in seguito analizzate129, hanno inteso dal canto loro porre l'accento

sull'unicità della struttura d'impresa. Così la nozione di “transnational corporation” fa riferimento “an economic entity operating in more than one country or a cluster of

economic entity operating in two or more countries – whatever their legal form, whether in their home country or country of activity, and whether taking individually or collectively”130.

L'ulteriore definizione proposta dall'Istituto di Diritto Internazionale si sofferma, invece, sul concetto di nucleo decisionale unico, a cui le controllate sono soggette: “enterprises which

consist of a decision-making centre located in one country and of operating centres, with or without legal personality, situated in one or more other countries should, in law, be considered as multinational enterprises”131.

La definizione accolta dalla Commissione sulle Imprese Transnazionali appare in linea con la precedente. Il Progetto di Codice proposto sotto la sua egida ha stabilito, infatti, che le imprese multinazionali“[...] operate under a system of decision-making centers, in which the

entities are so linked, by ownership or otherwise, that one or more of them may be able to exercise a significant influence over the activities of others and, in particular, to share knowledge, resources and responsibilities with others” 132.

Dalle definizioni sopra richiamate si può individuare un elemento comune che caratterizza le imprese multinazionali: l'attribuzione a tali enti dell'esercizio di attività di impresa a mezzo di più di soggetti controllati radicati in più Paesi, guidati dalla capogruppo basata in un determinato Stato133.

Considerata una tale frammentazione è agevole comprendere l'esigenza di disciplinarne l'operato, per scongiurare il rischio che queste, beneficiando di trattamenti differenziati a livello nazionale, possano violare i diritti fondamentali dell'uomo e le norme internazionali poste a presidio dell'ambiente.

127OCSE Linee guida del 21.07.76 (cfr. ultimo aggiornamento 2011). Reperibile sul sito del Punto di Contatto Nazionale gestito dal Ministero dello Sviluppo Economico.

128 Il maiuscolo delle Norme è scelto per fare riferimento esclusivamente allo strumento delle Nazioni Unite, in seguito approfondito.

129U.N. Sottocommissione dei Dirtti Umani: Norms on the Responsibilities of Transnational Corporations and

Other Business Enterprises with Regard to Human Rights. E/CN.4/Sub.2/2003/12/Rev2.

130 Si veda a tale proposito Fiona Beveridge: Globalization and International Investment. In Routledge, 2017. 131Istituto di Diritto Internazionale: 7.09.77 Rapporto Goldman (reperibile sul sito Justicia et Pace) 132ONU: Commissione sulle imprese transnazionali, proposta di testo E/1990/94.

133Gambardella: La Responsabilità delle Imprese Multinazionali nel contesto globale. Primi orientamenti

Non è un caso che, in molte situazioni, le multinazionali, per perseguire unicamente il proprio profitto, si siano rese protagoniste di gravi violazioni dei diritti umani ai danni della popolazione residente nei territori ospitanti, nonché responsabili di significativi danni all'ambiente134.

In questa prospettiva è emblematico il caso di Bhopal in India del 1984, nel quale una fuoriuscita di gas letale da un impianto appartenente ad un gruppo societario statunitense causò la morte di numerose persone, oltre a cagionare un danno permanente che si è riverberato sul territorio e le generazioni future135.

Nel “caso di Bhopal”, a seguito del disastro, le pretese civili derivanti dall'incidente furono assunte dal governo dell'India136, il quale si rivolse direttamente ai giudici degli Stati Uniti,

dal momento che la holding aveva sede in tale territorio137. Il giudizio si concluse con una

dichiarazione di incompetenza, in base al principio del forum non conveniens, radicando in via definitiva la giurisdizione indiana, teatro del disastro e luogo nel quale era registrata la

134Bonfanti: Imprese Multinazionali, Diritti Umani e Ambiente, Profili di Diritto Internazionale Pubblico e Privato, cit. cfr. pagina 21.

135Scovazzi: Gli incidenti industriali e il velo delle società transnazionali, in L'Unificazione del diritto internazionale privato e processuale. Studi in onore di Mario Giuliano, Padova, 1989, pag. 838 e ss.

136Cutillo, Faugno, Scovazzi: La responsabilita sociale d'impresa in tema di diritti umani e protezione dell'ambiente, il caso dell'India. Giuffrè, Milano 2012. Vedi I seguiti sul piano giuridico della catastrofe di Bhopal, a cura di Scovazzi, pagine 289 e seguenti: “UCIL era una società di nazionalità indiana […] il 50,9% delle azioni di UCIL era posseduto da Union Carbide Corporation (UCC), una società americana costituita nello Stato di New York […] UCC era la società madre di un gruppo societario transnazionale. […] A causa della diversa personalità giuridica delle società coinvolte, si pone, in questi casi, il problema di vedere se la vittima di un incidente causato da una società controllata da un'altra possa pretendere di venire risarcita anche dalla società capogruppo (o società madre), e non soltanto dalla società diretta responsabile del danno. […] Come prima risposta alle questioni giudiziarie sorte a seguito dell'incidente, l'India emanò il Bhopal Gas Leak Disaster (Processing of Claims) Bill, 1985. Con questa legge, affinché 'le pretese dell'incidente fossero gestite in modo spedito, effettivo ed equo', il governo dell'India si sostituiva in via esclusiva nel diritto di agire in giudizio a tutti coloro che avanzavano pretese derivanti dall'incidente di Bhopal […] Il governo indiano era tenuto a registrare tutte le domande e a versare ai richiedenti le somme che avrebbe ricevuto a soddisfazione delle stesse. La legge suscitò dubbi circa la sua compatibilità con alcuni diritti fondamentali dell'uomo, in particolare il diritto di agire in giudizio. Ma nel 1989 la Suprema Corte dell'India dichiarò che essa era costituzionalmente valida. […] Secondo la corte, la legge in questione, lungi dal privare le vittime del disastro di un loro diritto, rappresentava l'unico strumento per difendere i loro interessi. […] La corte, avvalendosi del potere di interpretare la legge con 'intuizione costruttiva', aggiunse che il governo indiano era obbligato a titolo provvisorio a fornire alle vittime mezzi per il loro sostentamento” (Sentenza del 22 dicembre 1989 nel

caso Charan Lal Sahu v. Union of India, in Supreme Court Almanac, 1989, p. 31 e ss).

137(segue) “[...] il governo indiano decise di adire i giudici degli Stati Uniti. La domanda fu presentata alla Corte distrettuale di New York (United States District Court, Southern District of New York), dove già pendevano numerose domande presentate da cittadini indiani. La corte rese la sua sentenza il 12 maggio 1986. Un aspetto singolare della controversia di Bhopal è che entrambe le parti manifestavano la preferenza a che il caso fosse deciso dal giudice nazionale dell'altra parte ('the preference to play ball on a distant field')” .

società che aveva cagionato l'evento138. Innanzi i giudici indiani139, sulla base della propria

giurisprudenza recente140, furono affermati due principi fondamentali141, ossia il principio

della responsabilità assoluta derivante dall'esercizio delle attività pericolose142 ed il principio

della natura deterrente del risarcimento, commisurato alla dimensione della multinazionale143.

Ancora, richiamando la giurisprudenza indiana, fu sottolineato che nel caso di una multinazionale non è agevole distinguere le singole componenti, pertanto le vittime di un

138(segue) “Il problema della giurisdizione fu affrontato in base al principio del forum non conveniens, che dà al giudice americano un ampio margine di discrezionalità nella valutazione di quale sia la giurisdizione più appropriata per decidere una controversia. […] UCC insisteva perché la giurisdizione indiana, alternativa rispetto a quella americana, fosse prescelta come quella più adeguata a decidere il caso. L'India dichiarava apertamente che il sistema giudiziario americano era più adeguato a trattare le controversie relative all'incidente di Bhopal […]. La corte non entrò nel merito della controversia. La giurisdizione indiana fu ritenuta più appropriata di quella americana sulla base delle tre condizioni che costituiscono il principio del forum non conveniens (esistenza di una giurisdizione alternativa e adeguata; fattori di interesse privato; fattori di interesse pubblico […] La Corte preferì […] dare un peso maggiore all'interesse dell'India 'ad assicurare che i propri criteri di sicurezza fossero osservati', aggiungendo che la corte americana non era 'il tribunale appropriato per stabilire se la normativa indiana era stata violata o se questa stessa normativa era sufficiente a proteggerei cittadini indiani da danni'. La conclusione fu la seguente: 'The Indian interest in creating standards of care, enforcing them, or even extending them, and of protecting its citizens from ill-use is significantly stronger that the local interest in deterring multinationals from exporting allegedly dangerous technology'. Infine, la corte osservò che, essendo probabile che il diritto indiano sarebbe stato applicato nella decisione del caso, una corte indiana sarebbe stata molto più idonea di una corte degli Stati Uniti a conoscere della controversia […] La sentenza della Corte fu confermata, sia pure con alcune modifiche, il 14 gennaio 1987 dalla Corte d'Appello (Court of Appeals for the Second Circuit) […] Il 5 ottobre 1987 i ricorsi (writs of certiorari) presentati contro la sentenza di appello furono respinti dalla Suprema Corte degli Stati Uniti. Il principio del forum non conveniens, per quanto controverso nella stessa giurisprudenza americana e respinto in altre occasioni, aveva così impedito una decisione dei giudici americani sul caso di Bhopal”.

139(segue) “il 3 settembre 1986 il governo indiano presentò la domanda di risarcimento di danni valutabili in 3.300.000.000 dollari contro UCC davanti la Corte Distrettuale di Bhopal. Era prevedibile che, nel corso del processo sarebbero state affrontate e decise anche questioni di grande interesse circa le norme sostanziali in tema di risarcimento dei danni da incidenti industriali causati da società transnazionali”.

140(segue) “[...] proprio in quel periodo, la Corte Suprema dell'India aveva trattato di una controversia sui danni derivanti da un incidente che presentava alcuni punti in comune con il caso di Bhopal, pur senza averne l'estrema gravità e senza coinvolgere una società multinazionale.”

141(segue) “Nella sentenza resa il 20 dicembre 1986 sul caso M.C. Mehta and Anr. v. Union of India and Ors. la Corte Suprema elaborò due principi che avrebbero potuto essere applicati anche nella controversia di Bhopal.” 142(segue) “Si tratta […] del principio della responsabilità assoluta (absolute liability) derivante dall'esercizio delle attività pericolose: 'We are of the view that an enterprise which is engaged in hazardous or inherently dangerous industry which poses a substantial threat to the health and safety of the persons working in the factory and residing in the surrounding areas owes an absolute and non delegable duty to the community to ensure that no harm results to anyone on account of hazardous or inherently dangerous nature of the activity which is undertaken. The enterprise must be held to be under an obligation to provide that the hazardous or inherently dangerous activity in which it is engaged must be conducted with the highest standards of safety and if any harm results on account of such activity, the enterprise must be absolutely liable to compensate for such harm and it should be no answer to the enterprise to say that it had taken all resonable care and thet the harm occurred without any negligence on its part'”

143(segue) “[...] il principio della natura deterrente del risarcimento […] si applica gravando la società responsabile di un risarcimento aggiuntivo e commisurato alla sua dimensione e consistenza patrimoniale: 'We would also like to point out that the measure of compensation in the kind of cases referred to (…) must be correlated to the magnitude and capacity of the enterprise because such compensation must have a deterrent effect. The larger and more prosperous the enterprise, the greater must be the amount of compensation payable by it for the harm caused on account of the accident in the carrying out the hazardous or inherently dangerous activity by the enterprise'”

incidente hanno il diritto di rivolgersi direttamente alla capogruppo144. Il caso civile venne

rapidamente chiuso sulla base di un accordo transattivo tra le parti, per l'urgenza di fornire un risarcimento alle vittime145, mentre le condanne penali sono arrivate molti anni più tardi146.

Bhopal è solo uno dei numerosi episodi di violazioni di diritti umani e di mancato rispetto del territorio e dell'ambiente che hanno coinvolto imprese transnazionali: violazioni in alcuni casi commesse in Paesi dove le imprese possono utilizzare i relativi vulnus normativi, oppure anche laddove gli Stati, per accondiscendenza della propria classe politica, non interverrebbero di proposito, temendo di perdere i vantaggi derivanti dalla presenza in loco di importanti società straniere, in altre parole nei luoghi dove i fenomeni di corruzione sono maggiormente rilevanti147. In altri casi le imprese possono incrementare il dumping sociale ed

ambientale, ovvero “la riduzione dei livelli di protezione dell’ambiente, della salute, della

sicurezza, e di quelli garantiti dalle norme sul lavoro, allo scopo di attrarre investimenti stranieri”148.

144(segue) “Un ancor maggior interesse presentava la tesi della società transnazionale monolitica (monolithic multinational), che il governo indiano aveva già esposto di fronte al giudice americano, anche al fine di trovare un legame effettivo tra la controversia e la giurisdizione americana. Secondo questa tesi, in una società transnazionale, come in un unico blocco di pietra, non si possono distinguere le singole componenti. Questo consente alle vittime di un incidente di chiedere un risarcimento alla società capogruppo”.

145(segue) “[...] sia UCC, pur senza ammettere la propria responsabilità giuridica, sia il governo indiano cercarono di concludere una transazione extragiudiziale […] Il 14 febbraio 1989, sulla base di un accordo intervenuto tra le parti, la Suprema Corte dell'India adottò un'ordinanza che ingiungeva a UCC di versare all'India […] la somma di 470.000.000 dollari, a titolo di piena soddisfazione di tutte le pretese, diritti e responsabilità relativi all'incidente di Bhopal o da esso derivanti. Con un'ordinanza adottata il 15 febbraio 1989 UCIL fu dichiarata parte necessaria ai fini dell'esecuzione dell'ordinanza. […] Come chiaramente risulta dalle motivazioni fornite il 4 maggio 1989 dalla Suprema Corte, la transazione era soprattutto motivata dall'urgente necessità di fornire riparazione e assistenza alle vittime. [...] Con una sentenza del 3 ottobre 1991 la Suprema Corte confermò la validità dell'ordinanza relativa alla transazione, tranne nella parte in cui essa disponeva l'estinzione dei procedimenti penali, che potevano essere ripresi”.

146(segue) “[...] il procedimento penale, apertosi in india nel 1987, si è concluso in primo grado con la sentenza resa il 7 giugno 2010 dalla Corte di Bhopal (Court of the Chief Judicial Magistrate Bhopal). La Corte ha condannato sette dirigenti indiani di UCIL alla pena di due anni di reclusione e 100.000 rupie di multa per omicidio colposo (death by negligence), di tre mesi di reclusione e 250 rupie di multa per atto lesivo della vita e sicurezza altri (act endangering life or personal safety of others) e di un anno di reclusione e 1.000 rupie di multa per lesioni personali gravi (causing grievous hurt by act endangering life or personal safety of others). La Corte ha precisato che le pene sono da scontare in modo concorrente. Esse quindi si riducono a due anni di reclusione e 100.000 di multa (corrispondenti a circa 2.100 dollari americani). Per gli stessi reati Union Carbide Corporation Bhopal, successore di UCIL, è stata condannata a multe per rispettivamente 500.000, 250, 500 e 1.000 rupie, considerato che essa 'non è un essere umano e quindi non può essere punita con una condanna alla reclusione' […] Una condanna che arriva dopo oltre venticinque anni dall'incidente […] e che colpisce con pene lievi (soprattutto perché non era stato contestato il reato di omicidio volontario) imputati ormai anziani può dare scarsa soddisfazione morale alle vittime e ai loro parenti sopravvissuti”.

147Per approfondire le tematiche relative a questi disastri si vedano: Scovazzi, Industrial Accidents and the Veil of Transnational Corporations, in Francioni e Scovazzi (a cura di ), International Responsibility for Environmental Harm, London, 1991; Jasanoff, Learning From Disaster: Risk Management After Bhopal,Philadelphia, 1994; Liston, The Challenge of the 21st Century: Managing Technology and Ourselves in a Shrinking World, Albany, 1994.

148 Mauro: Enciclopedia del diritto. Annali. Volume IV (Amministrazione e controllo S.p.A.). Ed. 2011, pag.

L'espansione delle imprese nel contesto internazionale è un fenomeno sociale di per sé neutro, anzi: le multinazionali possono persino avere un particolare ruolo di sviluppo del benessere collettivo, consentendo la crescita economica sia degli Stati di origine e in cui risiede la società capogruppo, sia dei Paesi nei quali sono ospitate le proprie sedi secondarie, dove possono permettere la generazione di autonomi processi locali virtuosi.

Ciò può essere vero, tuttavia, solo nell'ipotesi in cui, nei Paesi ospitanti, esse si facciano portatrici di modelli di sviluppo che assicurino il rispetto delle esigenze sociali e ambientali: tale obiettivo è incoraggiato dalla produzione normativa internazionale, nella quale si richiama l'Agenda 21, che invita le imprese multinazionali a promuovere la tutela dell'ambiente e perseguirla con l'uso di processi produttivi in armonia con la biodiversità149.

Allo stesso modo, la Dichiarazione di Johannesburg sullo sviluppo sostenibile150 precisa che

le multinazionali hanno “[...] a duty to contribute to the evolution of equitable and

sustainable communities and societies”151

Per gestire l'aspetto sociale dell'attività d'impresa attraverso i modelli di RSI è necessario previamente regolamentare l'ambito di applicazione dello stesso sistema di RSI. Come detto questa incide su macro-aree disciplinari diverse, come l'ambito giuridico, politico ed economico, e si declina in strumenti normativi di diverso tipo: si pensi ad esempio agli strumenti normativi che regolamentano le società commerciali, a proposito delle leggi in tema di proprietà e controllo delle stesse, alle regolamentazioni del settore finanziario ed in particolare alle discipline che controllano i mercati azionari, così come alle leggi del settore penale, nello specifico le normative anticorruzione.

La RSI, pertanto, dovrebbe tenere in debita considerazione i diversi aspetti normativi sui quali l'attività di impresa incide e dovrebbe ambire a racchiudersi in un unico complesso di